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Da Leopoli a Kiev in treno
Sono arrivato ieri sera a Kyiv (Kiev) partendo da L’viv (Leopoli) in treno. Il treno è partito con un ritardo di oltre un’ora, ma ha recuperato ed è arrivato sostanzialmente puntuale. Ho viaggiato in uno scompartimento da sei persone come tempo fa c’erano anche in Italia, ma che da decenni non vedo più. Oltre a me ci sono tre donne sulla trentina, che con un Inglese n po’ stentato mi chiedono chi sono, da dove vengo, cosa sono venuto a fare e, come sempre mi capita, ogni risposta (Italiano, di Roma, maestro elementare e reporter volontario di una Agenzia di Stampa Internazionale indipendente e no profit) suscita sorpresa, rispetto e ammirazione. Le signore sono molto gentili, due non conoscevano la terza arrivata, ma hanno fatto presto amicizia grazie al cagnolino simpaticissimo ed affettuosissimo che “fa banco” per tutto il viaggio. Penso che la nuova disposizione delle poltrone, per la quale tutti si danno le spalle, ostacoli volutamente la socializzazione tra le persone. Ricordo i viaggi in treno da ragazzino, per andare a trovare a Bologna la nonna, gli zii e cugini paterni. Verso mezzogiorno nello scompartimento, famiglie di immigrati dal Sud, che tornavano per le ferie al loro paese, tiravano fuori da mangiare ogni ben di dio e insistevano per offrirci da mangiare. Era l’Italia dei primi anni Settanta e noi, “suprematisti lombardi”, gentilmente, ma con fermezza, declinavamo gli inviti di questi lavoratori che parlavano una lingua semi-incomprensibile. Ho imparato una quindicina di anni dopo quali genuine delizie mi sono perso. La capotreno, mi spiegano, vende il tè e alcune cose da mangiare. Vado a prendere il tè, che prepara lei, poi mi viene fame e prendo un paio di bustine: arachidi e bastoncini di “pane abbrustolito e aromatizzato alle erbe” e soprattutto una scatoletta con patate liofilizzate ed aromi a cui la capotreno aggiunge acqua bollente creando un ottimo purè di patate. Dal finestrino vedo soprattutto alberi, alberi ed alberi, una specie di brughiera. Si vede a occhio che la densità di popolazione, tra una grande città e un’altra è molto bassa. Finalmente arriviamo nella grande stazione di Kiev centrale, affollatissima di gente che va e che viene dalle ferie. Negozi di ogni tipo, uno vende solo cover per i cellulari. L’unico segno particolare è il metaldetector a cui i viaggiatori devono sottoporre se stessi ed i propri bagagli. La guerra non si vede né nella stazione né all’esterno di essa, dove imponenti palazzi e veri e propri grattacieli sorgono intatti. Stesso spettacolo per gli oltre tre km che percorro a piedi, fino al monohotel: si chiama così perché le camere sono sostanzialmente “loculi di 2mq” ipertecnologici, di plastica, uno sopra ad un altro per un totale di una ventina di posti, bagni e docce in comune. Zona delle più sicure perché il centro storico, oltre ai palazzi del potere ucraino, è formato da Basiliche splendide e da ambasciate e, finora, i Russi non lo hanno sfiorato. “Come fai a dormire lì dentro?” mi chiede un’amica. “Ma quando in campeggio dormivamo in una tendina canadese era forse meglio?” Ci sono notti a Kiev in cui non si dorme a causa del terrore, dentro casa o se possibile nei rifugi, per le esplosioni dovute all’attacco dei droni. L’altro ieri l’escalation ha fatto una vera strage di civili innocenti perché un missile russo ha colpito un palazzo. Kiev è immensa e non sarà facile trovarlo. Poi la gente… e soprattutto i tantissimi adolescenti e giovani che si incontrano per le strade e nelle piazze, con tanta voglia di vivere e di dimenticare… Se solo scendessero in piazza contro la guerra, per imporre un immediato cessate il fuoco, che garantisca il diritto alla vita e ad avere un loro futuro! Del resto lo hanno fatto in questi giorni di mobilitazione per la vera democrazia e hanno vinto contro le forze governative imponendo al presidente una precipitosa marcia indietro suggellata da un voto unanime del parlamento costretto a cancellare la legge “salva corrotti”… stazione di Leopoli il treno stazione di Kiev Kiev interno kiev interno kiev interno "monohotel" Mauro Carlo Zanella
