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L’esercito a scuola per distanziare i bambini. Assolto Antonio Mazzeo
RILANCIAMO L’ARTICOLO PUBBLICATO SU STAMPALIBERA.IT IL 16 SETTEMBRE 2024 SULL’ASSOLUZIONE DI ANTONIO MAZZEO, DOCENTE E ATTIVISTA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ. QUANDO SI VERIFICÒ L’”OCCUPAZIONE” MILITARE DA PARTE DELLA BRIGATA “AOSTA” DEL CORTILE DELLA SCUOLA PRIMARIA “PARADISO” DI MESSINA, LA DIRIGENTE ELEONORA CORRADO RICOPRIVA L’INCARICO DI COORDINATRICE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI DELLA FLC CGIL. Di EDG – Assolto perché il fatto non sussiste. La Corte di Appello del Tribunale di Messina (Presidente Tripodi, a latere Giacobello, relatore, e Finocchiaro), in riforma della sentenza di primo grado ha assolto l’insegnante e giornalista Antonio Mazzeo, difeso dall’avvocato Fabio Repici, e ha revocato le statuizioni civili della sentenza di primo grado emessa dal giudice onorario Maria Grazia Mandanici il 24 ottobre 2024. Ad Antonio Mazzeo era stato contestato il reato di cui all’art. 595 comma II e III del codice penale (diffamazione a mezzo stampa) perché, in qualità di autore dell’articolo pubblicato il 21 ottobre 2020 su alcune testate giornalistiche, dal titolo A Messina Sindaco e Prefetto inviano l’esercito nelle scuole elementari e medie con il plauso dei Presidi, commentando la circostanza che, per evitare assembramenti, erano stati inviati militari dell’esercito a presidiare l’ingresso dell’istituto scolastico, aveva riportato che la dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Paradiso, dottoressa Eleonora Corrado “…oltre a essere evidentemente anni luce distante dai modelli pedagogici e formativi che dovrebbero fare da fondamento della Scuola della Costituzione repubblicana (il ripudio della guerra e l’uso illegittimo della forza; l’insostituibilità della figura dell’insegnante e l’educare e il non reprimere, ecc.), si mostra ciecamente obbediente all’ennesimo Patto per la Sicurezza Urbana, del tutto arbitrario ed autoritario e che certamente non può e né deve bypassare i compiti e le responsabilità del personale docente in quella che è la promozione e gestione delle relazioni con i minori”. In primo grado, Antonio Mazzeo era stato condannato alla pena di euro 550 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Nel corso dell’udienza del processo d’appello, il 9 settembre 2025, l’insegnante messinese ha presentato alla Corte una lunga dichiarazione difensiva. “Vi scrivo quale imputato di diffamazione, a seguito di quanto da me riportato in una nota stampa in cui stigmatizzavo la presenza di militari dell’Esercito italiano, armati, all’interno del cortile della scuola di cui la persona offesa dal reato era dirigente, in data 21 ottobre 2020, in funzione di “vigilanza” e per imporre il “distanziamento sociale” alle bambine e ai bambini della scuola primaria e ai loro genitori in tempi di emergenza da Covid-19”, spiega Mazzeo. “In questi anni, sia nella fase delle indagini preliminari (si vedano ad esempio le dichiarazioni da me rese nel corso dell’interrogatorio innanzi ai Carabinieri di Milazzo) e sia in diversi interventi pubblici ho espresso stupore e il profondo dispiacere per l’esito giudiziario delle mie affermazioni che MAI hanno inteso offendere alcuno o delegittimarne il ruolo istituzionale ricoperto”. “Mi permetto tuttavia di far presente che quanto da me narrato nell’articolo contestato, sia sulle illegittime modalità di intervento dei militari dell’Esercito e sia sull’assoluta infondatezza e insostenibilità del Patto per la Sicurezza Urbana con cui sarebbe stato giustificato il loro invio a presidio delle istituzioni scolastiche – ha trovato pieno riscontro anche nei fatti accertati nel corso del giudizio”, ha aggiunto l’insegnante. “Cosa ancora più grave è però che, a quasi cinque anni di distanza da quanto accaduto, nessun organo istituzionale ha sentito il dovere morale di assumersi la paternità dell’invio di militari armati in una scuola primaria come misura di contenimento della pandemia. Ritengo ancora oggi con maggior convinzione che chi lo ha fatto ha abusato ingiustificatamente dei suoi poteri, violando i principi costituzionali e generando ulteriori inutili traumi ai minori e ai loro genitori”. “Mi sia consentito di ricordare che mentre con difficoltà e fatica, insegnanti, studenti e genitori tentavano allora di ricostruire la normalità nelle attività didattiche dopo la lunga e drammatica chiusura delle scuole di ogni ordine e grado con il lockdown decretato nel marzo 2020, la risposta istituzionale al coronavirus privilegiava lo stato di guerra, i suoi linguaggi, le sue metafore, i suoi simboli. L’emergenza sanitaria, drammatica, reale, è stata rappresentata e manipolata come una crisi bellica globale per conseguire controlli repressivi e limitazioni delle libertà individuali e collettive e la militarizzazione dell’intera sfera sociale, politica ed economica”. “Purtroppo la sicurizzazione della risposta al coronavirus si è sviluppata in continuità con il