Josip Pejaković, gigante del teatro bosniaco, si spegne a Sarajevo
Il mondo artistico della Bosnia Erzegovina e del resto d’Europa piange la
scomparsa di uno dei suoi più grandi talenti: Josip Pejaković. Attore,
scrittore, drammaturgo e figura emblematica della cultura balcanica, si è spento
a Sarajevo all’età di 78 anni la notte tra il 18 e il 19 luglio 2025. Autentico
monumento vivente del teatro, lascia un’opera colossale, segnata dall’impegno e
da un profondo umanesimo.
Nato il 5 marzo 1948 a Travnik, antica capitale dell’Eyalet di Bosnia (Eyālet-i
Bōsnâ) tra il 1699 e il 1850, nonché città natale anche del Premio Nobel Ivo
Andrić, celebre a livello mondiale per il romanzo “Il ponte sulla Drina”,
Pejaković vi compie gli studi primari e secondari e gli esordi musicali come
cantante del gruppo rock locale “Veziri”, prima di orientarsi definitivamente
verso il mondo del teatro. Si diploma presso l’Accademia di Arte Drammatica di
Sarajevo, dove ha l’opportunità di formarsi con l’attrice Katarina Kaća Dorić e
con il celebre regista e sceneggiatore Josip Lešić, per debuttare in breve tempo
in scena dando corpo e voce a opere impegnative del calibro delle “Tre sorelle”
(Три сестры) di Anton Čechov e “Concerto in un uovo” di Fernando Arrabal. La sua
voce profonda e la potente presenza scenica conquistano rapidamente il pubblico
di ogni età.
Pejaković fu anche una voce critica sin dall’inizio dei conflitti nei Balcani.
Membro del comitato editoriale della rivista progressista Novi Plamen, contribuì
alla sua crescita quale spazio di dibattito politico, sociale e culturale
nell’area post-jugoslava, che sopravvive oggi in formato esclusivamente
digitale.
Dal 1970 al 2013 è attore stabile del Teatro Nazionale di Sarajevo, il teatro
più grande della Bosnia Erzegovina e una delle più importanti istituzioni
culturali dell’Europa sudorientale, dove interpreta oltre 50 ruoli principali.
Lo si ricorda in grandi classici come “Per chi suona la campana”,
“Hasanaginica”, “Re Lear”, “Predstava Hamleta u selu Mrduša Donja (La
rappresentazione dell’Amleto nel villaggio di Merduscia di sotto)”, “I fratelli
Karamazov” e “Carne selvaggia”. La sua longevità artistica, la sua disciplina e
il suo carisma lo hanno reso un punto di riferimento imprescindibile per il
teatro bosniaco e, più in generale, per tutta la scena dell’ex Jugoslavia.
Josip Pejaković, oltre a essere stato un grande attore e stimato intellettuale,
è stato anche autore di numerosi monologhi teatrali intensi e impegnati, tra i
quali è importante ricordare “Kako bolan nema Bosne”, “On meni nema Bosne”, “Oj
živote”, “O, izbjeglice”, “Država i papci” e “Ućerivanje”. Le sue opere sono
state rappresentate in tutta la ex Jugoslavia e affrontano senza filtri i drammi
della guerra, dell’esilio, dell’identità e della memoria collettiva attraverso
un linguaggio in grado di unire umorismo nero, dolcezza e ribellione.
Nel corso di oltre cinquant’anni di carriera, Pejaković è stato insignito di
innumerevoli premi e riconoscimenti, sia in patria sia all’estero. Già nel 1974
ricevette la Medaglia d’oro al Festival di Zemun per “Oj živote” (Oh vita) e il
premio “6 Aprile” della Città di Sarajevo (Šestoaprilska nagrada grada
Sarajeva). Nel 1977 ricevette il prestigioso “Premio Sterija” per il ruolo di
Omer Pasha Latas, il generale serbo naturalizzato turco ottomano dalla Croazia
nel XIX secolo, al quale fecero seguito numerosi riconoscimenti alla carriera.
Ottenne anche diversi premi dell’Associazione degli artisti figurativi della
Bosnia Erzegovina, tra cui l’Anello di Tmača nel 2008 per il suo ruolo in “Lungo
viaggio verso la notte (Long Day’s Journey into Night)” e, nel 2012, il premio
“Argento di Muci” per la sua interpretazione in “Predstava Hamleta u selu Mrduša
Donja (La rappresentazione dell’Amleto nel villaggio di Merduscia di sotto)” di
Ivo Brešan ispirata all’opera di William Shakespeare.
Nel 2018 riceve uno dei più alti riconoscimenti del teatro bosniaco: la “Zlatni
lovorov vijenac” (Corona d’alloro dorata) del Festival Internazionale del Teatro
MESS di Sarajevo, fondato nel 1960 da Jurislav Korjenić e inizialmente
consacrato al teatro sperimentale, che ne celebra la “carriera impressionante,
il contributo straordinario al teatro, e l’impegno incrollabile contro la guerra
e il nazionalismo”.
Parallelamente alla carriera teatrale, Pejaković partecipa anche a film e serie
televisive di grande impatto come “Silent Gunpowder (Gluvi barut)” di Bahrudin
Čengić (1990), “Il cerchio perfetto (Savršeni krug)” di Ademir Kenović (1997), e
“All for Free (Sve džaba)” di Antonio Nuić (2006), confermando anche nel cinema
il suo talento versatile.
Artista dalla rara poliedricità, è stato anche regista teatrale presso il Teatro
Nazionale di Sarajevo tra il 2001 e il 2003. Nel 2021 è stato nominato membro
onorario dell’Accademia Bosniaco-Americana delle Arti e delle Scienze.
La sua passione e comprensione profonda della cultura bosniaca lo portano a
scrivere un volume dedicato alla “Sevdalinka” pubblicato da Art Rabic nel maggio
2022, nel quale difende il canto urbano, doloroso e poetico, nato dall’incontro
tra le tradizioni slave e ottomane che hanno prodotto il genere musicale
popolare conosciuto anche come “sevdah”. Insieme al musicista Antonije Pušić
(artisticamente noto con il nome di Rambo Amadeus), nel 2022 aveva proposto la
candidatura della sevdalinka quale patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO,
riconoscimento che è stato effettivamente ottenuto nel dicembre 2024.
La pratica della sevdalinka è oggi trasmessa in famiglia, nelle scuole, nei
conservatori e nei laboratori musicali, rappresentando un potente elemento
identitario e di coesione per le diverse comunità del Paese, a prescindere dalle
origini etniche o culturali.
In questo rappresenta un’ideale eredità di Josip Pejaković e del suo impegno
culturale di ampia visione, un artista amato da tutte le generazioni, al di là
delle appartenenze e delle divisioni. La sua opera, attraverso le molteplici
interpretazioni e i testi prodotti, offre uno specchio critico della società e
un canto d’amore ferito per una terra tormentata, dove la cultura non è mai
stata chiusa in un cassetto nemmeno sotto le bombe e l’assedio.
Nonostante il drastico peggioramento delle condizioni di salute, Pejaković è
rimasto attivo fino alla fine dei suoi giorni. Negli ultimi dieci anni ha subito
ben 17 interventi chirurgici, ma non ha mai smesso di scrivere, esibirsi o di
difendere la cultura bosniaca attraverso la partecipazione a conferenze e
incontri pubblici. All’inizio del mese di marzo 2024, per esempio, si era recato
a Bruxelles per numerosi incontri istituzionali e due spettacoli in occasione
della Festa dell’Indipendenza della Bosnia Erzegovina, il 2 e 3 marzo, presso il
centro culturale MIR.
Anna Lodeserto