L’industria armiera in Europa diffonde fake news
Pubblichiamo la prima parte di una intervista a Gianni Alioti,uno dei maggiori
esperti italiani sul mercato delle armi
L’industria delle armi in Europa e il suo impatto sul lavoro
Il governo italiano ha trasferito 4,9 miliardi di euro dal fondo per la
transizione ecologica e sociale dell’automotive all’aumento delle spese
militari.
Non è semplice far digerire gli investimenti al comparto bellico a un’opinione
pubblica, cosciente dei corrispettivi tagli a sanità, istruzione, welfare.
Intorno a ReArm Europe e all’euforia dei mercati finanziari, impegnati a
investire una montagna di soldi nei titoli di borsa delle principali industrie
militari europee, è molto forte il rischio di un “abbaglio” sulle aspettative in
termini di ricadute occupazionali.
Il Ministro dell’imprese e del made in Italy, Adolfo Urso è arrivato a
prospettare per le aziende della filiera dell’automotive incentivi per
riconvertirsi verso il settore aerospaziale e della difesa, mentre il suo
Governo – con la Legge di Bilancio 2025 – trasferiva 4,9 miliardi di euro dal
fondo per la transizione ecologica e sociale dell’automotive all’aumento delle
spese militari.
Spettro della guerra
Non è semplice per qualsiasi governo far digerire l’aumento delle spese militari
a un’opinione pubblica, cosciente dei corrispettivi tagli a sanità, istruzione,
welfare.
Evocare lo spettro della guerra con la Russia, evidentemente non basta.
In questo caso è meglio giocarsi la carta delle ricadute industriali e
occupazionali.
Non è la prima volta che succede.
Ricordate, ad esempio, i diecimila nuovi posti di lavoro “messi sul piatto” nel
2006 dal Capo di stato maggiore dell’Aeronautica Militare, Leonardo Tricarico e
dal sottosegretario alla Difesa, Lorenzo Forcieri (Governo Prodi) se avessimo
acquistato i caccia-bombardieri F-35 della Lockeed Martin ?
A distanza di 20 anni possiamo verificare quanto fosse una fakenews, per
condizionare il dibattito pubblico.
Ma penso sia sbagliato liquidare con una semplice battuta i risvolti che
l’economia di guerra ha sul sistema industriale europeo e sul lavoro.
Meglio procedere secondo un rigore logico.
È vero, come sostengono alcuni, che la corsa agli armamenti può salvare
l’economia europea?
E rilanciare l’occupazione industriale?
Analisi della realtà
A queste domande cercherò di rispondere non in base alle mie convinzioni etiche
e politiche, ma attraverso l’analisi della realtà e dei dati (a consuntivo)
inerenti sia l’andamento delle spese militari, sia la dimensione dell’industria
aerospaziale e della difesa in Europa.
I dati ufficiali del Consiglio Europeo
(https://www.consilium.europa.eu/en/policies/defence-numbers/) ci dicono che dal
2014 al 2024 nei paesi UE le spese militari sono più che raddoppiate a prezzi
costanti (+121%).
Sono passate da 147 a 326 miliardi di euro.
All’interno delle spese militari, quelle specifiche per armamenti e
ricerca-sviluppo sono addirittura quadruplicate (+325%).
Se consideriamo non i Paesi UE, ma i Paesi europei della NATO le spese militari
nel 2024 sono state di più: 440 invece di 326 miliardi di euro.
La crescita negli ultimi dieci anni registra una tendenza simile.
Tendenze del settore
Secondo il rapporto pubblicato a novembre 2024 da ASD, European Aerospace,
Security and Defence Industries[3] che riguarda i 27 Paesi UE + Norvegia, Regno
Unito e Turchia, a fine 2023 gli occupati totali diretti nell’industria
aerospaziale e della difesa in Europa risultano, un milione e 27 mila, di cui
518 mila relativi al militare .
Il fatturato complessivo nel 2023 è stato di 290,4 miliardi di euro, di cui il
55 per cento nel militare.
Partire dai dati forniti da ASD ha il vantaggio dell’attendibilità e della
continuità nel tempo, consentendo analisi e valutazioni di natura strutturale
sulle tendenze del settore.
Possiamo, infatti, analizzare cosa è successo in termini di fatturato e
occupazione nello stesso arco di tempo di dieci anni (2014-2023) nel quale le
spese militari sono cresciute del 90 per cento.
Crescita del 65 per cento
I ricavi nel militare nell’intera industria del settore in Europa sono cresciuti
del 65 per cento, mentre l’occupazione è aumentata del 26 per cento da 407 mila
e 800 a 518 mila addetti.
Redazione Italia