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Un Tribunale simbolico per i crimini degli Stati contro i migranti
Continuano le azioni di Carovana Migranti a Calais dove ieri abbiamo fatto un sit-in spontaneo davanti all’Hotel de Ville con lenzuola della memoria, striscioni e slogan per ricordare che nessun essere umano è clandestino e che ognuno ha diritto a muoversi per il proprio pianeta terra. La polizia ci ha allontanato dopo aver identificato una partecipante alla carovana; dopo qualche minuto di tensione la situazione è migliorata e abbiamo potuto fare anche un altro sit-in davanti al CPR di Calais. Verso sera abbiamo fatto un momento di commemorazione nel parco centrale della città per la morte del giovane migrante sudanese di cui non posso dire il nome perché ancora la famiglia non è a conoscenza della sua morte. Durante la commemorazione hanno parlato molti migranti in particolare Ibrahim un sans papier ricercatore all’università Ante Diop del Senegal che ha ricordato le colpe di noi bianchi le colpe di noi europei rispetto allo sfruttamento e annichilimento dell’ Africa e con molta dignità e rabbia ha ricordato a tutti noi l’ intrinseco razzismo del sistema d’ apartheid con cui l’Unione Europea ha impedito a quasi tutto il mondo di potersi muoversi liberamente. Inoltre, ha ricordato anche il sacrificio degli africani subsahariani per aiutare la Francia a liberarsi dal nazifascismo e ha concluso il suo intervento dicendo che la Francia appartiene anche agli africani non solo ai francesi. In questa commemorazione hanno anche preso parte le nostre testimoni afghane in particolare Fatima ha ricordato le responsabilità della Marina Militare italiana e della Guardia di Finanza rispetto al naufragio di Cutro e ha chiesto che lo stato italiano paghi per la sua colpa di avere abbandonato la Summer Love e il suo equipaggio a se stessa ed alla forza del mare. Nella giornata di oggi è prevista la costituzione di un tribunale simbolico con giudici ed avvocati veri che dovrà appunto valutare le responsabilità dello Stato Italiano nel naufragio di Cutro e sarà l’occasione per le testimoni dei familiari di dettagliare bene le dinamiche della scomparsa, i nomi e le storie delle persone scomparse e dimostrare che i naufragi sono una conseguenza di un sistema che non vuole stranieri in Europa e cerca di bloccarli in tutti i modi anche quelli più mortiferi. Manfredo Pavoni Gay
Carovana Calais Abriendo Frontera
È iniziata da due giorni la Carovana Migranti italiana che insieme alla carovana spagnola abriendo frontera è arrivata a Parigi partecipando alla manifestazione del 14 luglio con i sanpapiers e oggi siamo arrivati a Calais dove abbiamo incontrato gli attivisti e le attiviste della Caritas e delle varie associazioni che lavorano con i migranti sparsi in tende e in dormitori di fortuna nella costa tra Dunquerque e Calais. Oggi purtroppo appena arrivati abbiamo appreso della notizia che un ragazzo del Sudan di 24 anni è morto tentando di attraversare la frontiera per andare in Inghilterra. Con noi viaggiano alcuni familiari delle vittime di Cutro, tre donne afgane, la mamma e le due sorelle, che dà tre anni chiedono al governo italiano di ottenere un visto, un atto di pietà che non andrebbe negato, un visto per i loro parenti e per i parenti delle altre vittime del naufragio per poter prendere coscienza della scomparsa dei loro cari. Un visto che finora non è arrivato. Nel suo intervento di fronte a centinaia di persone a Parigi, Fatima Maleki sottolinea come molti dei deceduti fossero giovani e bambini: “In quel disastro, si è spenta per sempre la voce di bambini che avevano davanti a sé un futuro luminoso. Tanti sogni e desideri che vivevano nei cuori dei giovani e degli adolescenti non sono mai riusciti a realizzarsi”. L’appello rivolto al governo italiano e alle istituzioni europee è chiaro, profondo e incontestabile: sia concesso un visto ai familiari delle vittime che si trovano soprattutto in Afghanistan per venire in Italia e in Europa per prendere contatto con i propri morti, pregare per loro sulle loro tombe e poter in futuro elaborare questo lutto. “Chiediamo al governo italiano e all’Unione Europea di concedere un visto ai genitori che hanno perso i propri cari in questa grande tragedia, affinché possano recarsi, forse per l’ultima volta, presso le tombe dei loro figli e stringere la terra che ora li custodisce. Non vogliamo che padri, madri, nonni e nonne che attendevano di rivedere i loro figli e nipoti restino ancora nell’attesa. È un loro diritto naturale poter salutare, il prima possibile, i propri cari scomparsi. Non vogliamo che queste voci spente e questi sogni interrotti rimangano sepolti nel silenzio del cuore e del mondo. Questa richiesta non è solo un appello umano, ma una necessità morale per affermare un diritto e onorare la memoria di chi non è più tra noi. Quando coloro che avrebbero dovuto garantire la sicurezza della nave hanno ricevuto le chiamate di soccorso, non hanno prestato alcuna attenzione. Anche la vostra polizia non è intervenuta. Ora, in quanto Stato, considerando che queste persone erano sotto la vostra giurisdizione e nelle mani dei vostri servizi, siete voi che dovete rispondere.“ Manfredo Pavoni Gay