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Migliaia di persone alla marcia per la pace Perugia-Assisi
Enorme partecipazione alla Marcia Perugia-Assisi, che quest’anno ha scelto  lo slogan “Imagine all the people”, tratto dall’immortale canzone di John Lennon. Secondo Flavio Lotti, tra gli organizzatori dell’evento, non si vedeva così tanta gente dalla marcia del 2001, pochi giorni dopo l’invasione dell’Afghanistan seguita all’attacco alle Torri gemelle.” Il no al riarmo, all’aumento delle spese militari, alle guerre e al genocidio a Gaza sono i temi ricorrenti e più necessari che mai in questo travagliato momento storico. Segui la diretta. Di seguito alcune immagini (in aggiornamento), a partire dalla messa officiata da Don Ciotti nella Basilica di San Pietro a Perugia e dall’omelia di Padre Alex Zanotelli. Un fiume di gente si è poi messo in marcia diretto ad Assisi. Tra i partecipanti anche Francesca Albanese, relatrice speciale dell’Onu sui territori palestinesi occupati, che ha definito la marcia “bella, con tanta gente e consapevole.” Commentando il recente piano di pace proposto da Trump e Netanyahu ha sollevato una questione basilare, ossia l’assenza di una parte fondamentale: “Dove sono i palestinesi? Dov’è la Cisgiordania e dov’è la giustizia?” ha chiesto. “Quello che è stato fatto a Gaza non è l’esito di un terremoto, ma è frutto di un piano intenzionale voluto ed eseguito al fine di distruggerla. Tutto questo non c’è. Si parla di una ricostruzione sulle macerie e sulle fosse comuni, ma non di ricucire lo strappo fatto all’anima di quel popolo. Sono molto preoccupata” ha concluso.   Redazione Italia
Oggi si marcia per la pace ma domani sarà simulata la guerra nucleare
Oggi, 12 ottobre 2025, decine di migliaia di persone camminano da Perugia ad Assisi. È una marcia che ha il passo lento della coscienza e la voce chiara di chi crede che la pace non sia un’utopia, ma un dovere civile. Famiglie, scuole, associazioni, amministrazioni locali: una moltitudine pacifica attraversa l’Umbria per dire “no” a ogni guerra, per difendere la vita, la libertà e la dignità dei popoli. Questa edizione della Marcia cade in un momento simbolicamente forte. Domani, 13 ottobre, la NATO darà il via a Steadfast Noon 2025, la sua principale esercitazione annuale dedicata alla simulazione di una guerra nucleare. Per due settimane, nei cieli d’Europa voleranno 71 velivoli di 14 Paesi membri, compresa l’Italia, impegnati a simulare scenari di guerra ad “alta intensità”, compresi quelli che prevedono l’uso di armi nucleari. Non si tratterà di bombe vere, ma di addestramenti, di procedure e comandi che riproducono le fasi di un possibile scontro strategico tra grandi potenze. Dietro la simulazione si profila lo scenario apocalittico di un futuro che nessuno vuole vedere: quello di una guerra globale nucleare che l’umanità non potrebbe sopportare. Ecco perché la marcia di oggi assume un valore ancora più grande. È una risposta nonviolenta a quella logica della forza che continua a prevalere nella politica internazionale. È un messaggio rivolto ai governi e alle alleanze militari: non esiste sicurezza nell’atomica, non esiste pace fondata sulla minaccia. Mentre i jet si preparano a decollare per simulare il lancio di bombe, migliaia di persone percorrono le strade della pace. Due mondi si incrociano: uno che crede nella deterrenza, l’altro nella convivenza; uno che prepara la guerra, l’altro che prepara la pace. La Marcia Perugia-Assisi non è solo una tradizione. È un atto politico nel senso più alto del termine: la volontà di cittadini che scelgono di essere costruttori di speranza, non spettatori rassegnati. In un tempo in cui si parla di “scenari ad alta intensità”, la marcia ci ricorda che l’unica intensità necessaria è quella del dialogo, della solidarietà, della cura reciproca. Oggi si cammina per dire, con semplicità e fermezza, che non c’è deterrenza più forte della coscienza umana. E che la pace, per quanto fragile, rimane l’unico futuro degno di essere costruito. Note: Esercitazione nucleare Nato subito dopo la Marcia Perugia Assisi https://lists.peacelink.it/disarmo/2025/10/msg00001.html NATO to start annual nuclear drill Steadfast Noon https://www.reuters.com/world/nato-start-annual-nuclear-exercise-steadfast-noon-october-13-2025-10-10/ Parole chiave: pacifisti, steadfast noon, armi nucleari, marcia perugia assisi Peacelink Telematica per la Pace
Una marcia produce onde che vanno lontano
