
La lunga fine dell’estate della sinistra greca
Popoff Quotidiano - Sunday, November 30, 2025Dieci anni dopo la capitolazione davanti alla troika, la sinistra cerca di risorgere ma non ha un progetto chiave né una leadership
Queralt Castillo Cerezuela da El SaltoQuest’estate ricorre il decimo anniversario di quel fatidico 5 luglio 2015, quando i cittadini greci si opposero alla troika e si rifiutarono di firmare un terzo memorandum di misure di austerità impossibili da attuare. Ignorando ciò che dicevano i greci, Alexis Tsipras, all’epoca primo ministro del Paese e primo esponente di sinistra a ricoprire tale carica in Europa, obbedì agli ordini di Bruxelles.
Questo ha segnato una svolta non solo per Syriza, il partito al governo, ma anche per il resto della sinistra europea. “L’ondata di speranza generata da Syriza era stata accolta con entusiasmo da Podemos e da altre forze emergenti dell’Europa meridionale. L’Oxi greco è diventato, per alcuni giorni, lo slogan internazionale della resistenza all’austerità. Tuttavia, la svolta di 180 gradi dopo il referendum ha agito come un segnale di avvertimento. Ha servito a mostrare i limiti del populismo di sinistra quando raggiunge il potere: senza un sostegno istituzionale o economico sufficiente, i gesti simbolici possono ritorcersi contro chi li promuove”, spiegava alcune settimane fa a El Salto Kostis Kornetis, professore di Storia contemporanea all’Università Autonoma di Madrid e membro consultivo del Commissariato spagnolo e membro consultivo del Commissario España in Libertad 50 años.
Tsipras, che aveva vinto le elezioni generali nel gennaio dello stesso anno, non ha avuto vita facile durante il suo mandato (2015-2019): alla grande delusione da parte dei cittadini greci si sono aggiunti gli attacchi della destra e dell’estrema destra, oltre a una povertà strutturale e sistemica le cui conseguenze sono ancora visibili nel Paese ellenico.
A poco a poco, la formazione della “sinistra radicale” si è spostata verso il centro, ha adottato una narrativa meno progressista e si è cominciato a parlare della pasokizzazione di Syriza, una deriva verso una posizione ideologica molto più moderata e vicina ai socialdemocratici del PASOK.
La Grecia di oggi è molto diversa da quella del 2015, ma nel Paese permangono alcune dinamiche che sono il risultato di tutto ciò. “Ci sono indicatori macroeconomici che fanno pensare che stiamo meglio rispetto al 2015, e questo è vero, ma ciò nasconde anche gravi problemi di disuguaglianza e povertà, molto più visibili allora. Nonostante ciò, il governo presenta la situazione attuale come una storia di successo ed è questa la versione che trasmette alle istituzioni europee, quando chiaramente non è così”, spiega a El Salto Ioannis Katsaroumpas, professore di diritto del lavoro alla Facoltà di Giurisprudenza del Sussex (Regno Unito).
Le politiche neoliberiste e anti-immigrazione di Nuova Democrazia, il partito al governo, i problemi strutturali dell’economia o la privatizzazione delle infrastrutture e dei servizi fondamentali per il paese, oltre ai vari casi di corruzione e scandali, hanno indebolito il governo dell’attuale primo ministro Kyriakos Mitsotakis, ma non abbastanza da metterlo in pericolo rispetto a nessun rivale di peso.
Dopo l’abbandono della scena politica greca da parte di Tsipras in seguito alla sconfitta elettorale del 2023, in Grecia si ha la sensazione che la sinistra sia alla deriva. Le numerose scissioni e la mancanza di un progetto politico solido da parte dei partiti che sono nati rendono il panorama, al momento, desolante. “Abbiamo diversi partiti di sinistra, ma stanno faticando a trovare una narrativa e un’ideologia che abbiano senso”, afferma Katsaroumpas, che ritiene che “ci sia un fallimento in termini di ideologia e narrativa coerente. E questo è proprio uno dei problemi della sinistra greca: l’assenza di una visione, di un orientamento, di obiettivi. Si tratta di uno spettro politico che continua a fare i conti con l’eredità dell’austerità a tutti i livelli”.
