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Accordo Ministero dell’Istruzione e del Merito con l’Associazione Nazionale Alpini
(…) hanno siglato un Protocollo d’Intesa, che consente di promuovere nelle scuole i valori dell’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato. Il passaggio del Protocollo che abbiamo citato, nel quale abbiamo volutamente lasciato in bianco i due soggetti ad inizio frase, potrebbe essere riferito ad una delle quasi 5000 organizzazioni di volontariato italiane per oltre 800mila volontari (https://volontariato.protezionecivile.gov.it/it/elenco-nazionale/elenco-centrale/) che fanno riferimento alla Protezione Civile, ma purtroppo non è così. I soggetti in questione, infatti, rappresentano l’una la più grossa e antica organizzazione di militari in congedo come l’A.N.A. (Associazione Nazionale Alpini), l’altra il MIM (ormai ribattezzato Ministero dell’Istruzione Militare). Dopo decenni di enfatizzazione della competizione, spesso edulcorata soprattutto a scuola attraverso l’aggettivo “sana”, e dell’individualismo sfrenato, di pari passo con la privatizzazione della scuola, ciò che più sconcerta è l’utilizzo, da parte del ministro con la spilla simbolo della Lega Nord sempre al bavero, del termine “noi” contrapposto a quello dell'”io”. Inserito in questo contesto, dove i termini patria e patriottismo abbondano, il “noi” sembra ricordarci il famigerato motto fascista “a noi!” più che un’idea di compartecipazione o di solidarietà. Per Valditara evidentemente “gli Alpini esprimono – si legge sul sito del MIM – valori importanti: solidarietà e altruismo, civismo, coraggio, senso del dovere e spirito di sacrificio, lealtà, attaccamento al territorio e alle radici della comunità, ideali patriottici“. “Il Protocollo – si legge più avanti (clicca qui) – prevede il rilascio di un attestato di frequenza alle studentesse e agli studenti che partecipano ai Campi Scuola organizzati dall’ANA per documentare l’esperienza nel loro curriculum e per darne rilevanza durante il colloquio dell’esame di Maturità“. Un po’ come nel sistema dei crediti, anche qui si fa leva sull’interesse utilitaristico degli studenti e delle studentesse per spronarli alla partecipazione ai Campi Scuola sponsorizzati dagli Alpini. Ma non si dovrebbe far leva solo sulla volontà di fare del bene alla Patria? Siamo sicuri che i valori della solidarietà, del volontariato e della partecipazione civile siano appannaggio solo di un corpo militare come gli Alpini? Sembra di essere piombati negli anni ’20 ma del secolo scorso, tanto che ad oltre un mese dalla fine delle celebrazioni di quella che per noi è una giornata di lutto nazionale, il 4 novembre, alcuni autobus della capitale (clicca qui) girano ancora con l’adesivo riportante un bandierone sullo sfondo di un cielo azzurro, con la scritta “Difesa la forza che unisce”: ma dobbiamo per forza unirci con le armi in mano? Da una parte si fa un grande esercizio di retorica su questo sedicente spirito unitario sotto l’egida delle forze armate, dall’altra si trama per sgretolare la solidarietà tra nord e sud e tra zone depresse e zone ricche tramite l’autonomia differenziata. Se la si guarda, però, attraverso gli occhi di un appartenente alla classe privilegiata questa non appare più una contraddizione ma un fine perfettamente coerente con i propri interessi. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università -------------------------------------------------------------------------------- Se come associazioni o singoli volete sostenerci economicamente potete farlo donando su questo IBAN: IT06Z0501803400000020000668 oppure qui: FAI UNA DONAZIONE UNA TANTUM Grazie per la collaborazione. Apprezziamo il tuo contributo! Fai una donazione -------------------------------------------------------------------------------- FAI UNA DONAZIONE MENSILMENTE Apprezziamo il tuo contributo. Dona mensilmente -------------------------------------------------------------------------------- FAI UNA DONAZIONE ANNUALMENTE Apprezziamo il tuo contributo. Dona annualmente
USR Marche, Polizia di Stato e CONI ad Ancona sul coraggio e…Dante Alighieri?
