Rabbia e partecipazione. Dopo l’esplosione, il quartiere prende la parola
Il sole si nasconde dietro i maestosi pini della scuola Romolo Balzani. Inizia
l’assemblea convocata davanti l’istituto, gravemente danneggiato dall’esplosione
del distributore di GPL in via dei Gordiani, avvenuta pochi giorni fa. I danni
materiali sono ingenti, ma lo è anche la risposta del quartiere: plurale,
determinata.
«Non è stato un caso», ripetono in moltə, passando rapidamente il microfono di
mano in mano. Non si tratta di una fatalità. L’esplosione è il frutto di una
lunga catena di scelte e omissioni che hanno permesso l’insediamento di impianti
pericolosi nel cuore del tessuto abitativo.
> Un processo che ha trasformato quest’area tra Torpignattara e Centocelle in un
> territorio sotto assedio. La crisi ambientale, spesso percepita come distante
> o astratta, qui ha forma e consistenza molto concrete. E inquietanti.
Si alternano voci diverse: genitori, insegnanti, attivistə degli spazi sociali,
residenti. Registri differenti, una lettura condivisa: in gioco c’è un’idea
alternativa di città.
Alla rabbia, inevitabile, si affianca il dolore. Proprio ieri è morto il
lavoratore coinvolto nell’incidente. Anche questo, dicono in tantə, non è un
caso. Emanuele, attivista delle Clap – Camere del lavoro autonomo e precario –
ricorda che gli incidenti sul lavoro non sono eccezioni. Sono il segno di un
sistema che considera la forza lavoro sacrificabile: «Una vita dignitosa passa
anche dalla sicurezza. Sul lavoro e nei territori».
Accanto a rabbia e dolore, si è fatta spazio un’altra energia. Il quartiere ha
connessioni, linguaggi e strumenti, e una lunga storia di lotte. Dopo gli
incendi che colpirono la Pecora Elettrica e altri luoghi, si è aperto un ciclo
di mobilitazioni intense e innovative, ci sono i comitati dei genitori, i
comitati di quartiere e in difesa del verde pubblico. Ieri, in un pomeriggio
feriale, oltre cinquecento persone hanno risposto all’appello circolato quasi
solo col passaparola. È un segnale chiaro: quell’energia è ancora in circolo.
«Dobbiamo immaginare un corpo a corpo con le istituzioni, a partire dalla nostra
capacità di autorganizzarci», dice Emiliano, attivista di Casale Garibaldi. È un
punto ricorrente: serve un percorso che permetta a chi abita e attraversa il
quartiere di prendere parte ai processi decisionali. A partire dall’emergenza
scolastica, ambientale e sociale, fino alla questione degli spazi abbandonati
che punteggiano il quadrante.
> Tra gli interventi più intensi, quello di B., insegnante della scuola Balzani.
> Racconta la paura e lo shock vissuti da chi ogni giorno lavora tra quelle
> mura. Ma anche la cura con cui si prova a tenere insieme una comunità
> educativa. Khaled, genitore, intreccia la vicenda locale con un orizzonte più
> ampio: «Aumentano le spese militari, calano quelle per l’istruzione. È ora di
> invertire la rotta»
Quando cala il sole, l’assemblea si muove. Il corteo attraversa in anello alcuni
luoghi simbolo del quartiere: l’istituto Iqbal Masih, il mercato, Casale
Garibaldi. Proseguono gli interventi. Poi torna davanti alla scuola Balzani. Qui
risuona la canzone degli Assalti Frontali dedicata a Simonetta Salacone,
indimenticata dirigente scolastica che, proprio in questo territorio, provò a
reinventare l’educazione come pratica aperta, radicata, plurale.
Il prossimo appuntamento è per lunedì 14 luglio alle 18 a Casale Garibaldi. Un
nuovo passaggio in un percorso che si preannuncia lungo e intenso. Non si tratta
solo di chiedere il ripristino dei danni e la bonifica di tutto il quartiere: in
gioco c’è la possibilità di rompere l’assedio ambientale e rivendicare il
diritto a essere parte attiva delle scelte che riguardano i nostri territori. In
un tempo segnato dal regime globale di guerra e dall’affermazione delle destre
globali, la solidarietà vista andata in scena ieri – militante, plurale, aperta
– è il segno dell’infrastruttura sociale che attraversa il quartiere. Ed è da
qui che si può ripartire.
La foto di copertina e nell’articolo sono di Riccardo Carraro
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