dilagante processo di militarizzazione de iure e de facto degli istituti e degli stessi contenuti culturali e formativi, aggravatosi ulteriormente negli anni successivi come presunta risposta al conflitto in Ucraina o alle gravissime crisi umanitarie in atto nel mondo, a partire dallo scempio inumano in corso a Gaza. Come, senza essere presuntuoso, può essere considerato fatto notorio, da anni denuncio e documento come la scuola italiana si sia trasformata in laboratorio sperimentale di percorsi didattici subalterni alle logiche di guerra e agli interessi politico-militari e geostrategici dominanti. Alle città d’arte e ai siti archeologici le scuole preferiscono sempre più le visite alle caserme e alle basi USA e NATO “ospitate” in Italia o alle industrie belliche mentre agli studenti è imposta la partecipazione a parate militari, alzabandiera, conferimenti di onorificenze a presunti eroi di guerra. Ci sono poi le molteplici attività didattiche affidate a generali e ammiragli (dall’interpretazione della Costituzione all’educazione ambientale e alla salute, alla lotta alla droga e alla prevenzione dei comportamenti classificati come “devianti”, bullismo, cyberbullismo, ecc.); i cori e le bande di studenti e soldati; gli stage formativi sui cacciabombardieri e le fregate; l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’eccellenza delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi. A ciò si aggiunga la conversione delle strutture scolastiche a fini sicuritari con l’installazione di videocamere e dispositivi elettronici identificativi e di controllo (tornelli ai portoni, l’obbligatorietà ad indossare badge, ecc.)”. “Fortunatamente oggi il tema della militarizzazione della scuola italiana è entrato nel dibattito politico ed educativo pubblico e negli ultimi anni, promosso da intellettuali, pedagogisti, insegnanti e organizzazioni sindacali di base, è nato un Osservatorio nazionale che ha già presentato report e dossier ripresi con attenzione dai media nazionali ed internazionali”, prosegue Mazzeo. “Comprendo bene che si possa divergere su valutazioni di ordine educativo e pedagogico ma non credo assolutamente che sia un’aula giudiziaria il luogo dove confrontarsi sui processi in atto nella società e nella scuola italiana, specie in assenza (o in vera e propria latitanza) degli interlocutori istituzionali che hanno assunto le scelte generatrici del conflitto tra le nostre rispettive parti. Ma non credo che si possano criminalizzare in sede giudiziaria le mie idee, sostenute sempre in modo rispettoso di chiunque, con esclusivo riferimento ai fatti oggetto di valutazione e ai principi da me propugnati, senza aggredire alcuno o alcuna nella sua dignità di persona”. ALL’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO 2020-21, QUANDO SI VERIFICÒ L’”OCCUPAZIONE” MILITARE DA PARTE DELLA BRIGATA “AOSTA” DEL CORTILE DELLA SCUOLA PRIMARIA “PARADISO” DI MESSINA, LA DIRIGENTE ELEONORA CORRADO RICOPRIVA L’INCARICO DI COORDINATRICE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI DELLA FLC CGIL. AL PROCESSO DI PRIMO E SECONDO GRADO CONTRO L’INSEGNANTE-GIORNALISTA, LA PRESIDE SI È COSTITUITA PARTE CIVILE (DIFESA DALL’AVVOCATO FILIPPO PAGANO). Fonte: stampalibera.it.
Militarizzazione delle scuole in Toscana: perché dire no alla propaganda di guerra
Anche quest’anno, con la nota 0016684 del 10-09-2025 (clicca qui), l’Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana ha inviato a tutte le scuole della regione una serie di allegati relativi alle “attività informative di orientamento ed informazione” offerte dal  Comando Militare Esercito TOSCANA. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università aveva già approfondito la questione in due precedenti articoli  (clicca qui e clicca qui) motivando puntualmente le ragioni della sua opposizione a questo progetto. Non occorre pertanto ripetersi sull’analisi dettagliata dei documenti per la quale si rinvia ai lavori segnalati. Tuttavia, non possiamo non insistere su ciò che, a nostro avviso, anima una tale iniziativa anche alla luce di un ulteriore documento. Si tratta dell’Allegato D relativo alle possibilità per studenti e studentesse di visitare alcune unità dell’esercito. Leggiamo infatti nell’allegato: “Le visite, organizzate in occasione dell’apertura delle Caserme e/o in coincidenza di particolari Anniversari, Celebrazioni, ricorrenze storiche ed eventi, saranno finalizzate a far:  partecipare gli studenti alla solenne cerimonia dell’alzabandiera;  conoscere la storia del Reparto, i relativi mezzi e gli equipaggiamenti in dotazione di specialità;  assistere ad eventuali attività addestrative”. Si concentra in queste poche righe buona parte degli aspetti di quella militarizzazione dei luoghi del sapere che l’Osservatorio segnala da tempo. Perché in un contesto internazionale da terza guerra mondiale a pezzi studenti e studentesse dovrebbero partecipare alle cerimonie dell’alzabandiera? Per quale motivo dovrebbero conoscere i mezzi e gli equipaggiamenti militari in dotazione? A che scopo dovrebbero