Contro la detenzione: prospettive transfemministe e abolizioniste
a cura di Collettiva Psicologia Anticarceraria 1, Maldusa e radio alquantara
Beatrice Tagliabue, Camilla Ponti, Camille Gendrot, Claudia Spagnulo, Deanna
Dadusc, Federica de Cordova, Francesca Esposito e Francesca Leone
Musica: La gang del sottobosco
La Collettiva Psicologia Anticarceraria, Maldusa e radio alqantara hanno appena
lanciato una nuova serie podcast, basata su un percorso di autoformazione
collettiva, tenutosi nella primavera 2025.
Gli episodi sono tutti ascoltabili scaricando il file MP3 dal sito di Maldusa o
sul canale Spotify di radio alqantara
In questo percorso abbiamo voluto creare uno spazio di approfondimento e scambio
tra realtà in lotta contro la detenzione amministrativa e i regimi di
confinamento, contestualizzando queste lotte in un ecosistema più ampio di
movimenti abolizionisti transfemministi in lotta contro il complesso
carcerario-industriale in tutte le sue forme, da carceri, a CPR a istituzioni
psichiatriche e luoghi di (in)accoglienza.
Spesso, ci troviamo a navigare tensioni e contraddizioni: da una parte la
necessità di portare solidarietà immediata alle persone detenute, documentare e
visibilizzare le violenze a cui sono soggette e contestare le condizioni
disumane che caratterizzano questi luoghi.
Dall’altra, il rischio, spesso inconsapevole, è quello di andare a sostenere e
rinforzare pratiche, immaginari e linguaggi che, anche se indirettamente,
legittimano o riproducono le stesse forme di violenza e istituzioni contro cui
lottiamo.
Questo percorso vuole mettere in conversazione realtà con esperienze diverse per
interrogarci insieme su questi temi, condividere strategie, conoscenze e
pratiche che contribuiscano alla nostra “cassetta degli attrezzi” e che ci
permettano di abitare queste contraddizioni, e di elaborare risposte collettive.
Il percorso è strutturato in cinque episodi.
Nell’episodio introduttivo, le organizzatrici del corso contestualizzano i
concetti chiave intorno ai quali ruotano le domande e conversazioni che
informano l’intero percorso. Ci interroghiamo sul significato di prospettiva
transfemminista abolizionista nell’affrontare la lotta contro la detenzione e ci
soffermiamo sul legame necessario tra lotte anti-carcerarie e lotte contro le
frontiere, e contro tutti i sistemi e le pratiche che ci dividono in categorie
binarie che riproducono forme di sfruttamento, dominio e apartheid.
* Quali sono le continuità tra la violenza di frontiera, la detenzione
amministrativa e il complesso carcerario-industriale?
* Perché l’abolizionismo è una questione transfemminista, e perché il
transfemminismo è necessariamente abolizionista?
L’episodio è interamente in lingua italiana.
2. Nel secondo episodio, in conversazione con Basma di Captain Support UK e
Aminata di AVID – Association of Visitors to Immigration Detainees, affrontiamo
una discussione complessa ma fondamentale sulle pratiche di solidarietà diretta
verso le persone colpite dai sistemi carcerari. Riflettiamo su come queste
pratiche siano al cuore di ogni lotta abolizionista che non si limita a
rivendicare la chiusura delle istituzioni della violenza (carceri, CPR,
istituzioni psichiatriche, ecc.), ma mira a sovvertire le condizioni stesse che
ne giustificano l’esistenza, per immaginare e costruire collettivamente mondi
diversi.
Insieme a Basma e Aminata, ci chiediamo come navigare tra le diverse temporalità
della lotta abolizionista: da un lato, l’urgenza delle istanze delle persone
incarcerate, che chiedono libertà e dignità nel qui e ora; dall’altro, i
percorsi di lungo periodo necessari a smantellare i sistemi che continuano a
soffocare le nostre vite.
Ci interroghiamo anche su un nodo cruciale: mentre costruiamo infrastrutture
collettive basate sulla libertà e sulla dignità di tutte le vite, è giusto – e
necessario – lottare per riforme radicali che abbiano un impatto immediato sulle
esistenze di chi è intrappolatǝ nelle maglie di queste istituzioni?
E, se sì, come distinguere tra riforme riformiste (che rischiano di rafforzare e
legittimare i meccanismi di violenza che vogliamo abolire) e riforme non
riformiste, che invece sfidano le relazioni di potere e aprano spazi di
trasformazione rivoluzionaria? Questi sono gli interrogativi, e le inquietudini,
che questa conversazione mette sul tavolo, come invito a continuare il dibattito
e la costruzione collettiva di alternative utopiche al reale.
Domande:
* In che modo esercitare la solidarietà diretta senza rafforzare e legittimare
le istituzioni e i meccanismi di violenza contro cui stiamo combattendo?
* Come navigare la tensione tra riforma e abolizione dei sistemi detentivi e
carcerari?
* Qual’è la relazione tra la solidarietà diretta e la lotta abolizionista?
* Come abitare le diverse temporalità di lotta, spesso divise tra la necessità
immediata di sostenere persone detenute, e percorsi più a lungo termine per
smantellare i sistemi che le incarcerano?