Un gruppo di duecento studenti e studentesse, in totale, dal Liceo classico “Rinaldini”, il Liceo scientifico “Galileo Galilei”, il Liceo artistico “Mannucci”, l’IIS “Savoia Benincasa” e l’IIS “Volterra Elia” hanno assistito all’incontro dal titolo “CORAGGIO… un viaggio ideale nel tempo dal pensiero di Dante fino ai giorni nostri” nell’auditorium della Mole Vanvitelliana, suggestivo complesso monumentale costruito su un’isola artificiale a forma pentagono.  Il fine dichiarato di questa mattinata era introdurre una riflessione collettiva sul valore del coraggio, in contrapposizione al fenomeno del bullismo e dell’indifferenza sociale. Una sola relatrice ha parlato del sommo poeta, a pieno titolo, considerata la sua appartenenza alla Società Dante Alighieri di Ancona. I restanti erano tutte figure di grande peso delle istituzioni locali di Polizia: il Presidente e il Vicepresidente dell’ANPS (Associazione Nazionale della Polizia di Stato) di Ancona; il Comm. Capo della Polizia di Stato della Questura di Ancona, il Questore di Ancona. È intervenuta anche una grafologa forense. Tanti ospiti per una sola mattinata. E c’erano ancora una rappresentante dell’Ufficio Scolastico Regionale Marche, il Presidente del CONI Marche e l’atleta delle Fiamme Oro Carlo Macchini. Legalità, spirito civico e impegno agonistico, rigorosamente in divisa! Una schiera istituzionale, come tante descritte nei canti della Divina Commedia dell’Alighieri.  Iniziative di questo tipo non costituiscono una novità per noi dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. Il nostro scopo come comitato è quello di dimostrare articolo dopo articolo l’imponente ingerenza del Sistema Difesa e della cultura securitaria nelle scuole italiane. Il carattere strutturale degli accordi tra Ministero della Difesa e Ministero dell’Istruzione produrrà effetti oscurantisti per lo spirito democratico del nostro Paese. Per questo continuiamo a tenere traccia del crescente militarismo della sfera civile, ad analizzarlo insieme a voi, e a parlarvene. Per tenere viva la libertà in tutte le sue espressioni, sostanza dolcissima che profuma l’aria di ambrosia. Vi ricordiamo che è possibile mettersi in contatto con noi per segnalare eventi che prevedono la presenza nelle scuole di forze armate e di corpi di sicurezza scrivendo a osservatorionomili@gmail.com Il nostro è un impegno politico volontario. Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università -------------------------------------------------------------------------------- Se come associazioni o singoli volete sostenerci economicamente potete farlo donando su questo IBAN: IT06Z0501803400000020000668 oppure qui: FAI UNA DONAZIONE UNA TANTUM Grazie per la collaborazione. Apprezziamo il tuo contributo! Fai una donazione -------------------------------------------------------------------------------- FAI UNA DONAZIONE MENSILMENTE Apprezziamo il tuo contributo. Dona mensilmente -------------------------------------------------------------------------------- FAI UNA DONAZIONE ANNUALMENTE Apprezziamo il tuo contributo. Dona annualmente
OnLife: il nuovo progetto ecologico-educativo dell’industria bellica Leonardo SpA
Si chiama OnLife (https://www.leonardo.com/it/news-and-stories-detail/-/detail/leonardo-on-life-valorizzazione-circolare-asset-digitali) il nuovo progetto di Leonardo SpA in collaborazione con Hewlett Packard, presentato come iniziativa nel quadro dell’economia circolare: PC dismessi ma riutilizzabili e quindi potenziati per essere reimmessi in situazioni di svantaggio sociale dove per esempio è forte il cosiddetto “digital divide“. Quindi la nota fabbrica di morte Leonardo SpA, peraltro invischiata anche in relazione indegne con lo Stato genocidario di Israele, si associa ad un altro colosso del digitale come HP ben noto non solo a BDS (https://bdsitalia.org/index.php/notizie/comunicati-bds/tag/boicotta-hp), ma a chiunque abbia minimamente indagato su quali siano i “device” digitali utilizzati dall’esercito israeliano, in particolare nelle attività di polizia di frontiera per un controllo pervasivo sulla popolazione palestinese. Prosegue quindi l’attività di war-washing e green-washing del colosso internazionale targato Italia che in questo caso va a colonizzare anche le fasce più svantaggiate della popolazione giovanile nei Paesi più poveri tentando così di riabilitarsi. Anche sul piano ecologico questa piccola goccia nel mare difficilmente riuscirà ad essere concepita come un primo passo per salvare il pianeta vista la complicità con l’esercito israeliano che in due anni è riuscito ad inquinare e a sommergere di detriti bellici in una quantità tale che nessun altro paese al mondo, a parte forse, gli Stati Uniti era riuscito a fare. