Clap: insegnamenti del nuovo contratto Sviluppo Lavoro Italia
Lunedì 23 giugno le Clap – Camere del lavoro autonomo e precario – hanno
sottoscritto con l’azienda Sviluppo Lavoro Italia spa, già Anpal servizi, il
nuovo contratto collettivo aziendale del lavoro, rinnovato dopo 14 anni. Per le
Clap è un risultato di straordinaria importanza, sia per i contenuti più che
avanzati del rinnovo (dal punto di vista economico e normativo) che per il
processo di partecipazione e protagonismo democratico dei 13 mesi di negoziato.
Un risultato, di cui il sindacato ha dato notizia in un comunicato stampa
pubblicato il giorno della conclusione dell’accordo, che arriva al termine di un
percorso sindacale iniziato anni prima dove le Clap sono state protagoniste in
battaglie importanti, come la stabilizzazione di oltre 600 precarie e precari
avvenuta nel 2021.
Per conoscere meglio il percorso di mobilitazione terminato con la sigla del
contratto, Dinamopress ha intervistato Marco Filippetti, Biagio Quattrocchi,
Maurizia Russo Spena e Cristian Sica, che hanno portato avanti il negoziato con
l’azienda a nome di Clap e di centinaia di lavoratrici e lavoratori iscritte al
sindacato.
Dopo oltre 14 anni dalla scadenza della parte normativa, il rinnovo del CCAL di
Sviluppo Lavoro Italia rappresenta un passaggio storico. Quali sono stati,
secondo voi, i fattori decisivi che hanno permesso di raggiungere questo
risultato, in un contesto nazionale in cui i rinnovi contrattuali spesso
procedono a rilento e segnano avanzamenti minimi?
La sottoscrizione del CCAL 2024-2026 del 23 giugno arriva dopo un anno di
trattative e a distanza di oltre 14 anni dalla scadenza della parte normativa
del contratto. Un’attesa enorme per le circa 900 lavoratrici e lavoratori, che
ha significato svalorizzazione del lavoro, opacità nei percorsi di carriera,
sotto inquadramenti, mancanza di tutele.
Siamo arrivate e arrivati a questo importante risultato solo grazie a un
rilevante e paziente accumulo di forza e capacità negoziale.
Nel 2021 è avvenuto il riconoscimento delle CLAP. Da allora abbiamo avuto pieno
accesso ai diritti sindacali del Titolo III dello Statuto dei lavoratori. Un
traguardo raggiunto grazie all’impegno di lavoratrici e lavoratori che, con
tenacia e generosità, hanno scelto di mettersi in gioco, resistendo anche nei
momenti più difficili. Come durante la lotta per le stabilizzazioni, quando la
nostra organizzazione non era ancora ammessa ai tavoli negoziali, ma di fatto
esercitava una pressione significativa che ha condizionato la dinamica delle
trattative.
La rottura del monopolio confederale della rappresentanza – che fino ad allora
era stato assoluto all’interno dell’Agenzia – ha rappresentato un passaggio
straordinario nelle relazioni industriali, rendendo visibile la forma
neocorporativa praticata dalle RSA confederali, che di fatto indeboliva
l’indipendenza della contrattazione e la capacità di rappresentare le esigenze
delle lavoratrici e dei lavoratori. Non a caso i primi ostacoli alla nostra
agibilità sindacale sono arrivati proprio dalle RSA confederali, che hanno
cercato in ogni modo di impedire il nostro formale riconoscimento.
In questi anni abbiamo sempre creduto che costruire un’organizzazione sindacale
indipendente non significasse semplicemente aggiungere un’ulteriore sigla al
panorama esistente. Anche se magari più radicale, maggiormente capace di evitare
derive identitarie o di scivolare su un terreno inefficace e marginale.
