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La comunità di Orta di Atella accende l’Albero della Pace
Un intreccio di mani, colori e testimonianze francescane trasforma un albero all’uncinetto in un messaggio collettivo di dialogo e solidarietà. A Orta di Atella, nell’Agro Aversano, la piazza del Santuario di San Salvatore da Horta si è trasformata in un luogo di incontro e di luce grazie all’accensione dell’Albero della Pace. L’installazione, alta circa dodici metri, è interamente ricoperta da una fitta trama di centrini all’uncinetto realizzati da quaranta donne del laboratorio parrocchiale. Da luglio queste volontarie hanno intrecciato più di dodicimila mattonelle colorate, lavorando insieme settimana dopo settimana e trasformando la semplice manualità in un gesto simbolico capace di parlare alla comunità. Il progetto è nato all’interno dell’Ordine Francescano Secolare, guidato localmente da Angelo Cervone, che ha voluto dare vita a un’iniziativa capace di trasmettere concretamente un messaggio di pace. L’idea ha trovato immediatamente sostegno nella famiglia francescana del Santuario, grazie alla vicinanza costante di fra Carlo D’Amodio, Ministro Provinciale dei Frati Minori di Napoli e Caserta, e di fra Agostino Esposito. Il contributo di numerosi volontari ha reso possibile ogni fase del lavoro, dalla cura degli spazi all’assemblaggio della struttura pensata appositamente per accogliere e sostenere il grande albero. La progettazione è stata affidata all’architetto Pasquale D’Ambrosio, che ha messo gratuitamente a disposizione la propria competenza per realizzare un’opera destinata a restare nella memoria del territorio. La cerimonia di accensione si è aperta con la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo. Le sue parole hanno richiamato il senso di un Natale che invita a riscoprire il valore della collaborazione e dell’ascolto reciproco. Subito dopo, la piazza si è riempita di voci e di partecipazione. Oltre agli interventi dei promotori, hanno portato la loro testimonianza alcuni giovani palestinesi, presenti per raccontare la propria esperienza e ricordare quanto il bisogno di pace continui a essere urgente in molte parti del mondo. La loro presenza, in un contesto di festa comunitaria, ha dato all’evento una dimensione ancora più ampia, capace di oltrepassare i confini locali. Uno degli aspetti più significativi del progetto riguarda ciò che accadrà dopo le festività. I centrini che oggi rivestono l’albero saranno smontati e trasformati in coperte destinate alle persone senza dimora attraverso la rete caritativa della diocesi. La cura paziente con cui ogni mattonella è stata realizzata continuerà così a portare calore a chi vive situazioni di fragilità. È un modo per far sì che l’albero non rimanga soltanto un’opera decorativa, ma un gesto concreto di solidarietà. Per gli abitanti di Orta di Atella questo progetto rappresenta anche un invito a guardare con occhi nuovi il proprio centro storico, spesso percepito come dimenticato o poco vissuto. L’albero, con la sua superficie di colori intrecciati, diventa una metafora di ciò che può accadere quando una comunità decide di unirsi. Ogni centrino porta con sé una storia, una mano, una scelta di esserci. E insieme danno forma a un’immagine di bellezza che ricuce, anima e restituisce dignità allo spazio pubblico. L’Albero della Pace non è soltanto un simbolo natalizio. È il risultato di un lavoro condiviso che ha coinvolto donne, religiosi, professionisti, giovani e famiglie. È il segno che anche un filo di lana può diventare messaggio, quando viene offerto con gratuità e trasformato attraverso l’incontro. In un tempo segnato da conflitti e da distanze, l’opera realizzata a Orta di Atella ricorda che la pace non nasce dai gesti straordinari, ma dalla capacità di intrecciare differenze, storie e speranze. In questo intreccio, la comunità ha trovato una voce. E quella voce, attraverso i fili colorati dell’albero, continua a dire che la pace è una possibilità reale quando nasce dal basso, dalle mani e dal cuore delle persone. Lavorazione e montaggio dell’albero. Lucia Montanaro
