Il boicottaggio: strumento di lotta nonviolenta, per non essere complici di un genocidio“L’etica delle scelte preserva l’etica della cura”: con questa affermazione si
apre l’intervista al Sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi, che accetta
volentieri di dialogare insieme, sulla decisione compiuta dal Comune che
rappresenta, per provare ad uscire dal senso di complicità diffusa, che davanti
al genocidio in corso a Gaza in molte e molti proviamo. Quando Firenze per la
Palestina, ed insieme a questa altre realtà attive sul territorio, hanno
sollecitato specifici posizionamenti da parte delle pubbliche amministrazioni
rispetto al boicottaggio, non era chiaro ancora quanto un sindaco potesse
volersi esporre con una scelta, condizionante l’orientamento economico,
nell’interruzione di ogni forma di relazione istituzionale tra
un’amministrazione comunale ed il governo israeliano. Qui, a Sesto fiorentino,
si è scelto di partire dall’agire concreto, sospendendo gli accordi commerciali
che coinvolgono Azienda Farmacie e Servizi Spa, Azienda partecipata al 100% dal
Comune, che possiede otto farmacie su questo stesso territorio, nello stop
all’approvvigionamento di prodotti realizzati da aziende israeliane, prima tra
tutte Teva, forse oggi la più conosciuta.
“Assumersi la responsabilità di amministrare una realtà comunale”, sostiene
Lorenzo Falchi, “significa non solo occuparsi della quotidianità a livello
locale: c’è anche il ruolo che una comunità ha in un contesto più ampio. Le
scelte, anche quelle quotidiane, hanno infatti un riflesso politico di
posizionamento; il boicottaggio è uno strumento potente ma pacifico per fare
pressione sui governi”. Approfondendo il significato che ancora può assumere il
diritto internazionale, supposto che questo si ritiene avere un valore, Falchi
sottolinea come “la comunità internazionale è ancora, di base, troppo silente,
se non complice, su quello che Israele fa oggi a Gaza, già da decenni in
Cisgiordania. Non si può solo demandare alle scelte dei governi; si deve partire
dal basso, da quello che possiamo fare noi oggi, qui: la campagna BDS coinvolge
i cittadini e le cittadine, anche una comunità locale può sostenere il
boicottaggio, andando a toccare il portafoglio”.
Quando, pensando al significato del rispetto del diritto internazionale (a
livello di realtà globale) ed al meccanismo di influenzamento da parte delle
realtà locali, il Comune di Sesto fiorentino ha iniziato ad avviare prime
interlocuzioni per capire come agire concretamente attraverso il boicottaggio,
emergendo la presenza, oltre alcune società a partecipazione di minoranza
rispetto al Comune, di altre (come nel caso di Azienda Farmacie e Servizi Spa) a
partecipazione maggioritaria, si è verificata la circostanza per cui è emersa
una volontà condivisa di poter trovare uno strumento più definito, meno lasciato
alle scelte autonome delle persone; è stato discusso preventivamente anche con
RSU. “La politica economica israeliana è forte nell’economia del farmaco”: “la
scelta”, prosegue Falchi, “non è quindi solo un simbolo, ma un modo di agire
concretamente: le imprese israeliane sono e saranno coinvolte (dal
boicottaggio), perché ci sarà (dal primo luglio – oggi) la cancellazione di
tutti gli ordini con le aziende israeliane. Con il boicottaggio si colpisce così
l’economia di un paese.” Ricorda, per precisare il corretto posizionamento etico
sul rispetto della scelta della cura, che comunque la maggior parte dei farmaci
da banco hanno decine di prodotti equivalenti con cui poter sostituire un
eventuale farmaco di produzione da parte di aziende israeliane e che non
verrebbe così in alcun modo messa a rischio la salute del singolo acquirente –
paziente.
“Si può porre un parallelo (storico)”, sostiene Falchi, “rispetto a quanto
successo negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta”; ricorda infatti che “una
spallata all’apartheid in Sud Africa è venuta proprio dal boicottaggio dei
prodotti, messo in atto per fare pressione rispetto ad un governo che praticava
la segregazione razziale”. Nel parallelo (politico – sociale – di
posizionamento) con l’oggi, “attaccare un governo che non rispetta il diritto
internazionale, un governo che uccide bambini, bombarda chi è in fila per
ricevere aiuti, cibo, se arrivano, quando arrivano… non può non muovere le
coscienze: mi fa male pensare che non ci si esponga e non utilizzino tutti gli
strumenti che abbiamo di fronte ai bambini che muoiono uccisi, i bambini in
fila… quindi ogni strumento che possiamo mettere in campo lo dobbiamo usare: il
boicottaggio è una campagna lenta, che richiede tempo perché abbia conseguenze,
ma sta crescendo; è uno strumento di lotta nonviolenta”.