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Ferrara, diffusione della cultura aeronautica nelle scuole: protagonisti oltre 200 student3
C’era una volta il sogno del volo che affascinava la cultura futurista con la esaltazione della velocità, della tecnologia e l’aeropittura, ma qui non siamo a rievocare le opere artistiche e le teorie futuriste, bensì l’ennesimo sconfinamento di una forza armata nelle scuole di ogni ordine e grado e tutto ciò accade a Ferrara (clicca qui per la notizia). L’aeronautica militare da tempo frequenta le aule e non per decantare il mito dell’aviazione italiana, ma per offrire a studenti e studentesse attività didattiche, laboratori, incontri con esperti e percorsi orientativi finalizzati non solo alla storia dell’aviazione civile e militare, il vero obiettivo è sempre lo stesso: esaltare le forze armate e al contempo proporre la carriera militare come scelta di vita. Le strategie adottate seguono un copione già noto, si utilizza la storia passata per suscitare interesse, curiosità e aspettative verso la vita militare in un periodo storico nel quale il Riarmo palesa la costante ricerca di aumentare gli organici delle forze armate. Centinaia di studenti e studentesse hanno partecipato alle attività dell’Aeronautica militare, dalle medie alle scuole superiori con la presenza anche di amministratori locali. Il mix tra storia recente e passata per arrivare direttamente al vero obiettivo di questa presenza nelle scuole: convincere i/le giovani alla carriera militare, a diventare, come dicono gli studenti tedeschi, carne da macello per i futuri conflitti bellici, assuefare le giovani generazioni alla normalità della guerra presentando la divisa come opportunità lavorativa per le giovani generazioni. Quanto avvenuto nelle scuole di Ferrara è l’ennesima dimostrazione della costante ricerca da parte dell’esercito di reclutare giovani alla vita militare unendo alla propaganda di guerra la promessa di un impiego che in tempi di mancata crescita dell’economia potrebbe rappresentare una alternativa appetibile rispetto al precariato e alla disoccupazione. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Carriere in divisa di Assorienta in Piemonte: formazione per le Forze Armate nelle scuole
Siamo in Piemonte, in una scuola superiore di secondo grado, in cui ormai da alcuni anni – in sede di orientamento in uscita – Assorienta propone un percorso dedicato alle Carriere in divisa. Gli studenti e le studentesse delle classi quinte e quarte hanno partecipato a un incontro, tenuto da una formatrice del suddetto ente, nel quale sono state presentate le carriere nelle Forze Armate e nelle Forze dell’Ordine. L’intervento è stato impostato su una presentazione volutamente neutrale della carriera in esame, paragonandola a qualunque altro tipo di scelta professionale. La formatrice si è soffermata sui vantaggi immediati di una scelta di questo tipo: immediata retribuzione (in un Paese in cui disoccupazione, precariato e bassi redditi compromettono la possibilità di costruirsi un futuro per le giovani generazioni), pagamento degli studi universitari da parte delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine, prestigio sociale garantito da questa carriera. Le carriere in divisa si presentano come una “cornice” all’interno della quale sembra che si possano compiere in modo più facile, protetto e sicuro percorsi di studio più complicati da sostenere (per ragioni economiche soprattutto) in ambito civile. La formatrice si sofferma poi sul fatto che la vita militare consenta l’esperienza, che parrebbe preclusa da scelte di vita diverse, di “vita di comunità”, imperniata sul “noi” anziché su un approccio individualistico: questa affermazione appare però