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Brian Catling / New weird nello specchio del surrealismo
I divisi (2018, The Clover), terzo e ultimo capitolo della saga di Brian Catling,  presentata da Pulp Magazine alcuni anni fa, completa la trilogia del Vorrh, la foresta africana che nessun geografo è mai riuscito a mappare, tanto antica da nascondere tra i suoi gangli vegetali anche i resti del Giardino dell’Eden di Adamo ed Eva. Un esperimento, quello umano, andato storto da subito, e che ora si avvita nella sentina coloniale del secolo scorso, con i coloni bianchi che dopo aver fatto man bassa di legname, sfruttando la manodopera di nativi zombi, si apprestano a importare anche la funesta Guerra Europea. La morale, come il lettore apprende insieme a un attonito Hector, forse il più inconsapevole tra i molteplici protagonisti di questa storia, è che “La foresta copre le cicatrici e le idee che non sarebbero mai dovute esistere. I pollici opponibili vi sono stati concessi per curare le piante, non per erigere città, macchine, infinite idee su come funzionano le cose”. Gli angeli stessi, esiliati dal Paradiso Terrestre nel ventre della foresta vivente per sottrarsi alla vergogna del loro fallimento, figurano adesso, fuori da qualsiasi iconografia evangelica, come bizzarre e ibride deità al servizio dell’agency vegetale. Il tempo storico ora volge al termine ma non quello del Vorrh, destinato a sommergere e sovrastare uno ad uno i simboli e il territori occupati dalla civiltà umana.  Se il primo libro ci ha introdotti nell’oscuro mondo del Vorrh, e tra l’arcana borghesia di Eisenwald, la città germanica ricostruita tal quale nel cuore dell’Africa nera, il secondo capitolo ha in parte già svelato la trama delle figure intermediali, delle entità ancestrali e dei cherubini caduti che – alla pari di ciclopi, robot di bachelite, nani antropofagi, cadaveri senzienti, corpi disumanizzati o tradotti in archi e feticci sciamanici – contornano la stupefacente saga di Catling. I Divisi punta ora decisamente verso l’Apocalisse e la resa dei conti finale per la nostra specie. E lo fa, come sempre, mobilitando un coacervo di sottotrame, animate da una molteplicità di personaggi, cui raramente concede il beneficio della psicologia, più spesso quello della meccanica: il loro arco, dopotutto, deve soltanto procedere fino alla fine assegnata mentre lo spettro della fabula si restringe per convergere nel suo epilogo, risucchiando il lettore, un capitolo dopo l’altro, in un imbuto narrativo dentro a cui potrà perdersi ma da cui non potrà sfuggire. Come nei libri precedenti, la strategia romanzesca di Catling prevede che alcune figure storiche si confondano con i personaggi di fantasia. Dopo il simbolista francese Raymond Roussel (a cui si deve peraltro l’invenzione letteraria del Vorrh), il medico della regina Sir William Gull (uno dei sospetti Jack The Ripper), il pioniere della fotografia  Eadweard Muybridge, la grave sig.ra Winchester, comparsi nel primo volume, e lo spirito guida di William Blake che accompagna gli eventi di The Erstwhile, questa volta è la figura del naturalista e poeta afrikaans Eugène Nielen Marais a testimoniare con la sua vita  l’inconciliabilità di cultura e natura nella modernità,  suppurando  la frattura ontologica con l’irriducibilmente Altro della foresta senziente e dei suoi mostri (che l’albero della conoscenza, si suggerisce non troppo tra le righe,  recava già tra i suoi frutti avvelenati all’alba dei tempi..). Come ha osservato Luca Giudici su Quaderni d’Altri Tempi: “il Vorrh rappresenta una visione ciclica del tempo che si oppone alla concezione lineare e progressiva della modernità occidentale”. Il cruento suicidio di Marais apre in pratica I Divisi, ma è solo l’inizio della fine e di un romanzo non meno surreale, perturbante e “violento” dei due precedenti. Salutato al suo apparire da Michael Moorcock, Terry Gilliam, Jeff VanderMeer e da Alan Moore (che ha scritto la prefazione al primo volume) come una pietra miliare della letteratura fantastica, il Vorrh rifugge dai tropi normalizzati del fantasy, un genere che l’autore, scomparso nel 2022, notoriamente non ha mai amato, rivendicando per contro l’influenza e il magistero dei “classici” Poe, Borges, Calvino. Come e più di China Mieville, Catling offre una versione del new weird costantemente triangolata dal retrovisore del Novecento e delle sue avanguardie, in particolare del surrealismo. È da questa prospettiva “inattuale” che nello scorcio di questo nuovo secolo ha potuto sparigliare le aspettative del pubblico, trasfigurando dietro ai suoi cadaveri eccellenti una riflessione sull’Occidente che va oltre la vicenda storica del colonialismo.  Scultore, artista della performance e professore di Belle Arti che ha scoperto la scrittura soltanto in età avanzata, Catling evade del resto anche le convenzioni linguistiche del romanzo, spingendole al limite di una  alterna sperimentazione poetica. Il risultato è una saga unica nel suo genere e, sopratutto, al di là di qualsiasi genere.   L'articolo Brian Catling / New weird nello specchio del surrealismo proviene da Pulp Magazine.
