Genocidio palestinese: l’urlo della società civile per svegliare i governi occidentali
Mentre a Gaza si continua incessantemente a morire sotto le bombe, o sotto i
tiri d’artiglieria durante la fila per un po’ di acqua e cibo, i governi europei
tacciono, o si limitano ad azioni formali di condanna. Ciò mentre quello
israeliano, per voce del primo ministro Netanyahu, già accusato di crimini di
guerra, annuncia l’invasione totale della striscia. Avevamo l’impressione di
aver già visto il peggio, ma il regime guerrafondaio di Israele ci ricorda che
al peggio non c’è mai fine.
Ma se i governi occidentali tentennano, o fingono di non vedere e sentire, sono
i popoli ad iniziare ad alzare la voce e chiedere la fine di questa guerra
genocida. E’ la società civile internazionale a lanciare, sempre più forte, il
suo grido di dolore e di rabbia. Dappertutto nel mondo si susseguono
manifestazioni, marce, sit-in, iniziative culturali e forti azioni simboliche,
per scuotere l’inerzia delle istituzioni su quanto sta accadendo a Gaza e in
Cisgiordania: l’annientamento di un popolo.
Sabato 9 agosto, in una Cagliari gremita di turisti, un affollato e rumoroso
corteo ha sfilato per le vie del centro per chiedere la fine del massacro e il
ritiro dell’esercito israeliano da Gaza e dall’intera Palestina. La città,
avvolta nel clima vacanziero d’agosto, è stata scossa da un’onda umana
fragorosa. Diverse centinaia di persone di tutte le età, fra cui numerosi
giovani e giovanissimi, hanno attraversato le strade dei negozi e dei
ristoranti, sbattendo pentole, agitando campanacci, soffiando fischietti ed
urlando forte: Palestina libera! Italia complice del genocidio!
All’appello, lanciato dai gruppi di solidarietà con la Palestina e
dall’associazione Amicizia Sardegna Palestina, la città ha quindi risposto con
una presenza numerosa e decisa, che ha finito col contagiare anche diversi
cagliaritani di passaggio e molti turisti che, seduti a tavolino, o in giro per
locali, hanno applaudito al passaggio assordante dei manifestanti, mostrando
quanto la solidarietà con questo sventurato popolo oppresso stia crescendo
rapidamente in tutto il mondo.
Cagliari, Piazza Yenne (Foto di Carlo Bellisai)
Al termine del percorso, nella piazza Yenne, si sono susseguiti alcuni
interventi che hanno visto protagonisti soprattutto giovani e studenti. Diversi
i temi toccati: dall’inerzia del governo italiano, che continua a fornire armi e
appoggio allo Stato sionista, alla necessità di isolare Israele dal contesto
internazionale, boicottandolo economicamente e sospendendo gli scambi
scientifici e culturali. E’ stato ancora una volta ricordato il coinvolgimento
della Sardegna nella preparazione delle guerre, attraverso le sempre più
continue esercitazioni militari che partono dai poligoni disseminati nell’isola,
ma anche tramite la mortifera produzione di armamenti nella fabbrica RWM di
Domusnovas-Iglesias, armamenti che vanno a incrementare la potenza di fuoco nei
vari teatri di guerra, contribuendo allo sterminio di civili innocenti.
Tra gli ultimi a prendere la parola, uno studente ha fatto appello
all’importanza dell’unità d’intenti che, al di là delle diversità politiche dei
vari gruppi e associazioni, sola può far continuare a crescere il movimento che
si oppone alla guerra ed al rilancio globale della corsa agli armamenti. Con la
consapevolezza che il riarmo, europeo e mondiale, oltre che essere foriero di
nuove guerre e distruzioni, non può non pesare sull’economia e portare ad
un’ulteriore riduzione dei servizi sociali, della sanità e dell’istruzione.
Si è così conclusa una manifestazione importante, che ha visto una
partecipazione numerosa, tenuto conto del periodo vacanziero, ma che soprattutto
ha saputo creare un forte impatto emotivo ed una notevole capacità di
coinvolgimento: il popolo sardo non ci sta a chiudere gli occhi davanti alla
consumazione di un genocidio.
Carlo Bellisai