Leopoli: manifestazione contro la corruzione
La grande piazza di L’viv è affollatissima, la folla è assiepata, occupa l’intera piazza, la gradinata è il basamento dell’imponente monumento che sovrasta la statua bronzea di un illustre cittadino della città. Non mi ci vuole molto a capire che questa serata è molto particolare perché si manifesta per l’immediata abrogazione della legge, voluta dal governo e principalmente dal presidente Zelensky, che ostacola la lotta alla corruzione dilagante. “La corruzione uccide il nostro futuro”. “Il popolo Ucraino vuole una vera democrazia”. “No alla dittatura”.- Dicono i cartelli. In piazza scatto molte foto chiedendo a tutti il permesso presentandomi come reporter italiano volontario dell’ Agenzia Internazionale di Stampa no profit Pressenza. Due ragazzi, una giovane coppia, mi sorridono: lui ha 24 anni e quindi rischia tra pochi mesi di finire in trincea se non verrà accolta la sua domanda di rinvio per motivi di studio oppure di esenzione per il tipo di lavoro che svolge. La ragazza invece ha 20 anni, sa abbastanza bene l’italiano perché è stata a a Roma per diversi mesi e mi spiega i temi della manifestazione. Il popolo sta nelle piazze dei centri delle principali città dell’Ucraina perché prima di tutto questa nuovo legge la “12414”, che favorisce la corruzione ostacolando o abolendo gli organismi di controllo, non è stata approvata correttamente. È passata molto velocemente in parlamento. La discussione è durata una sola serata mentre di solito per l’approvazione di una nuova legge la discussione può durare un mese e anche di più. È la prima manifestazione dopo l’escalation della guerra e il popolo è uscito nelle piazze, nonostante la guerra, per far sentire la sua voce perché è contro la corruzione e non vuole che il governo faccia altri casini. Penso che il popolo abbia sentito che si possono realizzare importanti cambiamenti, perché è il popolo la fonte vera del potere. Mi colpisce che non solo a Leopoli o a Kyiv, ma in tutte le grandi città protestano. Mauro Carlo Zanella
Tra leggittima aspirazione all’indipendenza ed etnonazionalismo
Leopoli, per quanto possa sembrare strano é una città molto frequentata da turisti che fanno foto e selfie davanti alle chiese e alle piazze più belle. Ci sono anche diversi musei e tour organizzati, birrerie, ristoranti e locali sono affollati, (molti sono quelli “italiani” con nomi come “Limoncello” e “Celentano”). Nel pomeriggio la piazza antistante il Municipio si riempie di persone, mi fermo, convinto che si tratterà di una manifestazione folkloristica, un coro con i costumi tradizionali, perché questi sono indossati da molti, ma si tratta di un segno patriottico, legato alla propria identità culturale. Arriva però un furgone particolare, si ferma. Il silenzio é interrotto dal suono inconfondibile del silenzio fuori ordinanza. Le centinaia di persone presenti mettono la mano sul cuore. È l’omaggio civico e patriottico ad un soldato morto al fronte. “La meglio gioventù va sotto terra”. Tuttavia io credo che la migliore gioventù sia quella che trova il modo di disertare questa guerra fuggendo all’estero oppure evitando di rientrare quando viene richiamata alle armi, oppure semplicemente nascondendosi… Nonostante ciò fuori dalla chiesa cattolica