Palestina: Intervista a Roberto Giudici, del Comitato Nazionale Free Marwan Barghouti

Assopace Palestina - Wednesday, December 3, 2025

di Radio Onda d’Urto

Radio Onda d’Urto, 3 dicembre 2025.  

Continua e si allarga la campagna internazionale “Free Marwan”, per la liberazione di tutti i prigionieri politici palestinesi e in particolare di Marwan Barghouti, popolarissimo leader palestinese, sepolto dal 2002 nelle galere israeliane.

Un appello ad hoc è stato lanciato oggi a livello globale da oltre 200 tra intellettuali e personalità artistiche: tra loro attrici-tori Tilda Swinton, Josh O’Connor e Mark Ruffalo; scrittrici-tori Margaret Atwood, Zadie Smith e Annie Ernaux; i musicisti Brian Eno, Sting, Paul Simon, Michael Stipe.

In Italia è attiva invece dal 29 novembre 2025 la Campagna nazionale Free Marwan.

Riproduciamo qui l’intervista Su Radio Onda d’Urto a Roberto Giudici, esponente del Comitato Nazionale Italiano Free Marwan.

Radio Onda d’Urto. Siamo in collegamento telefonico con Roberto Giudici del Comitato Nazionale per la Liberazione di Marwan Barghouti. Roberto Giudici, intanto grazie per la disponibilità e di essere qui con noi.

Giudici. Figurati, grazie a voi.

Radio Onda d’Urto. In particolare, in questa intervista con te vogliamo approfondire con ascoltatori e ascoltatrici la conoscenza della figura di Marwan Barghouti, leader di Fatah, della sinistra di Fatah, detenuto nelle carceri israeliane dall’aprile del 2002, quindi da 23 anni. Iniziamo, Roberto Giudici, dallo spiegare chi è Marwan Barghouti e qual è la sua storia politica all’interno del movimento di liberazione palestinese.

Giudici:

Marwan nasce il 6 giugno del 1959 in un villaggio vicino a Ramallah.

La famiglia Barghouti è una famiglia molto conosciuta in quell’area perché comprende diversi personaggi. Uno dei Barghouti è tra i fondatori del Partito Comunista Palestinese, poi c’è un Hafez Barghouti giornalista molto affermato in Medio Oriente, c’è Mustafa Barghouti che conosciamo perché è presidente dell’associazione Medicar Relief e nelle elezioni di Abu Mazen è stato il secondo in termini di voti. Quindi è una famiglia molto conosciuta.

Marwan, dall’età di 8 anni, dopo il ‘67, vive sotto l’occupazione israeliana della Cisgiordania e a 15 anni si iscrive ad Al Fatah, al partito che poi sarà per sempre il suo partito. Da subito diventa un animatore politico. In quegli anni viene arrestato per la prima volta a 16 anni e viene espulso dalle scuole secondarie.

Il secondo arresto è nel 1978, a 19 anni, questa volta però rimane in prigione per 5 anni. In carcere si diploma, impara l’ebraico e il francese. Poi si iscrive all’università di Birzeit dove viene eletto leader degli studenti, ma viene ancora arrestato nel 1984 e poi di nuovo l’anno seguente nell’85.

Comunque riesce a laurearsi all’università di Birzeit, l’università che c’è vicino a Ramallah, in scienze politiche e poi conseguirà un master in relazioni internazionali. Marwan è molto interessato all’Europa; infatti ha voluto imparare il francese perché ha sempre pensato che l’Europa potesse avere un ruolo indipendente dagli Stati Uniti nei confronti della questione israelo-palestinese. Purtroppo si è sbagliato in questa speranza che lui riponeva nell’Unione Europea.

Comunque Marwan nel partito è da subito una figura importante perché riorganizza soprattutto i giovani, crea comitati popolari per il lavoro e per la vita sociale, aiuta a creare i Comitati Popolari per le donne. Diventa un leader e infatti nel 1978 viene espulso dalla Palestina dagli israeliani, in prima persona dall’allora ministro della difesa Rabin. Quindi lui dalla Palestina si trasferisce ad Amman.

