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Senza confini
La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno. Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia imputabile a singoli dirigenti. Dall’89 hanno perso la loro collocazione storica e i loro riferimenti e sono passati dall’altra parte. Con qualche sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l’opinione maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un intralcio più che l’unica risorsa disponibile. Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana preventiva e permanente. Si fanno dell’Onu un riparo formale e non vedono lo scenario che si è aperto. Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come dice un manifesto, l’anima non c’è da tempo e ora non c’è la faccia e una fisionomia politica credibile. È una constatazione non una polemica. Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle cose, rispetto all’attualità e alle prospettive. Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C’è un’umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all’altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine. > Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere > un’opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione > del mondo e dell’esistenza quotidiana. Non una bandiera e un’idealità ma una > pratica di vita. Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell’uccisione e della soggezione di sé e dell’altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile. Una internazionale, un’altra parola antica che andrebbe anch’essa abolita ma a cui siamo affezionati. Non un’organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono quasi d’istinto ed entrano in consonanza con naturalezza. Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai viste. 24 aprile 2003 (Luigi Pintor è morto il 17 maggio 2003) La copertina è di Gabriella Mercadini/Archivio il manifesto. L’immagine è disponibile all’interno dello speciale “essenzialmente Pintor” distribuito da il manifesto LEGGI IL COMUNICATO STAMPA E PARTECIPA ALL’EVENTO FACEBOOK SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Senza confini proviene da DINAMOpress.
Luigi Pintor: discontinuità della memoria generazionale
Dal primo giorno in cui ci siamo proposti di ricordare i cento anni dalla nascita di Luigi Pintor, io e altri compagni di lunghissima data, di quelli che la loro vita professionale e politica (e umana, aggiungerei) l’hanno trascorsa al fianco di Luigi, mi assedia una domanda: ne vale la pena? Ovviamente sì, mi sono risposto dopo il convegno di Cagliari, in settembre, e dopo il corso di formazione per giornalisti, in novembre a Roma. La partecipazione, l’interesse, i ragionamenti e sì, i ricordi, sono stati tali, e così calorosi da convincermi che di una “piazza Pintor”, come abbiamo battezzato l’incontro sardo e si chiamerà il prossimo, il 5 dicembre, alla Nuvola dell’Eur, a Roma, c’è proprio bisogno, almeno tra la gente della nostra età, o poco meno. Però un dubbio mi è rimasto e riguarda la faglia generazionale, tra noi sessantottini e i più giovani. In fondo, dalla morte di Luigi sono passati più di vent’anni, giusto una generazione. E poi, si sa, una faglia, o frattura, c’è sempre, e necessariamente, tra i vecchi e i giovani, come diceva Pirandello. Per esemplificare: quando andai in un liceo a raccontare un mio romanzo ambientato nel ’68 e chiesi: questo numero vi dice qualcosa?, un ragazzo alzò la mano e rispose: sì, nel 1968 è nata mia madre. E fui molto colpito quando, in viaggio a Berlino, andammo alla commemorazione di Rosa Luxemburg, migliaia di persone intorno alla sua tomba inventata perché il corpo di Rosa, assassinata dai gruppi di ex-militari nazionalisti che poi sarebbero diventati nazisti, non fu mai ritrovato. E c’erano moltissime ragazze e moltissimi ragazzi, quel giorno, nonostante il fallimento del regime comunista, anche in Germania. > Che cosa spingeva quelle ragazze e quei ragazzi a portare fiori e a mettere > bandiere rosse a un monumento abusivo, in tutti i sensi? E cosa aveva spinto noi, sessantottini, a coltivare, studiare, pezzi del comunismo, da Marx a Lenin, da