Ed è proprio così: la sinistra greca deve affrontare un’eredità complessa e controversa, a cui si aggiungono una frammentazione e una mancanza di leadership evidenti. “Non c’è nessuna figura pubblica che ispiri, come ha fatto Alexis Tsipras alcuni anni fa”, afferma. Attualmente non esiste nemmeno un partito politico forte in grado di guidare questo spettro politico. Alcuni ci provano da tempo, ma non riescono a raggiungere l’obiettivo.
Ora, però, potrebbe succedere qualcosa che qualcosa che sconvolga tutto; una svolta di cui si parla da settimane in Grecia: il possibile ritorno di Alexis Tsipras.
Tornerà?
Sebbene le voci sul possibile ritorno di Tsipras abbiano iniziato a circolare all’inizio dell’estate, è stato lo scorso 5 settembre, in occasione del V Vertice Metropolitano di Salonicco, organizzato da The Economist, che le voci hanno preso corpo. L’ex primo ministro ha presentato un Piano Nazionale di Ripresa nell’ambito di una proposta che mira a cambiare il modello produttivo e a migliorare la situazione economica del Paese. In Grecia ci sono opinioni di ogni tipo: chi pensa che si tratti di speculazioni infondate e chi ritiene che l’ex primo ministro abbia dato segnali sufficienti per considerare il suo ritorno come qualcosa di reale e possibile.
“Tsipras sta compiendo alcune mosse politiche e, se tornerà, molto probabilmente formerà un nuovo partito, diverso da Syriza. Non sarà un partito di sinistra, ma piuttosto di centro-sinistra, socialdemocratico, progressista, o come si voglia chiamarlo. Quindi non stiamo parlando di una rinascita di Syriza o qualcosa di simile”. Chi parla è Yorgos Siakas, professore associato del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università Democrito di Tracia.
Secondo l’analista, un possibile ritorno dell’ex leader riconfigurerebbe il panorama politico greco, o almeno quello di una sinistra in crisi. “Tutta l’opposizione di centro-sinistra sarebbe influenzata dal ritorno di Tsipras”, prevede. “L’unica cosa che sappiamo fino ad oggi sono due cose. In primo luogo, che la sua ipotetica formazione si collocherebbe nello spettro della politica progressista. E in secondo luogo: che al momento non esiste alcun partito né alcuna figura di spicco in grado di fare ombra a Mitsotakis e di assumere la guida della Grecia”.
Per l’analista greca Anastasia Veneti, professore associato alla Facoltà di Comunicazione dell’Università di Bournemouth, parlare di un ipotetico ritorno di Tsipras è fantascienza: “Dare per scontato il suo ritorno è piuttosto rischioso. Se partiamo dal presupposto che tornerà in politica con un ruolo più attivo, non sappiamo se creerà un proprio partito o se tornerà a Syriza per ricoprire qualche incarico, il che richiederebbe l’avvio di una serie di procedure all’interno del partito. Dato che non sappiamo cosa significhi questo ipotetico ritorno, non possiamo fare supposizioni in questo momento”, sostiene.
C’è, tuttavia, qualcosa che giocherebbe a sfavore di Tsipras nel suo ritorno come “grande salvatore” della Grecia, se questa fosse la sua intenzione. “Nonostante siamo al secondo posto peggiore di tutta l’UE in termini di potere d’acquisto, nonostante l’esistenza di cartelli e oligopoli nell’economia greca e nonostante l’alto costo della vita nel Paese, non siamo di fronte a nessuna crisi importante che possa sostenere questa rinascita”, precisa Siakas.
Luglio 2023, il crollo di Syriza
La ricomparsa dell’ex primo ministro greco e il suo possibile ritorno sulla scena politica avviene due anni dopo il crollo elettorale di Syriza, in quelle elezioni che hanno dato il colpo di grazia al partito.
