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Difendere i diritti umani dalle violazioni e dallo svilimento
L’APPELLO PRESENTATO DA 268 EX ALTI FUNZIONARI DELL’ONU PUÒ ESSERE SOTTOSCRITTO DA TUTTI, OGNI CITTADINO DEL MONDO. La petizione propone di contrassegnare la ricorrenza della promulgazione della Carta istitutiva (Statuto) dell’ONU, sottoscritta il 26 GIUGNO 1945 ed entrata in vigore il successivo 24 ottobre, come una data emblematica. L’80° anniversario celebrato all’insegna del motto Building our future together (Costruire il nostro futuro insieme) infatti rappresenta l’occasione di rinnovare l’impegno a debellare la guerra e a tutelare i diritti umani e a mantenervi fede agendo coerentemente ai patti stabiliti dal trattato internazionale su cui si basa la prevalenza di leggi e norme attuative dei principi proclamati nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. In Italia, uno stato membro dell’ONU poiché ha aderito al trattato nel 1955 e lo ha ratificato nel 1957 (Legge n° 848 / 17 agosto 1957), l’iniziativa è promossa dalla Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace, che divulga la petizione evidenziando che è UN APPELLO SENZA PRECEDENTI e nella giornata del 26 GIUGNO coopera all’organizzazione della manifestazione ‘virtuale’ intitolata “L’ONU è indispensabile per impedire la terza guerra mondiale – DIFENDIAMOLA!“. L’iniziativa indetta dal Comitato nazionale per la difesa dell’ONU e della Corte Penale Internazionale e coordinata da Flavio Lotti della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace e Marco Mascia, presidente del Centro di Ateneo per i Diritti Umani Antonio Papisca (cattedra UNESCO Diritti umani, democrazia e pace) dell’Università di Padova e referente della Rete delle Università per la Pace, consiste nell’incontro online – trasmesso su ZOOM e YOUTUBE – a cui intervengono Jean Fabre dell’UN-SSE (Task Force ONU sull’Economia Sociale e Solidale), Franco Ippolito della Fondazione Lelio e Lisli Basso ed Emiliano Manfredonia dell’ACLI, inoltre l’ex segretario generale della Corte di Cassazione e membro del comitato esecutivo della Costituente Terra, Luigi Marini, e Chantal Meloni, docente di diritto penale internazionale all’Università La Statale di Milano e rappresentante legale delle Vittime in Palestina davanti alla Corte Penale Internazionale. ABERRANTI VIOLAZIONI E INSIDIOSO SVILIMENTO DEI DIRITTI UMANI Contemporaneamente alle celebrazioni per l’80° anniversario della promulgazione della Carta delle Nazioni Unite si svolge la 59ª sessione dell’HCR / Human Rights Council (Consiglio per i diritti umani) che dal 16 giugno scorso fino al 9 luglio prossimo raduna a Ginevra i referenti di agenzie e commissioni dell’ONU insieme ai rappresentanti delle nazioni, dei governi e delle associazioni umanitarie. Il 16 giugno al convegno l’Alto Commissiario dell’HRC, Volker Türk, ha avvertito che, anziché venire promossi, i diritti umani attualmente vengono violati sempre più frequentemente e ha sollecitato a tutelarli con “l’impegno alla più forte possibile difesa dello stato di diritto e del diritto internazionale”, aggrediti in molti modi tanto insidiosi, tra cui la retorica demagogica della propaganda che fomenta le “cosiddette guerre culturali” e rafforza le oligarchie, le plutocrazie e le tirannie. Elencando le molte complesse problematiche e le numerose e terribili emergenze umanitarie che attualmente affliggono la popolazione mondiale, Volker Türk ha rammentato che le vittime delle iniquità e delle guerre sono persone che soffrono, non ‘effetti collaterali’ delle ingiustizie e dei conflitti armati. E il Segretario Generale dell’ONU, António Guterres lo ha ribadito il successivo 19 giugno ricordandolo al Consiglio di Sicurezza dell’ONU riunito per discutere di povertà, sottosviluppo