La situazione dei più giovani tra luci e ombre. Le analisi di Lancet e Openpolis
Ieri, 12 agosto, è stata la Giornata Internazionale della Gioventù 2025, che
quest’anno ha avuto per tema “Azioni Giovanili Locali per gli Obiettivi di
Sviluppo Sostenibile e Oltre”, con l’obiettivo di sottolineate il ruolo unico
delle ragazze e dei ragazzi nel tradurre le ambizioni globali in realtà guidate
dalla comunità (https://www.un.org/en/observances/youth-day). La Giornata è
stata l’occasione per Openpolis per fare il punto sulla condizione attuale di
bambini e ragazzi nel nostro Paese e sulle prospettive future per le giovani
generazioni.
Openpolis ha utilizzato una ricerca condotta dagli esperti della Lancet
Commission on adolescent health and wellbeing, pubblicata sulla rivista The
Lancet, approfondendone alcuni aspetti con i dati disponibili per l’Italia. Le
previsioni demografiche per il 2030 lasciano intravedere innanzitutto un Paese
dove bambini e ragazzi saranno sempre meno. Una tendenza da monitorare per le
conseguenze che potrebbe avere rispetto all’impegno verso le giovani
generazioni. Quanti saranno i giovani in Italia, da oggi al 2030?
Analizzando le statistiche sperimentali di Istat, è possibile avere una
previsione di quanti saranno i giovani residenti nel nostro Paese da oggi
all’inizio del prossimo decennio. In uno scenario di previsione mediano,
intermedio tra quelli più pessimistici e quelli più ottimistici, i giovani
residenti tra 10 e 24 anni potrebbero passare dagli attuali 8,6 milioni a 8,2
milioni nel 2030. Un calo vicino al 5%, che sfiora il 10% se si considerano i
soli residenti tra 10 e 19 anni. In questa fascia d’età infatti si potrebbe
passare dai quasi 5,7 milioni attuali a circa 5,1 milioni nel 2030.
Questa dinamica assume proporzioni differenti lungo la penisola: a fronte di un
calo medio del 9,5%, un elemento che salta subito all’occhio è che tutte le
province mostrano una variazione percentuale negativa, anche se con ritmi di
decrescita previsti molto diversi. Guardando le province che si posizionano
meglio, ovvero quelle con le diminuzioni percentuali meno accentuate, troviamo
Parma (-1,1%), Bolzano (-1,2%) e Piacenza (-1,6%). Seguono Bologna (-3,4%),
Pavia (-3,9%) e Ragusa (-4,3%). È evidente come queste province si trovino
prevalentemente nel nord Italia, in particolare in Emilia-Romagna.
Questo dato suggerisce una maggiore resilienza demografica in queste aree,
sebbene il calo sia comunque presente. All’estremità opposta della classifica,
emergono scenari decisamente più critici. Le province per cui si prevede la
contrazione più severa nella popolazione 10-19 anni sono Caltanissetta (-18,6%),
Enna (-18,1%), Nuoro (-17,2%), Barletta-Andria-Trani (-17,0%) e Taranto
(-15,8%). Seguono una serie di province quasi interamente situate nel sud Italia
e nelle isole.
Openpolis approfondisce anche i segnali di disagio tra i più giovani:
nell’ottobre scorso l’Istat ha stimato come quasi il 14% dei minori si sia
trovato in povertà assoluta nel 2023. Si tratta dell’incidenza più elevata della
serie storica dal 2014. Mentre problemi socio-economici attraversano anche la
vita dei giovani adulti.
“Il nostro Paese, sottolinea Openpolis, – nonostante i miglioramenti rispetto al
decennio scorso – resta infatti ai vertici in Europa per quota di neet, giovani
tra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione. In
termini educativi, non va sottovalutato come negli anni della pandemia si sia
registrato un calo netto negli apprendimenti degli studenti. In particolare tra
chi veniva da famiglie più svantaggiate e probabilmente aveva anche meno
strumenti durante la fase pandemica”.
E la tendenza al peggioramento negli apprendimenti peraltro non si è invertita
con la conclusione della pandemia. I recentissimi dati delle prove Invalsi
mostrano come nel 2025 gli alunni che raggiungono i traguardi previsti al
termine del primo ciclo d’istruzione siano scesi al 59% in italiano e si
mantengano sul 56% in matematica.
Così come si continuano a intravedere, anche a pandemia terminata, segnali di
recupero non completo nell’indice di salute mentale degli e delle adolescenti.
Si tratta di uno degli aspetti su cui il rapporto insiste maggiormente. I
ricercatori di Lancet sottolineano come i disturbi mentali e le espressioni di
disagio siano la principale causa di carico di malattia tra gli adolescenti in
tutti i Paesi. L’insorgenza di sintomi di disagio emotivo, come ansia e umore
basso, è più comune durante l’adolescenza che in qualsiasi altro momento del
corso della vita.
Openpolis evidenzia però anche alcuni segnali positivi, a partire dalla
mobilitazione attiva: la quota di 18-19enni che hanno preso parte ad
associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace è stata pari al 3,3%
nel 2024 (2,4% nel 2023) e risulta molto superiore rispetto al resto della
popolazione (1,6%). In questo segmento di età è interessante osservare anche un
ritorno – dopo il calo successivo alla pandemia – alla partecipazione in
associazioni di volontariato.
E pone l’accento su quanto sia fuorviante una narrazione tesa a descrivere
giovani e adolescenti come indolenti e ripiegati su sé stessi. Già oggi ragazze
e ragazzi sono agenti di cambiamento per le loro comunità; sviluppare e
incoraggiare questa propensione deve essere un obiettivo delle politiche
pubbliche in materia. In questo senso, da alcuni anni i rapporti della
commissione Lancet sul benessere degli adolescenti hanno sottolineato
l’importanza dell’investimento su questa fascia d’età.
Osservando come gli investimenti durante l’adolescenza, e in generale su bambini
e ragazzi tra i 10 e i 24 anni, possano produrre un triplice vantaggio: per i
giovani di oggi, per gli adulti che diventeranno e per la prossima generazione
di bambini di cui saranno genitori. Quindi, in generale, per l’assetto attuale
della società e per quello degli anni a venire.
Qui per approfondire l’analisi di Openpolis:
https://www.openpolis.it/la-condizione-dei-giovani-in-italia-in-vista-del-2030/#linvestimento-sugli-adolescenti-puo-avere-un-triplice-effetto-positivo.
Giovanni Caprio