Sperimentare la strada del sindacalismo indipendente ha significato per noi dar
vita a un modello di partecipazione realmente inclusivo, con una chiara
vocazione maggioritaria, capace di rilanciare una nuova stagione di
sindacalizzazione. Anche la critica, spesso severa, che abbiamo rivolto
apertamente alle organizzazioni confederali, non è equivalsa in una chiusura
ideologica, nella ricerca di una presunta purezza. Abbiamo spesso cercato
alleanze tattiche, il più delle volte ricevendo chiusure da parte degli altri,
che si sentivano minacciati dalla nostra presenza.
Pensiamo che l’importante traguardo del rinnovo del contratto non sarebbe stato
possibile senza la lunga e inedita vertenza per le stabilizzazioni, che ha
modificato la composizione dei dipendenti e gli assetti dell’Agenzia. Le prime
battaglie per la stabilizzazione dei circa 600 precari sono iniziate già nel
2015, per poi arrivare al punto più alto a cavallo tra il 2019 e il 2021, quando
sono stati necessari oltre 10 scioperi, 15 presidi, un’occupazione della sede
centrale di Roma e numerose altre azioni comunicative sui social. Un lungo ciclo
che ha di fatto costruito e consolidato una trama di relazioni.
Successivamente, nel 2023, abbiamo ottenuto un importante Accordo sul Lavoro
Agile e, poi, più di recente il pre-accordo sulla parte economica del CCAL. In
tutto questo tempo abbiamo dimostrato capacità propositiva, trasparenza e
condivisione nei processi decisionali.
La libertà di organizzazione sindacale, il pluralismo, la democrazia nei luoghi
di lavoro e la capacità di costruire mobilitazione e consenso dal basso si sono
rivelati fattori decisivi. A questi elementi si sono aggiunti una disponibilità
all’ascolto attivo e un’attitudine empatica, aspetti fondamentali che ci hanno
permesso di cogliere in profondità le dinamiche di sofferenza sul lavoro.
Sofferenze psichiche spesso legate a demansionamenti, percorsi di carriera
incerti, mancanza di riconoscimento e a diverse altre forme di fragilità.
All’interno del multilivello che ha contraddistinto la nostra azione sindacale,
un ruolo fondamentale è stato svolto dalla comunicazione come forma di
conflitto: sia nella battaglia contro la precarietà, sia nelle fasi più delicate
e decisive dei negoziati più recenti sul contratto. In questo senso, le nuove
forme di comunicazione e di immaginario politico sperimentate a partire dai
primi anni Duemila, anche grazie all’esperienza di San Precario, hanno
rappresentato per noi una straordinaria cassetta degli attrezzi. Questo
approccio ci ha permesso di costruire molteplici alleanze, dentro e fuori i
luoghi di lavoro, perché siamo convinti che non si vince mai da soli. Se i
risultati raggiunti oggi sono stati possibili, oltre alla determinazione delle
lavoratrici e dei lavoratori, alla solidarietà di chi ha partecipato alle
mobilitazioni, alle altre vertenze incontrate lungo il cammino, alla complicità
con i giornalisti spesso precari, è stato necessario il contributo generoso di
parlamentari delle forze di opposizione che hanno sostenuto le nostre
rivendicazioni. Grazie al loro supporto, è stato possibile ottenere la legge
128/2019 che ha consentito la nostra stabilizzazione, aprendo la strada a un
precedente importante nelle società in house. Oggi più che mai, sono questi
elementi molteplici che rafforzano la contrattazione collettiva e contrastano la
crisi di rappresentanza in atto.
Le conquiste raggiunte con il rinnovo del contratto – sul piano economico e
normativo – sono ancora più evidenti se si considerano i recenti dati Istat che
segnalano che alla fine di marzo 2025, mentre nel settore privato la quota di
contratti collettivi nazionali in vigore era del 66% circa, nella pubblica
amministrazione, invece, l’incidenza era pari a zero, poiché i contratti
rinnovati si riferiscono al triennio 2022-2024 e risultano già scaduti. In
questo senso pensiamo che la contrattazione collettiva è uno strumento
essenziale e insostituibile per affermare diritti, soprattutto in un contesto
economico e sociale segnato da un regime di guerra globale.
