Manganelli per far posto ai grattacieli: sgomberato il Leoncavallo

Popoff Quotidiano - Thursday, August 21, 2025

All’alba del 21 agosto, polizie e ufficiale giudiziario sigillano con un bliz lo storico centro sociale milanese

«Sono arrivati! Ci stanno sgomberando! Accorrete numerosi in via Watteau». Caratteri cubitali, bianco su nero, l’allarme corre sui social a metà mattina. Il Leoncavallo è stato sgomberato. E’ accaduto all’alba, ad agosto, con le truppe corazzate di polizia e carabinieri a scortare l’ufficiale giudiziario. Su ordine di Piantedosi. Per colpire un simbolo. Anche dal collettivo di fabbrica ex Gkn arriva l’appello: «Sgombero del Leoncavallo in corso. Nella città delle inchieste sulla cementificazione selvaggia, i possibili conflitti di interessi, lo strapotere dei fondi immobiliari, con dietro i fondi finanziari, è in corso lo sgombero di quello che è, qualsiasi cosa se ne pensi, un pezzo di storia, un simbolo, un monumento civile. È in corso lo sgombero del Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito . Se potete, andate».

Dallo storico centro sociale milanese, protagonista ed emblema di una stagione – e successivamente della sua metamorfosi – di occupazioni e autogestioni, si risponde con il lancio di un presidio e un’assemblea pubblica oggi, stesso, 21 agosto, alle 18.00 proprio in via Watteau dove un nutrito contingente di forze dell’ordine blinda i locali dell’ex SPA (spazio pubblico autogestito).

«Il prefetto Piantedosi l’aveva promesso alla destra: il centro sociale più famoso d’Italia deve scomparire. I simboli fanno paura, la storia ancora di più», scrivono i militanti del Leo. E, ancora «Ora decide Milano!».

Quale Milano? La città in cui lo sgombero è avvenuto all’improvviso – era previsto infatti per il 9 di settembre – è molto diversa da quella che vide la resistenza a un analogo assalto nell’agosto del 1989 e che già era diversa da quella che vide la prima occupazione nel 1975 nella “Milano da pere”(vista dalle periferie) o “da bere”, vista con gli occhi di finanzieri e palazzinari. Oggi una città sfinita dalla gentrificazione sta assistendo alla maxi-inchiesta sull’urbanistica che coinvolge 74 indagati, tra cui il sindaco Giuseppe Sala, sull’ipotesi di un sistema corruttivo legato alla Commissione Paesaggio, in pubblici ufficiali avrebbero favorito grandi gruppi immobiliari in cambio di incarichi e compensi occulti.

Scrive Luca Casarini, che con il Leo ha condiviso davvero molto: «Lo sgombero del Leoncavallo, che è un pezzo di storia importante di Milano e del nostro paese, lo hanno fatto con un sotterfugio, a trattativa in corso. Agiscono come i ladri di notte e poi si pavoneggiano per il loro “eroismo”: ridicoli. Sommessamente ricordo che la parte migliore della storia del Leoncavallo, partì dallo sgombero manu militari del 1989, “quando ci vuole ci vuole”, che portò ad una mobilitazione in tutta Italia straordinaria e alla sua riconquista e ricostruzione. Poi ci fu il 1994, e anche lì ai teorici del manganello, andò malino. Se fossi in loro, da Salvini in giù, farei meno baldoria: lo spirito del Leoncavallo non potranno mai ucciderlo. E’ lo spirito di chi dal basso ha sempre lottato contro l’ingiustizia sociale e i ras della speculazione del mattone in una città come Milano. E’ lo spirito della cultura autogestita senza padroni cocainomani che organizzano sfilate alla moda. Non si cancellano 50 anni di storia, nemmeno se si ha a disposizione l’esercito. Il Leoncavallo sta nei cuori di tante generazioni, e ne sono sicuro, anche di quelle che verranno».

A destra si gongola con una gara di emulazione tra camicie nere e camicie verdi. Marco Osnato (Fdi) esprime gratitudine al ministro Matteo Piantedosi: “Finalmente può essere restituito ai legittimi proprietari, dunque a un uso effettivamente più appropriato, un edificio che purtroppo era diventato il simbolo dell’illegalità, del degrado, della propaganda di pericolose idee anti-sociali”. Alle 13.08 interviene la premier: «In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole – si legge sui social Meloni – il Governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti». Certo che ne hanno di palta le facce di chi ha imposto il pacchetto Sicurezza, sequel del codice Rocco.

