
Noia e tragedia della borghesia, il premio Strega
Popoff Quotidiano - Tuesday, July 8, 2025Vince – non a sorpresa – Bajani con L’anniversario, romanzetto esangue sul patriarcato che fu e la famiglia che c’è. Un premio specchio fedele del nulla letterario incapace di raccontare la realtà
Ci risiamo. Anche st’estate è arrivato il premio Strega a sollazzare il bel mondo letterario, facendolo sobbollire un po’ nel catino di Villa Giulia. E pure st’anno nessuna sorpresa davanti allo scontato vincitore: Andrea Bajani, che s’è accosciato per gli scatti senza manco accennare allo stappo dell’ignobile bottiglione, come chiedevano a gran voce i paparazzi. Che a lui s’appioppasse la 79esima edizione del premio letterario più ambito dalle case editrici nostrane, quel che ne rimane, era cosa ovvia fin dalla serata di casa Bellonci, fin dal primo scrutinio dove lo scrittore romano, classe ‘75, ha subito staccato gli altri concorrenti della cinquina. Del resto il candidato Feltrinelli era oggettivamente il meno peggio del mazzo. Gli altri s’accodano ai suoi 194 voti: viavia Elisabetta Rasy, Perduto è questo mare (Rizzoli), con 133 voti; Nadia Terranova, Quello che so di te (Guanda), con 117 voti; Paolo Nori, Chiudo la porta e urlo (Mondadori), con 103 voti; Michele Ruol, Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (Terra Rossa), con 99 voti.
Vince Bajani con L’anniversario, dunque: esangue romanzetto – poco più di cento paginette – d’un figlio che tronca coi genitori e se ne compiace, allo scadere del decennio dove non s’è degnato manco d’una telefonata. La famiglia, che disgrazia. Il patriarcato, ancora e sempre il nemico pubblico numero uno – dopo l’autocrate di turno, s’intende – per certa intelligentsja che d’intelligenza ha solo l’eco in una stanza svuotata pure dai ricordi del tempo che fu. Ma tant’è, mazziare il maschio cattivo, padre padrone, fa sempre tendenza eppoi il pubblico dei lettori, quel che ne resta, ha nella stragrande maggioranza corpo di donna e progressista, la strizzata d’occhi è d’obbligo. Il palpeggiamento, guai.
La famiglia, dunque. La più grande tragedia del mondo dai tempi della caduta d’Atlantide, eppure ancora non s’è trovato di meglio – di peggio – per sfiancare la quotidianità dell’umanità. Di famiglia parla pure l’ultimo arrivato, Ruol, anestesista prestato alla letteratura, con una lunga sequela d’oggetti che legano una coppia al ricordo dei figli morti, Maggiore e Minore, a cui è negato pure il nome, oltre la vita. Sempre tragedia, sia pure al contrario. E sempre di saghe famigliari s’interroga la Terranova. Il resto è esercizio parabiografico, bell’interno al mondo letterario: i ricordi di Napoli e della relazione con lo scrittore Raffaele La Capria per Rasy; le rimembranze del poeta Baldini per Nori. Resta, per tutti, l’impressione d’una scrittura minore per non dire minimalista: esangue, appunto. Se la letteratura è lo specchio d’una società e lo Strega è lo specchio della civiltà letteraria italiana, dei suoi gusti e dei suoi miti & riti da trasmettere al volgo, lo specchio rimanda fedele l’immagine di quel che è e di ciò che siamo. In un mondo al contrario, dove mille sarebbero i furori letterari coi quali discernere la contemporaneità, guerre e fole in cui vivacchiamo, ci si limita allo sbadiglio stanco, a rimasticare vecchie storie in cui manco più i protagonisti si ritrovano o credono. Mai un’alzata d’ingegno, un volare sopra rimasugli di grigiore quotidiano, un’illuminazione.
Meglio allora lasciare che la melma corrente marcisca i pilastri letterari, ne eroda i ponti, del resto non è più la letteratura a raccontare la realtà, come ammoniva il genio di Vassalli. Volgiamoci allora alla kermesse di contorno: lo sventolìo dei bej ventagli verdi distribuiti a uomini, donne e trallallà, a dare aria e colore alla serata. Il bel monologo di Anna Foglietta per il cinquantennale della morte di Pasolini. E qui il colpo di classe della regia che s’è concessa il lusso di mandare uno spezzone nel quale lo scrittore inveiva contro i premi e la fuffa letteraria, buona solo a compiacere la scemenza borghese. La bravura di Filippo Timi, nel recitare l’incipit dei finalisti. La fugace intervista con Anna Foa, fresca vincitrice del neopremio Strega per la saggistica: Il suicidio di Israele. Rade parole contro la macelleria in atto e la grande Sion. Buon ultimi, i deragliamenti di Pino Strabioli, improbabile conduttore col farfallino, orfano di Geppi Cucciari alla quale non è stato concesso il palco dello Strega per dire le sue menate, a differenza delle ultime edizioni, forse per la sua scarsa sintonia col governo in carica. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ex giurato e grande assente alla serata, s’è lagnato di non avere manco ricevuto i libri dei concorrenti. Poco male, visto quel che passava la serata. Malatempora currunt, aspettando l’edizione numero ottanta. Definitivo rincoglionimento senile o vegliarda botta di vita, chissà.www.mauriziozuccari.net
foto Sopra: Bajani e Foa, vincitori dell’edizione Strega 2025 per la narrativa e la saggistica, rispettivamente Foto crediti Musa, Fucilla, Ruscio, Mikhaiel/Taobuk
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