L’8 dicembre 1987 nasce la prima Intifada, ispirata da Tunisi, da un grande dirigente palestinese che si chiamava Abu Jihad, che poi viene assassinato dagli israeliani nei pressi di Tunisi. Marwan diventa uno stretto collaboratore di Abu Jihad perché durante la prima intifada Marwan fa da collegamento tra la centrale di Tunisi e i territori occupati, passando per Amman. Marwan è talmente importante nei territori occupati da diventare uno dei membri del comitato unitario per l’Intifada che comprendeva solo elementi palestinesi nei territori occupati.

Marwan diventa membro di questo comitato unificato pur essendo fuori dai territori occupati, pur essendo ad Amman. Poi nell’89 viene eletto nel consiglio rivoluzionario di Al-Fatah come membro più giovane. Quindi già nella sua giovinezza è una figura molto importante.

Marwan lavora intensamente per gli accordi di Oslo, lui ci crede, ci crede fermamente. Dopo la firma degli accordi riesce a rientrare in Palestina e si spende molto proprio per la realizzazione sul terreno degli accordi di Oslo. Viene nominato segretario di Fatah per la Cisgiordania e il suo impegno è soprattutto per la riorganizzazione del partito.

Una riorganizzazione che comincia a porre delle critiche al partito stesso e all’Autorità Nazionale Palestinese che nel frattempo si era insediata. I due punti delle sue critiche erano per la democratizzazione sia del partito che dell’Autorità Nazionale Palestinese. E soprattutto era una critica contro la corruzione che stava diventando molto evidente tra i vertici dell’ANP.

Comunque, nonostante queste critiche, lui rimane un sostenitore indefesso degli accordi di Oslo, nonostante le grandi difficoltà e le disillusioni che già si cominciavano ad incontrare verso la fine del 2000, perché le colonie israeliane continuavano ad aumentare. Il ritiro dell’esercito israeliano dalle aree palestinesi che era stato concordato non avviene, o avviene molto lentamente e in pochissimi casi e quindi la disillusione c’è. Però Marwan continua a credere in questa prospettiva. Alla fine degli anni 90, dopo l’assassinio di Rabin, però, anche in Marwan cresce la disillusione nel confronto degli accordi di Oslo e quindi comincia a capire che questi accordi non porteranno a nulla. Mentre fino a pochi mesi prima, fino agli anni precedenti, cercava in tutti i modi di tentare di realizzare quello che era scritto negli accordi, da un certo momento in poi capisce che questo non è possibile e si dedica alla resistenza.

Lui descrive quel periodo con una frase molto significativa, diceva: abbiamo tentato la strada dell’Intifada per sette anni senza negoziare, poi abbiamo negoziato per sette anni senza Intifada, ora forse dobbiamo tentare entrambe le strade contemporaneamente. In pratica lui dice: continuiamo nella trattativa ma senza fermare l’Intifada. Anche questa posizione lo mette un po’ in conflitto con la parte conservatrice dell’ANP. Comunque Marwan alla fine degli anni 90 si mette alla testa della protesta popolare che cresce giorno dopo giorno a causa del fallimento degli accordi di Oslo.

Marwan è un leader laico, non ha mai militato in movimenti religiosi e quindi ha una visione molto laica della situazione. Si mette a capo del volere popolare, dei sentimenti popolari di rivolta contro gli accordi di Oslo e questo sfocia poi alla fine nella seconda Intifada. La seconda Intifada è un momento cruciale ma anche difficile perché, a differenza della prima intifada che ha avuto un carattere popolare di massa molto allargato, la seconda Intifada a causa della repressione brutale dell’occupazione diventa spesso un’Intifada armata e Marwan ha una posizione molto precisa anche rispetto a questo.

Se Marwan ha sempre naturalmente rivendicato il diritto alla resistenza anche armata nei confronti dei coloni e dei militari israeliani nel territorio occupato, non ha mai appoggiato gli attentati e le operazioni militari in territorio israeliano. Lui diceva, e questo l’ho sentito nei vari incontri che abbiamo fatto con lui, diceva dobbiamo mandare un segnale, un messaggio molto chiaro alla popolazione israeliana che il nostro obiettivo è quello di liberare i territori per costruire il nostro stato e quindi la lotta armata va bene ma va bene nei territori occupati. Nonostante questa posizione molto razionale, Barghouti diventa il bersaglio principale di Israele e viene sottoposto a diversi tentativi di assassinio, soprattutto a cavallo degli anni 2000-2001; due volte a Gaza usando missili e bombe nelle auto hanno tentato di uccidere Marwan.

