Myanmar: negate sistematicamente cure mediche in carcereQuattordici organizzazioni umanitarie*, fra le quali Amnesty International,
hanno espresso profonda preoccupazione per le notizie sul crescente numero di
persone morte in custodia in Myanmar, in particolare negli ultimi quattro anni e
mezzo, periodo segnato da un’erosione senza precedenti del rispetto e della
tutela dei diritti umani.
Dall’inizio del colpo di stato militare del 2021 si stima che circa 1.800
persone siano morte sotto la custodia della giunta militare, spesso in seguito
alla negazione sistematica dell’accesso all’assistenza sanitaria o a ferite non
trattate, subite durante interrogatori violenti dopo l’arresto.
Le organizzazioni hanno firmato un appello per chiedere con urgenza che i
militari di Myanmar garantiscano alle persone private della libertà l’accesso a
cure mediche adeguate, equivalenti per qualità e disponibilità a quelle messe a
disposizione nel paese, e che tali cure siano accessibili a tutte le persone
detenute, senza alcuna forma di discriminazione. È stata inoltre richiesta la
cessazione immediata delle torture e di ogni altra forma di maltrattamento nei
confronti delle persone detenute.
Secondo quanto riportato da organi di stampa indipendenti e gruppi impegnati nel
monitoraggio delle carceri, nel luglio 2025 diverse persone sono morte in luoghi
di detenzione differenti. Ma Wutt Yee Aung, 26 anni, attivista studentesca
arrestata dalle forze militari nel settembre 2021 per accuse di terrorismo e
incitamento, è morta intorno al 19 luglio nel carcere di Insein, a Yangon.
L’Unione degli studenti dell’università di Dagon ha espresso timori sul fatto
che il decesso possa essere stato causato da lesioni alla testa riportate
durante gli interrogatori e dall’assenza di cure adeguate da parte
dell’amministrazione penitenziaria, nonostante le ripetute richieste della
famiglia affinché fosse trasferita in un ospedale esterno al carcere.
Lo stesso giorno Ko Pyae Sone Aung, 44 anni, rappresentante della sezione del
partito Lega nazionale per la democrazia nel Comune di Belin, nello stato di
Mon, sarebbe morto nel carcere di Thaton dopo essere stato violentemente
picchiato. Secondo la Human Rights Foundation of Monland, Ko Pyae e altre
quattro persone sarebbero state colpite con manganelli e prese a calci
all’addome. Fonti locali hanno inoltre espresso preoccupazione per il fatto che
la morte possa essere stata favorita dalla mancata somministrazione di cure
mediche appropriate per ipertensione, diabete e occlusioni arteriose. Ko Pyae,
arrestato nel gennaio 2022, era stato condannato a sei anni di carcere per
accuse di sedizione e terrorismo. All’inizio di luglio altri due prigionieri
politici sono morti in carceri diverse, sempre a causa di complicazioni mediche.
In un rapporto pubblicato nel settembre 2024 l’ufficio dell’Alta Commissaria
delle Nazioni Unite per i diritti umani ha dichiarato che almeno 1.853 persone
erano morte in custodia dal colpo di stato del 2021.
Secondo i dati raccolti da osservatori sul campo, tra gennaio e luglio 2025 sono
morte in custodia oltre 70 persone. Di queste almeno 59 sarebbero decedute nel
carcere di Obo, nella città di Mandalay, crollato dopo il terremoto di magnitudo
7.7 che ha colpito il Paese a marzo. Tra le vittime figurano anche persone
detenute arbitrariamente, incarcerate unicamente per il loro sostegno, reale o
presunto, a gruppi di opposizione, tra cui la Lega nazionale per la democrazia,
destituita dalla giunta militare con il colpo di stato del 2021. Il numero
effettivo potrebbe essere più elevato, a causa degli ostacoli nel reperire e
verificare le informazioni, dovuti soprattutto alle gravi restrizioni
all’accesso alle carceri e alla chiusura forzata di numerose testate
giornalistiche.