Presidio a Faenza davanti alla Curti, partner di Leonardo spa
Lo scorso 6 agosto si è svolto a Castel Bolognese (RA) un presidio molto partecipato davanti ai cancelli della CURTI Costruzioni Meccaniche, un’importante azienda romagnola che rientra fra i fornitori di LEONARDO SpA, con la quale ha un accordo in scadenza in attesa di rinnovo. L’azienda, famosa nella meccanica di precisione e citata anche nell’inchiesta sull’Emilia Romagna a cui il nostro Osservatorio aveva collaborato con il Coordinamento No NATO regionale, rientra in parte con la sua attività nel settore delle armi e dei sistemi d’arma ed intrattiene da diversi anni una partnership con LEONARDO, soprattutto in relazione alla componentistica per elicotteri militari, ma anche a lavorazioni su obici semoventi, cioè veicoli corazzati progettati per fornire supporto di fuoco a lungo raggio, equipaggiati con cannoni di artiglieria di grosso calibro. Per intenderci, sono come quelli che Leonardo fornisce ad Israele per le guerre in Medio Oriente. Obiettivo del presidio, organizzato da Faenza per la Palestina con Stop Rearm Europe, era quello di invitare la Curti ad uscire dalla lista dei partner di Leonardo al fine di ostacolare la fornitura di armi per le guerre in corso, ma l’intento del presidio era anche quello di avvicinare e sensibilizzare i lavoratori della Curti, a partire dai delegati sindacali, alcuni dei quali si sono avvicinati senza però intervenire. Dall’altra parte, la dirigenza dell’azienda ha mostrato netti segni di chiusura, rifiutando l’interazione con gli organizzatori del presidio, impedendo tramite le forze dell’ordine di esporre i tanti striscioni e cartelli di protesta lungo la recinzione dello stabilimento e anticipando l’orario di chiusura di 1 ora per impedire che i lavoratori potessero incrociare i manifestanti. Fra le decine di realtà intervenute da varie parti dell’Emilia Romagna era presente anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che ha aderito con la partecipazione di Giuseppe Curcio, che nel suo intervento ha evidenziato come da Curti Costruzioni Meccaniche fosse stato siglato nel 2019 un accordo quinquennale con l’Università di Bologna per lo svolgimento di tirocini in azienda per gli studenti e con altre attività di collaborazione nella didattica e nella ricerca. Tale accordo avrebbe dovuto essere rinnovato nel 2024 come in genere succede, ma a seguito delle proteste svolte dagli studenti di Cambiare Rotta e dai Giovani Palestinesi durante l’acampada e, grazie alla convergenza con i docenti della petizione per Gaza e con il personale tecnico amministrativo (con l’azione congiunta dell’Osservatorio e di forze sindacali come USB), l’Ateneo di Bologna ha deciso di non rinnovarlo, così come ha fatto per tanti altri accordi con la filiera bellica. Pertanto, se è possibile raggiungere questo risultato in Università, confidiamo che anche la Curti possa a sua volta liberarsi dalle catene delle relazioni con Leonardo e ritornare a fare ciò che faceva prima per il progresso della società attraverso le competenze professionali di primo piano che può mettere in campo nella meccanica di precisione, piuttosto che seguire le sirene della NATO, che anche in Emilia Romagna sta portando avanti pesanti operazioni di conversione verso l’industria bellica con la sua domanda di produzione sempre più incalzante. Sul fronte dei lavoratori invece l’invito è ad una maggiore consapevolezza dei processi produttivi nei quali vengono impegnati e a considerare le opzioni possibili, fra le quali quella dell’obiezione di coscienza per affermare un diritto del lavoro della pace. La scelta della data del 6 agosto era dettata dalla coincidenza con l’80°anniversario della bomba atomica su Hiroshima: anche in quel caso il pilota che sganciò la bomba non aveva la minima idea della potenza dell’ordigno e dei suoi effetti devastanti. Pertanto, la consapevolezza è una delle leve per scelte più in linea con i propri valori e con il mondo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università