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Oggi a Gaza, e in Cisgiordiana
L’odierno raid israeliano nella Striscia di Gaza ha ucciso una 50ina di palestinesi, e devastato un ospedale, provocando la morte di 20 persone, tra cui 5 giornalisti. Le agenzie stampa informano che i cronisti sono due freelance, Ahmed Abu Aziz e Moaz Abu Taha, una collaboratrice dell’ASSOCIATED PRESS e di INDIPENDENT ARABIC, Mariam Abu Daqqa, e due fotoreporter, Mohammad Salama e Hussam al-Masri, corrispondenti di AL JAZEERA e della REUTERS. Il bombardamento dell’ospedale di Khan Younis è stato duplice e ripreso anche dalla troupe della REUTERS: al primo assalto Hussam al-Masri è stato colpito proprio mentre stava filmando, una registrazione improvvisamente interrotta…, e le immagini divulgate dalle agenzie, anche la stessa con cui lui collaborava, mostrano il momento in cui lui veniva colpito; il secondo assalto ha ferito il fotografo Hatem Khaled, autore del reportage che mostra la cinepresa e lo zaino del collega coperti di calcinacci e il momento in cui il suo corpo esanime veniva recuperato tra le macerie. Nel divulgare la notizia, le agenzie stampa ricordano che dal 7 ottobre 2023 ad oggi, cioè nei 680 giorni di assedio, nella Striscia di Gaza sono stati uccisi molti reporter, almeno 278 giornalisti professionisti e collaboratori dei media (che oggi AL JAZEERA ricorda divulgando l’elenco dei loro nomi), e molti giovani che documentano gli avvenimenti pubblicando foto e video sui social-media. Nell’occasione, la REUTERS ha ricordato che il 13 ottobre 2023, quando aveva presentato all’IDF l’esito delle proprie indagini sulla morte del proprio corrispondente, Issam Abdallah, ucciso in Libano da proiettili sparati da postazioni militari all’interno dello stato israeliano e che allora il tenente colonnello Richard Hecht, portavoce dell’IDF, aveva dichiarato: “Non prendiamo di mira i giornalisti”. Due settimane fa, quando a Gaza altri 5 giornalisti erano state vittime di un attacco israeliano, l’IDF aveva aveva ammesso che nel frangente il bersaglio era uno di loro, Anas Al-Sharif, un corrispondente di AL JAZEERA. La FPA / Foreign Press Association ha diffuso la dichiarazione in cui afferma che, dall’inizio dell’assedio di Gaza, quello di oggi “è uno degli attacchi israeliani più letali contro i giornalisti che lavorano per i media internazionali” e, chiedendo alle Forze di Difesa Israeliane e all’ufficio del Primo Ministro israeliano “una spiegazione immediata” sulla vicenda e di smettere “una volta per tutte alla sua abominevole pratica di prendere di mira i giornalisti”, e in questo frangente, “un momento spartiacque”, si appella ai politici invocando il loro intervento: «Fate tutto il possibile per proteggere i nostri colleghi. Da soli noi ce la facciamo». Hanno risposto subito il presidente finlandese Alexander Stubb, dicendo “La situazione a Gaza è una catastrofe umanitaria che equivale a un fallimento dell’umanità”, e quello turco, Erdoğan, con le parole del proprio portavoce, Burhanettin Duran su X, “Israele continua a commettere atrocità senza riguardo per alcun principio umanitario o legale e si illude di poter impedire che la verità venga rivelata attraverso i suoi attacchi sistematici ai giornalisti”. La relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha ribadito la necessità e l’urgenza delle sanzioni allo Stato israeliano: “Soccorritori uccisi in servizio. Scene come questa si verificano ogni momento a Gaza, spesso invisibili, in gran parte non documentate. Imploro gli Stati: quanto altro deve ancora essere visto prima di agire per fermare questa carneficina? Rompete il blocco. Imponete un embargo sulle armi. Imponete sanzioni”. Pochi giorni fa, il 22 agosto, quattro agenzie dell’ONU – FAO, UNICEF, WFP e WHO – avevano divulgato i dati che accertano le condizioni di malnutrizione della popolazione della Striscia di Gaza, dove dal marzo scorso il cibo viene distribuito esclusivamente dalla GHF / Gaza Humanitarian Foundation e sotto il controllo dell’IDF. Inoltre, le agenzie dell’ONU hanno informato che “mezzo milione di persone a Gaza sono intrappolate nella carestia, che nelle prossime settimane si estenderà dal governatorato di Gaza ai governatorati di Deir Al Balah e Khan Younis” [Famine confirmed for first time in Gaza / 22 agosto 2025]. E ieri, domenica 24 agosto, l’ARIJ / Applied Research Institute Jerusalem informava che, violando le norme del diritto internazionale, l’IDF aveva dichiarato 63 siti archeologici palestinesi in Cisgiordania come “siti archeologici israeliani”. Una notizia che il PIB / Palestine International Broadcast ha divulgato evidenziando la coincidenza con i fatti che stanno accadendo nella Striscia di Gaza e mentre in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, i militari dell’IDF e i coloni israeliani dopo il 7 ottobre 2023 hanno ucciso almeno 1.015, ferito circa 7.000 persone e arrestato oltre 18.500 palestinesi [AssoPace Palestina / 24 AGOSTO 2025].         Redazione Italia