> Come avrei potuto diffondere la notizia che la pace è in pericolo, come avrei > potuto destare la consapevolezza della gente più реriferica, se non ricorrendo > all’aiuto di altri e impostando una manifestazione elementare come è una > marcia? > > Sapevo bene che gli aiutanti e i partecipanti non sarebbero stati in gran > parte persuasi di idee nonviolente; lo sapevo benissimo ma si presentava > l’occasione di mostrare che la nonviolenza è attiva e in avanti, è critica dei > mali esistenti, tende a suscitare larghe solidarietà e decise > noncollaborazioni, è chiara e razionale nel disegnare le linee di ciò che si > deve fare nell’attuale difficile momento. (Aldo Capitini, In cammino per la pace, Einaudi, 1962) Il 24 settembre del 1961 si svolgeva in Italia, per volere di Aldo Capitini, il primo esperimento di “tecnica nonviolenta collettiva”, la Marcia della pace per la fratellanza tra i popoli da Perugia ad Assisi, di cui il filosofo perugino racconterà l’anno dopo nel volume In cammino per la pace. Era una marcia alla quale Capitini pensava e lavorava da anni, che passò alla fase organizzativa nella drammatica estate del 1961, mentre a Berlino veniva tirato su il muro tra la parte Est ed Ovest della città, con una nuova crisi dei rapporti tra Nato e Patto di Varsavia. Capitini comprese che, di fronte al pericolo incombente di una guerra nucleare tra i blocchi contrapposti, era necessaria anche in Italia un’azione diretta e spiazzante dal basso che avesse quattro caratteristiche: che l’iniziativa partisse da un nucleo indipendente e pacifista integrale; che destasse la consapevolezza della pace in pericolo nelle persone più periferiche; che fosse l’occasione per lanciare il “metodo nonviolento”; che richiamasse Francesco, il santo italiano della nonviolenza. La Marcia, concepita come mobilitazione popolare, ebbe molta più partecipazione di quella che gli organizzatori si aspettavano, sia di popolo che di intellettuali e artisti, da Italo Calvino a Norberto Bobbio, da Renato Guttuso a Fausto Amodei (che ci ha lasciati nei giorni scorsi e che con la chitarra improvvisò la ballata censuratissima “E se la patria chiama”). A termine di essa, dalla Rocca di Assisi, Capitini lesse la Mozione del popolo della pace, testimoniando così l’ingresso sulla scena politica italiana di un soggetto culturalmente autonomo, svincolato dalle logiche di appartenenza partitica, capace di portare nel discorso pubblico le istanze del disarmo e della nonviolenza, parlando con voce propria. La Mozione del popolo della pace affermava cinque principi e, per ciascuno di essi, le rispettive declinazioni pratiche. Rileggiamone una sintesi, perché parlano anche a noi, popolo della pace ancora in cammino in questi giorni oscuri. > Primo: nell’idea di fratellanza dei popoli si riassumono i problemi urgenti di > questo tempo: il superamento dell’imperialismo, del razzismo, del > colonialismo, dello sfruttamento (…). Secondo: per preparare la pace durante > la pace è necessario diffondere nell’educazione e nei rapporti con tutti a > tutti i livelli, una capacità di dialogo, una sincera apertura alla > coesistenza ed alla pacifica competizione di ideologie e di vari sistemi > politici e sociali, nel comune sviluppo civile (…). Terzo: la pace è troppo > importante perché possa essere lasciata nelle mani dei soli governanti; è > perciò urgente che in ogni nazione tutto il popolo abbia il modo di > continuamente e liberamente informarsi, e sia convocato frequentemente ad > esprimere il proprio parere. Quarto: nel pericolo che la pace sia spezzata da > una guerra immane, è urgente l’unione di tutti coloro che nel mondo sono > disposti a resistere alla guerra. Quinto: l’umanità è giunta al punto che è in > grado di apprezzare altamente un tipo di educazione aperta, rinnovatrice delle > strutture legate a privilegi e pregiudizi, una educazione eroicamente > nonviolenta. Cinque principi, densi di conseguenze operative, nei quali si esprime un’altra idea di civiltà – tanto nei fini quanto nei mezzi per raggiungerla – fondata sulla strenua resistenza alla guerra attraverso la nonviolenza, per gettarla una volta per sempre nei ferrivecchi della storia e costruirne le alternative civili per risolvere le controversie internazionali e convivere nelle differenze. Capitini non realizzò una seconda edizione di quell’esperimento di lotta nonviolenta dal basso. Toccò al Movimento Nonviolento – fondato nel 1962, da Capitini e alcuni altri amici, come esito della Marcia per dare al “popolo della pace” uno strumento di organizzazione autonoma dai partiti – proporne una seconda edizione molti anni dopo: nel 1978, per il decennale della morte del fondatore. E fu Pietro Pinna, il primo obiettore di coscienza “politico” dell’Italia repubblicana, erede di Aldo Capitini nella guida del Movimento Nonviolento, a prenderne in mano il testimone, proponendone altre due edizioni come strumento di azione, a disposizione del più ampio movimento per la pace, con precisi obiettivi politici: nel 1981 contro l’installazione dei missili nucleari, nel 1985 per il blocco delle spese militari. Successivamente la Marcia Perugia-Assisi è stata presa in mano dagli Enti locali umbri e dal Comitato promotore, oggi diventato Fondazione Perugi-Assisi per la Cultura della Pace, che