La ballerina cilena contro la repressione e l’insurrezione del Royal Ballet and Opera britannico contro il genocidio a Gaza
L’immagine è commovente e sublime: una ballerina in pieno grand jeté, sospesa in
aria con una bandiera cilena che sventola sopra la sua testa, mentre dietro di
lei si ergono un blindato con idrante e un altro con munizioni, simboli della
criminale repressione statale nella Santiago del Cile del 2019. Il rosso del suo
vestito sventola come una ferita aperta. Il suo corpo, in perfetta tensione, non
fugge: affronta il nemico con nient’altro che un tutù come armatura, perché
l’altra la porta nello spirito. Lei tutta, il suo corpo, la sua anima e la sua
danza, si sono elevate di fronte all’infamia in mezzo alla strada,
posizionandosi come una barricata umana.
Quella foto scattata durante le rivolte sociali cilene dell’ottobre 2019 ha
condensato in un unico gesto la volontà di un popolo che ha deciso di non
collaborare con l’ingiustizia e di affrontare il terrorismo di Stato, in gran
parte con le armi della creatività e della convinzione fragorosa della dignità.
Ogni rivoluzione inizia con le barricate e il caos, come in Cile quell’ottobre,
e in mezzo al fumo e alla confusione, all’improvviso, capisci che tutto è stato
compreso e sappiamo che siamo tutti dalla stessa parte quando sono gli artisti
più classici e colti a portare in strada le loro danze, le loro opere e i loro
strumenti. E oggi, quando vedo che dal cuore di una delle più illustri
istituzioni britanniche è sbocciato di nuovo lo stesso gesto, non posso che
placare il mio cuore grazie alla certezza che deriva dal sapere, dall’essere
sicura che ormai tutti sanno che, dopo aver tanto parlato di Gaza e aver
riempito le strade di marce interminabili, ormai siamo tutti, tutti noi, dalla
stessa parte.
Questo è un passo enorme. Da questo nessuno torna indietro uguale. Anche se poi
la notizia non apparirà molto sulla stampa e nessun altro presterà attenzione
alla questione, la verità vissuta dimostra che non si torna indietro uguali, ma
consapevoli di essere germi di vita e di pace.
La decisione del Royal Ballet and Opera, la più grande e famosa delle quattro
principali compagnie di balletto del Regno Unito, di cancellare la
rappresentazione della Tosca a Tel Aviv non è una questione amministrativa, né
una semplice riprogrammazione per motivi di sicurezza. È una frattura etica. Un
atto di insurrezione morale nel cuore dell’apparato culturale europeo, guidato
non dai direttori ma dai corpi di ballerini, tecnici, artisti di scena e
lavoratori amministrativi che hanno firmato una lettera interna, forte e senza
retorica. Hanno rifiutato di recarsi in Israele. Hanno rifiutato di collaborare.
Hanno rifiutato di diventare complici.
La cancellazione, confermata il 4 agosto 2025, è radicata nella protesta di 182
membri del Royal Ballet and Opera, che hanno denunciato non solo i crimini di
guerra a Gaza, ma anche il doppio linguaggio dell’istituzione, che mesi prima
aveva offerto spettacoli gratuiti ai soldati israeliani dopo la produzione
congiunta di Turandot. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato
l’incidente del 19 luglio, durante una rappresentazione del Trovatore, in cui
l’artista Daniel Perry ha sventolato una bandiera palestinese sul palco. Il
direttore artistico Oliver Mears ha cercato di strappargliela nel bel mezzo
dello spettacolo, un gesto autoritario che ha scatenato un’ondata di
indignazione interna.
A differenza di altri atti simbolici, questa volta ci sono state conseguenze
strutturali: il Royal Ballet and Opera non si esibirà in Israele, non finché
Gaza sarà un territorio assediato, bombardato, assassinato. Non finché gli
ospedali saranno fatti saltare in aria, come è successo alla clinica dell’ONU
ridotta in macerie la notte del 5 agosto. E non finché il Primo Ministro
Benjamin Netanyahu, insieme al suo Ministro della Difesa Yoav Gallant,
continuerà ad annunciare la preparazione di un’“invasione definitiva” per
occupare la Striscia di Gaza. “La guerra continuerà fino a quando tutta Gaza
sarà sotto il controllo israeliano”, ha dichiarato Gallant da Tel Aviv.
La reazione internazionale non si è fatta attendere. L’ONU, attraverso diversi
relatori speciali, ha denunciato la decisione come un appello all’annessione
forzata e una violazione del diritto internazionale umanitario. Artists for
Palestine UK ha salutato la decisione del Royal Ballet and Opera come “una
vittoria morale e politica senza precedenti nel panorama culturale britannico”.
Voci inaspettate sono arrivate dall’interno di Israele: una rete di medici,
rabbini ed ex soldati ha pubblicato un comunicato in cui si afferma che
“bombardare gli ospedali a Gaza è un crimine, non una necessità”. Si tratta
degli stessi settori che, mesi fa, avevano protestato quando l’attacco
all’ospedale Al-Shifa era stato giustificato come un “obiettivo militare”.
La rottura simbolica all’interno del Royal Ballet and Opera è anche stilistica.
Coreografi e direttori musicali si sono dimessi in silenzio. Ballerini veterani
hanno consegnato lettere private di dimissioni o di ripudio. Le reti interne
hanno fatto trapelare testimonianze di “logoramento morale” e “frattura
irreversibile” tra la direzione esecutiva e i team artistici. Alex Beard,
amministratore delegato del RBO, ha addotto pubblicamente ragioni di
“sicurezza”, ma internamente è ritenuto responsabile di non aver protetto
l’integrità etica del suo cast.
Nel mezzo del collasso della civiltà, questo gesto del RBO si inserisce in una
nuova genealogia della resistenza, non quella delle barricate violente, ma
quella delle barricate estetiche, sensibili e disobbedienti. Come la ballerina
cilena davanti al blindato, questi corpi artistici si alzano, sospesi nell’aria
della storia, per ricordarci che anche la bellezza può e deve sapere quando dire
no. Basta. Mai più.
Fonti:
https://artistsforpalestine.org.uk/2025/08/04/victory-for-staff-as-royal-ballet-and-opera-pulls-tel-aviv-production/
https://www.aa.com.tr/en/culture/royal-ballet-and-opera-members-reject-future-performances-in-israel-back-palestinian-flag-protest/3650301
https://www.euronews.com/culture/2025/08/05/uks-royal-ballet-and-opera-cancels-2026-israel-show-after-staff-protest-on-gaza-stance
https://www.nytimes.com/2025/08/05/arts/music/british-opera-royal-tosca-israel-letter.html
https://www.thenationalnews.com/arts-culture/music-stage/2025/08/06/royal-ballet-and-opera-cancels-tel-aviv-show-after-staff-protest-gaza-war/
https://www.timesofisrael.com/uk-royal-opera-cancels-2026-production-of-tosca-in-israel-after-staff-protest/
Traduzione dall’inglese di Anna Polo
Claudia Aranda