«Il partito al governo rivendica apertamente lo sgombero. I post di Fratelli d’Italia, del ministro Salvini e di tutta l’estrema destra al governo dimostrano che si tratta di un’operazione di repressione politica volta a colpire un simbolo della storia dei movimenti sociali del nostro paese – dice anche Maurizio Acerbo, segretario del Prc – nel 1978 ammazzarono Fausto e Iaio, oggi sgomberano. Sono sempre loro. Fascisti al servizio del potere economico e della speculazione. Usano i manganelli per far posto ai grattacieli».

«Il nuovo accesso per lo sfratto era atteso per il 9 settembre prossimo – ricorda Luca Blasi, già tuta bianca, disobbediente e oggi responsabile nazionale Casa di Sinistra Italiana – ma sicuri di trovare per l’ennesima volta un muro popolare di migliaia di persone a difendere il Leo, la destra ha scelto di anticipare l’operazione per non trovare resistenza. Siamo pronti a rispondere a questa ferita con una grande mobilitazione popolare. Inizia oggi la campagna elettorale di Salvini e Meloni per le prossime elezioni comunali a Milano. Con un’azione violenta volta a schiacciare la libertà e l’autonomia di un’esperienza politica e culturale che rappresenta una ricchezza non solo per Milano». Proprio per contribuire a difendere il Leoncavallo, SI aveva deciso di svolgerci l’edizione milanese della sua festa nazionale. Ancora Blasi: «Mentre Salvini festeggia e la peggiore destra stappa champagne, a noi oggi tocca non solo il compito di resistere agli sgomberi, ma quello di immaginare città che mettano al centro i beni comuni, la solidarietà, il diritto alla casa e nuove forme di welfare. La storia del Leoncavallo, la sua ricchezza è il nostro Modello Milano».

La storia del Leoncavallo, come si legge sul sito ufficiale, inizia il 18 ottobre 1975, quando un’area dismessa di 3600 mq, situata in via Leoncavallo 22 a Milano, viene occupata da un gruppo di militanti extraparlamentari provenienti da diverse esperienze interne al movimento rivoluzionario che caratterizzò il lungo ’68 italiano.
L’occupazione si caratterizza immediatamente per la proposizione di temi che investono la società intera: la creazione di un asilo nido, una scuola materna, il doposcuola, la mensa popolare, il consultorio ginecologico, le attività culturali, sono gli obiettivi immediati che il neo comitato di occupazione si prefigge.

Questo il primo volantino distribuito nel quartiere

Le attività che iniziano a prodursi nei primi anni di vita permettono al Leoncavallo di radicarsi nella zona: nascono Radio Specchio Rosso, la Casa delle Donne e la Scuola Popolare. Le istanze e le rivendicazioni che emergono abbracciano sempre più “la vita nel suo complesso”.

Il 18 marzo 1978, in un agguato fascista vengono uccisi, a colpi d’arma da fuoco, Fausto Tinelli e Lorenzo “Iaio” Iannucci, militanti del Leoncavallo e impegnati in una contro inchiesta sullo spaccio di eroina nel quartiere. La reazione è imponente. Il giorno dei funerali le fabbriche scioperano, e centomila persone gremiscono piazza Duomo. Le madri di Fausto e Iaio e altre donne del centro sociale danno vita al gruppo “mamme del Leoncavallo”, impegnandosi nell’immediato alla lotta contro l’eroina. Sono anni difficili, l’attacco militare e giudiziario dello Stato contro il movimento è duro e produce i suoi frutti: carcere, eroina, clandestinità, esilio, falcidiano i corpi di un’intera generazione.
Il Leo, come altri spazi sociali diventa anche luogo di rifugio, una “riserva indiana” per disparate soggettività superstiti dei movimenti precedenti. Con gli anni la comunità che abita il Leoncavallo è sempre più eterogenea e la contaminazione produce pratiche politiche e culturali innovative, la contaminazione produce cooperazione. Un’attitudine che il Leo conserverà fino a trasformare la forma primigenia di centro sociale in SPA, Spazio Pubblico Autogestito, con un’occhio alle pratiche dell’impresa sociale e un altro nella sua vocazione controculturale.

La risposta a questo sgombero dovrà essere inscritta sia nella vertenza sul Modello Milano, sia in quella riflessione sulla repressione, sul diritto penale del nemico che rischia di plasmare le forme del conflitto e della socialità per lunghi anni.

 

 

 

 

 

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