Gramsci a Rosa Luxemburg, appunto, e moltissimo eccetera? Eppure eravamo noi, allora, i “nuovi”, molto eccentrici e deragliati dal marxismo-leninismo, libertari in tutto, al punto che uno di noi, studente ribelle, si diede fuoco in piazza San Venceslao, a Praga, per protestare contro i carri armati sovietici alla maniera dei bonzi vietnamiti che si opponevano all’invasione statunitense? Mi è capitato di vedere occhi smarriti o inespressivi di ragazze e ragazzi che sentivano nominare Pintor. Chi sarà mai? Non c’è niente di male, certo, ma in questo periodo non si può dire che siano indifferenti, le ragazze e i ragazzi. Le gigantesche manifestazioni femministe e quelle per la Palestina, la tenace opposizione alla distruzione della natura, tra le altre cose, mostrano che al di là della faglia generazionale c’è vita, e vivace. E su quale scia storica e culturale, esattamente o confusamente o in quale miscela, si addensano le intenzioni, lo spirito, il rifiuto della resa al mondo così com’è, spinge a manifestare, cercare nuovi simboli universali, come la bandiera palestinese, riunirsi, inventare nuovi linguaggi, creare occupazioni di scuole e la miriade di azioni che costituiscono la nebulosa della ribellione? Allora, a che serve la memoria di Pintor? Se riuscissimo, noi veterani, a far leggere loro qualcuno degli editoriali di Luigi, a cominciare dall’ultimo, che apre un orizzonte oltre il comunismo novecentesco, penso che avremmo compiuto il nostro dovere. Quando cominciammo a muoverci, alla fine dei Sessanta, nutrivamo quasi un culto della Resistenza e il 25 aprile divenne davvero, venticinque anni dopo la fine della guerra, un rito civile, un modo di dirsi che se l’hanno fatto loro lo possiamo fare anche noi. Una mattina mi son svegliato. La copertina è di Livio Senigalliesi/Archivio il manifesto. L’immagine è disponibile all’interno dello speciale “essenzialmente Pintor” distribuito da il manifesto SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Luigi Pintor: discontinuità della memoria generazionale proviene da DINAMOpress.
Luigi Pintor: il 5 dicembre l’evento per celebrare i cento anni dalla sua nascita
Un incontro con testimoni, amiche e amici, compagne e compagni e rappresentanti del mondo politico per ricordarne la figura e soprattutto l’attualità. Questo è l’obiettivo dell’iniziativa “Piazza Pintor”, l’appuntamento dedicato alla vita di Luigi Pintor che si terrà venerdì 5 dicembre alle 16.30 presso La Nuvola di Fuksas all’Eur (Roma), all’interno dell’Area Biblioteche della Fiera della piccola e media editoria “Più libri, più liberi”. Luigi Pintor è stato uno dei rappresentanti più significativi del Novecento per aver preso parte alla Resistenza, dato vita ad un quotidiano unico nel panorama dell’editoria, indipendente dai partiti e dai poteri economici e rappresentato una voce fuori dal coro della politica. Ma anche per aver scritto alcuni mirabili romanzi, “Parole al vento”, “Servabo”, “La Signora Kirchgessner”, “Il Nespolo”, di recente raccolti in un unico volume da Bollati Boringhieri. Quella del 5 dicembre sarà la terza delle iniziative promosse dal Collettivo Pintor. La prima, il 20 settembre scorso, si è svolta a Cagliari, grazie al sostegno della Fondazione di Sardegna, Agorà di Legacoop e il manifesto, Con la presenza, tra gli altri, di Luciana Castellina (cofondatrice del manifesto), che sarà presente anche a Roma. La seconda è stato un corso di formazione per giornalisti professionisti fortemente voluto dal Presidente dell’Ordine dei giornalisti di Roma e del Lazio, Guido D’Ubaldo, con la partecipazione, tra gli altri, di Paolo Serventi Longhi, già segretario nazionale della Federazione della Stampa. L’iniziativa, promossa dal Collettivo Pintor e realizzata da DinamoPress, è resa possibile grazie al contributo dell’Assessorato alla cultura di Roma Capitale, di Zètema e dell’ospitalità dell’Istituzione Biblioteche di Roma. LEGGI IL COMUNICATO STAMPA E PARTECIPA ALL’EVENTO FACEBOOK La copertina è a cura di DinamoPress SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Luigi Pintor: il 5 dicembre l’evento per celebrare i cento anni dalla sua nascita proviene da DINAMOpress.
