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Caso “La Stampa” | Il prezzo di stare dalla parte giusta – di Cristina Roncari
Sabato sera. Cena. La Tv gira per conto suo. Arrivano le parole: “Ignobile, vile, grave, irresponsabile, anni di piombo”. Guardo le immagini: ragazzi entrano nella sede del quotidiano La Stampa e come si direbbe oggi in linguaggio antagonista “ lo sanzionano”. Mi colpiscono volti scoperti. Santa ingenuità. Con un governo di estrema destra e [...]
Genova, 1223° ora in silenzio per la pace. Solidarietà Convegno annullato “La scuola non si arruola”
Da parecchi anni ormai le forze armate stanno cercando di entrare all’interno delle scuole con proposte di tipo sportivo e/o informativo: da “open day” all’interno delle caserme, a campi estivi in montagna, all’affidamento ai carabinieri dell’educazione civica, a convenzioni con l’università per la partecipazione di studenti e studentesse ad esercitazioni NATO; fino a  a conferenze per il reclutamento che credevamo di aver visto solo nei film sulla guerra del Vietnam. Lo scopo è evidente: far digerire ai ragazzi, alle ragazze, alle loro famiglie e, indirettamente a tutti e tutte noi le politiche internazionali e italiane sempre più aggressive e le spese militari che continuano a crescere. E, perché no, acchiappare e reclutare qualche “buon elemento” cui mettere un’arma in mano; facendo leva anche sul vergognoso mercato del lavoro che costringe molte persone a venire a patti con la coscienza in cambio di un “posto fisso”. Un “posto fisso” che potrebbe anche comportare l’uccisione di “nemici”; in prevalenza civili come avviene sempre in tutte le guerre. Un “posto fisso” al servizio degli USA, che occupano parte del nostro territorio con basi militari anche nucleari, e dettano legge nella nostra politica estera: prova ne sia che, nonostante la maggior parte dei paesi del mondo abbia già riconosciuto lo stato di Palestina, l’Italia continua a non volerlo fare per non disobbedire agli ordini USA. Un “posto fisso” che, con le spese per gli armamenti in continua crescita, sottrae risorse alla salute, all’istruzione, all’arte, al welfare. Lo stato italiano non assume medici, infermieri, ingegneri ed insegnanti di ruolo, ma fa giurare ogni anno migliaia di militari. In coincidenza con la ricorrenza dell 4 novembre, in cui le forze armate celebrano l’INUTILE STRAGE della prima guerra mondiale Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha annullato il corso che il Cestes-Proteo insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università aveva organizzato per il 4 novembre 2025 un convegno  con il titolo: “4 novembre la scuola non si arruola” L’intento era di parlare di storia, descrivendo la prima guerra mondiale come un evento che costò all’Italia 600 000 morti per vantaggi territoriali che si sarebbero potuti ottenere con la neutralità;  un evento frutto di un vero e proprio colpo di stato (il Parlamento era contrario all’entrata in guerra); e  di analizzare in modo critico il detto “chi per la patria muor, vissuto è assai”. E di invitare il mondo della scuola a respingere ogni tentativo di militarizzare la scuola e l’istruzione. Qualche giorno fa, arriva il fermi tutti: il Ministero dell’istruzione e del merito annulla l’accreditamento al corso. Gli insegnanti non potranno usufruire per il convegno del monte ore di aggiornamento che costituisce per loro un diritto/dovere; a pochi giorni dal suo inizio e a iscrizioni già avvenute. Le motivazioni ufficiali del ministero affermano che “l’iniziativa  LA SCUOLA NON SI ARRUOLA non appare coerente con le finalità di formazione professionale del personale docente presentando contenuti e finalità estranei agli ambiti formativi riconducibili alle competenze professionali dei docenti, così come definite nel CCNL scuola e nell’Allegato 1 della Direttiva 170/2016.” Consapevoli del dettato costituzionale che impone il ripudio della guerra, e certi che il continuo intrufolarsi delle forze armate nelle scuole abbia già fatto abbastanza danni, esprimiamo a chi è colpito da questo ingiusto provvedimento tutta la nostra solidarietà. Ora in silenzio contro la guerra 
“Blocchiamo tutto”: era la parola d’ordine di tutte e tutti – Paolo Punx
Blocchiamo tutto è stata la colonna sonora che ha attraversato tutte le iniziative dello sciopero generalizzato del 22 settembre. Blocchiamo tutto contro il silenzio complice del genocidio in palestina. Blocchiamo tutto per contrastare dal basso la vendita d’armi e gli scambi commerciali e finanziari che alimentano il genocidio. Blocchiamo tutto perché siamo l’equipaggio di [...]