Nelle elezioni generali del 21 maggio 2023, Syriza, nonostante fosse dato da molti come secondo favorito dietro a Nuova Democrazia, non è riuscito a convincere la popolazione. Tsipras aveva assicurato che, se avesse vinto, avrebbe contenuto i prezzi dei generi alimentari attraverso una riduzione dell’IVA, avrebbe aumentato i salari, protetto gli alloggi e controllato il mercato. Niente di tutto ciò ha conquistato il cuore degli elettori.
Né la rivelazione delle intercettazioni illegali di giornalisti e politici (anche del suo stesso partito) con il software Predator, né la tragedia dei treni di Tempi del 28 febbraio dello stesso anno, che è costata la vita a 57 persone, hanno avuto ripercussioni negative su Mitsotakis, così come la cattiva gestione degli incendi boschivi che si verificano ogni estate.
I risultati hanno anticipato ciò che sarebbe successo in seguito. Poiché Mitsotakis voleva governare con la maggioranza assoluta, ha indetto nuove elezioni per il 25 giugno dello stesso anno. Nuova Democrazia ha vinto con il 40,56% dei voti. Syriza ha ottenuto il 17,83%; il PASOK e il KKE (Partito Comunista Greco) hanno ottenuto rispettivamente l’11,84% e il 7,69% dei voti. Le posizioni successive furono occupate dai gruppi di estrema destra: Spartiates (Spartani), Niki (Vittoria) ed Ellinikí Lisi (Soluzione greca).
Dopo la sconfitta, Tsipras, che era stato il primo ministro di estrema sinistra in Europa, lasciò un partito in rovina. Dopo la debacle e l’umiliazione subita dall’onnipotente Mitsotakis, la formazione politica che un tempo era stata il faro della sinistra europea ha iniziato a sgretolarsi. Tsipras ha puntato il dito: «Le forze progressiste a cui abbiamo chiesto collaborazione durante il periodo pre-elettorale erano schierate quasi esclusivamente contro Syriza. E ieri, al momento della storica vittoria elettorale della destra, hanno festeggiato più della ND il calo dei consensi del nostro partito”, ha detto dopo la conoscenza dei risultati. L’ex primo ministro ha lasciato tutte le sue cariche e ha lasciato la formazione, che è entrata in una spirale di lotte per la leadership che ha quasi causato la decomposizione del gruppo.
Per cercare di ricomporsi e iniziare una nuova fase, Syriza ha indetto le primarie. Dopo il primo turno è arrivata la sorpresa: l’ex analista di Goldman Sachs Stefanos Kasselakis, un esterno, un intruso – dall’età di 14 anni e fino a quel momento aveva vissuto negli Stati Uniti – ha vinto, contro ogni pronostico, le elezioni interne. Ha confermato la sua vittoria al secondo turno e ha conquistato il potere nel partito. Questa vittoria ha portato gioia e diffidenza in egual misura: era un volto nuovo ed era “arrivato” per riformulare il partito, lontano dalle dinamiche viziate del passato. D’altra parte, è stato visto da una parte importante della formazione come un opportunista estraneo.
Le dimissioni non si fecero attendere e alcuni membri storici, come Efi Achtsioglou, ex ministra del Lavoro tra il 2016 e il 2019 nell’esecutivo di Tsipras e uno dei volti più riconoscibili della formazione, abbandonò il gruppo. Altri furono costretti a farlo. Il regno del “Golden Boy”, tuttavia, fu breve: nel settembre 2024 subì una mozione di censura promossa da un gruppo del Comitato Centrale scontento della direzione personalistica che stava prendendo il partito e dovette andarsene.
