ACCADDE A CASCINA TORCHIERA (MI) IL 10/6/2024E’ uscito l’ennesimo studio su UAU. Si analizzano i primi 9 numeri,
riproducendoli quasi interamente per 432 pagine (su 478).
All’inizio un saggio dell’autore che termina con queste parole: “Come ben
sintetizza Ballard, il successo della fantascienza non è stato nel prevedere un
futuro, ma nel generare il nostro presente, oltretutto un presente che il
collettivo di UAU rifiutava. Allo stesso tempo, le parole di Ballard ci mostrano
che l’obiettivo originale di UAU, – il voler distruggere la fantascienza – si è
risolto in un fallimento. Il nostro mediascape contemporaneo e le forme di
lavoro precario attuali ne sono la prova. Tuttavia, questo fallimento, che, come
abbiamo visto, si compie proprio davanti all’incapacità di rendere immagine il
nostro mondo popolato di simulacri, oggi rappresenta un’enorme risorsa, un punto
di partenza per ritrovare forme di immaginazione e discussione che potrebbero
aiutarci a definire un al di là della prassi.”
Ho avuto modo di parlare brevemente con German alla fine della presentazione.
Gli ho chiesto come mai, nel voluminoso testo, non vi è alcun accenno al fatto
che UAU, dopo più di 40 anni, è rinata e ne sono usciti 4 numeri, il 10, l’11,
il 12 e il 13, mentre è in uscita il 14 sul tema GUERRA E PACE. Mi ha brevemente
risposto che la sua è stata una scelta, pur essendo al corrente dell’uscita di
quattro numeri negli ultimi 4 anni. Il suo intento era semplicemente quello di
raccontare una vicenda conclusasi nel 1982.
Completano il lavoro tre saggi di Giuliano Spagnul, Diego Gabutti e Carlo
Pagetti.
Dopo l’intervento dei quattro relatori, ho chiesto di intervenire ed ho iniziato
a parlare.
Ho fatto una breve osservazione sia sul fatto che di UAU si continua a parlare,
dal 1977, senza interruzione, che sono stati pubblicati tre lavori negli ultimi
anni, che esiste, continuamente arricchito, il Bibliotork Interzona Caronia (un
archivio di libri e pubblicazioni di movimento e un fondo donato da Antonio
Caronia) e infine che ben sei redattori della cessata, nel 1982, UAU, si sono
ritrovati e hanno editato tre numeri, l’l1, il 12 e il 13 e stanno preparando i
due successivi, il 14 e il 15 (su GUERRA E PACE e sull’INTELLIGENZA
ARTIFICIALE).
Ho poi letto una parte dell’editoriale del n. 12 (lo scritto di Nico, uno degli
scritti coi quali ogni redattore definiva il senso di UAU oggi, secondo il suo
punto di vista).
Stavo per concludere l’intervento (avevo parlato circa 10 minuti) con alcune
osservazioni su uno dei saggi presenti nel volume quando Giuliano Spagnul mi ha
interrotto dicendomi: basta, fai parlare gli altri. Ho accettato di non dire più
una parola ed ora scrivo qui quello che avrei detto.
Nel volume, a pag. 457 si legge: ‘…letteratura di genere che saprà, nell’arco
della sua relativamente breve vita, influenzare altri media come il cinema,
fumetto, televisione, pubblicità, design, giochi e giocattoli, ecc. oltre
all’invenzione di parole nuove e idee e concetti inediti.’ Nella nota a più
pagina si legge: ‘La fantascienza nasce negli anni Venti sulle riviste pulp
americane e muore negli anni Ottanta con il fenomeno del cyberpunk. Sintesi
lapidaria della breve vita di un genere letterario popolare. Vero, non vero,
azzardato? Sgombriamo il campo da inutili discussioni: è un’affermazione né più
vera né più falsa di altre, che pure sono possibili. A noi sembra semplicemente
più utile’ (A Caronia, G. Spagnul, La fantascienza, il futuro, il residuo
dell’immaginario, introduzione a I labirinti della Fantascienza, Mimesis,
Milano, 2012.
