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Ordinato al Comune di Roma di registrare il contratto di convivenza tra cittadina italiana e cittadino extra-UE privo di PdS
Il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso d’urgenza presentato ai sensi dell’art. 700 c.p.c. avverso il rifiuto del Comune di Roma di registrare il contratto di convivenza tra cittadina italiana e cittadino extra-UE privo di permesso di soggiorno. Si ribadisce che l’esistenza della convivenza di fatto, come formazione sociale riconosciuta e tutelata dall’ordinamento italiano, prescinde dalla previa iscrizione anagrafica e, dunque, dalla regolarità di soggiorno del convivente di fatto cittadino extra-UE. Molto interessante la motivazione dell’accoglimento rispetto alla sussistenza del requisito del periculum in mora, che viene correlato – sic et simpliciter – alla necessaria tutela dell’unità familiare: «Risulta evidente che l’urgenza cautelare riguardi in modo particolarmente significativo, soprattutto in relazione all’oggetto della domanda, l’unità del legame familiare… tutelato, come noto, anche dall’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, vincolante per l’ordinamento italiano ai sensi degli artt. 11 e 117, primo comma Cost., secondo cui la vita familiare va intesa come diritto di vivere insieme “affinché i relativi rapporti possano svilupparsi normalmente e i membri della famiglia possano godere della reciproca compagnia” (Cass., 02/09/2021, n. 23834/2021; Id., 08/07/2021, n. 19517/2021; Id., 26/02/2021, n. 5506; Id., 22/01/2021, n. 1347)». Tribunale di Roma, ordinanza dell’1 agosto 2025 Si ringrazia l’Avv. Violetta Lamberti per la segnalazione e il commento. Il caso è stato seguito con l’Avv. Federica Donati. * Consulta altre decisioni relative al contratto o patto di convivenza
Nessuna discriminazione tra cittadini italiani “statici” e “mobili” in tema di permesso FAMIT
Una recente decisione, ottenuta dall’avvocato Giovanni Barbariol nell’ambito del progetto “Annick. Per il diritto all’unità familiare”, ha fatto emergere una discriminazione specifica sul riconoscimento del diritto all’unità familiare. La vicenda di una coppia gay convivente tra cittadino italiano ed extraUE ha messo in evidenza come le persone LGBTQ+ possano incontrare ostacoli ulteriori nel vedersi riconosciuti diritti fondamentali. Il Tribunale di Trento ha accolto il ricorso cautelare presentato da un cittadino colombiano che aveva chiesto un permesso di soggiorno per motivi familiari in quanto convivente con il partner italiano. La Questura di Trento aveva respinto la sua domanda sostenendo che la convivenza di fatto non fosse equiparabile al matrimonio o all’unione civile, e che dunque il richiedente non potesse ottenere un titolo di soggiorno familiare, in particolare dopo le modifiche normative del 2023 che introducono la distinzione tra familiare di cittadino statico e dinamico. Inoltre, aveva ritenuto inammissibile la coesistenza di una precedente sua domanda di asilo e di una domanda per di permesso per motivi familiari. Il giudice, però, ha rigettato questa interpretazione. Nella decisione si sottolinea che la direttiva europea 2004/38/CE e il d.lgs. 30/2007 mirano a “garantire l’unità familiare, agevolando l’ingresso anche ai soggetti che, pur condividendo un progetto di vita caratterizzato da stabile assistenza morale e materiale, non abbiano formalizzato la loro unione con il matrimonio o con l’unione civile, purché la relazione sia debitamente attestata con documentazione ufficiale”. In questo senso, il contratto di convivenza stipulato e registrato dai due partner, uno cittadino extracomunitario l’altro cittadino italiano è ritenuto dal Tribunale pienamente valido: “Deve riconoscersi che il contratto di convivenza sottoscritto […] abbia i requisiti della documentazione ufficiale richiesta ai fini dell’iscrizione anagrafica” ai sensi dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 30/07. Quanto all’interpretazione dell’art. 23, comma 1-bis, introdotto nel 2023, il Giudice chiarisce che non può essere usato per restringere i diritti dei familiari di cittadini italiani “statici”: il rinvio al Testo Unico Immigrazione riguarda solo le modalità tecniche di rilascio, non la sostanza del diritto. Diversamente, spiega l’ordinanza, si produrrebbe “una discriminazione dei cittadini italiani statici rispetto ai cittadini europei e ai cittadini italiani mobili, non supportata da adeguata giustificazione”. Infine, viene escluso che la pendenza di una domanda di protezione internazionale impedisca quella per motivi familiari. Il pericolo di espulsione, dato il rigetto della prima richiesta d’asilo e l’incertezza sulla seconda, rende urgente la tutela. Per queste ragioni, il Tribunale ha ordinato il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari con dicitura “Familiare cittadino italiano” (denominato FAMIT), accertando il diritto del ricorrente all’unità familiare. Tribunale di Trento, ordinanza del 26 luglio 2025 “Annick. Per il diritto all’unità familiare” è un progetto a cura di Melting Pot ODV in collaborazione con Circolo Arci Pietralata e il supporto dei legali dell’Associazione Spazi Circolari, dedicato ad Annick Mireille Blandine. E’ stato finanziato nel corso del 2024 da ActionAid International Italia E.T.S e Fondazione Realizza il Cambiamento nell’ambito del progetto “THE CARE – Civil Actors for Rights and Empowerment” cofinanziato dall’Unione Europea. Il contenuto di questo articolo rappresenta l’opinione degli autori che ne sono esclusivamente responsabili. Né L’Unione europea né l’EACEA possono ritenersi responsabili per le informazioni che contiene né per l’uso che ne venga fatto. Analogamente non possono ritenersi responsabili ActionAid International Italia E.T.S. e Fondazione Realizza il Cambiamento.