contraddittoria in quanto la scelta di una carriera indivisa implica per altri versi la scelta di un percorso estremamente selettivo, fin dai concorsi, presentati come prove di ingresso durissime sia dal punto di vista delle conoscenze sia da quello della preparazione fisica sia, infine, da quello dell’adeguatezza psicologica dei candidati. La formatrice propone una breve “simulazione” del Minnesota Test: si tratta del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), un questionario psicometrico standardizzato usato per valutare la struttura della personalità e identificare disturbi psicopatologici, utilizzato proprio per la selezione del personale in mansioni che richiedano una particolare “stabilità emotiva”, che dovrebbe garantire la propensione all’obbedienza agli ordini e al rispetto delle regole. Appare davvero contraddittorio, senza scomodare don Lorenzo Milani, completare un corso di studi superiore, una delle cui finalità sarebbe la costruzione di un approccio critico, con un’attività di orientamento che sottolinei invece il valore e l’importanza del conformismo e dell’obbedienza, “virtù” fondamentali per abbracciare una carriera in divisa. La formatrice intervalla il suo discorso con la presentazione di slides che non evidenziano mai i momenti in cui il personale in divisa è in azione, né in operazioni di guerra né nella gestione dell’ordine pubblico. Vengono invece presentate immagini estremamente patinate, spesso riferite a cerimonie come la consegna degli alamari ai Carabinieri o dello “spadino” ai cadetti delle Accademie Militari. Proprio rispetto alla vita in Accademia viene più volte ribadito il valore dell’etichetta, che induce chi ascolta a una percezione parziale di ciò che è “il mestiere delle armi”. E infatti non appaiono armi, non appare la guerra, che non viene neanche lontanamente menzionata: vediamo scorrere foto di belle ragazze e bei ragazzi impegnati nello studio o nello sport o in cerimonie in alta uniforme o al limite in attività a contatto con la cittadinanza, tutte attività volte alla normalizzazione della presenza delle divise nella vita civile e in attività che non richiederebbero la presenza delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine. Un aspetto che nel corso della formazione viene più volte evidenziato è quello di una vita in cui abbondano le possibilità di contatto con ambienti “esclusivi”, a partire dalla residenza, per esempio, in edifici storici chiusi alla cittadinanza (con buona pace del diritto alla fruizione dei beni culturali), come nel caso dell’Accademia di Modena, che ha sede a Palazzo Ducale. Il tema dell’accesso a contesti socialmente elevati non è  secondario nel processo di militarizzazione della società, se si pensa che nello stesso periodo in cui veniva proposta questa attività, presso la Reggia di Venaria si svolgeva, come da consolidata tradizione, il Gran ballo delle debuttanti, in cui alcune giovani selezionatissime fanno il loro ingresso in società accompagnate dagli Allievi dell’Accademia Militare di Livorno (clicca qui per la notizia): ancora il tema della bellezza, ancora immagini patinate, ancora alta uniforme (e anche, potremmo sottolineare, una tradizione che conferma i più triti e ritriti stereotipi di genere: per quale ragione non è previsto che un’Allieva donna accompagni un debuttante uomo? Perché non ammettere coppie omosessuali?). Un ulteriore elemento che rende discutibile la presentazione di Assorienta è il fatto che il vero “lavoro” di chi sceglie una carriera in divisa non viene praticamente mai né nominato né presentato nei suoi aspetti concreti, così come nel caso delle Forze Armate risulta straniante che non venga mai fatto cenno alla situazione internazionale, ai conflitti in corso, alla posizione e alle alleanze dell’Italia. Vengono nominate en passant le missioni di pace e si sottolinea come, nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, il ruolo delle Forze Armate sia garantire la stabilità internazionale e la soluzione pacifica dei conflitti “attraverso l’opera di organizzazioni internazionali come l’ONU e la NATO” (sic!). Sobbalziamo nel constatare che un errore che chi scrive ha spesso rilevato, come commissari3 estern3, nel corso degli esami di Stato, possa