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New York, l’entusiasmo dei giovani sostenitori di Zohran Mamdani
In cima alla collinetta dell’Arthur S. Somers Park, all’ombra di alberi secolari, si sono dati appuntamento gli attivisti pro Zohran Mamdani della zona. Siamo in un quartiere a un quarto d’ora di macchina da Bed-Stuy dove vivo, al di là di Pacific Avenue, l’arteria che fa da spina dorsale a Brooklyn. C’è meno gente deI primo gruppo a cui ho partecipato a fine settembre, ma questo non è un segno negativo, anzi: non appena diventano numerosi i gruppi si dividono per “colonizzare” nuove aree. Sulla mappa interattiva per le prenotazioni online ormai appare una ragnatela di intersezioni; sono i punti da cui il canvas (l’attività di porta a porta con il potenziale elettore) ogni giorno prende il via. La figura frattalica che si riproduce ripetendosi all’infinito è ciò che più ricorda la campagna elettorale Zohran For New York City. E non è finita: ogni gruppo si apre in gruppi e sotto-gruppi WhatsApp per coordinarsi più velocemente e distribuire meglio le risorse durante la settimana. Come di rito salutiamo con un applauso i nuovi attivisti e ognuno si presenta brevemente. Una ragazza e un ragazzo sono i responsabili della giornata, dunque iniziano a illustrare il lavoro che dovremo svolgere. Noto confidenza, oserei dire sicurezza, ma non baldanza. La campagna infatti, pur tra mille strali, sgambetti e provocazioni, tira dritto a gonfie vele e Zohran continua a salire nei sondaggi; tutto ciò fa da sprone ai ragazzi che oggi parlano apertamente di “conquista piena del mandato” (vittoria ottenuta con più del 50% dei voti) come di un obiettivo a portata di mano. Qualche sera fa si è tenuto l’atteso confronto tra i tre candidati (l’indipendente Cuomo, il repubblicano Sliwa e il democratico Mamdani) in lizza per il prestigioso incarico di sindaco di una tra le metropoli più grandi e potenti del pianeta. L’ho seguito quasi tutto e posso dire che, al di là delle personali simpatie politiche per le idee di Zohran, davvero non mi sento di parte ad affermare che sembra non avere concorrenti. La sua forza sta non nell’essere un fine politico, ma nella semplicità con cui parla di cose che da anni ci siamo abituati a credere impossibili, come sogni di cui si poteva scherzare con le amiche a cena (Supermercati popolari perché tutti hanno diritto di mangiare! Autobus gratis! Tassare i multimilionari! Uno stop all’arroganza degli immobiliaristi!), che oggi, grazie a Zohran, sembrano più vicini. E non ne parla solo in teoria: svariati team di economisti, ingegneri, avvocati, educatori sono all’opera per fornire piani strutturali creativi e praticabili. La grande promessa di Zohran è che il sistema di privilegi che ci hanno fatto ritenere intoccabile pena il fallimento e la povertà (quest’ultima intanto la vediamo per davvero avanzare strisciante), verrà toccato. Probabilmente la compagine economica del neoliberismo che domina la città non sarà alterata in maniera radicale, ma solo la possibilità che si apra una prospettiva diversa, portatrice di altri valori, esalta i giovani e tutti coloro che hanno mantenuto un cuore abbastanza puro, mentre getta nel panico chi all’interesse personale ha sacrificato ogni altro ideale. In particolare i ragazzi che si sono buttati a capofitto nella campagna sembrano avere stretto un legame speciale con l’aspirante sindaco, una sorta di sodalizio che vedo brillare nei loro occhi ogni volta che ne parlano; con lui gioiscono e soffrono, si sentono amici. Raccontano che Zohran amava passeggiare nei parchi, ma ora, poverino, per godere di un momento di solitudine deve andare nei cimiteri. Affermano convinti che Zohran non ha bisogno di mentire per farsi amare, che Zohran, diversamente da Cuomo, non ha mai avuto a che fare con Trump e può dirlo a testa alta. Zohran ha conquistato la loro fiducia. In questi giorni in India, il Paese della madre di Zhoran, la famosa regista Mira Nair, si celebra Diwali, la festa delle lanterne; fuori da ogni casa ne viene accesa una, a simboleggiare il ritorno della luce dopo gli anni di buio e grande caos. Si festeggia il ritorno di Rama e Sita ad Ayodhya, la grande capitale dell’India antica. Rama rappresenta il bene massimo per gli uomini, il dharma nella sua forma più alta e perfetta, l’ordine del cosmo; “He Ram (Oh Rama)” furono le ultime parole di Gandhi in punto di morte. Onestamente non credo