Eritrea: la diaspora accusa Rai3 di aver riscritto la realtà
Martedì 15 luglio 2025, Rai3 ha trasmesso La Grande Bugia – Eritrea andata e
ritorno, un documentario a cura di Francesca Ronchin e Salomon Mebrahtu. Il
programma ha sollevato forti critiche da parte della diaspora eritrea, per il
modo in cui mette in discussione la narrazione consolidata sull’esilio politico
degli eritrei, mostrando migranti che tornano nel proprio paese d’origine
durante l’estate, “senza ripercussioni” e “riaccolti dal paese”.
LA VOCE CRITICA DELLA DIASPORA
L’associazione Eritrea Democratica ha risposto con una lettera aperta
indirizzata alla Direzione di Rai3, in cui esprime “profonda preoccupazione e
indignazione” per i contenuti del documentario.
«La trasmissione, a nostro avviso – sottolinea l’associazione – diffonde una
narrazione distorta e pericolosa sulla realtà eritrea e sulla diaspora,
legittimando di fatto la propaganda del regime di Asmara e delegittimando
l’esperienza di migliaia di veri rifugiati politici».
La lettera contesta anche la selezione delle testimonianze incluse nel
documentario: «Molti degli intervistati – benché presentati come eritrei
incontrati o contattati casualmente – si mostrano apertamente favorevoli, se non
collaborativi, nei confronti del regime. Alcuni di loro, pur avendo ottenuto
protezione internazionale in Italia dichiarando di essere fuggiti da
persecuzioni e violenze, ripropongono oggi esattamente l’immagine della diaspora
diffusa dalla dittatura, contraddicendo quanto affermato nel proprio percorso
d’asilo».
L’associazione denuncia il rischio che simili rappresentazioni alimentino
sospetti e ostilità nei confronti della comunità eritrea rifugiata, e invita la
società civile a una presa di posizione collettiva: «Ogni firma è per noi
importante: è un gesto di solidarietà e un contributo alla tutela della verità,
della dignità dei rifugiati, della libertà di informazione e del dovere di
responsabilità che spetta al servizio pubblico radiotelevisivo».
Un messaggio forte, rivolto a studiosi, attivisti, associazioni e cittadine e
cittadini, affinché si uniscano per difendere la verità storica e politica
sull’Eritrea e sull’esilio forzato di tanti suoi abitanti.
Per sottoscrivere la petizione clicca qui
LE REAZIONI NEL MONDO DELL’INFORMAZIONE
Anche l’associazione Carta di Roma è intervenuta sul documentario con un
editoriale firmato da Vittorio Longhi, che richiama l’attenzione sul contesto di
censura e repressione in Eritrea.
PH: Gianluca Costantini (In occasione del 19º anniversario della scomparsa dei
prigionieri di coscienza eritrei, nel 2019 si è tenuta a Washington “Let Them
Shine”, una performance commemorativa)
«Ricordiamo – scrive Longhi – che l’Eritrea vanta il triste primato della più
lunga detenzione al mondo di giornalisti. Dal 2001 almeno undici uomini sono in
carcere per aver tentato di fondare organi di informazione libera e chiedere il
rispetto del diritto di espressione, presupposto di qualsiasi democrazia. Oggi
nel paese non esiste stampa indipendente: l’unica emittente è la televisione di
Stato, EriTV, sotto il pieno controllo del regime».
Non a caso, sottolinea l’editoriale, l’Eritrea si colloca all’ultimo posto
(180°) nell’Indice della Libertà di Stampa pubblicato da Reporters Without
Borders.
«Questo documentario – conclude l’associazione Eritrea Democratica – è una
macchia sulla credibilità di chi accoglie. È un’offesa per chi ha sofferto e
continua a vivere con traumi profondi. Ma può diventare anche un’occasione, se
ben gestita, per fare chiarezza e porre fine a un’ambiguità che da troppo tempo
viene tollerata».
Anche la conclusione dell’editoriale di Carta di Roma è netta: «Il documentario
ci appare un pessimo esempio di giornalismo libero e indipendente, come invece
ci si aspetterebbe dal servizio pubblico. Sembra piuttosto un allineamento
acritico e ossequioso ai progetti di cooperazione e investimento promossi
dall’attuale governo italiano in collaborazione con il regime eritreo. Oltre ai
limiti giornalistici, inquietano le possibili conseguenze sul piano della
protezione internazionale per gli eritrei in fuga dalla dittatura».