Infine rispetto alla possibilità di coinvolgere le realtà locali che ancora
siano rimaste ai margini, che ancora non abbiano trasformato l’indignazione in
denuncia, l’impotenza in prassi, rimarcando come non si possa restare
indifferenti e non ci si possa non schierare davanti allo sterminio di un
popolo, Falchi afferma che “con i comuni vicini ma anche con comuni lontani ci
siamo contattati per riflettere su come mettere in campo iniziative analoghe,
perché è importante allargare il fronte”; il Comune di Sesto fiorentino, dopo la
presa di posizione rispetto al boicottaggio economico, è stato già contattato da
comuni anche “di colore differente”, come a rimarcare la trasversalità e
l’effettività di una misura che potrebbe riscuotere consensi trasversali,
perché, nonostante ancora la maggior parte della comunità internazionale
consideri Israele dentro gli estremi del diritto e pertanto non stia ricevendo
sanzioni, vi è la consapevolezza a livello delle comunità locali che questo non
sia corretto, e che restare nell’impotenza ad osservare, per quanto il
manifestare il proprio dissenso anche attraverso i cortei, i presidi e tutte le
occasioni di presenza nelle piazze siano importanti, non provare ad agire anche
come realtà politiche “assume il senso di complicità”.
“Siamo complici se non mettiamo in campo tutte le forme a noi possibili per far
desistere il massacro. Un domani ci chiederanno: e voi, dove eravate? Noi
vogliamo provare a fare quello che possiamo per fornire un nostro contributo di
inversione di rotta.” Prosegue Falchi, sollecitato a riflettere insieme in
merito alla presidenza della Fondazione Meyer: “la Regione Toscana ha approvato
un atto di interruzione di ogni rapporto con il governo israeliano; poi però
mantiene una contraddizione importante di avere un console che rappresenta uno
Stato, come quello di Israele, in una carica significativa: promuove la pace ed
i diritti, mentre lascia in carica a presiedere la fondazione Meyer un console
che rappresenta uno Stato che uccide bambini”.
“Tra venti anni ci chiederanno conto di tutto questo, ci chiederanno dove
eravamo. Un comune ha degli strumenti ed ha pertanto il dovere etico di metterli
in campo”. Molto probabilmente, aggiungo, anche una regione avrebbe degli
strumenti ed avrebbe il dovere di provare ad utilizzarli, forse proprio a
partire dalla (il)liceità di mantenere posizionamenti di interesse (economico
individuale) che sostituiscono interesse collettivo – globale.
L’etica della cura è preservata dal momento in cui è possibile prendersi cura
degli interessi individuali ma anche collettivi di una comunità che sceglie di
restare aperta, di partire da interrogativi connessi all’etica delle scelte
(anche) di consumo: se acquisto un prodotto, mi chiedo chi lo abbia prodotto ed
a chi vadano i miei soldi; se sono consapevole che la produzione di un farmaco
sia dentro l’economia di guerra e pertanto indirettamente comprendo di essere
coinvolta, contribuendo (individualmente) ad un crimine di genocidio
(collettivamente), non posso non sentirmi attivamente responsabile. Quando un
simile passaggio viene compiuto non a livello di singola persona – attivista,
quanto da una persona che ricopre un ruolo politico, quindi da una comunità (un
comune) che potenzialmente può mobilitare anche altre comunità (altri comuni),
il senso della convergenza e della mobilitazione, che dal basso e dal lontano
muove l’alto e collega nelle co-responsabilità, assume significati di indubbia
portata, quelli che stanno in questi giorni caratterizzando le riflessioni, che
si muovono intorno alla scelta di un sindaco, di una amministrazione comunale,
che prova a mettere in campo strumenti per uscire dalle complicità (indirette)
che riguardano il sentire comune e prova a invertire una rotta, nella
traiettoria della Pace, nella costruzione dei presupposti perché questa sia nel
rispetto dei diritti dei popoli all’autodeterminazione e al vivere sulla propria
terra.
Emanuela Bavazzano – Redazione Toscana Pressenza
Redazione Toscana