assistere ad attività addestrative? Perché dovrebbero assistere, come indicato in uno degli allegati introduttivi, allo svolgimento di “conferenze informative presso gli Istituti Scolastici della Toscana, su temi afferenti alla storia, ai compiti e alle “opportunità professionali” della Forza Armata”? E, soprattutto, perché le scuole toscane dovrebbero pubblicizzare queste forme di propaganda e reclutamento? Sono queste alcune delle domande alle quali urge dare una risposta al fine di contrastare il processo di militarizzazione dei luoghi di formazione in atto e proteggere la scuola come luogo di pace e di ripudio della guerra. Per questo motivo innanzitutto invitiamo le scuole toscane a non aderire a tali iniziative, eventualmente esprimendo anche una netta presa di posizione in sede di Collegio Docenti e Consiglio di Istituto.  Esortiamo, inoltre, genitori e genitrici a presentare alle scuole il documento attraverso il quale chiedere l’esonero dei propri figli e delle proprie figlie da attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta delle Forze Armate (clicca qui) e a prendere visione del prezioso Vademecum contro la militarizzazione delle scuole stilato dall’Osservatorio (clicca qui). Chiediamo infine a chiunque sia sensibile a questo problema di segnalarci episodi di militarizzazione nelle scuole scrivendoci al nostro indirizzo mail (osservatorionomili@gmail.com) e di collaborare con il nostro comitato iscrivendosi e partecipando ai gruppi di lavoro (https://osservatorionomilscuola.com/contatti/). È quantomai necessario opporre una decisa pratica di resistenza rispetto a quanto registriamo senza sosta quotidianamente. Nessuna linea di tangenza può esistere tra mondo militare e luoghi della formazione. firmata let_a_USR_TOSCANA_progetto_conf_scuole_e_visite_scolastiche_Anno_2025_2026Download firmato ALL_A_scheda_progetto_conf_scuole_IST_SCOL_PRIMARI_ELEMENTARI_2025_2026Download firmato ALL_B_scheda_progetto_conf_scuole_IST_SCOL_SEC_1_GRADO_MEDIE_2025_2026Download firmato ALL_C_scheda_progetto_conf_scuole_IST_SCOL_SEC_2_GRADO_SUPERIORI_2025_2026Download firmato ALL_D_scheda_progetto_visite_scolastiche_presso_le_Unita_dell_Esercito_2025_2026Download m_pi.AOODRTO.REGISTRO UFFICIALE(U).0016684.10-09-2025Download Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 
Volpago del Montello (TV) apre le scuole con azioni militaresche, contrarietà dell’Osservatorio
A Volpago del Montello (TV) nel primo giorno di scuola, l’amministrazione comunale ha invitato gli alpini della sezione locale per l’alzabandiera, procedendo spediti con lo sdoganamento delle prassi militari nelle istituzioni scolastiche (qui la notizia https://www.facebook.com/share/p/16pzfp8oeh/). Come aderenti all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università di Treviso e del Veneto esprimiamo una netta contrarietà alla presenza di un gruppo militare alla cerimonia di apertura dell’anno scolastico presso l’Istituto Comprensivo di Volpago del Montello (TV). La scuola dovrebbe essere un luogo di formazione alla pace, alla democrazia e alla cittadinanza responsabile, valori incompatibili con la strumentalizzazione delle istituzioni militari in un contesto educativo, soprattutto in un momento in cui la società civile dovrebbe cercare di smorzare le velleità guerrafondaie del governo italiano, delle istituzioni europee e delle alleanze militari atlantiste. La scelta di introdurre forze armate in un momento simbolico come l’inizio dell’anno scolastico non solo contrasta con questi principi, ma rischia di influenzare negativamente la sensibilità degli studenti, soprattutto in una fase di crescita così delicata e in un periodo come quello attuale. La cerimonia di inizio anno scolastico dovrebbe celebrare l’inclusività e la serenità, senza riferimenti a istituzioni che, per loro natura, non possono essere completamente separabili dal contesto della guerra. SAREBBE OPPORTUNO CHE LA DIRIGENZA SCOLASTICA RIVEDA QUESTA DECISIONE, PROMUOVENDO INVECE CERIMONIE CHE CELEBRINO L’INCLUSIVITÀ, IL RISPETTO RECIPROCO E LA CULTURA DELLA PACE. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Treviso e del Veneto
Editoria predatoria
Le riviste predatorie privilegiano i propri interessi, spesso di natura finanziaria, rispetto alla ricerca scientifica. Forniscono informazioni false sulla propria identità (ad esempio, fattori di impatto falsi, comitati editoriali falsi), si discostano dalle migliori pratiche editoriali e di pubblicazione e mancano di trasparenza nelle attività che svolgono (ad esempio, decisioni editoriali, tariffe, processi di revisione tra pari), oltre a sollecitare in modo aggressivo gli autori. [Ripreso dal sito openscience.unimi.it] Predatory journals prioritize self-interest, often financial, over scholarship They provide false information about their identity (eg, fake impact factors, misrepresented editorial boards), deviate from best editorial and publication practices, and lack transparency in operations (eg, editorial decisions, fees, peer review processes), along with aggressive