I 35 anni della Legge 185/90: preservare controllo e trasparenza su export di armi
Si celebra oggi, 9 luglio 2025, il trentacinquesimo anniversario dell’entrata in
vigore della Legge 185 del 1990 che regola l’export di armamenti italiani: una
data importante a ricordo di una pietra miliare dell’azione per la Pace e il
Disarmo nel nostro Paese, oltre che un’occasione per riconoscere e fare memoria
del ruolo cruciale delle campagne promosse su questi temi dall’associazionismo e
dalle azioni collettive.
La normativa italiana sulla esportazione di armi è infatti nata a seguito
della pressione della società civile, sempre più consapevole dei problemi
derivanti dal mantenere segreto e dominato solamente da valutazioni economiche
un commercio dagli impatti così devastanti (sulle persone e sulla Pace). Grazie
a questa visione innovativa e aperta la Legge 185/90 si è configurata come un
passaggio avanzato e importante, riuscendo così ad ispirare ed anticipare i
meccanismi e i criteri delle norme internazionali che oggi regolano il commercio
di armi, come la Posizione Comune dell’Unione Europea e il Trattato
internazionale sui trasferimenti di armamenti ATT.
La Legge 185/90 si basa infatti sul principio che la vendita di armi non possa
essere considerata un semplice business, ma debba essere legata alla politica
estera, al rispetto dei diritti umani e al ruolo di promotrice di Pace
dell’Italia sancito dall’articolo 11 della Costituzione. Un altro elemento
rilevante e fondamentale è quello della trasparenza, declinato in particolare
attraverso la Relazione annuale che il governo deve inviare al Parlamento,
trasmettendo tutti i dati sull’esportazione di armi.
Proprio dall’analisi di tali dati la società civile – in particolare la nostra
Rete Italiana Pace e Disarmo – nel corso degli anni ha potuto gettare luce su
decisioni relative all’esportazione di armi prese dai vari governi non sempre in
linea con i criteri della norma. Tanto è vero che sempre di più, con il passare
del tempo, si è arrivati a una situazione per cui la maggior parte della vendita
di armi italiane viene autorizzata verso Paesi non UE e non NATO. Senza
dimenticare i casi evidenti di non allineamento con le norme previste dalla
Legge, o quelli con palesi violazioni della stessa: le bombe e missili verso
l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che le utilizzavano per bombardare
civili in Yemen, il caso dei bossoli italiani coinvolti nella repressione in
Myanmar, le munizioni autorizzate verso la Repubblica Dominicana ma trovate in
Senegal, le licenze di vendita di armamenti rilasciate verso un Paese come
Israele… Tutti casi che evidenziano come l’esportazione di armi sia un aspetto
troppo importante per essere gestito in maniera opaca, come successo nei decenni
di scandali prima della Legge 185/90, e dunque l’importanza fondamentale di tale
norma, che ci ha permesso di avere dati ed elementi chiari e ufficiali,
riuscendo così a contrastare vendite problematiche o a esercitare pressione sul
sistema di politico-economico che sostiene e favorisce il complesso
militare-industriale (come ad esempio nel caso della “Campagna Banche Armate“).
E ci ha permesso anche di ricostruire (anno per anno) il volume del commercio di
armi italiane, inserendolo anche nel quadro globale.
Anche oggi nel trentacinquesimo anniversario dell’entrata in vigore della Legge
185/90 (e così come sottolineato più volte nel passato recente) la Rete Italiana
Pace Disarmo chiede al Parlamento di tornare a occuparsi in maniera seria di
esportazione di armi (in un quadro di controllo complessivo su dinamiche e
impatti di questo tema, non certo in termini di “aiuto” per l’industria
militare), portando la positiva esperienza italiana anche in sede
internazionale.
In un mondo sempre più insicuro e sferzato da conflitti armati diventa
cruciale rafforzare e implementare il Trattato internazionale sui trasferimenti
di armi ATT e i suoi criteri, recuperare un effettivo allineamento con le
prescrizioni della Posizione Comune UE, indagare tutti i casi in cui materiali
d’armamento italiani (ed europei) sono stati autorizzati o spediti verso luoghi
di conflitto, alimentando la violenza. Il primo passo su questo cammino è
ovviamente quello di rigettare la proposta di modifica peggiorativa della Legge
che è attualmente in discussione alla Camera dei Deputati (dopo una prima
approvazione al Senato) a seguito di un DDL di iniziativa governativa.
Una proposta davvero inaccettabile e deleteria, che non solo diminuirebbe il
controllo sull’export di armi e l’allineamento con i criteri della Legge (e del
Trattato ATT), ma porterebbe anche a un grave indebolimento dei meccanismi di
trasparenza oggi comunque presenti.
Ancora una volta è la società civile (fondamentale già quaranta anni fa per
giungere alla Legge con la campagna “Contro i mercanti di morte”) a essersi
messa in moto in prima persona per contrastare le spinte verso decisioni che
favorirebbero solo gli interessi armati a discapito di Pace e sicurezza globali
e del rispetto dei diritti umani e della vita di intere popolazioni.
Nonostante il recente rinvio del voto in sede di Commissioni Esteri e Difesa
della Camera la Campagna “Basta favori ai mercanti di armi” (sostenuta da oltre
200 organizzazioni della società civile) sta continuando la propria
mobilitazione, monitorando l’iter parlamentare, per impedire che le idee
innovative e importanti della Legge 185/90 vengano definitivamente messe in
soffitta. E impedire che si ritorni a una completa assenza di controllo sul
commercio di armamenti, situazione che sarebbe oggi ancora più pericolosa, vista
la stagione di riarmo che stiamo vivendo.
Rete Italiana Pace e Disarmo