Possiamo affermare con convinzione di aver vinto questa sfida. Oggi le CLAP sono
tra le organizzazioni sindacali più rappresentative in Sviluppo Lavoro Italia.
Grazie alla nostra azione, il contratto è diventato l’architrave dei diritti,
garanzia di tutele e strumento fondamentale di democrazia sindacale.
La partecipazione attiva delle lavoratrici e dei lavoratori è stata al centro
del vostro percorso. Come avete costruito e mantenuto questa partecipazione
durante i 13 mesi di negoziato e in che modo ha influito sulle scelte
contenutistiche dell’accordo? Più in generale, come si è sviluppata e
consolidata la presenza di CLAP all’interno di Sviluppo Lavoro Italia?
Fin dall’inizio della vertenza sul rinnovo del contratto abbiamo sperimentato un
laboratorio di scrittura corale della nostra piattaforma fatto di gruppi di
lavoro tematici, che ha rinsaldato il senso di appartenenza, restituendo alle
lavoratrici e ai lavoratori la percezione concreta di essere non solamente
destinatari di maggiori e nuovi diritti, tutele, incrementi salariali, ma attori
messi nelle condizioni di operare delle scelte, orientate da domande necessarie,
quali «cosa faccio, come sto, cosa desidero per me e per gli altri».
Nel corso di questi 13 mesi abbiamo dato vita a diverse agorà sul contratto per
discutere collettivamente lo stato della trattativa. È stato fondamentale anche
utilizzare in maniera continuativa chat, strumenti di videoconferenza e
indirizzari condivisi per discutere in tempo reale gli avanzamenti o i blocchi
nel negoziato.
Questa pratica si è resa possibile anche perché sin dall’inizio della nostra
esperienza sindacale nell’Agenzia abbiamo provato a mettere al centro la vita
delle persone, valorizzarla come elemento fortemente politico (il senso del
lavoro, le relazioni, il benessere, il rapporto tra i generi e con l’ambiente).
Tutto ciò ci ha messo nelle condizioni di ribaltare l’idea stessa della
rappresentanza e della funzione del sindacato, così come è stata interiorizzata
negli anni dalle lavoratrici e dai lavoratori nella pubblica amministrazione e
nel sistema para-pubblico delle società in house. Strutture spesso
burocratizzate, dominate dagli interessi mutevoli maturati nei vari cicli
politici, dove è stata incentivata la logica del “compromesso” individuale
piuttosto che la tutela degli interessi collettivi.
La nostra azione di diffusione e distribuzione del “potere” della parola e
dell’azione non è stata semplice e lineare, e a oggi neppure possiamo
considerarlo un risultato definitivo. Offrire spazi di riconoscimento ed
espressione delle condizioni lavorative, qualificandole anche attraverso
meccanismi di autoriflessione e di autoformazione (seminari, workshop, gruppi di
discussione, inchieste dal basso), ha prodotto un duplice effetto: rompere il
privilegio e l’automatismo della delega e, al tempo stesso, ingaggiare l’intera
comunità professionale, lacerata anche sul piano etico dalla stratificazione
diseguale delle condizioni e dalla rottura del legame solidaristico, dentro un
processo di crescita collettivo.
In un’epoca in cui spesso si assiste alla smaterializzazione della
contrattazione collettiva e al ricorso a premi una tantum o welfare aziendale,
voi avete puntato su aumenti nei minimi tabellari e su una clausola di garanzia
per i salari reali. Perché questa scelta? Che tipo di modello contrattuale
volete costruire?