che Zohran incarnerà tutto ciò e spero che almeno non ci deluderà, ma intanto negli occhi dei ragazzi che incontro ai canvas, così accesi di vita e passione politica, vedo tante piccole lanterne e ogni fuoco sembra bramoso di accenderne altri. Devo lasciare le mie divagazioni; è tempo di mettersi in posa per la foto di gruppo, a cui aggiungiamo un video per inviare gli auguri di buon compleanno a Zohran (ne compie trentaquattro). Lavorerò in coppia con Amanda, cresciuta in una piccola comunità dell’Ohio e arrivata a Brooklyn dopo un’esperienza di lavoro in Africa. Busseremo alle imponenti porte delle brownstones, le case di arenaria ed entreremo in condomini d’epoca piuttosto fatiscenti; nel nostro peregrinare incontreremo altri giovani entusiasti di Zohran, anziane sospettose con cagnolini-tigre, una signora messicana che solo dopo aver udito il nome di Zohran deciderà di aprire la porta (come a una parola d’ordine), una signora ebrea che ci vorrà mettere a parte delle sue paure per esserne rincuorata. Amanda sarà bravissima nel metterla a suo agio, tanto che non vorrà quasi più lasciarci andare via. Ho scritto i verbi al futuro perché tra i miei pensieri ce n’è ancora uno che voglio raccontare, ma vorrei farlo sottovoce, per scaramanzia, perché per ora è solo una speranza: si chiama Graham Platner, è un veterano e un coltivatore di ostriche e nel 2026 concorrerà per la carica di governatore del Maine. Come Zohran, Graham è sostenuto dal senatore Bernie Sanders e la sua campagna condivide l’apparato politico-pubblicitario con quella newyorkese. Le idee di Graham sono su per giù le stesse del nostro beniamino, di tipo socialista (propone persino la sanità pubblica per tutti) e antioligarchiche e la sua improvvisa discesa in campo ha provocato parecchi mal di pancia. Devo muovermi, Amanda mi sta chiamando per cominciare il porta a porta.       Marina Serina
Zohran Mamdani e la rivolta contro l’impero dell’arroganza
L’ascesa di Zohran Mamdani nella politica newyorkese non è un caso: è un atto di fede collettiva da parte di una generazione che rifiuta di arrendersi. Contro una marea di miliardari, cinici opinionisti e media mainstream dai toni degradatori, la sua campagna è diventata una rivoluzione silenziosa. Sulla metropolitana e nelle case popolari, nelle sedi sindacali e nei parchi comunitari, il sussurro si è trasformato in un coro: “Questa città appartiene di nuovo a noi”.  L’Impero colpisce ancora Quel sussurro ha terrorizzato il vecchio ordine. L’establishment politico, la stessa macchina ben oliata che per decenni ha scambiato favori e giuramenti di fedeltà tra i partiti, ora vede Mamdani non solo come un rivale politico, ma anche come una minaccia esistenziale. Sono i guardiani del grande mito americano, secondo cui la crescita infinita è una virtù, il denaro equivale al merito e il socialismo è una malattia. Per loro, figure come Andrew Cuomo e Eric Adams non sono individui, ma incarnazioni di una struttura di potere in decadenza, un meccanismo costruito per preservare il controllo, sterilizzare il dissenso e punire la speranza. Queste forze scateneranno tutte le armi a loro disposizione: titoli distorti, indignazione selettiva, sussurri di “eleggibilità” e telefonate da parte di donatori che “vogliono solo mantenere la stabilità della città”. L’ironia, ovviamente, è che la loro definizione di stabilità significa mantenere un sistema che rende instabili milioni di persone oberate di lavoro, sottopagate e inascoltate. L’autostrada pericolosa Stamattina, mentre tornavo da Long Island a Brooklyn lungo la Jackie Robinson Parkway, ho visto tre o quattro auto sfrecciare tra le corsie a velocità folle, uno spettacolo comune a New York. Il limite di velocità era di quarantacinque miglia all’ora, ma questi conducenti andavano tranquillamente a settanta, forse anche di più. Su un’autostrada con il limite di 65 miglia, sarebbero arrivate fino a 100 se non ci fossero state pattuglie della polizia in vista. Alcuni si vantano addirittura di sfidare la legge: per loro è un motivo di orgoglio. Cosa succede a causa di questa arroganza? Noi altri ci irrigidiamo, stringiamo più forte il volante e preghiamo che il caos passi senza tragedie. La paura ci paralizza. Obbediamo alla legge, restiamo nella nostra corsia e speriamo che quella potenza spericolata non invada il nostro spazio. Eppure, quando arriva l’inevitabile incidente, raramente sono i pirati della