Cheryl Ntumy / Ribellione, rabbia e amore
I futuri ipotetici di Cheryl Ntumy possono essere diversi fra loro. In alcuni la rivolta è un rituale vuoto, etero-diretto non solo dai cani da guardia del potere ma anche da chi della ribellione ha fatto una professione, più un’arte performativa che un vero agire politico. In altri l’ambiente è cosa viva, le abitazioni ci parlano attraverso pensieri e ricordi, vivono e muoiono insieme a noi. I futuri ipotetici di Ntumy sono una serie di storie differenti accomunate dalla stessa urgenza, la necessità profondamente politica di trattare attraverso la speculative fiction nelle sue diverse declinazioni, dalla distopia tout court al racconto che vira sul solarpunk, i temi necessari della contemporaneità. Patriarcato, capitalismo della sorveglianza, emergenza ambientale e i pericoli della post-verità manipolata nella dimensione digitale sono solo alcuni degli argomenti raccontati in Black Friday, la raccolta di short stories firmata dall’autrice ghanese. Mutatis mutandis, il libro ricorda il lavoro di un altro autore che fa della politica, e in particolar modo della critica sociale, il timbro della propria voce autoriale per niente sussurrata. Lo scrittore in questione è Cory Doctorow e la raccolta di Ntumy richiama alla memoria una raccolta che ne sintetizza in maniera particolarmente felice la poetica: Radicalized. L’energia, così sanguigna e nervosa, è la stessa, come simili sono i nervi scoperti che le due opere, ambedue forti del potere di sintesi del racconto breve, vanno a toccare. Ciò che differenzia Black Friday è la forte identità africana dell’autrice e del suo lavoro. I racconti sono ambientati in Ghana, in Botswana, in Sudafrica, in una terra in cui la scena della speculative fiction è attiva e da anni gode di un bel fermento figlio di un desiderio da parte di tutto un continente di incidere su un mondo le cui politiche l’hanno sempre posto in una posizione subalterna nel migliore dei casi. E Ntumy di questo movimento, legato all’identità africana, fa attivamente e orgogliosamente parte sia come autrice di fiction sia partecipando alle discussioni con una presenza on line tutt’altro che irrilevante. E se solo una parte del movimento della letteratura fantastica, nelle sue diverse declinazioni (Afrofuturismo, futurismo africano o futurismo afrocentrico che non sono affatto la stessa cosa ma rappresentano realtà ben distinte all’interno di un quadro molto ampio), raggiunge un pubblico magari non mainstream ma indubbiamente più vasto (Nnedi Okorafor, Nora K. Jemisin e Octavia Butler per citarne alcune), le voci interessanti non mancano e Ntumy è una di queste. La sua versatilità come autrice si dispiega in maniera impressionante in questa raccolta, che attraversa i differenti sottogeneri della fantascienza più attuale con una naturalezza e con una varietà che solo chi ha padronanza solida della scrittura può ottenere con risultati parimenti apprezzabili. Il volume contiene una decina di racconti certamente diversi ma non per questo privi di una unitarietà di fondo riscontrabile nello stile energico e nervoso oltre che nelle già citate tematiche che fanno di Ntumy una scrittrice scopertamente impegnata su più fronti politici. Una penna capace, in grado di strutturare trame solide con una scrittura densa, equilibrata e dalla voce personale. Una scrittrice completa da tutti i punti di vista in grado di dominare una forma semplice solo in apparenza come la short story. La lettura è sempre fruibile e il messaggio arriva sia a livello razionale che a livello emotivo. Black Friday è il prodotto – l’ennesimo – di una scena florida che cresce, spesso lontano dai nostri occhi di lettori, ma che è sempre più difficile non notare proprio per la qualità delle opere che produce, libri in grado di connettere con noi, pur mantenendo un’identità fermamente ancorata al proprio territorio e alla propria specificità estetica e culturale, grazie anche alla trasversalità delle tematiche e a una scrittura in grado di giocarsi la propria partita a livello internazionale.   L'articolo Cheryl Ntumy / Ribellione, rabbia e amore proviene da Pulp Magazine.