
Teresa Moda, i padroni contro il memoriale
SUDD Cobas - Sunday, May 18, 2025Denunce penali ed altre azioni legali contro il nostro sindacato per quello che viene definito “un abuso”. È questa la risposta che abbiamo ricevuto alla richiesta di incontro inviata ai proprietari dei capannoni di via della Toscana in merito al memoriale per le vittime della strage del Teresa Moda inaugurato il primo maggio. A farsi portavoce dei proprietari è stata la Fincasa, che amminista il condominio industriale che fu teatro della strage.
Tra le righe della mail ricevuta si intuisce la volontà di provare nuovamente a spianare il memoriale, come già fatto a due giorni dalla sua inaugurazione.
Abbiamo provato a richiamare i proprietari non solo al rispetto del più elementari regole del buon senso e del vivere civile che imporrebbero il rispetto per la memoria di uomini e donne che hanno perso tragicamente la vita, ma anche riconoscimento del valore sociale di quella targa che ha preso il posto di una piccola discarica. Ma a quanto pare è proprio questa memoria che da fastidio e si vuole cancellare.
La memoria di quella strage ricorda anche le responsabilità dei proprietari del capannone che chiusero tre occhi su quello che accadeva all’interno del Teresa Moda, con i dormitori allestiti in fabbrica. E qui poco e nulla è cambiato.
Invocare la “proprietà privata” contro una targa di ricordo di uomini e donne morti di sfruttamento è vile e indecente.
Il principio del “a casa mia decido io”, applicato alle fabbriche di questo distretto, è lo stesso che ha prodotto la strage del Teresa Moda e lo stesso che, dodici anni dopo, continua a fare essere quello stesso condominio industriale un luogo di sfruttamento e di lavoro nero.
Perché per molti proprietari ciò che conta è che dei capannoni qualcuno paghi regolarmente l’affitto. Poco importa come o perché. Si abbatte il rischio d’impresa, ci si garantisce una rendita sicura sullo sfruttamento senza freni di chi lavora. E oggi si ha paura che qualcuno accenda un riflettore su questi luoghi dimenticati da Dio e li renda spazi pubblici di interesse sociale.
In un idea democratica di città e di lavoro, le fabbrica non sono “la casa del padrone”. E agli operai vivi non può essere negato il diritto di ricordare i loro colleghi morti a causa dello sfruttamento.
Intanto siamo arrivati al 18º giorno a difesa del monumento memoriale. Da diciotto giorni gli attivisti sindacali dividono il loro tempo tra scioperi e assemblee nelle fabbriche e turni di notte davanti all’aiuola di via Toscana. Diciotto giorni in cui centinaia di operai che in questi anni hanno conquistato il diritto a lavorare 8 ore per 5 giorni la settimana utilizzano una parte del loro tempo libero per presidiare il memoriale e lanciare un messaggio ai loro colleghi cinesi: “siamo dalla vostra parte, uniamoci perché non succeda mai più”.
Il 29 aprile, alla vigilia dell’inaugurazione prevista per il 1 maggio, la targa veniva rasa al suolo e buttata in mezzo ai cumuli di rifiuti tessili che inquinano il Macrolotto. Rifiuti come quelli che sindacalisti e operai avevano ripulito proprio da quell’aiuola, abbandonata a se stessa, discarica inquinante e degradante. Quella volta, però, il gesto vile e vergognoso non veniva compiuto nel buio della notte. Veniva compiuto alla luce del sole, da una ditta privata, chiamata appositamente per l’occasione dai proprietari dei capannoni del condominio industriale di via Toscana 65. Veniva pagato con quei soldi intascati girandosi dall’altra parte, con quei profitti che si disinteressano di come nei capannoni si lavora, dei bambini che escono la notte assieme ai genitori alla fine dei loro turni di 14 ore a tagliare tessuto.
Siamo abituati a dormire in strada per difenderci dagli abusi, dallo sfruttamento, dall’ingiustizia. Non abbiamo paura di farlo per difendere il ricordo di chi non c’è più.
Certo è che l’atteggiamento dei proprietari è vergognoso. E assordante è il silenzio della politica per qualcosa che riguarda così intimamente questa città e la sua memoria. Speriamo che i primi facciano un passo indietro e si siedano a un tavolo rinunciando all’intenzione di distruggere nuovamente il memoriale. Speriamo che la politica ed il Comune si facciano avanti a sostengno dell’uso e del valore pubblico e sociale di quello spazio. Nel mentre, ci troveranno al nostro posto. Via Toscana 65. A difesa della memoria di 7 operaie e operai cinesi morti bruciati dentro il capannone in cui lavoravano.
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