Quello che è successo negli ultimi anni fa sì che, per molte persone, Syriza sia diventato un partito praticamente irrilevante nel panorama politico greco. “La reazione del partito alla leadership di Kasselakis e il modo in cui lo ha trattato lo hanno danneggiato. Syriza è diventato un prodotto politico poco elegante“, ritiene Siakas. Anastasia Veneti, che non entra nel merito della validità politica di Kasselakis, ne sottolinea il carisma e il fatto che in poco tempo sia diventato un volto riconoscibile, un’entità a sé stante, soprattutto in un momento in cui la gente ”presta più attenzione all’immagine che alla sostanza”.
Dopo l’uscita di Kasselakis e un altro turno di primarie, ora la leadership del partito è nelle mani di Socratis Famellos, deputato di Syriza dal 2015 e viceministro dell’Ambiente e dell’Energia tra il 2016 e il 2019. L’attuale leader del partito ha basato la sua campagna sull’idea di “una nuova fase”, ma la verità è che da quando è stato eletto, alla fine di novembre 2024, poco è cambiato nel partito.
Il punto debole di Famellos è la sua mancanza di carisma politico. “Si sta impegnando molto, ma non sta ottenendo risultati. Purtroppo, non gode di questo tipo di riconoscimento tra l’elettorato, e lo vediamo nei sondaggi“, diagnostica Veneti, che riassume il tutto in una frase: ”Famellos non è Tsipras. Se vuole competere non solo con Mitsotakis, ma anche con Konstantopoulou (Verso la Libertà[1]) o Androulakis (PASOK) dovrà rafforzare la sua immagine e rendersi più riconoscibile, oltre a continuare a lavorare sui punti deboli del partito, indebolito dal fallimento del 2023 e da tutto ciò che ne è seguito.
Le altre sinistre (che non sono Syriza)
Nel paniere della “sinistra greca” si trovano oggi diversi partiti, alcuni dei quali nati come scissioni di Syriza, come nel caso di MEra 25, guidato dall’ex ministro delle Finanze Yannis Varoufakis, Néa Aristerá (Nuova Sinistra) o il già citato Plefsi Eleftherias (Verso la Libertà).
Nello spettro progressista si trovano anche gli anarchici di Antarsya – che non si presentano alle elezioni –, lo storico KKE (Partito Comunista Greco) o il partito di recente creazione di Stefanos Kasselakis Kínima Dimokratías (Movimento per la Democrazia).
Tra le scissioni di Syriza spicca Verso la libertà, guidato da Zoi Konstantopolou, che negli ultimi anni è riuscito a ritagliarsi uno spazio nel panorama politico greco. Figlia di personaggi di spicco nella lotta contro la dittatura dei colonnelli in Grecia (1967-1974), Konstantopolou è stata presidente del Parlamento greco dal febbraio 2015 fino all’estate dello stesso anno. Dopo che Alexis Tsipras ha ignorato il 61,3% della popolazione greca che ha votato contro la firma di un terzo memorandum, Konstantopoulou ha lasciato Syriza.
Da allora, quando ha fondato il proprio partito, ha acquisito sempre più peso sulla scena politica greca. Non abbastanza, tuttavia, per poter affrontare Mitsotakis. La popolarità di Konstantopolou oscilla dal 3% al 10% in alcuni momenti. «Il problema di Konstantopolou è che guida un partito unipersonale, non possiamo parlare di una formazione politica con una struttura e una base stabile. Per questo motivo è considerato un partito di tendenza», spiega Yorgos Siakas. Una visione condivisa da Anastasia Veneti, che ritiene che il partito di Konstantopolou sia iperpersonalizzato. “Il partito è lei”.
La diagnosi condivisa dagli analisti è che la popolazione greca si avvicina o meno al partito a seconda di ciò che fanno le altre formazioni, il che impedisce di parlare di un modello di intenzione di voto stabile. “C’è un modello di popolarità in ascesa, ma non raggiunge il 12% o il 13%. Questa è chiaramente una buona opportunità per il ritorno di Tsipras”, sostiene Siakas, che ritiene che in Grecia il clima sia favorevole alla nascita di nuove formazioni di sinistra.