solicitations of authors. Questa la definizione di rivista predatoria accolta in un articolo di Braillon, Vinatier e Naudet pubblicato di recente su Indian journal of medical ethics. Nell’articolo si mette in discussione la campagna contro l’editoria predatoria della International Committee of Medical Journal Editors considerata troppo debole e troppo poco incisiva, poiché non tiene in cosiderazione alcuni aspetti particolarmente critici di questo fenomeno, primo fra tutti gli interessi economici in gioco. L’editoria accademica è una attività che procura profitti altissimi, perché a differenza della editoria tradizionale (ad esempio quella dei quotidiani) non deve pagare per la stesura degli articoli, né per il fact checking e la validazione delle informazioni, tutte attività che nella editoria accademica sono a carico dei ricercatori e del finanziamento pubblico. L’oligopolio formato da Elsevier, Wiley, Taylor and Francis, Springer e Sage dichiara profitti fino al 40%, profitti che sono di gran lunga superiori a quelli dell’industria automobolistica o a quella dell’informatica. In questo articolo il concetto di predatorio assume sfumature diverse da quelle tradizionali; l’oligopolio sopra descritto ha sfruttato pienamente le richieste di open access degli enti finanziatori e ora chiede un pagamento sia per leggere che per pubblicare. Una attività che incassa fondi così ingenti, dovrebbe dare garanzie di qualità, e invece, come dimostra il caso dell’articolo di Wakefield, manca un organo di controllo, e le linee guida e raccomandazioni di COPE o ICMJE non offrono sufficienti garanzie. Sono spesso le riviste dell’oligopolio di cui sopra che pubblicano la ricerca meno affidabile. Sempre gli stessi editori si pubblicizzano utilizzando indicatori di “qualità” come il JIF che oltre a non essere rappresentativi della qualità di una rivista possono anche essere facilmente manipolati (T. van Raan chiamava il JIF the poor man’s indicator). E ancora, si crede che preda delle riviste predatorie siano soprattutto i ricercatori dei paese a basso reddito, ma una ricerca fatta su 2000 articoli di ambito biomedico provenienti da riviste presumibilmente predatorie ha mostrato come gli autori provenissero principalmente dal ricco Nord del mondo e con il NIH come principale finanziatore. Gli autori non sono dunque sempre preda di queste riviste, ma spesso e volentieri sono complici consapevoli, così come le loro istituzioni che finanziano articoli in riviste di dubbia reputazione, o riviste controllate da gruppi di ricerca (vedi il caso di Didier Raoult). Ecco perché le raccomandazioni fatta dalla ICJME viene definita inefficace da parte di Naudet et al. Gli editori (in particolare gli oligopolisti) hanno favorito questa situazione attraverso la richiesta di APC troppo elevate, o attraverso la creazione di riviste di minor qualità come seconde e terze scelte per i lavori rifiutati , o attraverso la creazione di special issues (attività divenuta per certi editori il business principale), ma anche adottando meccanismi di autocorrezione estremamente lunghi, spesso non reagendo ai commenti su PubPeer, rifiutandosi di pubblicare lettere all’editore che trattano nello specifico di punti deboli presenti in un articolo. Fino a questo punto l’articolo si segue bene. Qualsiasi editore o journal (in particolare quelli che fanno parte dell’oligopolio) può trasformarsi in una iniziativa poco affidabile (si pensi tanto per fare qualche esempio alla acquisizione di Hindawi da parte di Wiley, o alle recenti retractions di Frontiers, o ai libri di Springer scritti, male, con la AI). La proposta di aiutare i ricercatori con una lista e il richiamo alla lista di Beall sembrano però riportarci ad un contesto ormai ampiamente superato. Non servono liste nere, difficilmente manutenibili ed aggiornabili, ma una più profonda consapevolezza da parte dei ricercatori e da parte delle istituzioni, che porti nei casi estremi anche a pesanti sanzioni. Ovviamente a partire da una revisione dei sistemi di valutazione che dovrebbero prescindere dalla quantità e dagli indicatori bibliometrici. L’ultima parte del nostro articolo ritorna ai punti deboli delle raccomandazioni e al fatto che l’organo che le ha prodotte abbia come membri quegli editori (una sorta di cartello) che invece che difendere la qualità si preoccupano di difendere i propri privilegi economici. We are afraid that a for-profit industry is more concerned with shaping policies to its own economic advantage rather than with improving quality and taking any drastic measure to combat predatory journals that would go against a legitimate publisher’s business model. Fra le soluzioni ICJME sembra non prendere in considerazione iniziative diamond open access, come PCI o come Open Research Europe nate per soddisfare un’esigenza di trasparenza e tracciabilità dei processi di validazione dei lavori di ricerca, e per riportare la scienza ad una dimensione di “uso pubblico della ragione”.
E dopo la nave militare Vespucci, tutt* a bordo del sottomarino Toti!