Il rapporto dell’Alta Commissaria del 2024 definisce inoltre le torture e i
maltrattamenti in custodia militare una pratica “diffusa”, in particolare nei
centri per gli interrogatori e nelle basi militari ma anche nelle carceri, come
la tristemente nota prigione di Tharyarwaddy, a Bago. In questi contesti vengono
segnalate violenze fisiche e psicologiche, compresa la violenza sessuale, con
l’obiettivo di estorcere confessioni o ottenere informazioni su persone
sospettate di avere legami con gruppi contrari alle forze militari.
I prigionieri politici, soprattutto coloro che partecipano a proteste pacifiche
all’interno delle carceri contro le violazioni subite, vengono puniti con
pestaggi brutali, isolamento prolungato, nuove accuse penali e, in alcuni casi,
trasferimenti punitivi in luoghi di detenzione più remoti o, peggio ancora,
uccisi durante questi trasferimenti.
Secondo il Political prisoners network-Myanmar, un’organizzazione di
monitoraggio, almeno 190 prigionieri politici sono morti tra il 2021 e luglio
2025 a causa di interrogatori condotti con modalità violente, maltrattamenti o
per la mancata prestazione di cure mediche adeguate.
Nonostante la vasta documentazione su queste pratiche da parte di organizzazioni
nazionali e internazionali, non risulta che alcun funzionario della giunta
militare sia stato chiamato a rispondere dei decessi e delle violenze
all’interno delle carceri.
È importante sottolineare che le torture e i maltrattamenti nei confronti delle
persone detenute, ampiamente documentati, rappresentano solo una delle
molteplici dimensioni della drammatica situazione dei diritti umani nel paese,
che continua a richiedere un’attenzione e un intervento costanti da parte della
comunità internazionale.
Dall’inizio del colpo di stato del 2021 la giunta militare del Myanmar ha ucciso
oltre 7.000 persone, in gran parte civili, e ha incarcerato arbitrariamente
quasi 30.000 persone. Oltre 3,5 milioni di persone risultano sfollate
internamente a causa dei conflitti armati in corso. Organizzazioni per i diritti
umani hanno documentato bombardamenti aerei indiscriminati da parte
dell’esercito, che hanno causato la morte di persone civili all’interno di
scuole, durante cerimonie nuziali, nei rifugi e persino nei giorni successivi al
terremoto del marzo 2025. A questi si aggiungono il blocco degli aiuti umanitari
e altre gravi violazioni che potrebbero costituire crimini contro l’umanità e
crimini di guerra.
Le organizzazioni hanno ribadito la loro richiesta alla giunta militare del
Myanmar affinché ponga fine immediatamente alle torture e ai maltrattamenti nei
confronti delle persone detenute e intervenga con urgenza per migliorare le
condizioni di detenzione, allineandole alle Regole minime delle Nazioni Unite
per il trattamento delle persone detenute (“Regole Mandela”) e ad altri standard
internazionali in materia. Alle persone detenute deve essere garantito l’accesso
tempestivo e adeguato all’assistenza sanitaria, compresa la possibilità di
essere trasferite in strutture ospedaliere esterne quando le cure necessarie non
sono disponibili all’interno delle carceri. Occorre inoltre rafforzare la
fornitura di medicinali e altri beni essenziali nei luoghi di detenzione, anche
permettendo l’ingresso degli aiuti internazionali e l’accesso delle
organizzazioni umanitarie e sanitarie e dei familiari, che possano consegnare
cibo, medicinali e altri beni di prima necessità.
L’appello delle Ong alla giunta militare del Myanmar è anche quello di
scarcerare immediatamente tutte le persone detenute arbitrariamente.
*ALTSEAN-Burma
Amnesty International
Articolo 19
Asian Forum for Human Rights and Development (FORUM-ASIA)
Assistance Association for Political Prisoners
Athan – Freedom of Expression Activist Organization
Burma Campaign UK
Chin Human Rights Organization
Exile Hub
Fortify Rights
Human Rights Foundation of Monland
Manushya Foundation
Myanmar Peace Museum
Political Prisoners Network – Myanmar
Politics for Women Myanmar
Amnesty International