Un’altra formazione inizialmente interessante, nata da una scissione di Syriza e che ha perso slancio negli ultimi anni, è MeRA25. Questo progetto, nato tra il 2017 e il 2018 e guidato in origine dall’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, attualmente non ha alcun deputato o deputata in Parlamento. Nelle ultime elezioni generali ha ottenuto il 2,63% dei voti e non ha raggiunto la soglia del 3% necessaria per entrare in Parlamento.
Infine, anche se non può essere considerata una formazione di sinistra, non si può non vedere l’ascesa del PASOK, che nelle ultime europee ha sottratto a Syriza il secondo posto in Grecia. La figura del suo leader, Nikos Androulakis, è in ascesa ed è un fattore da tenere in considerazione. «Il discorso tenuto da Androulakis a Salonicco, in occasione del già citato V Vertice Metropolitano, è stato uno dei migliori che abbia mai pronunciato. La sua leadership era solitamente molto debole, ma le cose stanno cambiando», spiega Veneti, che rileva anche lo sviluppo di un programma elettorale molto più solido e definito. “Credo che Androulakis potrebbe essere un rivale competitivo per Mitsotakis, ha acquisito fiducia e appare più forte”.
Una domanda che si pongono gli elettori di sinistra nel Paese è se, in vista delle prossime elezioni generali – previste per luglio 2027 – ci sia la possibilità che tutti questi gruppi formino un fronte comune, cosa che al momento sarebbe da escludere. Se si mantenessero le percentuali di voto del 2023, una coalizione formata da Syriza, PASOK, KKE, Plefsi Eleftherias e MeRA25 potrebbe raggiungere circa il 40%. “Si dovrebbe fare. Tutti questi leader politici dovrebbero sedersi a un tavolo e riflettere su come rafforzare la sinistra nel suo complesso e cercare di trovare il modo di entrare in contatto con la gente, perché credo che questo sia il problema principale dei partiti di sinistra in generale. Hanno perso la capacità di rispondere alle esigenze della popolazione“, rileva l’analista. Sebbene ci siano più punti di unione che di divisione in tutti questi gruppi, in politica, e questa sembra una premessa universale, ”gli interessi personali e/o gli ego tendono a prevalere sulle questioni politiche”, sostiene.
In ogni caso, e in questo concordano tanto Siakas como Veneti, se c’è qualcuno in grado di unire tutte queste fazioni di sinistra, quello è Alexis Tsipras, «perché è una figura molto potente», sottolinea Veneti.
La forza di Nuova Democrazia
A prescindere dall’ipotetico ritorno di Tsipras, dalle fluttuazioni di popolarità di Zoi Konstantopoulou o dalla possibilità effimera di creare un fronte di sinistra, ciò che sembra evidente è che, al momento, non esiste un rivale in grado di mettere in ombra Mitsotakis. Nessuno dei recenti scandali ha provocato un crollo nella percezione da parte dei cittadini greci, anche se la manifestazione che si è tenuta nel febbraio 2025 per chiedere giustizia per le vittime dell’incidente di Tempi è stata una delle più massicce degli ultimi decenni.
Dalla scomparsa, il 7 ottobre 2020, del gruppo neonazista Alba Dorata, Nuova Democrazia ha saputo approfittare del vuoto lasciato e raccogliere alcuni dei voti di coloro che un tempo votavano per la formazione ultra. Nel cuore del partito al governo convivono ora diverse fazioni di centro-destra e di estrema destra, ed è proprio qui che risiede il nocciolo della questione: l’ampiezza di ciò che questo partito abbraccia.
Tuttavia, l’offerta dell’estrema destra è ampia: nelle ultime elezioni generali, quelle in cui Syriza ha subito una pesante sconfitta, il partito di ideologia neonazista Spartiátes (Spartani), sotto l’egida di Ilias Kasidiaris (ex leader di Alba Dorata e attualmente in carcere), ha ottenuto il 4,68% dei voti. Questo non è l’unico partito di ustradestra in parlamento dove coabita con Nike [Victoria], legato alla chiesa ortodossa, fondato da Dimitris Natsios, e con un’ideologia nel fondamentalismo religioso, e Ellinikí Lisi (Soluzione greca) che promuove i valori tradizionali religiosi e l’ultranazionalismo ed è capitanato da Kyriakos Velopoulos.