Consultando il sito del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia “Leonardo da Vinci” avevamo appreso che nel corso dell’estate il sottomarino Toti, normalmente esposto negli spazi esterni del Museo, sarebbe stato visitabile salendo a bordo e fruendo di una visita guidata (https://www.museoscienza.org/it/visitare/sottomarino-toti) in occasione del ventennale della sua esposizione al Museo. Sul sito di quest’ultimo è presente una sezione dedicata alla presentazione del sottomarino S506 Enrico Toti (https://www.museoscienza.org/it/collezioni/oggetti/sottomarino-toti), alla quale rimandiamo per poter cogliere le sfumature quasi “trionfalistiche” della stessa. Varato nel 1967 in piena Guerra fredda, è definito “un SSK (Submarine-Submarine Killer), un sottomarino destinato a distruggere altri sottomarini, e in particolare i grandi lanciamissili a propulsione nucleare, una delle armi più temute del blocco sovietico”. Operativo fino al 1999, è stato successivamente donato al Museo, sul cui sito viene riproposto, con toni epici, il viaggio: dalla base navale di Augusta viene rimorchiato lungo la costa adriatica fino al delta del Po a Chioggia, da cui naviga in acque dolci fino a Cremona, dove “iniziano i pellegrinaggi di migliaia di cittadini”. Si consiglia di guardare il video “Trasporto eccezionale” (https://youtu.be/fpmHWHbLy08), tratto dal documentario Aldilà del mare, in cui viene ricostruito il viaggio su gomma (reso possibile dal lavoro del Genio Pontieri) del Toti, che attraversa la Lombardia tra ali di folla ed entra a Milano il 14 agosto 2005 applaudito da 150.000 persone. Questo avveniva 20 anni fa. Ciò che oggi ci preme sottolineare è la proposta di visita al Toti, che compare non solo (come è ovvio) sul sito del Museo, ma anche (questo è il dato più preoccupante) su siti e magazine online dedicati all’infanzia, come https://www.mammemagazine.it/curiosita/estate-al-museo-nazionale-scienza-e-tecnologia-di-milano-tutte-le-attivita-per-bambini-e-adulti/, su cui si legge: “Siete a Milano in estate? Tra le proposte in città l’ampio ventaglio di attività per bambini e per adulti al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano [dove] tornano le visite guidate al Toti, il primo sottomarino costruito in Italia dopo la Seconda guerra mondiale”. Esattamente come è accaduto per la Vespucci, uno strumento di morte viene presentato come un’occasione di svago e divertimento e proposto a bambini e bambine dai 6 anni in su. Con parecchio entusiasmo da parte delle mamme, purtroppo… La visita è fruibile anche da persone cieche e ipovedenti “grazie all’integrazione di un modello tridimensionale, una tavola tattile con la sezione del sottomarino e dei suoi ambienti, testi in braille e QR code con audio di accompagnamento all’esplorazione”. Impossibile per chi ha una disabilità motoria (o per chi non può andare a Milano!) accedere al sottomarino, ma qui interviene la tecnologia (https://www.museoscienza.org/it/toti-submarine-vr-experience): “Vivi un’avventura interattiva all’interno di una realistica ricostruzione virtuale del sottomarino Toti direttamente a casa tua. Esplora il sottomarino in versione virtuale grazie a fotografie sferiche realizzate a bordo, effetti sonori concessi in esclusiva al Museo dalla Scuola Sommergibili della Marina Militare Italiana, oggetti interattivi animati e una traccia vocale dinamica”. É qui forse che l’aspetto “ludico” viene maggiormente evidenziato: nella presentazione della App necessaria per la visita, si specifica che esistono due percorsi: “1. L’esperienza Immersione rapida! permette di vivere una situazione reale, indossando i panni di un motorista – la persona che gestisce l’area dedicata ai motori sul sottomarino – a bordo del Toti il 20 giugno 1990 in missione nel Mar Mediterraneo. Al risveglio, che avverrà nella camera di lancio del battello a fianco della tua branda, ci verrà chiesto di svolgere una serie di interventi per effettuare un’immersione rapida, per far fronte a un’operazione “cacciasom” (la ricerca di sottomarini da parte di velivoli antagonisti). Se tutto andrà come previsto, grazie agli ordini dell’ufficiale superiore e agli indizi presenti all’interno dei locali del battello, riusciremo a far immergere il Toti e a far perdere le sue tracce.  2. L’esperienza Visita guidata permette di entrare nel battello ed esplorarlo, dalla camera di lancio alla sala motori, dove una voce ci guiderà all’interno degli ambienti, fornendoci informazioni sugli apparati tecnologici e raccontando aneddoti e storie sulla vita di bordo. Le persone più curiose e meticolose potranno poi scoprire alcuni easter egg nascosti all’interno del battello, ossia contenuti particolarmente originali e divertenti sulla storia del Toti che nessuna guida al Museo racconterà!” Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ci preme ancora una volta sottolineare come una simile offerta “formativa” presentata ai bambini non possa che essere letta nel quadro di una preoccupante mistificazione di cosa la guerra e gli strumenti di guerra rappresentino al di là di queste iniziative “ludiche”. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Cyber Summer: come la Polizia di Stato “occupa” i centri estivi
