Donne resistenti. La prima stella della sera, rassegna teatrale di Atir-Teatro ringhiera
È stata una bellissima serata quella trascorsa il 5 luglio al festival
organizzato da Atir-Teatro ringhiera nel cortile della Chiesa di Santa Maria
alla Fonte nel Parco Chiesa Rossa di Milano. In programma c’era la lettura di
alcun brani tratti dal libro di Benedetta Tobagi La Resistenza delle donne,
pubblicato da Einaudi nel 2022. La lettura è stata preceduta dall’intervento di
tre donne appartenenti al gruppo informale di Milano “Silenzio per la pace” che
dal marzo 2023 (poco dopo l’inizio della guerra fra Russia e Ucraina) si raduna
ogni giovedì pomeriggio in via Mercanti, in pieno centro, a manifestare col
silenzio il proprio desiderio di pace.
Poi, fra parole a volte drammatiche a volte divertenti, alternando racconti di
cronaca (Benedetta Tobagi) e testimonianze dirette delle ”resistenti”
interpretate da Arianna Scommegna, quasi sempre nelle varie inflessioni dei
dialetti piemontesi, si è svolta la preannunciata performance.
La particolarità della Resistenza delle donne, ci spiega Benedetta Tobagi, è
data dalla completa volontarietà della loro decisione: non vi si sentirono
costrette per sfuggire all’arruolamento nell’esercito dei repubblichini di Salò
o in quello nazista, ma lo fecero per scelta personale, a volte considerandola
addirittura liberatoria per sganciarsi dalle costrizioni, dai lacci dei rigidi,
soffocanti legami familiari. Questa scelta è andata perciò a far parte del lungo
percorso sulla strada dell’emancipazione femminile, con i suoi progressi e i
suoi arretramenti.
Dopo questa commovente e appassionata lettura-interpretazione, era prevista la
proiezione di No Other Land, l’ormai famoso documentario girato in uno dei
villaggi del complesso di Masafer Yatta, nei Territori palestinesi occupati da
Israele.
Prima della proiezione erano previste due “cartoline” come le hanno chiamate le
esponenti di Atir, ovvero brevi presentazioni del film elaborate da una
scrittrice italo-palestinese, Sarah Mustafa, e da me, Susanna Sinigaglia, in
rappresentanza della rete Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace.
L’incontro era condotto da Pilar Perez, un’attrice di Atir, che ci ha rivolto
alcune domande in relazione al nostro ruolo e al nostro sentire nei confronti
degli eventi a Gaza e in West Bank, e in relazione al film. A me in particolare
Pilar ha chiesto: ma dov’è andata a finire l’etica del governo israeliano?
Questa domanda mi ha lasciato alquanto perplessa, dato che da tempo se ne sono
perse le tracce… Così le ho risposto citando la nascita della nostra rete
proprio per reazione a questa lunga mancanza, col primo appello pubblicato nel
febbraio 2024 sulla base di un interrogativo intorno alla ricorrenza della
Giornata della memoria: “A che cosa serve oggi la memoria della Shoà se non
aiuta a fermare la produzione di morte in Palestina e, anzi, serve da alibi per
giustificare le politiche del governo israeliano?”
Pilar in seguito mi ha anche chiesto quali siano i nostri rapporti con i gruppi
della resistenza israeliana e con la Comunità ebraica in Italia, quali le nostre
iniziative. Ho citato in particolare l’ultima – all’Anteo –, insieme a L3a –
Laboratorio ebraico antirazzista, con la proiezione di No Other Land preceduta
da un incontro con varie figure del mondo ebraico e palestinese in Italia, alle
quali abbiamo chiesto un commento su 5 brevi clip che mostrano alcuni
momenti/passaggi significativi del film:
1. il calore umano degli abitanti del villaggio;
2. la violenza delle distruzioni operate dall’esercito e dai coloni israeliani;
3. l’impazienza dell’israeliano (il regista e interprete Yuval Abraham), frutto
tipico dell’attuale civiltà occidentale, e la perseveranza del palestinese
(il regista e interprete Basel Adra), abituato a resistere fin da bambino e
ad allungare lo sguardo dal contingente a un futuro possibile.
Per ulteriori informazioni sulle nostre iniziative, rimandiamo i lettori al sito
www.maiindifferenti.it e alla pagina Facebook.
A Sarah, Pilar ha domandato quale futuro sarà possibile per i bambini
palestinesi che sopravvivranno. E Sarah ha semplicemente risposto proponendo al
pubblico un paragone fra i traumi provati dai nostri piccoli, per i quali ci
rivolgiamo allo psicologo, e quelli inimmaginabili subiti dai bambini
palestinesi. Naturalmente la domanda è rimasta senza risposta.
Sarah ha poi espresso la propria angoscia, guardando il film, nel vedere quanta
violenza venga dispiegata contro il suo popolo ma anche l’apprezzamento per il
coraggio dimostrato dagli abitanti del villaggio, per la loro resistenza.
Inoltre ritiene che sia un documentario importante perché mostra al mondo che
cosa succedesse in Palestina molto prima del fatidico 7 ottobre 2023. Quando,
per esempio nel 2009, Tony Blair – come inviato speciale del Quartetto per il
Medio Oriente formato da Onu, Stati Uniti, Unione Europea e Russia – in soli
sette minuti di passeggiata nel villaggio, con giornalisti e televisioni
internazionali al seguito, aveva ottenuto ciò che la resistenza non violenta dei
palestinesi tentava da anni: bloccare la demolizione della scuola che purtroppo,
come vedremo, avverrà invece nel corso delle riprese del film. Questo episodio è
significativo di quanto l’assenza dell’Europa e di testimoni occidentali potenti
lasci mano libera al governo israeliano…
D’altra parte secondo Sarah, il docufilm lascia anche aperto uno spiraglio alla
speranza di dialogo, che però ritiene possa avvenire solo ad alcune condizioni:
il riconoscimento del dolore dell’altro, la fine dell’occupazione affinché il
dialogo possa svolgersi alla pari, la garanzia dei diritti umani fondamentali
come quello alla vita, all’istruzione, all’acqua; e ponendo un argine ben solido
ai vari estremismi.
Dopo i nostri interventi, abbiamo lasciato il pubblico alla proiezione del film
mentre Sarah, io e le nostre ospiti abbiamo concluso l’incontro davanti a un
panino, una birra e ancora tante considerazioni sugli eventi che agitano il
nostro presente.
La Bottega del Barbieri