Da vent’anni assistiamo a un doppio fenomeno. La caduta dei salari reali si è
intrecciata con un cambiamento della struttura della retribuzione. Ciò è
avvenuto anche nelle grandi aziende e nei settori più protetti dalla
contrattazione. Sono oramai tanti gli studi internazionali che certificano la
crisi salariale italiana. Ci limitiamo a citare l’ultimo rapporto dell’ILO che
dimostra come negli ultimi 17 anni i salari reali italiani hanno accumulato la
contrazione più alta nell’ambito del G20, con una perdita di circa il 9%. Anche
nelle grandi aziende, dove magari la riduzione reale dei redditi da lavoro è
stata inferiore, si è assistito progressivamente a uno spostamento di quote di
reddito dai salari verso le componenti accessorie della retribuzione, come il
welfare aziendale o forme di fringe benefit. Ciò oltre a favorire quel generale
fenomeno di impoverimento del “ceto medio”, ha fortemente contribuito a
indebolire l’universalità del nostro welfare pubblico. Senza tralasciare che in
un sistema basato sulle regole della previdenza contributiva, questi cambiamenti
hanno condannato i lavoratori a un futuro di basse pensioni.
C’è da dire che tutto ciò è soprattutto ascrivibile agli effetti della
finanziarizzazione dell’economia globale, che ha imposto concretamente dentro i
contratti collettivi una subordinazione della dinamica delle retribuzioni alle
regole della finanza, proprio incentivando l’accesso alle piattaforme che
erogano i servizi di welfare aziendale, con il ricorso alle assicurazioni
sanitarie private in un contesto di crisi della sanità pubblica, fino ad
arrivare allo sviluppo della previdenza complementare. È altrettanto vero, però,
che questo lungo processo, se in qualche caso è stato subito dalle
organizzazioni sindacali confederali, nella gran parte dei casi è stato
avallato, sostenuto in varie forme, fino ad accettare il proprio coinvolgimento
sin dentro la gestione degli enti bilaterali e dei fondi privati.
In questo difficilissimo quadro abbiamo provato a invertire la rotta, almeno nel
piccolo della nostra agenzia. Non solo abbiamo lottato per strappare un aumento
complessivo delle retribuzioni del 14,6% nei livelli di inquadramento più bassi,
ma siamo riusciti a conseguire che la gran parte degli aumenti si registrasse
proprio nei minimi contrattuali, per altro con un aumento generalizzato – uguale
per tutte e tutti – pari al 13,4%.
Accanto a questo, siamo riusciti a ottenere una clausola contrattuale che
dovrebbe maggiormente proteggere i salari reali in caso di una nuova crisi
inflattiva, che non è affatto da escludere nell’attuale congiuntura di guerra.
Come vi proponete di monitorare l’attuazione nei prossimi mesi?
Per quanto riguarda l’aspetto economico del contratto, sarà fondamentale
monitorare l’attuazione della clausola di salvaguardia dei salari in caso di una
nuova crisi inflattiva.
Sul piano normativo, sarà altrettanto importante vigilare sull’effettiva
applicazione dei significativi risultati ottenuti. Per farlo, intendiamo
continuare a organizzare assemblee e mantenere attivi i canali di comunicazione
nati durante la scrittura della piattaforma, coinvolgendo i gruppi tematici che
presidiano specifici ambiti. Questo ci permetterà di raccogliere feedback
diretti sull’attuazione del contratto. Parallelamente, sarà necessario un
confronto costante con la delegazione trattante aziendale, attraverso richieste
periodiche di dati, report, incontri di verifica e risoluzione condivisa di
eventuali criticità. Questo approccio potrà anche contribuire, nel tempo, a
integrare e rafforzare diritti e tutele.
Le principali novità introdotte nella parte normativa che andranno monitorate in
modo puntuale riguardano la riforma complessiva del sistema professionale e
dello sviluppo di carriera. Una delle innovazioni più significative è
l’introduzione, per la prima volta, di un sistema di progressione a “doppio
binario”, coerente con quanto richiesto nella piattaforma delle CLAP, che ha
posto con forza il tema della necessità di una crescita verso l’alto degli
inquadramenti.