Dalla pagina www.commissariatodips.it/notizie/articolo/parte-da-roma-la-seconda-edizione-di-cybersummer-la-polizia-di-stato-accanto-ai-giovani-per-una-re/index.htmldata apprendiamo che il 1° luglio 2025 è stata inaugurata a Roma la seconda edizione del progetto dal titolo “Cybersummer – La Polizia di Stato accanto ai giovani per una rete più sicura”. Neanche in estate, dunque, il processo di penetrazione delle forze dell’ordine (in questo caso) nell’ambito educativo si ferma. Si legge infatti nella presentazione della campagna della Polizia Postale che essa è rivolta ai ragazzi e alle ragazze che “frequentano centri estivi e altri luoghi di aggregazione alternativi alla scuola, è stata ideata per stare accanto ai ragazzi durante l’estate, quando – liberi dagli impegni scolastici – trascorrono più tempo online”. L’ennesimo spazio educativo viene dunque sottratto al personale civile competente per essere gestito da personale in divisa. Quando le scuole sono chiuse, ecco che sono i centri estivi il luogo in cui le e i giovanissim* vengono intercettat* tramite un progetto che chiaramente conquista consensi anche tra i genitori, sempre più preoccupati da pericoli in rete sicuramente esistenti, ma decisamente enfatizzati da chi si fa carico di contrastarli. Il progetto è realizzato dalla PS attraverso la rete dei Centri Operativi per la Sicurezza Cibernetica ed è destinato a fare tappa in diverse città, toccando temi come “cyberbullismo, adescamento, furti di identità digitali, e più in generale i rischi connessi all’uso dei social e delle piattaforme”. Come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università abbiamo più volte denunciato l’intrusione di personale in divisa in ambito educativo e ribadiamo con forza che le questioni relative alla sicurezza (in questo caso in rete) deve essere affrontato in chiave pedagogica da chi ha gli adeguati strumenti, e non semplicemente utilizzando i rischi della rete come spauracchio a cui contrapporre una logica securitaria. É evidente il nesso tra normalizzazione della presenza dei militari in contesti che dovrebbero essere estranei alle loro attività e quella “cultura della difesa” che procede sul “doppio binario” costituito dalla creazione di nemici esterni e interni che solo una logica bellicista da un lato e repressiva dall’altra sembra (questo è il messaggio della propaganda) poter sconfiggere. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università lavora anche per ricordare che la vera sicurezza si regge su due pilastri: la giustizia e la pace. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
8 agosto 2024. Perché un Open Day della 46ª Brigata Aerea?
Per quale motivo spettacolarizzare tramite un Open Day le performance degli aerei da guerra della 46ª Brigata Aerea di Pisa? Sulla propaganda militare ai fini di arruolamento l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha da tempo intrapreso una campagna di sensibilizzazione e informazione per sottrarre il mondo della conoscenze a una pericolosa invasione di campo. Una propaganda capillare il cui punto cardine è la normalizzazione della guerra e della presenza (asfissiante) delle forze armate nei luoghi della società civile. Una propaganda che, nel caso di specie, intende far passare l’esposizione di aerei militari come giornata di intrattenimento rivolta alle famiglie, ai bambini e alle bambine. Una propaganda che però non può farci dimenticare l’utilizzo a fini bellici di questi mezzi. Sin dalla sua fondazione l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università si pone tra i suoi obiettivi quello di svelare le strategie messe in campo da parte delle forze armate anche per quanto riguarda il linguaggio utilizzato nei messaggi di propaganda, perché presentare come una festa cittadina l’esposizione di velivoli militari significa snaturare irrimediabilmente il linguaggio della convivenza civile rimuovendo completamente le motivazioni e la barbarie insite nella guerra. In un contesto storico da terza guerra mondiale e con la prospettiva di investimenti miliardari nella filiera bellica mentre scuole, ospedali e trasporti sono al collasso, come Osservatorio non possiamo che reagire davanti all’ennesimo passo in avanti verso il baratro della militarizzazione totale della società e invitiamo pertanto studenti e studentesse, genitori e genitrici e la cittadinanza tutta a contattarci e ad affiancarci nella nostra quotidiana attività di  resistenza alla deriva militarista in atto. Invitiamo tutt3 a visitare il sito e a prendere contatto con la nostra associazione al seguente indirizzo mail:  osservatorionomili@gmail.com Fuori la guerra dalla storia! Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Pisa
Defence Summit a Roma, NO! di Stop Rearm Europe
“Cultura della difesa“ sempre più martellante in Italia, sul tema interviene con un comunicato Rearm Europe Roma critica nei confronti del prossimo “Defence Summit” annunciato per settembre nella capitale. “Diciamo NO allo show dei mercanti di morte!! Il prossimo 11 settembre si terrà presso l’Auditorium di Roma la prima edizione del DEFENCE SUMMIT, un’iniziativa promossa dal Sole 24ore che vede come partner tutte le maggiori industrie militari italiane. Il Summit viene presentato con le parole del Ministro Crosetto “La cultura della Difesa incarna il principio fondamentale della cultura democratica” e vedrà sfilare i Capi di Stato Maggiore dei diversi corpi dell’Esercito Italiano assieme ai Ceo delle industrie degli armamenti. Dentro un contesto nel quale la dimensione della guerra assume un ruolo sempre più rilevante a livello globale, mentre si abbandona qualunque ruolo diplomatico