essere stato alimentato da una formazione volutamente ambigua, in cui la massima organizzazione internazionale da statuto effettivamente impegnata (pur con i risultati inadeguati che sono sotto gli occhi di tutti) nel tentativo di mantenere pace e stabilità internazionale e favorire la cooperazione tra gli Stati venga confusa con la più forte alleanza militare oggi esistente, la cui esistenza è essa stessa fonte di instabilità e conflitti. Ancora una volta, dunque, nonostante la ferma opposizione di alcun3 docent3, un’attività di cui abbiamo rilevato le molteplici criticità è stata proposta alle nostre studentesse e ai nostri studenti, esponendol3 a forme di propaganda e manipolazione sempre più intense e capillari. Invitiamo le lettrici e i lettori a segnalare all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università tutti i casi in cui le carriere in divisa vengono presentate, sia da parte di personale in divisa, sia da parte di formatori di Assorienta o di altre agenzie, alle e ai nostr3 student3. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Vittorie contro la militarizzazione di scuole e università: ritiro delle iniziative di propaganda
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sin dall’inizio del nostro impegno ci siamo dati un obiettivo: rompere la normalizzazione del rapporto tra scuole e mondo militare, fare in modo cioè di cambiare di segno alla narrazione che vedeva le scuole vantarsi di progetti svolti con le forze dell’ordine o con i militari. Oggi, con grande soddisfazione, registriamo che tre di questi appuntamenti sono stati annullati a seguito delle pressioni della società civile. Un primo caso si è avuto qualche giorno fa a La Spezia dove un generale della Folgore avrebbe dovuto tenere una conferenza di geopolitica agli studenti e alle studentesse delle scuole superiori dal titolo “La storia non è finita…” (clicca qui per la denuncia). Il timore delle contestazioni annunciate e l’intervento puntuale presso le scuole e i/le docenti affinché non accompagnassero le loro classi ha ottenuto l’annullamento dell’evento, “per problemi organizzativi”, come hanno voluto dire (clicca qui per la notizia). Il secondo caso arriva invece da Udine dove in data 2 dicembre 2025 alcuni docenti della Scuola Secondaria di primo Grado “G. Ellero” avrebbero dovuto partecipare alla “simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero per condurre operazioni nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti della NATO”. D’altra parte, questa è una precisa raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2025, laddove si indica la necessità di formare i/le docenti sulle questioni della sicurezza e dunque si prevedeva un’esercitazione con tanto di mezzi militari nel cortile della scuola. Sulla vicenda di Udine AVS ha annunciato un’interrogazione parlamentare (clicca qui per la denuncia) e l’iniziativa è stata annullata (clicca qui per la notizia). Il terzo caso riguarda, invece, l’università, in questo caso l’Università di Bologna. Qui è accaduto che il generale Masiello abbia chiesto all’Alma Mater di avviare un corso di filosofia per un gruppo di 10-15 militari al fine di “sviluppare un pensiero laterale“, ma i docenti dell’Università di Bologna, molto avanti nel processo di consapevolezza e di smilitarizzazione dei luoghi della formazione, anche grazie alla lotta condotta dagli studenti e dalla studentesse, hanno risposto picche e il corso non si fa! Cosa ci dicono queste tre vicende? Ci parlano sicuramente di tre vittorie, per niente scontate e che infatti finora non si erano verificate. Ma ci dicono anche che la diffusione della “cultura della difesa” ha bisogno di muoversi con lentezza e senza fare rumore; il danno che le contestazioni pubbliche possono fare è enorme, i guerrafondai lo sanno benissimo e preferiscono ritirarsi quando capiscono il danno che ne potrebbero ricevere. Se la cultura della difesa per diffondersi ha bisogno di costruire un consenso lento e silenzioso, cari signori della guerra, noi continueremo a fare rumore e a gioire di ogni vostra ritirata strategica! Serena Tusini, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Campi Scuola degli Alpini: formazione o avvio all’addestramento militare?