e conflitti socio-economici e le loro implicazioni per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale: Inoltre, la funzione e la rilevanza della Carta dell’ONU per la tutela dei diritti umani e per la salvaguardia del diritto umanitario internazionale sono state rammentate nelle numerose iniziative svolte il 20 giugno, la Giornata Mondiale del Rifugiato quest’anno focalizzata sul valore di Un impegno condiviso in un mondo dove la solidarietà è in crisi. UN CHARTER AT 80: A CALL TO RECLAIM ITS PURPOSE Con l’appello rivolto ai leader e ai governanti di ogni paese del mondo affinché, in occasione dell’80° anniversario della sua promulgazione, intervengano a riaffermare l’importanza della Carta delle Nazioni Unite, numerosi ex-funzionari dell’ONU proclamano: > Il 26 giugno 1945, le nazioni fondatrici delle Nazioni Unite firmarono la > Carta non mentre erano in pace, bensì sfidando la guerra che le devastava. Fu > un atto di speranza, e convinzione. > > Ottant’anni dopo, quella speranza affronta la sua prova più dura. > > Noi che abbiamo servito le Nazioni Unite e la sua Carta ne abbiamo visto le > prospettive, l’efficacia e la fragilità. > > Oggi, i principi che abbiamo giurato di tutelare sono sistematicamente > attaccati. > > La guerra infuria. L’autoritarismo si diffonde. I fatti vengono ‘affogati’ > dalla propaganda. I giovani subiscono privazioni e patiscono l’angoscia della > disperazione. > > Tutto ciò consegue, oltre che all’ignorare il diritto umanitario > internazionale, al sistematico smantellamento dello stato di diritto, pezzo > per pezzo, norma per norma. > > Le Nazioni Unite sono più che il Consiglio di Sicurezza: sono la base del > sistema di negoziazione, le fondamenta del diritto internazionale e un > baluardo che garantisce l’istruzione e l’assistenza sanitaria, protegge i > lavoratori e impedisce ai conflitti sociali di diventare violenti. Per evitare > massacri le forze di pace intervengono coraggiosamente nei conflitti armati, > ma la vera promessa della Carta sta nell’impegno a prevenire le guerre prima > che inizino. Questi progressi non sono stati facili, e possono svanire da un > giorno all’altro. > > Questo anniversario sollecita una resa dei conti, non un rituale. > > Noi ci appelliamo alla lucidità morale. Peroriamo il ‘ritorno’ ai valori della > Carta: pace, sviluppo, diritti umani, stato di diritto e fede nella dignità > umana. Sollecitiamo un rinnovato impegno per la verità contro la menzogna, > l’onestà contro la corruzione e la solidarietà contro il silenzio. > > Quando questo ordine internazionale crollerà – e se un’azione tempestiva non > eviterà che accada, succederà – la sua ricostruzione richiederà la fatica di > molte generazioni. > > Chiediamo il rafforzamento del diritto internazionale, la prevenzione dei > conflitti violenti e la trasformazione dei sistemi finanziari globali per > creare opportunità per tutti, ovunque, anziché perpetuare le disuguaglianze. > > Ai giovani dobbiamo dare un esempio, non porgere scuse. > > È il momento di agire. Se falliremo, ai posteri lasceremo in eredità la nostra > desolazione, non il nostro coraggio. Chi vuole aderire può apporre la propria firma alla petizione online. TESTO in lingua originale ELENCO dei primi (268) firmatari Maddalena Brunasti
FOCUS ON AFRICA. Somalia tra shari’a e stato di diritto