per porre fine alla guerra in Ucraina e ci si rende complici del genocidio in atto in Palestina, si tiene a Roma in uno spazio pubblico un convegno fra i soggetti che questi scenari alimentano e i soggetti che su questi scenari fanno profitti. Riteniamo totalmente inaccettabile che la Fondazione Musica per Roma, dentro il quale il Comune di Roma è ente fondamentale, abbia concesso uno spazio per un’iniziativa che è in diretto contrasto con le finalità statutarie della fondazione stessa. Chiediamo pertanto al Comune di Roma il ritiro della concessione dell’Auditorium per un’iniziativa che propaganda la guerra. Chiamiamo la città a promuovere l’11 settembre un SOCIAL SUMMIT nel piazzale esterno dell’Auditoriun per dire con determinazione e creatività il nostro collettivo NO alla guerra, al riarmo, al genocidio, all’autoritarismo. Fermiamo la guerra, riprendiamoci il futuro. STOP REARM EUROPE ROMA“
Educazione e Legalità, l’alleanza tra istituzioni civili e militari trova sponda… in chiesa
Una sindaca, Daniela Ghergo eletta da una coalizione a guida PD, un parroco intraprendente, Aldo Buonaiuto e un questore “pedagogo” ante litteram sono stati i padrini (o padroni?) dell’iniziativa denominata di “Prossimità” cha ha visto 200 ragazz3 di Fabriano, nel quadro delle attività ludico-educative di un centro-estivo parrocchiale, a contatto con un gruppo di  poliziotti. Come in altri casi, sempre nelle Marche, si è vista la presenza di bellissimi cani-lupo, anti-droga, anti-esplosivi, anti-tutto, ecc..  La fantasia delle istituzioni che in Italia gestiscono l’ordine pubblico e che in questi ultimi anni tentano in tutti i modi di far passare la narrazione che il disagio sociale o psicologico, l’emarginazione e l’esclusione, le sofferenze per il non trovare casa o lavoro, quando si esprimono  in modo violento, vanno innanzitutto repressi e poi, se avanza tempo, si affrontano con altri mezzi, non conosce limiti. Anche perché sarà questo il loro principale impiego futuro in società, dal momento che l’unico reato in aumento significativo, mentre tutti gli altri sono in caduta libera, sono quelli informatici (clonazione carte, phishing, ecc.) e le truffe on-line. Tra il 2013 e il 2022 i furti in appartamento sono diminuiti del 46,9% e il balzo in alto tra il ’23 e il ’24 di circa il 10% non giustifica l’allarme dei media mainstream in quanto, in ogni caso, non si sono superati i dati del 2013. D’altra parte il balzo è anche legato all’effetto post-pandemia, all’aumento del turismo di massa che espelle sempre più persone in zone periferiche abbandonate a sé stesse e non ultimo l’impoverimento generalizzato della popolazione. Ciononostante è sempre allarme sociale, i furti sono dietro l’angolo la percezione, più che i dati di fatto è in crescita. D’altro canto, anche, la crescita dei reati informatici e truffe, se in valore assoluto sono in crescita, il loro valore percentuale andrebbe calcolato sul numero totale delle transazioni on-line, sul numero totale di utenti che navigano, acquistano e quindi subiscono pubblicità profilate. Allora cos’è che spinge gli educatori, in questo caso il parroco, a mettere in contatto i/le bambn3 con i poliziotti? La risposta la dà il questore di Ancona in persona “percorrere insieme i tempi che cambiano fa sì che i giovani trovino sempre e sempre più naturale fidarsi ed affidarsi alla Polizia di Stato in una prospettiva di prevenzione dei reati e di sana crescita generazionale (fonte ANSA)”. Le parole-chiave, dunque, sono affidarsi e fidarsi, (alle forze dell’ordine) contro nemici interni immaginari o reali/creati, senza curarsi della cause sociali, dei percorsi di devianza che portano a commettere furti o spaccio di stupefacenti ma anche da quelli esterni reali/creati, anche qui senza curarsi di spiegare come, un amico, ad esempio il Putin “berlusconiano”, un tempo desideroso di entrare addirittura nella NATO, si trasformi in un acerrimo nemico, tanto da costringerci a tagliare letteralmente i ponti con lui oltre che i tubi del gas russo, per comprare costosi carburanti in giro per vari paesi del  mondo compreso gli USA. Non si spiega altrimenti l’immancabile show degli artificieri con i loro robottini guidati dall’A.I. che disinnescano bombe, trovate sempre dal solito cane-poliziotto, sogno di tutt3 i/le bambin3. Preso forse dal senso di colpa per aver fatto immergere i proprio gregge di bambin3 in un clima di guerra e di lotta contro un crimine che non esiste se non a livello percettivo, il parroco alla fine si ricorda (anche) dei più sfortunati e quindi “non ha fatto mancare, a tutti i presenti, un profondo pensiero sulla drammaticità della condizione dei bambini nei mondi in cui fame e guerre mettono a rischio la loro vita (fonte ANSA)”. Al parroco della chiesa S. Niccolò di Fabriano, nella tranquilla e ordinate Marche, diciamo, a questo punto, da educatore a educatore che se non se la sente di seguire le orme di Don Pino Puglisi, ucciso nel 1993 nel  giorno del suo 56° compleanno dai sicari dei fratelli Graviano nel quartiere-feudo di Totò Riina e Leoluca Bagarella, il famigerato quartiere Brancaccio di Palermo, può fare richiesta come cappellano militare, così forse farà meno danni alle giovani generazioni, cui si prospetta un futuro di precariato lavorativo, relazioni (forse) coniugali senza figli e sullo sfondo, sempre nuove guerre. Stefano Bertoldi – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università.
