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Il disarmo del PKK: un deciso cambio di paradigma
Partecipando con la delegazione della Confederazione COBAS alla “Conferenza internazionale per una soluzione pacifica alla questione kurda che ponga fine all’isolamento” svoltasi l’1 e 2 luglio a Istanbul, ho toccato con mano l’avanzato processo politico iniziato con “l’appello per la pace e una società democratica” lanciato dal presidente Abdullah Öcalan il 27 febbraio 2025 scorso. Il clima politico che abbiamo trovato a Istanbul però non è stato quello migliore. Arrivati il 30 giugno a piazza Taxim, percorrendo nel dopocena la centralissima via Istanbul, ci siamo imbattuti in una nutrita manifestazione di estremisti islamisti che al grido “Allah Akbar” assediavano la sede del settimanale satirico turco “Leman”, colpevole di avere pubblicato una vignetta nel numero del 26 giugno dove Maometto e Mosè sono sospesi nell’aria tra una pioggia di bombe, sullo sfondo di una città in fiamme. Maometto saluta Mosè con un tipico saluto musulmano (Selam Aleykum) e Mosè risponde con un tipico saluto ebraico (Aleikhem Shalom), mentre i due si stringono la mano. Offesa grande, sacrilegio! Gli islamisti, armati di oggetti contundenti, hanno tentato di forzare la porta dell’edificio che ospita la redazione del giornale satirico, nel centro della città, rompendo le finestre con pietre e bastoni. Ma all’arrivo della polizia non sono gli assalitori islamisti che vengono arrestati, bensì l’autore della vignetta e altri tre giornalisti, fra cui il responsabile della testata e due capiredattori. Il ministro dell’Interno, Ali Yerlikaya annunciando l’arresto dei giornalisti ha affermato: “Maledico ancora una volta coloro che cercano di seminare l’ipocrisia dipingendo caricature del nostro Profeta”. Il ministro turco della Giustizia, Ylmaz Tunc, ha dichiarato: “La mancanza di rispetto per le nostre convinzioni non è mai accettabile”. La Procura generale di Istanbul ha avviato un’indagine giudiziaria per il reato di “offesa pubblica ai valori religiosi”, ai sensi dell’articolo 216 del codice penale turco. La tragica storia del settimanale francese Charlie Hebdo, anche se fortunatamente meno cruenta, si ripete. La zona di Galata per i giorni successivi è stata presidiata da centinaia di poliziotti e soldati in assetto di guerra con fucile mitragliatore in mano. Le strade sono state transennate con alte grate metalliche per contenere il passaggio dei pedoni. Lo Stato turco marca la sua tendenza islamista radicale e si mostra come stato di polizia. Questo il clima in cui si sono tenuti i lavori del “Summit internazionale per una soluzione pacifica alla questione kurda che ponga fine all’isolamento”. Al summit hanno partecipato una quarantina di politici, attivisti, sindacalisti giunti da diverse parti d’Europa e del resto del Pianeta. In tanti abbiamo sottoscritto la richiesta di incontrare il Presidente Öcalan presso il carcere di massima sicurezza nell’isola di Imrali nel mar di Marmara. La conferenza è stata seguita dai maggiori mass media turchi che hanno evidenziato l’importanza per tutta la società turca del processo di pacificazione messo in atto dal PKK. Il partito DEM (Halkların Eşitlik ve Demokrasi Partisi – Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli), l’organizzatore della conferenza, è stato rappresentato dal suo attuale copresidente Tuncer Bakırhan e dalla vice presidente Ebrû Gunay. In un contesto, come quello Medio Orientale, incendiato dalle guerre, segnato dal genocidio del popolo palestinese, dall’integralismo islamico e dall’estremismo intollerante e genocida sionista, la decisione di porre fine, dopo ben 41 anni, alla lotta armata in Turchia rappresenta un chiaro segnale di svolta rivoluzionaria per spingere la società turca verso una vera democratizzazione e il rispetto di tutte le minoranze etniche. La decisione del PKK di deporre le armi può disarticolare i giochi di guerra e di sopraffazione e avviare un processo che può essere d’esempio per la risoluzione dei conflitti che incendiano quella parte del Mondo. I delegati internazionalisti presenti alla conferenza hanno redatto una risoluzione comune che sostiene l’appello “per la