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Il minuto di silenzio nelle scuole è per le vittime del genocidio di Gaza
Come docenti ed educatori pacifisti, antimilitaristi e nonviolenti non possiamo non accogliere con interesse l’invito da parte del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, e anche dell’UCEI (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), di dedicare un minuto silenzio alle vittime di tutte le guerre, ben 56 in tutto il mondo, molte delle quali utilizzano gli strumenti di morte che produciamo e vendiamo noi dall’Italia, anche aggirando una normativa, la legge 185/1990, che  dovrebbe vietare l’esportazione di armi verso Paesi in guerra o in palese violazione dei diritti umani. Tuttavia, ci preme sottolineare che l’iniziativa lanciata per il primo giorno di scuola da Docenti per Gaza insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e La Scuola per la Pace di Torino e Piemonte, aveva uno scopo preciso, cioè quello di focalizzare l’attenzione sul genocidio in corso in Palestina; un genocidio che sta avvenendo sotto i nostri increduli occhi di docenti responsabili; un genocidio che, incredibilmente, viene negato e passato sotto silenzio da media e Governo italiano, mentre studiosi, ONG e organizzazioni internazionali umanitarie denunciano; un genocidio che, diversamente dalle altre guerre simmetriche tra milizie armate, sta colpendo una popolazione intera, civili, bambine, bambini, anziani. La precisazione e il focus sul genocidio nel chiedere da parte dei Collegi Docenti il minuto di silenzio nelle scuole per il primo giorno devono essere mantenuti, giacché avvertiamo che l’operazione del ministro Valditara, come quella dell’UCEI, ma anche quella dello zelante USP Lazio, che chiede ai dirigenti di vigilare affinché nei Collegi Docenti si disbrighino solo funzioni amministrative e burocratiche, impedendo ai docenti di pensare, vanno esattamente nella direzione di negare ciò che sta accadendo, minimizzare gli eventi e disinformare rispetto al genocidio in atto, equiparandolo a “tutte le altre guerre”. È proprio quella responsabilità, alla quale l’UCEI ci richiama nell’essere insegnanti, che ci impedisce di ignorare ciò che sappiamo dalla storia e ciò che per anni abbiamo insegnato nelle nostre classi con fonti e documenti storici alla mano. E noi dalla storia sappiamo che, diversamente da ciò che si afferma nella nota diramata dall’Unione delle Comunità Ebraiche, che ha il netto sentore di propaganda distorsiva dei fatti per mascherarne la gravità genocidaria in atto, la violenza nei confronti del popolo palestinese da parte dello Stato sionista d’Israele non inizia affatto all’indomani del 7 ottobre 2023, ma è di gran lunga precedente. Proprio perché, come docenti responsabili, abbiamo dimestichezza con la storia e con i diritti umani fondamentali che vanno garantiti alle persone in quanto tali, nel rispetto della Costituzione antifascista, nella quale ci riconosciamo, e rifiutiamo la propaganda legata alla contingenza della nostra alleanza militare e politica con gli Stati Uniti e con Israele nell’ambito della NATO, noi abbiamo il dovere di dire che raccontare e spiegare ai nostri studenti e alle nostre studentesse ciò che sappiamo attraverso fonti ben documentate e documentabili anche da parte di storici e studiosi israeliani come Benny Morris, Simpa Flapan, Avi Shlaim, Ilan Pappé. E noi sappiamo, perché ne abbiamo preso consapevolezza in quanto docenti responsabili, che dal 1° gennaio al 7 ottobre 2023 le vittime palestinesi sono state 247; che Gaza è stata bombardata dallo Stato sionista d’Israele, che secondo l’ONU occupa illegalmente i territori che non gli appartengono, nel 2008, nel 2012, nel 2014, nel 2021 e nel 2022; che sulla testa del premier israeliano Benjamin Netanyahu pende un mandato per crimini nei confronti dell’umanità da parte della Corte Penale Internazionale; che in Cisgiordania, dove Hamas non c’entra nulla, essendo stato votato solo dalla popolazione di Gaza, i coloni israeliani sono legittimati a demolire le abitazioni dei palestinesi e a costruire le proprie e tutto ciò ben prima del 7 ottobre 2023. Come docenti responsabili, cioè come docenti che sono interpellati dai propri studenti e dalle proprie studentesse per rispondere e rendere conto delle atrocità e delle ingiustizie che avvengono in tutto mondo, ciò che troviamo pericoloso è spostare l’attenzione su altre guerre, per negare la specificità del genocidio palestinese, così come demistificare i fatti per mera propaganda sionista. E, come docenti responsabili, vigileremo e lavoreremo affinché la specificità di ogni genocidio, da quello ebraico fino a quello palestinese sotto i nostri occhi, inchiodi gli esecutori materiali e le idee che lo giustificano alle proprie responsabilità, per cui noi continueremo a denunciare, piuttosto, la pericolosità tanto del nazismo, quanto del fascismo e del sionismo. E magari il minuto di silenzio per tutte le 56 guerre in corso lo faremo il secondo giorno di scuola. Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Chiamare le cose col loro nome: genocidio
Tutta la nostra agitazione contro il genocidio rischia di essere un’illusione. A ben vedere, ogni intervento, ogni parola pubblica o privata, si rivela un gesto impotente. Ci illudiamo di poter incrinare il consenso dell’Occidente verso Israele — alcuni arrivano persino a credere che le proprie azioni, soprattutto sui social, possano […] L'articolo Chiamare le cose col loro nome: genocidio su Contropiano.