strada a soffrirne, ma le famiglie, i conducenti prudenti, i bambini seduti dietro con la cintura di sicurezza. Il sistema politico ed economico americano funziona più o meno allo stesso modo. L’1%, quelli che guidano i motori dell’avidità, della manipolazione dei media e del consumo senza fine, sfrecciano sull’autostrada della vita senza curarsi delle conseguenze. Giocano d’azzardo con il sostentamento delle persone, le nostre scuole, la nostra aria, la nostra stessa democrazia. E quando arriva l’incidente, quando l’economia crolla o il pianeta brucia, non sono mai le élite spericolate a pagare il prezzo. Sono i lavoratori, gli affittuari, le persone comuni che cercano semplicemente di rimanere nella loro corsia. La politica di Zohran Mamdani sfida alla radice questa cultura del potere sfrenato. La sua campagna è una richiesta di frenare, di ritrovare la sanità mentale, l’equità e la decenza. Egli rappresenta i milioni di persone che non ne possono più di guidare nella paura. Che cosa rappresenta Mamdani La candidatura di Mamdani non riguarda solo la riduzione degli affitti o la riforma del trasporto pubblico. Riguarda la dignità umana in una città che ha dimenticato cosa significhi. Il suo calore, la sua concretezza e la sua insistenza sul fatto che nessun newyorkese sia sacrificabile lo rendono pericoloso per un establishment che prospera sulla divisione. I giovani di ogni provenienza – immigrati, attivisti queer, sindacalisti, informatici, venditori ambulanti – vedono in lui non un salvatore, ma uno specchio del loro io migliore. La sua campagna incarna la chiarezza morale che un tempo definiva le migliori tradizioni americane: equità, coraggio e integrità al posto della paura, dell’avidità e dell’ipocrisia. L’appello New York si trova ora a un bivio. La scelta non è tra destra e sinistra, ma tra coscienza e corruzione, tra verità e menzogne televisive. L’alleanza Cuomo-Adams-Wall Street non si fermerà davanti a nulla per far deragliare questo movimento, ma la storia dimostra che quando la gente comune si unisce, anche gli imperi più scintillanti crollano. Per ogni elettore convinto che l’onestà conti ancora, per ogni giovane lavoratore che sogna una città costruita sulla cura invece che sul timore, è venuto il momento di agire. L’establishment lo definirà ingenuo, avventato, persino antiamericano. Lasciamoli fare. Il vero patriottismo non è obbedienza, è coraggio. Una New York rinata La campagna di Mamdani ha già cambiato il clima politico di New York. Che l’élite al potere lo accetti o meno, una turbinio di coscienza ha cominciato a formarsi. È il vento che si alza dopo troppi anni di silenzio, lo stesso vento che un tempo ha soffiato con Frederick Douglass, Emma Goldman, Eleanor Roosevelt, Bayard Rustin, Bella Abzug e Bernie Sanders. Se quel vento si intensificherà, se troverà il suo ritmo attraverso i quartieri e le generazioni, spazzerà via l’arroganza di coloro che hanno dimenticato che la democrazia non è mai stata concepita come un club privato. Ricorderà all’America che il potere, come la guida, richiede responsabilità e che la giustizia non è un lusso, ma la strada stessa.  Fonti: * New York Times, “Progressives Eye City Hall as Zohran Mamdani’s Movement Grows,” Sept 2025. * The Indypendent, “How Zohran Mamdani Reframed NYC Politics Around Care.” * The Wire, Partha Banerjee, “Patriot or Traitor? Gandhi, Dissent, and the Meaning of Democracy,” Oct 2025. * Jacobín, “Socialism Is Not a Crime: The Rise of a New Generation of American Left.” * Brooklyn For Peace, “Pathmakers of Conscience: From King to Mamdani.” Traduzione dall’inglese di Anna Polo   Partha Banerjee
Milei cacciato a sassate nella provincia di Buenos Aires
Il populismo di destra, intimamente fascista, quando arriva a toccare le questioni cruciali per la vita della popolazione – pensioni, salari, sanità, casa, ecc – si rivela per quel che è: un cappio al collo per favorire i ricchi, l’imperialismo (yankee, per forza di cose), strizzando senza pietà lavoratori, pensionati, […] L'articolo Milei cacciato a sassate nella provincia di Buenos Aires su Contropiano.
Mamdani dimostra l’efficacia del metodo DSA negli USA
Pubblicato con lievi modifiche su Transform Italia il 06 Agosto 2025 di M. Minetti Mamdani, Ocasio Cortez e Sanders. La vittoria di Zohran Mamdani alle primarie per il candidato democratico alle future elezioni del sindaco di New York costituisce un … Continua a leggere→