In questo contesto Marwan viene indicato da Israele come la mente degli attentati che avvenivano in quegli anni in Cisgiordania e anche in Israele, nonostante la sua posizione che, come dicevo prima, era molto chiara, molto cristallina. Marwan continua nell’organizzazione della resistenza, soprattutto è diventato il punto di riferimento fondamentale per i giovani di Al-Fatah e per i giovani in generale. E lui, nonostante questa situazione, non cessa di criticare le posizioni dell’ANP, la corruzione, la mancanza di democrazia e spera sempre in un congresso del partito di Al-Fatah sempre promesso e mai realizzato, nel quale poter cambiare la classe dirigente a favore dei molti giovani che lui aveva organizzato.

Aveva iniziato nella lotta di resistenza e diventa sempre più leader dei giovani, principalmente, ma di tutta la popolazione, tant’è che con l’aggravarsi della malattia di Arafat il suo nome è quello sempre più indicato come successore. Quando muore Arafat, che è l’11 novembre del 2004, Marwan però è già in prigione perché viene arrestato nel 14 aprile del 2002 durante un’operazione israeliana di rioccupazione di tutte le grandi città palestinesi. In quell’occasione Marwan viene arrestato e viene messo in carcere e nonostante il fatto di essere in carcere il suo nome diventa il nome principale per la successione di Arafat.

Marwan pensa addirittura in un primo momento di dare suo assenso alla candidatura, tant’è che alcuni pool degli istituti di ricerca palestinesi prima delle elezioni davano Marwan al 43-44% contro Abu Mazen che arrivava al 38-40%. Naturalmente grandi pressioni esterne e interne da moltissime parti fanno sì che Marwan si ritiri dalla candidatura. Questa scelta la motiva anche in un’intervista del 2005 a un settimanale italiano, Panorama, nel quale lui dice: mi sono ritirato perché non voglio neppure lasciare un alibi agli israeliani e agli americani per poter dire che gli accordi di pace sono falliti a causa della radicalità di Marwan Barghouti. Quindi lui si ritira dalle elezioni che finiscono con la vittoria di Abu Mazen.

Da quel momento in poi Marwan è in prigione e continua la sua Intifada dalle prigioni israeliane. Diverse volte in occasione di scambi di prigionieri si fa il nome di Marwan per tentare la sua liberazione, ma questo non è mai avvenuto. Oggi riprendiamo questa parola d’ordine perché, in una situazione così tragica e così difficile per il popolo palestinese, ci pare che l’unica persona in grado di riuscire in una maniera lucida e razionale a ricostruire una prospettiva di liberazione per il popolo palestinese possa passare per la figura di Marwan Barghouti.

Marwan Barghouti, dalle cose che ho detto, è sempre stato un uomo di partito, è sempre stato un uomo di Fatah ma in un modo molto autonomo, molto critico, sempre molto tendente all’innovazione. È sempre stato un uomo del popolo, ha sempre cercato di collegare la popolazione con le istituzioni palestinesi. Noi abbiamo fatto in quegli anni moltissimi incontri con Marwan, e facevamo riunioni nelle case, nelle sedi di Fatah, a Ramallah e così via, ma in sedi molto popolari, in quartieri popolari, e lui era sempre circondato da un mare di gente che vedeva in Marwan una possibilità. Purtroppo questo non è avvenuto, però la sua popolarità, il suo carisma, pensiamo che sia ancora importante in Palestina e per questo motivo la campagna per la sua liberazione diventa in questo momento una delle più importanti richieste politiche per tentare di dare uno sbocco a questa situazione così difficile.

Radio Onda d’Urto. Roberto Giudici del Comitato Nazionale Italiano per la Liberazione di Marwan Barghouti, grazie di essere stato con noi qui su Radio Onda d’Urto.

Giudici. Figurati, grazie a voi. Ciao.

https://www.radiondadurto.org/2025/12/03/palestina-intervista-a-roberto-giudici-del-comitato-nazionale-free-marwan-barghouti/