Lo scorso 31 agosto si sono chiusi i Campi Scuola dell’Associazione Nazionale Alpini. Parliamo di 13 campi organizzati in tutta Italia e ai quali hanno partecipato oltre 600 tra ragazze e ragazzi di età compresa tra i 17 ai 24 anni (clicca qui per la pagina Facebook). Questi Campi sono stati ideati ad arte per suscitare entusiasmo e partecipazione tra i giovani anche in prospettiva di una scelta di vita e di lavoro in ambito militare, la premessa è quella di far conoscere gli alpini, la storia del Corpo il loro operato insieme ad alcune discipline come quelle legate alla protezione civile, al primo soccorso, alle attività che si svolgono in montagna. Tra i Campi Scuola ve n’era uno appositamente pensato per i maggiorenni ai quali è stato presentato un piano specifico destinato alla scelta di vestire la divisa come militari di professione in ogni Forza armata e in particolare nel corpo degli alpini insieme allo sfoggio dei mezzi militari. Ancora una volta assistiamo a dei progetti costruiti ad arte per avvicinare giovani e giovanissimi, far loro credere che una scelta all’interno delle forze armate sia una soluzione a tutti i problemi, una scelta di vita e di lavoro da riproporre alle future generazioni. Non una parola viene spesa sul ruolo e sulle funzioni delle Forze armate, sulla tragicità della guerra, su come vengono reclutati in Ucraina giovani e giovanissimi strappati da scuole e villaggi per diventare carne da macello al fronte. Alle scuole si propone l’adesione ad un progetto https://www.alpinirivoli.com/progetto-alpini-a-scuola.html e militari legati all’associazione girano per gli istituti con lo scopo di attirare studenti e studentesse per attività alla apparenza innocue e salutari come dei campi estivi in montagna. Peccato che il vero scopo di questi campi sia ben altro che vivere in mezzo alla natura, prepararsi alla idea della guerra, disposti a farne parte diventando militari di professione. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Udine, mezzi militari e forze armate NATO in un istituto comprensivo: annunciata interrogazione parlamentare
PUBBLICHIAMO LA SEGNALAZIONE E LA NOTA CRITICA CON LA QUALE AVS STIGMATIZZA, ANNUNCIANDO UN’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE, LA PARTECIPAZIONE DI ALUNNI E ALUNNE DI UN ISTITUTO COMPRENSIVO DI UDINE AD UNA INIZIATIVA CON I MILITARI DELLA NATO. COME OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ CONDIVIDIAMO LA PREOCCUPAZIONE E DENUNCIAMO LA GRAVITÀ DELL’INGRESSO ALL’INTERNO DI UNA ISTITUZIONE SCOLASTICA DI MEZZI MILITARI, COME ANNUNCIA LA NOTA DELLA DIRIGENTE SCOLASTICA. IL PROCESSO DI MILITARIZZAZIONE, DOPO LA DISCUSSIONE SUL RIPRISTINO DELLA LEVA, È ORMAI DILAGANTE IN TUTTA EUROPA E PARTE DALLE NOSTRE SCUOLE, DALLA NORMALIZZAZIONE DELLA GUERRA, DELLA VIOLENZA E DELLA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DELLA DIFESA E DELLA SICUREZZA. Ieri, con circolare 145, la dirigente dell’Istituto comprensivo V di Udine, annuncia “che in data 2 dicembre 2025 alcuni docenti della Scuola Secondaria di primo Grado ‘G. Ellero’ saranno interessati quali partecipanti nella simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero per condurre operazioni nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti della NATO”. Inoltre, si legge sempre nella circolare, il “CIMIC Group sarà presente con due automezzi all’interno del cortile”. Da quanto ci è stato riferito da alcuni insegnanti, non ci risulta che il Consiglio d’Istituto sia stato informato e abbia deliberato in merito. Esprimiamo tutta la nostra contrarietà a questa simulazione a supporto dei contingenti NATO, con tanto di automezzi militari all’interno del cortile della scuola. Ci opponiamo alla corsa al riarmo e alla militarizzazione della società e ora pure della scuola. Annunciamo due interrogazioni: una alla Camera dei Deputati, che verrà presentata dall’on. Marco Grimaldi (AVS), e una in Consiglio regionale. La scuola sia il luogo della formazione civile dei ragazzi e delle ragazze e portatrice dei valori della pace, non dell’ideologia della guerra. Andrea Di Lenardo (Capogruppo AVS-Possibile Udine) Serena Pellegrino (Consigliera regionale AVS)
Cremona: celebrazione guerra d’Etiopia con Carabinieri e scolaresche, ma era un’impresa fascista!
Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università riteniamo opportuno fare qualche precisazione in merito all’articolo pubblicato su CremonaOggi il 21 novembre 2025, riferito alla celebrazione in Cattedrale dei Carabinieri in occasione della Patrona Virgo Fidelis, che ha visto anche la partecipazione di studenti e studentesse di un Istituto cittadino, l’IIS Stradivari di Cremona (clicca qui per la notizia). Nell’articolo, al di là di quanto si possa essere d’accordo sugli eventi che mettono in risalto le forze armate, e mettendo per un attimo da parte il doveroso riconoscimento a persone che, nell’adempimento del loro dovere, svolto in nome dello Stato e della collettività, hanno perso la vita, preme soffermarsi sulla questione della celebrazione, contestuale alla suddetta  cerimonia, “dell’eroica difesa del caposaldo di Culqualber, un episodio della Guerra d’Etiopia del 21 novembre 1941, da parte del 1° Battaglione Carabinieri e Zaptie, nel quale si consumò il sacrificio in una delle ultime battaglie dell’esercito italiano” (il virgolettato è preso testualmente dall’articolo pubblicato). Se si volesse approfondire, si troverebbe tanto materiale che descrive nel dettaglio le azioni militari volte a difendere il territorio di Etiopia dall’attacco degli inglesi; lasciamo questa possibilità a chi voglia approfondirne il contenuto. Si parla di guerra, armi, combattimenti, prigionieri, morti ed, infine, di capitolazione. Le fonti dicono che, dopo mesi di resistenza e di attacco, durante l’ultima, disperata difesa, si distinsero in molti, militari del Regio Esercito, Camicie Nere, Ascari dei reparti coloniali, Carabinieri e Zaptiè, che sacrificarono la loro vita in nome dell’Italia. II Maggiore Carlo Garbieri, il Carabiniere Poliuto Penzo ed il Maggiore Alfredo Serranti, furono decorati di medaglia d’oro al valore militare alla memoria. Questa doverosa premessa è per conoscere i termini degli eventi di cui si parla nell’articolo. Riflettiamo quindi sui molti sottintesi storici di tale evento. Siamo nella Seconda Guerra Mondiale, a fianco dei nazisti, cioè dalla parte sbagliata della storia di quel periodo. Siamo su un territorio occupato con un’azione imperialista e colonialista: l’invasione e l’attacco ad uno Stato sovrano come l’Etiopia valse al Regno d’Italia, che ambiva ad avere il suo Impero, le sanzioni previste dall’allora Società delle Nazioni, che vietava azioni del genere, e che contribuirono al precipitare dello Stato Italiano nel baratro che porterà a quell’obbrobrio che fu la Seconda Guerra Mondiale. In Etiopia il nostro Regno, diventato malauguratamente Impero su base razzista, “francamente razzista”, per dirla con le parole del Duce, fu protagonista di atti terribili nei confronti della popolazione civile, con massacri, costruzione di campi di concentramento, rappresaglie, stupri e violenze nei confronti dei “mori”. Solo per citare qualche evento, si ricorda che tra il 19 e il 21 febbraio 1937 le truppe italiane, con il supporto dei civili e delle squadre fasciste, massacrarono circa ventimila abitanti di Addis Abeba, una feroce repressione a seguito del fallito attentato contro il maresciallo Rodolfo Graziani, allora viceré d’Etiopia, a opera di due giovani resistenti eritrei. Le violenze degli italiani durarono per mesi e si estesero ad altre parti del Paese, fino all’eccidio di chierici e fedeli nella cittadina monastica di Debre Libanos a maggio dello stesso anno. In tale circostanza le truppe italiane massacrarono più di duemila monaci e pellegrini al monastero etiope. Una strage che, come altri crimini di guerra commessi nelle colonie, trova spazio a fatica nel discorso pubblico, nonostante i passi fatti da storiografia e letteratura. Con quel passato il nostro Paese non ha mai fatto i conti, né sul piano giuridico né su quello materiale   Graziani è conosciuto come un crudele e violento, vendicativo e dispotico, che utilizza il proprio potere come mezzo di affermazione personale. L’eccidio messo in atto come rappresaglia è stato definito il più grande avvenuto nei confronti dei cristiani in Africa.  Il messaggio con cui dà ordine di massacrare i monaci è il seguente: “Questo avvocato militare mi ha comunicato proprio in questo momento che habet raggiunto la prova assoluta della correità dei monaci del convento di Debra Libanos con gli autori dello attentato. Passi pertanto per le armi tutti i monaci indistintamente, compreso il vice-priore. Prego farmi assicurazione comunicandomi il numero di essi”. Si è trattato di un vero e proprio crimine di guerra, poiché l’eccidio è stato qualcosa che è andato al di là della logica militare, andando a colpire dei religiosi, peraltro cristiani e inermi”.  