Questo sistema prevede una progressione orizzontale automatica che interesserà
circa il 54% del personale, attraverso un piano di adeguamento volto a sanare i
sotto-inquadramenti accumulati negli ultimi anni. La prima parte della
riclassificazione è stata avviata già il 1° luglio ed ha comportato un
incremento delle retribuzioni che si aggiunge agli aumenti già previsti nella
parte economica del contratto. È importante sottolineare la natura automatica di
questa riclassificazione che si pone in netta controtendenza rispetto ai sistemi
di progressione di carriera fortemente basati su sentieri di sviluppo
individualizzati, gestiti discrezionalmente da parte dei vertici aziendali. Il
“secondo binario” prevede che tra settembre e dicembre 2025, l’azienda avvii le
attività istruttorie per un piano di sviluppo che coinvolgerà la parte residua
del personale non interessata dalla progressione automatica. Questo piano, che
avrà effetti a partire da febbraio 2026, mirerà a garantire percorsi di crescita
omogenei e inclusivi.
Sono state, inoltre, definite declaratorie più nitide e l’introduzione di un
glossario che ne specifica il contenuto. Sono state riformate le famiglie e i
profili professionali in maniera da stabilire meglio i compiti e le attività dei
dipendenti. In sostanza l’obiettivo è stato quello di superare un modello di
inquadramento statico e prescrittivo, favorendo invece una maggiore autonomia
della prestazione.
Infine, il contratto registra passi avanti anche su altri temi chiave:
flessibilità degli orari per un miglior equilibrio vita-lavoro, maggiori tutele
per la genitorialità condivisa, l’inclusione socio-lavorativa, il contrasto alla
discriminazione e alla violenza di genere, e l’incardinamento nel contratto
degli istituti che regolano il lavoro a distanza (Lavoro Agile e Telelavoro),
anche in questo caso per garantire maggiore flessibilità nell’esercizio della
prestazione.
Che ruolo può avere il sindacalismo indipendente oggi, in un quadro segnato da
tensioni geopolitiche, contrazione salariale e crisi della rappresentanza?
Dal nostro osservatorio ci sembra evidente che, quanto più si affermano il
pluralismo e la democrazia sindacale – e con essi la partecipazione diretta e la
mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori – tanto più si ottengono
risultati concreti. Auspichiamo che l’esperienza di Sviluppo Lavoro Italia possa
rappresentare un esperimento riproducibile per le tante vertenze contrattuali
ancora bloccate da troppo tempo. Senza il rinnovo dei contratti, i salari
restano fermi, le prospettive di carriera si arrestano e le tutele necessarie
per un reale equilibrio tra vita e lavoro non diventano mai diritti esigibili.
Così il lavoro perde dignità. Noi abbiamo dimostrato che è possibile cambiare
rotta: avanzare nei diritti e nelle tutele si può, coniugando conflitto e
contrattazione.
In una fase così complessa, segnata da una forte offensiva padronale e
governativa, il sindacalismo indipendente potrebbe assumere un ruolo da
protagonista. Ma per farlo deve rompere il monopolio della rappresentanza e
diventare un punto di riferimento capace di aggregare ciò che oggi è frammentato
e indebolito, dando vita a un processo radicale di rinnovata sindacalizzazione.
Il problema salariale italiano e, più in generale, l’indebolimento della
contrattazione collettiva è anche la conseguenza stessa del modello di relazioni
industriali formatosi negli ultimi trenta anni, a partire dal biennio 1992-93.
Per questo mentre dobbiamo provare con la convergenza delle lotte a rimettere in
discussione complessivamente quel modello, intanto vanno usati tutti gli spazi
possibili nel contesto delle regole date per favorire i salari e le tutele.
Ci auguriamo che la nostra esperienza rappresenti solo l’inizio di un percorso
più ampio e condiviso.
Vai al comunicato stampa pubblicato da Clap a seguito della sigla del contratto
L’immagine di copertina è di Clap – Camere del lavoro autonomo e precario
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