L’interpretazione delle due fonti di governance ha avuto effetti diversi a seconda delle esigenze: dall’intransigenza degli sheikh sui rapporti tra i generi all’uso della legge islamica da parte delle femministe per ottenere diritti in nome dell’islam Poliziotti somali nella capitale Mogadiscio (Fonte: International Crisis Group) di Federica Iezzi Roma, 23 aprile 2022, Nena News – Dal 1990 la Somalia è stata oggetto di ripetuti interventi esterni di rafforzamento dello Stato. Una serie di governi e organismi internazionali hanno cercato di ricomporre una sorta di autorità centrale sul territorio dell’ex Repubblica di Somalia. Tuttavia, la shari’a, la legge sacra della religione islamica, è rimasta nell’aria del Paese come un’ombra. Le visioni coloniali dell’ordine legale tendono anche in Somalia a creare disordine e oppressione. I tentativi di centralizzare il potere si sono scontrati con idee alternative resilienti del diritto. Le leggi prodotte dallo Stato sono prive di legittimità agli occhi delle amministrazioni locali e le strutture che hanno lo scopo di far rispettare tali leggi sono spesso corrotte e arbitrarie. La conseguenza è che oggi i somali vedono gli attuali sforzi di costruzione della governance, da parte delle agenzie internazionali, come i diretti successori dei precedenti interventi coloniali. Il messaggio è chiaro. La stabilità e la pace non possono essere prodotte importando esperti legali per tenere seminari e consigliare processi legislativi. Devono basarsi su atti quotidiani di risoluzione delle controversie tra violenze e disordini. In contesti come quello somalo, per il 99% musulmano sunnita, la flessibilità tra shari’a e stato di diritto diventa fondamentale. La shari’a è talvolta descritta come un vincolo indipendente, fisso e sacro al potere politico. Lo stato di diritto appare come qualcosa di molto diverso dal semplice ordine legale che attori esterni cercano di imporre. Lo stato di diritto, in senso più espansivo, può essere collegato al liberalismo politico e alla promozione dei diritti umani, dell’uguaglianza e della libertà. Le tensioni tra queste due idee di stato sono significative. Ne è un esempio la storia dell’alto clero musulmano che ha energicamente denunciato le idee dei progressisti sul diritto di famiglia, introdotte dal regime dittatoriale di Siad Barre. Una serie di leggi e politiche che promuovevano la parità di genere, tra cui il diritto di famiglia del 1975, con eredità, divorzio e poligamia. Gli sheikh si sono opposti al diritto di famiglia a causa della sua insistenza sull’uguaglianza di genere e non come semplice atto di resistenza alla dittatura. Quindi stavano affermando la propria inflessibile lettura della shari’a. Entra nel grado di flessibilità della shari’a l’affascinante capitolo sulle donne attiviste della regione del Somaliland e il loro utilizzo della legge islamica come mezzo per affermare i diritti delle donne. In questo caso, la shari’a è stata usata per perseguire una particolare idea di diritto di protezione della donna, che si allineava con le attuali norme internazionali sui diritti umani. Le attiviste hanno fatto affidamento sugli sheikh per ottenere interpretazioni e giudizi su delicati argomenti come la violenza contro le donne, i matrimoni precoci e le mutilazioni genitali femminili. Piuttosto che enfatizzare i diritti legali previsti dal diritto internazionale, le attiviste si sono concentrate sull’insegnamento di come l’uguaglianza per le donne sia compatibile con i principi dell’Islam. Le democrazie occidentali tendono a proteggere con attenzione la separazione tra chiesa e Stato, ma molti Paesi a maggioranza musulmana sfidano le nozioni occidentali di islam e di legislazione secolare. I dittatori e gli amministratori coloniali europei hanno troppo spesso usato la shari’a per giustificare il loro potere. Allo stesso modo la popolazione somala ha invocato il libro sacro dell’islam per resistere agli oppressori, espellere i signori della guerra, combattere per l’uguaglianza di genere e costruire un percorso verso il governo di legge. In molti oggi stanno reinterpretando, riaffermando e rivendicando le fonti della shari’a, sia che vogliano opprimere, sia che vogliano progredire. Nena News