In Italia manca una memoria consapevole sulle responsabilità per gli eccidi e le violenze commesse dagli italiani nel corso della loro “avventura” coloniale per andare alla ricerca di un “posto al sole” in Libia, in Eritrea, Somalia ed Etiopia al pari delle altre nazioni europee, vengono ancora oggi occultate dalla coscienza pubblica. Il colonialismo non è stato semplicemente un periodo storico, ma è anche una pratica economica che prevede occupazioni e stermini, con disumanizzazione della popolazione indigena. Vennero costruiti campi di concentramento, come a Danane, situato a quaranta chilometri da Mоgadiscio, in riva all’Oceano Indiano, ordinato sempre dal generale Graziani, per accogliere i prigionieri di guerra, resistenti, funzionari, partigiani, monaci copti scampati alla drastica liquidazione dei conventi, indovini e cantastorie, rei soltanto di aver predetto l’imminente tramonto del dominio italiano in Etiopia, di somali che hanno manifestato, in diverse maniere, la loro opposizione all’Italia. Sin dal momento in cui comincia a funzionare, il campo di Danane, come l’altro lager di Nocra in Eritrea, gode di una sinistra reputazione. Noi tutti, inoltre, siamo a conoscenza di come gli Italiani trattassero le popolazioni locali, ammantandosi di una funzione “civilizzatrice” nei confronti di persone che non potevano avere la stessa dignità umana né gli stessi diritti. La conclusione è che spesso gli italiani tendono a ricordare solo quelle pagine della loro storia funzionali alla costruzione di un’immagine positiva di sé come popolo e Nazione ma serve maturare una consapevolezza nuova che metta l’accento anche su una discrasia pericolosa: da un lato la giusta memoria delle stragi nazi-fasciste commesse ‘in Italia’ e dall’altro la pubblica amnesia sulle violenze commesse ‘dall’Italia’ nelle sue colonie in Africa. Questo distacco dalla storia è molto preoccupante perché lascia la coscienza pubblica in balìa di pericolose derive disumanizzanti, aprendo vuoti insidiosi e facilmente colmabili da slogan e da letture semplificate del passato. La partecipazione a eventi come questo da parte delle scuole non si può quindi ritenere neutra: la conoscenza approfondita dei fatti storici e del contesto è necessaria per educare gli studenti al pensiero critico (critico proprio perché informato e consapevole), fuori dagli stereotipi dello stato forte se armato. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Perugia, il paradosso di un’educazione civica affidata alle Forze dell’Ordine
Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere, vede negli ultimi anni in diverse scuole interventi delle Forze dell’Ordine con l’obiettivo di contrastare la violenza di genere. Succede in tutta Italia, succede in Umbria e succede nella nostra città. Il 25 novembre saranno gli studenti e le studentesse del Liceo “Pieralli” ad incontrare personale del Comando dei Carabinieri di Perugia. Ma non c’è forse una contraddizione intrinseca nell’affidare percorsi di educazione ad una cultura del rispetto, della pace, della libertà, a chi nella società ha il compito di intervenire laddove quei valori siano stati violati? Compito certamente necessario all’ordine pubblico, ma non propriamente compatibile con la finalità educativa della scuola. La presenza crescente delle Forze dell’Ordine nelle scuole, contribuisce a trasmettere una cultura della sicurezza, più che inserirsi nella più ampia finalità dell’educazione civica. Le Forze dell’Ordine contrastano il reato, ma l’ideale formativo della scuola è sradicare la cultura stessa su cui si innesta il reato. E allora il 25 novembre, più che personale in divisa, ragazzi e ragazze dovrebbero forse incontrare testimonianze, operatori sociali, psicologi, sociologi e chiunque possa scuotere le loro coscienze in una società ancora troppo impregnata di una cultura maschilista, violenta, discriminatoria e prevaricatrice. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è nato a livello nazionale nel 2023 proprio per monitorare e denunciare tutte quelle iniziative che trasmettono negli istituti formativi una cultura securitaria, se non addirittura bellicista, anziché rendere la scuola uno spazio ideale di educazione civile al rispetto, al dialogo, all’accoglienza, alla nonviolenza, esigenza tanto più urgente quanto più si assiste a rapporti globali sempre più improntati alla militarizzazione e alla sopraffazione. Che le giovani generazioni possano, il 25 novembre e ogni giorno dell’anno, formare coscienze non violente, empatiche, rispettose di tutte e tutti, senza che ci siano divise a comunicare l’obbedienza alla legge, ma interiorizzando quello che il nostro Aldo Capitini ha poeticamente espresso nel verso “La mia nascita è quando dico un tu”. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Perugia