pace e una società democratica” e che vede nel Confederalismo Democratico la strada maestra per costruire una società libera dal patriarcato, dall’intolleranza religiosa, dal modernismo capitalista, e svincolata dallo Stato Nazione. Il PKK sta facendo la sua parte, ora tocca al Governo e al parlamento di Ankara fare i passi necessari per la pacificazione partendo dalla liberazione di tutti i detenuti politici, a partire dal presidente Öcalan. La conferenza di Istanbul ha dato un’accelerazione al processo di pace e di trasformazione democratica dell’intera Turchia. Il 9 luglio dalla prigione di Imrali il Presidente Abdullah Öcalan ha ufficialmente annunciato l’inizio della “consegna” delle armi da parte del PKK. Öcalan ha affermato che verrà messo in pratica “rapidamente” il disarmo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, “I dettagli del disarmo saranno definiti e attuati rapidamente”. Già dall’11 luglio in IRAQ del nord, nel territorio di Suleimaniye (Kurdistan iracheno), è iniziato l’atto emblamatico, con la presenza di testimoni, osservatori e media internazionali, della consegna delle armi da parte di venti combattenti del PKK. Si tratta ovviamente di un gesto simbolico che mira ad accelerare il processo politico in corso fra PKK e Governo turco. Il gesto plateale da parte del PKK tende ad accelerare il dibattito all’interno del Parlamento di Ankara per arrivare ad un largo consenso sul testo di legge che legittimi il “processo di pace e democrazia”. Il processo di pace in Turchia è stato avviato in autunno 2024 su spinta del partito Mhp, forza di estrema destra alleata del presidente Erdogan. Successivamente, il processo di pace è stato sostenuto da altri partiti turchi, tra cui lo stesso Akp di Erdogan e dalle principali forze di opposizione, ovvero il Chp (partito repubblicano Kemalista) e il Dem. “La fase raggiunta richiede l’adozione di nuove misure concrete”, ha detto il leader curdo imprigionato, a proposito del processo di pace che ha portato allo scioglimento del Pkk e facendo riferimento a un ruolo che dovrà avere il Parlamento per sviluppare una risoluzione della questione curda in Turchia. Il Partito di Erdogan (Akp), ha reso noto che dopo l’inizio del processo di disarmo del PKK, entro l’estate ci potrebbe essere la costituzione della commissione parlamentare per la pacificazione. L’11 luglio a Suleimaniye il ‘Gruppo per la Pace e la Società Democratica’, formato per accelerare il processo di Cambiamento e Trasformazione Democratica, ha presenziato alla cerimonia del disarmo e della distruzione delle armi da parte dei combattenti del PKK. “Per garantire il successo pratico del processo di Pace e Società Democratica, per condurre la nostra libertà, democrazia e lotta socialista con metodi di politica legale e democratica sulla base dell’emanazione di leggi per l’integrazione democratica, distruggiamo volontariamente le nostre armi, davanti a voi, come passo di buona volontà e determinazione. Ci auguriamo che questo passo porti pace e libertà e abbia esiti propizi per il nostro popolo, per il popolo della Turchia e del Medio Oriente e per tutta l’umanità, in particolare per le donne e i giovani. […] Data la crescente pressione fascista e lo sfruttamento in tutto il mondo e l’attuale bagno di sangue in Medio Oriente, il nostro popolo ha più che mai bisogno di una vita pacifica, libera, equa e democratica. In un simile contesto sentiamo e comprendiamo pienamente la grandezza, la rettitudine e l’urgenza del passo che abbiamo compiuto.” In un contesto internazionale segnato da guerre, distruzioni, stragi di civili inermi, dall’Ucraina, al Sahel, alla martoriata Palestina, nel tempo in cui Europa e Nato si riarmano per sostenere guerre presenti e future, in un quadro di scontro fra potenze imperialiste globali (USA, Russia, Cina) e potenze territoriali (Turchia, Israele, Iran), con leader guerrafondai come Putin, Trump, Khamenei, Netanyahu, von der Leyen, la politica “per la pace e una società democratica” lanciata con l’appello di Ocalan rappresenta un deciso cambio di paradigma, una reale rivoluzione che va sostenuta dalla comunità internazionale dei partigiani della pace e della democrazia.     Renato Franzitta