A pag. 460 si legge: ‘La nascita del sottogenere cyberpunk, agli inizi degli
anni ottanta e l’opera dello scrittore, oggi più cult, Philip K. Dick (scomparso
nel 1982 e considerato da molti come predecessore e ispiratore del cyberpunk)
sanciscono la fine della forma letteraria che, a detta di Ballard, poteva essere
considerata <la forma narrativa più adatta a esprimere la sensibilità di una
società industriale matura (…) la vera letteratura del XX secolo.>’
Qui rilevo una contraddizione. La FS è morta o non è morta? E’ vero, non è vero?
Se è utile sostenerlo in che senso lo è? Chiedo ai relatori di chiarire la cosa
e venire in chiaro, se possibile, dei conflitti che generano queste contrastanti
affermazioni.
Ciò che è accaduto dopo il 2012, data della nota a pag. 457, sembra a mio avviso
certificare che la FS non è affatto morta ma, anche e soprattutto in Italia, in
Cina, nell’America del Sud, nei paesi arabi ed in molti altri paesi dove prima
non esisteva come letteratura in quella lingua, è vivissima e molto produttiva.
A pag. 462-463 leggo: Una storia scritta dentro quel movimento alla cui fine non
avrebbe mai potuto sopravvivere. E questo non si dovrebbe mai mancare di
ribadirlo! Fuori dal mondo della fantascienza (in cui ben pochi avranno voglia
di ricordarla) Un’Ambigua Utopia è una storia interna al movimento, è una storia
di un estremo tentativo di coniugare l’attivismo politico con un immaginario
affatto diverso dall’utopia del sol dell’avvenire. Immaginare il possibile su un
piano altro in cui, senza abbandonare la ragione, questa possa allargarsi per
comprendere i bisogni umani inediti che il mutare incessante della vita ci pone
d’innanzi. Voler ripetere oggi questa esperienza avrebbe un senso puramente
simbolico (o tutt’al più come fake) viceversa sarebbe solo l’ennesima operazione
nostalgia. Ma come esperienza, da riconsiderare e ripensare per quello che è
stata: uno strumento d’indagine militante per pensare il pensiero
dell’immaginario, allora è ancora un attrezzo utile per porsi oggi di fronte a
ciò che ostinatamente continuiamo a voler chiamare fantascienza, ma che altro
non è che un riflesso compulsivo di un immaginario in cui sono del tutto assenti
quelle regole e quei confini che un tempo servivano a caratterizzarlo e
definirlo…..La morte della fantascienza quindi come percorso conclusivo di
questo passaggio. Non si da il nuovo se prima non muore il vecchio. Dichiarando
la fantascienza come morta Antonio Caronia ne può rilevare l’ottima salute nel
suo stato nascente, tutto da definire, da risignificare come la nuova epoca che
stiamo vivendo e contribuendo, nel bene o nel male, a edificare. Ma è una salute
di un nuovo nato nella discontinuità con chi l’ha preceduto.
E no, qui non ci siamo. Non è in corso nessuna “operazione nostalgia”, nemmeno
simbolica, e men che meno un fake.
Se è verosimile, come ritengo sensato sostenere, che la fantascienza non è morta
ma è mutata, se è verosimile affermare che il mondo è un poco cambiato rispetto
a quello di 42 anni fa, se è ragionevole affermare che la fantascienza è uno
specchio, deformante, del mondo e questo specchio riflette, deformato il mondo,
allora il lavoro da fare è tanto, con uno specchio più evoluto e aggiornato
nella sua capacità di riflettere, per contribuire ad edificare un mondo diverso.
E’ quello che, con grande modestia ma con tenacia, sta provando a fare la
redazione della rinata UAU.
Fateci gli auguri.
Infine, a pag. 463 un’affermazione che la redazione attuale di UAU non può che
condividere perché ispira anche la nostra attività: ‘Quell’ingovernabile,
quell’indeterminatezza che ci consentano, ancora una volta, e ancor di più, di
poter dire che i giochi non sono fatti e che ricominciare una nuova avventura è
sempre possibile.’
Marco Dubini e Gerardo Frizzati, redazione di UAU
Milano, 12/6/24
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