Sardegna in ostaggio: normalizzare la guerra e la militarizzazione del territorio
La reazione delle realtà sarde contro la militarizzazione dei territori è sempre fonte di insegnamento, mai assuefatti alla normalità della guerra ma, tuttavia, non manifestano stupore (demenziale) davanti a fatti di cronaca che per loro costituiscono la tragica normalità. Parliamo delle armi fatti brillare in mare o altrove, di grandi aree chiuse per disinnescare qualche arma inesplosa, la terra sarda è soggetta ad un doppio colonialismo ossia la presenza di multinazionali e interessi economici e finanziari che hanno trasformato le bellezze locale in business e vecchi accordi che hanno collocato nell’isola distaccamenti e presidi militari più che in ogni altra Regione d’Italia La Sardegna ospita il 65% del territorio militare del Paese pari a 374 km quadrati, cause decennali intraprese da cittadini con sentenze talvolta contrastanti, una parte importante della isola non bonificabile, operazione di recupero di missili caduti in mare affidati in appalto a qualche grande impresa produttrice “di morte”, il calendario delle esercitazioni militari pensato ad arte per non inficiare la stagione balneare, in silenziosa sintonia con quanti dovrebbero in teoria esigere le bonifiche. Rompere la gabbia di silenzio attorno alle esercitazioni che poi rappresentano la fattiva sperimentazione della guerra sui territori senza dimenticare che in altre aree del globo le esercitazioni rappresentano una palese minaccia ad alcuni paesi. Il recupero di armi inesplose non è una novità, i cittadini, e noi con loro, rivendicano da sempre trasparenza sui fatti, sulle procedure e sulle operazioni, se poi i recuperi avvengono in piena stagione balneare vuol dire che la escalation militarista ha raggiunto un livello tale da imporci una riflessione e delle azioni conseguenti. Negli anni scorsi era stato chiesto di interrompere per i mesi estivi le operazioni che invece sono state intensificate, aumentando il numero e la quantità dei soggetti coinvolti nelle esercitazioni militari anche i rischi collaterali crescono come per altro le minacce di inquinamento. Esigere poi chiarimenti e il dettaglio generico sui recuperi si scontra con i cosiddetti obblighi di segretezza che ormai avvolgono ogni aspetto della presenza militarista, certo che i test Nato nel Mediterraneo avvengono prevalentemente in terra sarda e la esplosione di missili e armi varie ha un impatto sull’ambiente e sulla salute della popolazione Ma rinunciare a priori ad una costante opera di denuncia ci sembrerebbe una sconfitta della ragione e per questo come Osservatorio continuiamo quotidianamente a documentare la presenza asfissiante del militare nelle nostre esistenze. A tal riguardo preme portare alla luce alcuni fatti di cronaca scomparsi dai radar (è il caso di utilizzare questa terminologia bellica) come il ferimento di militari durante le esercitazioni (una segnalazione arriva perfino dal Canton Vallese in Svizzera) svolte in vari paesi europei, tra questi l’Ungheria. E oltre al ferimento di militari ci sono incidenti che coinvolgono anche civili nello svolgimento di attività della Nato che da mesi sperimentano sui nostri territori nuove armi e tecniche di vario genere E qualche volta la dea bendata aiuta come nel caso dell’incidente durante l’addestramento acrobatico delle Frecce Tricolori impegnate a Pantelleria ove due aerei si sarebbero toccate evitando un grave incidente con un terzo velivolo finito fuori posta nell’atterraggio L’aumento esponenziale delle esercitazioni militari rappresenta un pericolo oggettivo per la sicurezza e incolumità dei cittadini. Per i nostri territori visto che l’esplosione di missili e proiettili costituisce fonte di inquinamento come anche la massiccia presenza di dispositivi militari in zone spesso protette Assuefarsi alla idea della guerra significa ignorare questi pericoli oggettivi e non avere la necessaria attenzione a fatti di cronaca che pur relegati in spazi angusti dei giornali ci raccontano di un paese sempre più ostaggio della propaganda di guerra e delle esercitazioni militari. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università