L’episodio è in parte in lingua inglese.
3. Nel terzo episodio (on line martedì 14 ottobre), parliamo del
contro-monitoraggio e della contro-mappatura. Infatti, nelle nostre azioni, come
possiamo rendere visibile la violenza istituzionale, dalle prigioni ai confini,
senza riprodurre e rafforzare le strutture di distinzione e di dominio statale?
Il rischio infatti, quando ci impegniamo in progetti di contro-mappatura e
contro-documentazione della violenza dei confini nelle sue varie forme e
manifestazioni è talvolta quello, senza volerlo o rendersene conto, di divenire
“complici del rafforzamento di concezioni di “alterità” abietta, mentre cercano
di sfidarla”2.
Le voci che hanno portato avanti la discussione sono quelle di due compagnǝ che
hanno – nella loro vita – esperienza diretta della violenza del complesso
carcerario-industriale: Sunjay, autore della poesia «L’aquila» e David di
Unchained Collective. A seguire, Chiara della Rete anti-confinamento Sicilia e
Valentina della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili-CILD.
* Cosa significa contro-mappare e contro-documentare la violenza in ottica
transfemminista abolizionista?
* Quali diverse pratiche di contro-mappatura e contro-documentazione esistono?
* Quali i rischi di riprodurre logiche di deumanizzazione o di alterità
razzializzata che stanno alla base delle forme di violenza che vogliamo
contrastare nelle rappresentazioni che portiamo, anche se con lo scopo di
contestarle?
* Quali sono le forme di narrazione e di resistenza delle persone detenute o
soggette alla violenza dei regimi di confinamento?
* In che modo queste contro-narrazioni e contro-documentazioni della violenza
differiscono da quelle spesso usate dai gruppi solidali, come il monitoraggio
e le ispezioni? In che modo queste differenti pratiche possono dialogare e
trovare terreni ibridi comuni?
L’episodio è in parte in lingua inglese.
4. Nel quarto episodio (on line martedì 21 ottobre), la riflessione si è
strutturata intorno all’intersezione fra violenza sanitaria e violenza
necropolitica dei regimi di confinamento, in contrasto alla strutturazione di
pratiche di cura abolizioniste e decoloniali esterne – collettività solidale e
lavoratorǝ del campo psico-sociale e medico/sanitario – e interne – persone
detenute e forme di resistenza come fattore di protezione per la propria salute.
Abbiamo avuto il piacere di avere con noi in questo cerchio di dialogo la
Collettiva Psicologia Anticarceraria, Latinx Therapist Action Network, Medical
Justice e una medica rappresentante della campagna di non idoneità alla vita
all’interno dei Centri di Permanenza per il Rimpatrio.
* Cosa significa salute, trauma, medicalizzazione di problemi strutturali e
significato politico del trauma?
* Come la violenza dei regimi di confinamento si interseca con la violenza
sanitaria e umanitaria, e in che modo possiamo opporci e rendere visibili
queste intersezioni?
* Quali esperienze di documentazione e denuncia della violenza sanitaria in
detenzione e quali pratiche di autogestione e rivendicazione della salute da
parte delle persone incarcerate/detenute?
* Come praticare forme di cura abolizionista contro la violenza necropolitica
dei regimi di confinamento?
L’episodio è in parte in lingua inglese.
5. Nel quinto episodio, Jalila Taamallah – madre e compagna di Mem.Med – e
Mariama Sylla – sorella di Ousmane Sylla, morto in CPR – dialogano sugli effetti
che la violenza di frontiera e il complesso carcerario-industriale hanno sulle
famiglie e sulle comunità di supporto.
Le lotte delle e dei familiari delle persone detenute, di quelle rinchiuse nei
centri per il rimpatrio o di quelle scomparse o uccise dalla violenza del regime
di frontiera, si intersecano nella denuncia della disumanizzazione e
dell’arbitrarietà dei sistemi di reclusione, condividendo la rivendicazione di
dignità, diritti e giustizia. Costruire reti comuni tra familiari e attivistǝ
significa creare spazi di ascolto, solidarietà e formazione, capaci di
trasformare il dolore individuale in forza e rabbia collettive.
* Quali sono gli effetti della violenza di frontiera e del complesso
carcerario-industriale su famiglie e comunità di supporto?
* In che modo le lotte dei familiari delle persone detenute in carcere e nei
CPR si intersecano?
* Come costruire rete tra familiari e attivismo per delle lotte condivise?
* Come sostenere forme di solidarietà nei confronti di famiglie che
sperimentano direttamente la violenza dei confinamenti?
* Come sviluppare delle idee/pratiche di giustizia condivise e alternative alla
giustizia dello stato?
L’episodio è in parte in lingua francese.
Il percorso si è tenuto in presenza presso Maldusa Palermo e online. Ogni
sessione è stata registrata per produrre una serie podcast. La musica è scritta
e registrata da La gang del sottobosco.
1. Leggi: «La psicologia non sia complice» ↩︎
2. Leggi: (In)visibilizzare la violenza. Bianchezza e rappresentazioni nelle
strutture in solidarietà con le persone in movimento, Deanna Dadusc e
Jasmine Iozzelli ↩︎