Tag - Prestazione sociale

L’INPS deve pagare i ratei non corrisposti del reddito di cittadinanza
Una cittadina rumena presentava domanda di reddito di cittadinanza. Al momento della domanda, era anagraficamente residente in Italia da 9 anni e 150 giorni. Secondo il Comune di Foligno, non integrava, quindi, il requisito della residenza decennale di cui all’art. 2, d.l. 4/2019. Però, aveva dimostrato la sua presenza in Italia antecedente all’iscrizione anagrafica (quindi il soggiorno decennale) con altra documentazione: certificato storico dell’Agenzia delle Entrate ed estratto conto previdenziale Inps. Sul punto, con nota n. 3803 del 14 aprile 2020, il Ministero del Lavoro aveva chiarito che, al fine di dimostrare la titolarità del requisito di residenza decennale, non fosse necessario essere iscritti nei registri anagrafici (se non al momento della domanda), ma fosse sufficiente provare che il richiedente avesse nei fatti risieduto in Italia per almeno dieci anni (di cui gli ultimi due in maniera continuativa).  Nonostante ciò l’Inps revoca il beneficio e chiede la restituzione di quanto percepito. Viene presentato ricorso al Trib. lav. Spoleto, provando la detta residenza decennale. Al momento del ricorso, pendeva già la questione di legittimità costituzionale del detto art. 2, d.l. 4/2019, sollevata da App. Milano, ord. 31.5.2022. Il Giudice ritiene di attendere il pronunciamento della Consulta. Quindi, applica quanto statuito dalla sentenza costituzionale n. 31/2025 del 20.3.2025, secondo cui è illegittimo l’art. 2, comma 1, lettera a), numero 2), d.l. 4/2019 “nella parte in cui prevedeva che il beneficiario del reddito di cittadinanza dovesse essere residente in Italia «per almeno 10 anni», anziché prevedere «per almeno 5 anni»”. Poichè la ricorrente, al momento della domanda di RdC, era residente in Italia da più di 5 anni, aveva maturato il requisito della residenza. Quindi, il Giudice dichiara che la ricorrente non è tenuta a restituire all’Inps la somma percepita. Inoltre, condanna l’Inps a corrispondere i ratei del RdC non corrisposti. Tribunale Spoleto, sentenza del 19 giugno 2025 Si ringrazia l’Avv. Francesco Di Pietro per la segnalazione e il commento.
Assegno sociale negato a rifugiato, l’INPS condannato per condotta discriminatoria
Il Tribunale di Roma – Sezione Lavoro condanna l’Inps per aver negato l’assegno sociale ad un rifugiato politico siriano che non aveva prodotto l’attestazione da parte dell’ambasciata del paese di origine circa l’assenza di redditi. La sentenza si segnala in quanto riconosce la natura discriminatoria della condotta posta in essere dall’INPS. Il provvedimento impugnato pregiudica i rifugiati politici che non hanno possibilità di accedere senza rischi nelle ambasciate del loro paese per richiedere una documentazione reddituale superflua e priva di riscontro normativo. Assegnaci il tuo 5‰: scrivi 00994500288 Secondo il provvedimento del Tribunale: “Detta pretesa si traduce in una violazione del vincolo di parità di trattamento in ragione del fatto che porre quale condizione necessaria ad un rifugiato la produzione di documentazione personale e reddituale da richiedere alle autorità del proprio Paese di cittadinanza – lo stesso dal quale il cittadino straniero è fuggito per un pericolo di persecuzione e ha ottenuto protezione in Italia – equivale ad impedire allo stesso di accedere in concreto alla prestazione sociale alla quale avrebbe diritto per legge”. Tribunale di Roma, sentenza n. 7872 del 3 luglio 2025 Si ringrazia l’Avv. Marco Galdieri per la segnalazione e il commento.