Ioannis Katsaroumpas prevede che, se da qui alle elezioni l’estrema destra trovasse una figura di consenso, ci sarebbero possibilità di un fronte comune per le elezioni generali del 2027. «Data l’importanza della questione migratoria in Grecia, credo che l’estrema destra crescerà nel Paese», spiega. Se ciò accadesse, forse la sinistra dovrebbe ripensare alla possibilità di unirsi, come è avvenuto in altri paesi, come la Francia o la Spagna, in una sorta di coalizione comune. Per il momento, tuttavia, questa opzione non sembra essere sul tavolo.
Veneti, Katasaroumpas e Siakas hanno previsioni diverse su quale direzione possa prendere la sinistra greca. Katsaroumpas, ad esempio, ritiene che al momento non ci sia nessuno in quello spettro politico in grado di contrastare Mitsotakis e lo dice chiaramente: “La principale opposizione a Nuova Democrazia verrà dalla destra o dall’estrema destra”, prevede. Più ottimista è Siakas, convinto che, in caso di ritorno di Tsipras, questi potrebbe diventare un forte rivale. Veneti è prudente. “In uno scenario come quello attuale, tutto può succedere”, conclude.
Dieci anni di disastro
L’estate del 2015, precisamente il 5 luglio, non solo ha segnato una svolta per la sinistra greca, ma anche per il resto della sinistra europea. Il 5 luglio, alla domanda se volessero che il loro governo firmasse un terzo memorandum, il 61,3% della popolazione che si è recata alle urne ha votato no: “oxi”, in greco.
Stufi di un’austerità imposta da una troika che s’era dimostrata implacabile, i greci lo avevano espresso con chiarezza. Il “sí” ottenne un 38,69% dei voti. Tra le due opzioni più di venti punti percentuali di differenza. Il 62,5% della popolazione si recò alle urne.
Nei mesi precedenti, i creditori avevano respinto in maniera sistematica qualsiasi proposta negoziale col governo di Atene. In Grecia, la popolazione si era sentita umiliata da Bruxelles e da una UE che la guardava dall’alto in basso e la minacciava di espulsione dall’eurozona.
Sebbene Tsipras avesse promesso in tutti i modi che avrebbe ascoltato il mandato dei greci, quando è arrivato il momento ha fatto esattamente il contrario: ha capitolato davanti alla Troika. Messo alle strette dai creditori e con poche opzioni a disposizione, l’ex leader di sinistra ha firmato il terzo memorandum e ha accettato le condizioni imposte dai leader europei e dal FMI.
In Grecia, gli elettori di sinistra considerarono la capitolazione come un tradimento; e il trauma è ancora vivo adesso. C’è chi continua a riferirsi a Tsipras come “prodotis”, traditore, in greco. La delusione, inoltre, non è rimasta confinata entro i confini ellenici, ma ha colpito duramente il cuore della sinistra europea. Syriza rappresentava un simbolo, e da un giorno all’altro tutto è crollato. “La capitolazione di Tsipras ha provocato un trauma alla sinistra europea, un trauma dal quale non si è ancora ripresa”, sostiene Ioannis Katsaroumpas.
Nel 2015 tutti gli occhi erano puntati su Tsipras, che si era presentato all’Europa come un’alternativa al sistema. Il suo inaspettato cambiamento di posizione ha fatto capire che se Syriza non ce l’aveva fatta, nessuno avrebbe potuto farcela. Gli anni successivi e il futuro delle diverse sinistre greche sono stati profondamente segnati da quella decisione.
[1] un partito di ispirazione antisistema fondato nel 2016 dall’ex-vicepresidente del Parlamento ellenico Zōī Kōnstantopoulou. I suoi membri derivano da “Unità Popolare”, scissione a sinistra di Syriza del 2015.
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