della Trasfigurazione una mostra permanente dove militari e prelati vanno a braccetto da secoli per affermare che “Dio è con noi”. Peccato che la stessa cosa afferma il Patriarca di Mosca Cirillo I, fervente sostenitore di Putin e della sua guerra contro l’Ucraina Occidentale. Per Cirillo I si tratta addirittura di una crociati per contro l’Occidente corrotto che… difende le demoniache rivendicazioni dei gay. Insomma Cattolici e Ortodossi Ucraini benedicono il proprio esercito e la stessa cosa fanno gli Ortodossi Russi, la cui religione, fatto unico da secoli in Europa, è stata peraltro messa al bando da Kiev, nonostante le centinaia di migliaia di fedeli. Dio è con noi è stato il leitmotiv della grande manifestazione in cui mi sono imbattuto per caso nella piazza centrale di L’viv. Non nerboruti skinheads tatuati con svastiche, ma gente assolutamente comune: giovanissimi con i capelli colorati, donne, uomini, famiglie intere con bambini piccoli e tutti reggevano cartelli di cartone, striscioni e bandiere (queste erano il segno più inquietante) che chiedevano a gran voce, riuniti intorno ad una grande scritta formata da lumini, “la liberazione dei nostri difensori: i coraggiosi miliziani del Battaglione Azov prigionieri dei Russi durante la difesa e conquista di Mariupol'” !!! Quella di Mariupol’ è stata, finora, una delle battaglie più sanguinose di questa guerra, combattuta casa per casa lasciando macerie, morti, mutilati e sfollati che hanno hanno dovuto abbandonare le proprie abitazioni distrutte. Resto letteralmente basito mentre fotografo numerosi volti, indisturbato poiché mostro il tesserino da reporter volontario. Per noi, in base alle numerose testimonianze raccolte nel Donbas e alle foto scattate da loro stessi sui loro corpi tatuati da svastiche, sono criminali di guerra, fanatici ultranazionalisti simpatizzanti del collaborazionista Stephen Bandiera che commise innumerevoli crimini contro l’umanità contro polacchi, ebrei e rom sognando, da vero nazionalista suprematista, una Ucraina etnicamente pura. Alla fine venne imprigionato dai nazisti tedeschi che alla fin fine odiavano e consideravano inferiori tutti gli slavi senza fare troppi distinguo. L’aggressione della Federazione Russa all’Ucraina Occidentale, non solo non ha abbattuto il governo ultranazionalista di Kiev, sostenuto anche da formazioni minori neonaziste, unico caso in tutta Europa se non nel mondo intero, ma ha permesso di dare il colpo di grazia a tutte le voci critiche, democratiche, non nazionaliste, ma semmai sostenitrici di una Ucraina plurinazionale ponte tra Unione Europea e Federazione Russa. Le armate russe hanno compattato gran parte del popolo ucraino di lingua e cultura ucraina regalando paradossalmente, almeno per ora l’egemonia ai banderisti che hanno buon gioco nel mischiare la legittima difesa dell’indipendenza dell’Ucraina al peggior nazionalismo etnico. In tutto questo la Nato ha fatto la sua parte aizzando i nazionalisti ucraini nell’odio antirusso, distruttivo e devastante per l’unità dell’Ucraina. Un film che abbiamo già visto svolgersi in tutta la sua crudeltà nelle guerre che hanno distrutto la Repubblica Federativa e Socialista di Jugoslavia trasformata in ininfluenti 6 nazioncine. Ora come allora l’Italia ufficiale era ed è dalla parte della guerra mentre molti pacifisti, forse più allora che oggi, tentavano e tentano dal basso di favorire e sostenere le molte persone che qui, come allora nei Balcani, rifiutano la guerra in mille modi diversi, anche sottraendosi alla chiamata alle armi con la fuga. Sta a tutte e a tutti noi, rifiutando ogni campismo, sostenere i loro sforzi dando loro l’occasione di fare sentire la loro chiamata alla Pace. Mauro Carlo Zanella