Nessuno Stato può negare i bisogni essenziali dei richiedenti, neanche in caso di afflusso imprevisto
Non ci sono emergenze che tengano: gli Stati membri dell’Unione europea devono
sempre garantire ai/alle richiedenti asilo condizioni di vita dignitose, anche
quando le strutture di accoglienza risultano sature a causa di un arrivo
imprevisto di persone in cerca di protezione. Lo ha stabilito la Corte di
Giustizia dell’Ue con la sentenza nella causa C-97/24, riguardante due
richiedenti asilo – un cittadino afghano e uno indiano – che in Irlanda si erano
trovati a vivere in strada, senza alloggio né mezzi di sostentamento.
Le autorità irlandesi avevano consegnato a ciascuno solo un buono da 25 euro,
rifiutandosi di assegnare loro un posto nei centri di accoglienza e negando
quindi anche l’accesso al piccolo sussidio giornaliero previsto dalla normativa
nazionale. I due richiedenti asilo hanno denunciato di aver vissuto per
settimane all’aperto o in alloggi di fortuna, senza cibo né possibilità di
mantenere l’igiene, e di essere stati esposti a violenze e pericoli. Davanti
all’Alta Corte irlandese, hanno chiesto il risarcimento del danno subito.
Il governo di Dublino ha riconosciuto la violazione del diritto dell’Unione, ma
ha invocato la “forza maggiore”, attribuendo la saturazione delle strutture
all’ondata di arrivi seguita alla guerra in Ucraina. La Corte di giustizia ha
però respinto questa linea di difesa.
Secondo i giudici di Lussemburgo, la direttiva 2013/33/UE (cosiddetta direttiva
accoglienza 1) impone agli Stati membri di garantire “condizioni materiali di
accoglienza che assicurino un tenore di vita adeguato” (art. 17), attraverso
alloggio, sostegno economico o buoni. Tali condizioni devono coprire i “bisogni
essenziali” dei richiedenti e tutelarne la salute fisica e mentale. La mancata
erogazione di queste misure – anche solo temporaneamente – costituisce una
violazione “manifestamente e gravemente” contraria al margine di discrezionalità
lasciato agli Stati.
Ciò che ha stabilito la Corte vale per tutti gli Stati membri, Italia compresa,
dove il tema dell’accoglienza resta al centro del dibattito politico quotidiano.
Nel nostro Paese, infatti, le autorità spesso non garantiscono condizioni
adeguate ai/alle richiedenti asilo, che possono rimanere per mesi – talvolta per
oltre un anno – esclusi/e dal sistema di accoglienza, in attesa di un posto.
La Corte ha inoltre ricordato che la direttiva prevede un regime derogatorio
(art. 20, par. 9), applicabile solo in circostanze eccezionali e per un periodo
limitato, quando un afflusso improvviso di richiedenti esaurisce temporaneamente
la capacità ricettiva degli Stati. Va però sottolineato che negli ultimi anni i
numeri delle richieste d’asilo non hanno registrato aumenti tali da configurare
un’emergenza. E comunque, anche in uno scenario del genere, ha precisato il
collegio, resta fermo l’obbligo di rispettare la Carta dei diritti fondamentali
dell’Ue, in particolare l’articolo 1, che tutela la dignità umana, e l’articolo
4, che vieta trattamenti inumani o degradanti.
“Nessuno Stato membro – scrive la Corte – può invocare l’esaurimento delle
strutture di accoglienza per sottrarsi all’obbligo di soddisfare le esigenze
essenziali dei richiedenti protezione internazionale”. L’Irlanda, nel caso di
specie, non ha dimostrato alcuna impossibilità oggettiva di adempiere ai propri
obblighi, ad esempio attraverso il ricorso ad alloggi temporanei alternativi o a
sussidi economici.
La sentenza stabilisce dunque che un simile comportamento può configurare una
“violazione sufficientemente qualificata” del diritto dell’Unione, aprendo la
strada alla responsabilità dello Stato e al diritto dei richiedenti di ottenere
un risarcimento.
Una decisione chiara e netta, che nessuno Stato dell’Unione europea può fingere
di non conoscere.
Corte di Giustizia UE, sentenza dell’1 agosto 2025
1. Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno
2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione
internazionale. ↩︎