W.G. Sebald / Le poesie di Sebald, prosatore viandante
La prosa è l’espressione artistica alla cui vocazione W.G. Sebald ha sempre
dedicato la sua vita, e bene lo sanno i lettori di Gli anelli di Saturno,
Vertigini, e Campo Santo, tutti tradotti da Adelphi con la preziosa e continua
cura di Ada Vigliani. Sebald è il viandante “saturnino”, occupato perennemente a
muoversi nel tempo con gli occhi bene aperti sugli strati geologici, umani e
umanistici presenti sul nostro pianeta, in certe aree più o meno benevole
d’Europa. Siamo in Europa, questa è l’Europa, se non ce ne fossimo accorti, e
grandiosamente Sebald lo ha più che suggerito in quel gioiello di natura e mito
che è la prosa di Le Alpi nel mare, pubblicato in un librino Adelphi del 2011
separatamente e poi inserito nel recente Tessiture del sogno.
Ma c’è dell’altro nella produzione di Sebald, qualcosa che è stato celato (ma
forse non troppo) e che ora torna alla luce: le poesie a cui lo scrittore ha
dedicato parte del suo tempo vitale lungo i decenni, dall’età giovanile agli
ultimi scampoli di esistenza del 2001. La poetica ben nota s’estende in
escursioni geografiche riportate con versi snelli, leggeri, potremmo dire
“benevoli” con la loro aria di appunti di viaggio tracciati velocemente su un
journal e affidati a una eredità futura. Sebald lesse Trakl, Benn, Hofmannsthal,
depurandoli da certe atmosfere vendicative, lasciando a Hölderlin il merito di
contribuire a una certa disponibilità verso il “sereno guardare” la natura.
Il poeta Sebald è attento a esperienze personali e a tracce lasciate dalla
Storia affinché i viandanti ne utilizzino i semi e ne spargano altri. Bene ne
definisce i tratti Sven Meyer nel suo finale “Ritratto involontario”, sorta di
postfazione utile al lettore italiano di questa raccolta di poesie scelte. Utile
anche a rischiarare gli aloni di mistero sempre presenti nell’opera maggiore di
uno scrittore pellegrino dei margini ed eccentrico interprete dei giorni umani –
da quelli luminosi alle tenebrose epoche storiche. Sono labirinti carsici i
suoi, per vocazione esplorati e riportati all’attenzione spesso labile
dell’uomo. Dai versi giovanili alle ultime scritture la ripresa di temi è
ricorrente, come una sorta di migrazione che è il grande tema di tutta l’opera
di Sebald.
La tenacia di camminatore si ritrova oggi rappresentata dai vincoli terreni e
acquatici di versi che svernano continuamente sull’orlo tra la raffigurazione
realistica del mondo (di un mondo) e l’effetto straniante delle continue
allusioni: possiamo oggi pensare che la villeggiatura, sempre accennata da
Sebald, sia da ascriversi a una vita preparata dagli adulti per bambini pieni di
aspettative – per poi diventare villeggiatura analitica della preparazione
silente verso un enigmatico esilio: quanto si delineava già nell’opera prima
Secondo natura del 1988, trittico in versi liberi dove passeggiatori, emigrati
ed esploratori appaiono con tutta la loro resistenza di esseri in continuo
confronto con la potenza del mondo.
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