Luigi Pintor, cento anni in un giorno
Ha senso chiamare a parlare, in un giorno di fine settembre, chi ha conosciuto Luigi Pintor, e anche chi non lo ha conosciuto, in occasione dei cento anni dalla sua nascita?  È lecito chiederselo e perciò vale la pena trovare risposte adeguate all’uomo Luigi Pintor e al secolo che ha attraversato, a volte in buona compagnia, a volte meno, e in piccola parte vissuti assieme, al “manifesto”, il “quotidiano comunista”. Cercare qualche risposta è lo scopo principale dell’incontro che si terrà a Cagliari il 20 settembre prossimo, dal titolo “Piazza Pintor”, organizzato dal Collettivo Pintor, in collaborazione con Il Manifesto e grazie al sostegno della Fondazione Sardegna e alla cooperativa Agorà Legacoop.  Come fosse la targa di una via cittadina, nella locandina c’è la data di nascita, 1925, e quella della sua imprevista scomparsa, il 2003. Ma c’è anche una riga che spiega, per chi non lo sa, chi era Luigi Pintor: «Giornalista, scrittore, comunista, sardo». La targa è anche un auspicio: che al «più grande giornalista italiano», come lo aveva definito Enrico Berlinguer, la città che lo ha visto nascere dedichi una strada, un luogo, una memoria indelebile. Così come hanno fatto a Orgosolo i cittadini che lo hanno immortalato nel murale che compare sulla locandina che chiama, chi lo ha conosciuto e chi no, a un incontro costruito sui ricordi ma anche su una visionaria idea di futuro. Così come è stata la biografia di Pintor. È stato giornalista nel senso migliore di questa accezione, ormai caduta in prescrizione, perché ha saputo costruire dal nulla, assieme a un piccolo gruppo di suoi pari, un oggetto scandaloso e perciò straordinario: un giornale fuori dai partiti e dai potentati economici, frutto della sapienza e della irriverenza verso ogni dottrina. Un’eresia, senza però la pretesa di dar vita a una nuova religione. Da quel 1971 (e dalla radiazione dal Pci), per trent’anni ogni mattina Luigi, Rossana, Valentino e un pugno di giovani per la maggior parte senza bussola, hanno potuto navigare in direzione ostinata e contraria a volte arrancando ma sempre imponendo un punto di vista originale e dissacrante. Con quel «pessimismo dell’intelligenza e ottimismo della volontà» di cui Pintor è stato uno dei più degni interpreti. Ed è stato scrittore di libriccini piccoli ma densi e sapienti e commoventi e laceranti che hanno sbaragliato la metrica e l’ortografia regalando quattro petali di un fiore desinato a non appassire mai. Chi li ha letti li ha anche letti di nuovo e forse continuerà a farlo fino a che quella sua intima storia raccontata con pudore, quasi con timidezza, non tracimerà restituendoci l’immagine migliore e più disperata di un paese assediato. È la storia di un mondo che non c’è più del quale Pintor è stato testimone distaccato e al tempo stesso protagonista. Ed è la sarditudine indelebile con il suo accento che non ha mai perso le vocali e il suo stupore condito con oassione e orgoglio per questo mare troppo azzurro per essere vero e queste erbe troppo verdi per essere nate su terreni aridi. Ed ecco, infine, perché è stato comunista sempre, con o senza il Partito. Comunista nello sguardo sulle persone, sugli eventi che hanno segnato il Novecento, sui processi, sulle sconfitte. Sulla volontà di ricominciare senza perdere un briciolo della capacità di interpretare il presente per immaginare il futuro. Perfino nel suo ultimo editoriale, Senza confini, riesce a non farsi travolgere dalle devastazioni culturali e politiche pur capendone la carica dirompente. Io vorrei che  tutti lo leggessero (è stato scritto nel 2003, pochi mesi prima della morte). Anzi, forse, se fosse stato letto e capito allora, l’orrore del presente avrebbe potuto essere meno devastante. Qualche riga, e chi vuole può andare a leggerlo o a rileggerlo sul sito della Fondazione Pintor: «Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto profondo. C’è un’umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere ma non ancora di agire. Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine e stabilire una estraneità riguardo all’altra parte. Destra e sinistra sono formule superficiali e svanite che non segnano questo confine. Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere, non possono essere un’opzione tra le altre, ma un principio assoluto che implica una concezione del mondo e dell’esistenza quotidiana. Non una bandiera e un’idealità ma una pratica di vita». L’immagine di copertina è tratta dal manifesto dell’iniziativa SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Luigi Pintor, cento anni in un giorno proviene da DINAMOpress.