l’ha resa periodica, convocandola ogni due anni, salvo edizioni straordinarie. La Marcia – che come scriveva Capitini “non è fine a se stessa, ma produce onde che vanno lontano” – nel tempo è diventata un appuntamento rituale del popolo della pace, da cui trarre linfa ed ispirazione, sulle orme di Aldo Capitini e di quei primi marciatori, per portare nella propria quotidianità la forza della nonviolenza. Secondo le indicazioni che ne ha dato anche Pietro Pinna: > Nonviolenza significa disarmo unilaterale, rifiuto assoluto, cioè immediato e > integrale, di qualsiasi apparato militare, di qualsiasi guerra, fatta da > chiunque, contro chiunque, per qualsiasi ragione. E quindi, come pratica > immediata possibilità per ognuno: obiezione di coscienza al servizio militare, > alle spese militari, alla produzione bellica… Oggi, di fronte al genocidio in Palestina, all’infinita inutile strage in Ucraina, alle decine di conflitti armati della “terza guerra mondiale a pezzi”, al riarmo, alla militarizzazione della scuola, dell’economia e della società italiane, marciare un giorno all’anno non è sufficiente: il cammino sulle strade della nonviolenza si deve svolgere ogni giorno, ovunque, tenacemente e continuativamente, fino al completo disarmo, militare e culturale. Pasquale Pugliese [Articolo pubblicato su Mosaico di pace: Da Capitini a noi] Per un’introduzione al pensiero di Capitini, vedi Pasquale Pugliese, Introduzione alla filosofia della nonviolenza di Aldo Capitini, GoWare, 2018 Comune-info
Per un’assemblea dei pacifisti italiani
Oggi la mobilitazione contro le guerre e il riarmo è centrale. Dobbiamo allargare il campo il più possibile in una visione “orizzontale” della mobilitazione (e della sua gestione) che ha bisogno di essere diffusa in “case comuni”. Inoltre la costruzione di una cultura politica deve essere capace di innervare la protesta in proposta. Un’assemblea dei pacifisti italiani sarebbe un’occasione importante di fronte a quello che sta succedendo nel mondo – la guerra in Ucraina, il massacro di Gaza, il riarmo globale – per rafforzare la capacità e la forza di mobilitazione del movimento pacifista nella protesta trasversale e più larga contro il riarmo e la guerra. C’è una politica della pace e della nonviolenza che ha fondamenti solidi e proposte concrete frutto di decenni di pratiche e di riflessioni. La politica della pace e della nonviolenza non è solamente la necessaria mobilitazione contro (la guerra e il riarmo), ma anche la capacità di lavorare per un modello alternativo (economico, sociale, della sicurezza) nella costruzione della pace, come ci ha insegnato Aldo Capitini: la nonviolenza come aggiunta della politica. É l’insegnamento che ci viene da Padre Ernesto Balducci e Lidia Menapace, ma anche da Enrico Berlinguer che soprattutto negli ultimi anni della sua vita fece della pace, la chiave del suo impegno politico ed internazionalista. Oggi la mobilitazione contro le guerre e il riarmo è fondamentale, centrale. Dobbiamo allargare il campo il più possibile. Ma proprio in una visione “orizzontale” della mobilitazione (e della sua gestione) – che proprio per questo non ha bisogno di essere domiciliata in una “casa comune”, ma piuttosto diffusa in “case comuni”-  la costruzione di una cultura politica deve essere capace di innervare la protesta in proposta politica e culturale. Il pacifismo è una di queste “case comuni”, fatta di comitati locali, reti, campagne. In questi anni il pacifismo è stato capace di creare cultura politica più che con le oceaniche manifestazioni (sempre fondamentali) con un’azione molecolare e diffusa, perdurante, forse poco visibile ma efficace. É quello che ricordava don Tonino Bello nell’articolo sull’Avvenire del 13 giugno 1992 (Noi pacifisti latitanti) di fronte ai rimproveri di Veltroni che ci chiedeva di organizzare manifestazioni come ai tempi del Vietnam. I lasciti (di cultura politica ed identità) più importanti che dagli anni ‘90 i pacifisti hanno lasciato non sono le grandi manifestazioni, ma dieci anni di mobilitazione diffusa durante le guerre in ex Jugoslavia – e prima in Palestina – e quello straordinario lavoro fatto dalle marce Perugia-Assisi sull’educazione dei giovani, la democrazia internazionale, le Nazioni Unite. E poi, tutto il lavoro per il disarmo, che ha sedimentato competenze e saperi diffusi. Quindi, i movimenti e le mobilitazioni siano le più larghe possibili contro la guerra e il riarmo. Ma il pacifismo sia capace di sviluppare una sua autonoma capacità di elaborazione, proposta e di organizzazione per fare della politica della nonviolenza (a cui non rinunceremo mai) e delle politiche della pace la strada su cui camminare insieme – con tutti gli altri – nei prossimi mesi. Ci serve un po’ di orgoglio e di convinzione in più: dopo la marcia Perugia-Assisi del 12 ottobre, torniamo a parlarne. Giulio Marcon Redazione Italia