Global Strike for Gaza: ogni giovedì, in tutto il mondo
Proposta da una giovane palestinese testimone dell’assedio e del genocidio, la settimanale astensione dal fare acquisti e transazioni finanziarie viene promossa da molte organizzazioni e associazioni di tante nazioni. In Italia è stata ‘rilanciata’ dalla delegazione nazionale del Global Movement To Gaza formato dalla coalizione che aggrega alcuni partecipanti alla Global March to Gaza e alla Carovana Al-Samoud e gli equipaggi della Freedom Flottila, tutti insieme cooperanti anche nella missione della GDF / Global Sumud Flottilla in partenza il 30 AGOSTO dalla Spagna e il 4 SETTEMBRE dalla Tunisia e altri porti nel Mediterraneo. L’obiettivo del Global Strike for Gaza (sciopero globale per gaza) è di coinvolgere quante più persone possibile ad astenersi dal fare acquisti un giorno alla settimana – il giovedì – per far sentire il peso del dissenso. L’iniziativa ha lo scopo di attirare l’attenzione dei media, così dei politici, sul genocidio dei palestinesi e la carestia a Gaza. Il primo giovedì di sciopero globale è stato indetto per il 21 AGOSTO scorso, una delle tre giornate – giovedì 22, venerdì 23 e domenica 24 agosto – dal movimento Hamas indicate per la mobilitazione de “i popoli liberi del mondo e le nazioni arabe e islamiche” in segno di solidarietà della popolazione di Gaza. L’idea del Global Strike for Gaza è stata concepita dalla 27enne Bisan Owda, che ha presentato la proposta in un video-messaggio di tre minuti. Bisan Owda è nata e cresciuta a Beit Hanun, una cittadina al centro di un territorio rurale nell’area a nord-est della Striscia di Gaza fino al 2023 popolata da 35˙000 abitanti da dove 2005 Hamas aveva lanciato i razzi qassam che colpirono insediamenti e centri urbani israeliani nel Negev e in cui nella notte dell’8 novembre 2006 avvenne la strage di Beit Hanun, dopo il 7 ottobre 2023 uno dei primi bersagli degli attacchi dell’esercito israeliano. Nell’ottobre del 2023 la sua città veniva evacuata e Bisan Owda e i suoi familiari furono trasferiti a Gaza City, prima alloggiati all’ospedale Al-Shifa e poi in un’abitazione nel quartiere di Rimal, in seguito distrutta… Una cooperante ad alcuni progetti dell’UE sul cambiamento climatico, anche una EU Goodwill Ambassador, e un membro dell’UN Women’s Youth Gender Innovation Agora Forum, Bisan Owda nell’estate del 2023 aveva realizzato un programma televisivo, intitolato Hakawatia, trasmesso dall’emittente giordana Roya TV. Come nella primavera 2021, durante il conflitto armato combattuto tra Hamas e Israele dal 6 al 21 maggio di quell’anno, Bisan Owda dall’ottobre 2023 utilizza il proprio account Instagram per divulgare foto e video che documentano la realtà nella Striscia di Gaza. Da un anno i suoi reportage vengono pubblicati da Al Jazeera Media Network in una serie di video, intitolata It’s Bisan from Gaza and I’m Still Alive (Qui Bisan da Gaza, ancora viva), che a maggio 2024 è stata insignita di un Peabody Award e a luglio 2024 è stata candidata per l’assegnazione degli Emmy Awards. Sfruttando questa notorietà per dare visibilità su media e social-media a un’iniziativa che mobilita i cittadini di ogni nazione del mondo, Bisan Owda ha proposto il Global Strike for Gaza: «Facciamo quello che gli fa più male: fermare l’economia», spiega nel presentare lo sciopero che tutti possono praticare facilmente ovunque, semplicemente astenendosi dal fare acquisti e transazioni finanziarie. “Se anche solo il 5% dei consumatori per un giorno non fa nessun acquisto, globalmente la contrazione delle spese ammonterebbe di circa 2-2,5 miliardi di dollari – precisa FANRIVISTA riportando le analisi del collettivo inglese Humanti Project – Un importo di tali dimensioni verrebbe notato dagli economisti. Se l’azione viene ripetuta il suo impatto si moltiplica, i media se ne accorgeranno e nemmeno i politici lo potranno ignorare”. Maddalena Brunasti