Il fediverso inizia a pensare in grande
Immagine in evidenza da Mastodon
Dopo un lungo periodo di graduale apertura, Threads – il social network rivale
di X e sviluppato da Meta – ha annunciato nel mese di giugno la sua completa
integrazione con il fediverso (che sta per universo federato): l’ecosistema
social decentralizzato il cui esponente più noto è Mastodon. In sintesi, tutte
le piattaforme che fanno parte del fediverso sfruttano lo stesso protocollo e
possono quindi comunicare l’una con l’altra. Di conseguenza, ogni utente che lo
desidera potrà vedere all’interno di Threads, anche se in un feed diverso e con
qualche altra limitazione, i post pubblicati dagli utenti del fediverso che si è
scelto di seguire. E viceversa: gli utenti di Mastodon che lo desiderano – e
sempre che la loro istanza lo consenta – potranno integrare i post pubblicati su
Threads.
Prima di approfondire il funzionamento, i progressi e le sfide del fediverso, è
probabilmente il caso di rispondere a una domanda: che cosa ci fa una realtà
come Meta all’interno di un ecosistema decentralizzato e nato in larga misura in
reazione ai sistemi chiusi e centralizzati (i cosiddetti “walled garden”) di cui
la società di Mark Zuckerberg è probabilmente il simbolo?
Secondo il Washington Post, “per Meta questa mossa potrebbe essere parte di una
strategia più ampia, che ha lo scopo di sfruttare un approccio ‘open’ nei
mercati in cui sta rivaleggiando con attori più importanti. Threads è diventato
rapidamente l’alternativa più popolare a X, superando i 350 milioni di utenti. X
è però ancora parecchio più grande e rilevante: Meta potrebbe quindi vedere
nell’alleanza con il fediverso – che al momento consiste di Mastodon e altre,
più piccole, app indipendenti – un’opportunità per rosicchiare il primato di X”.
Una strategia inattesa da parte di un’azienda che ha trascorso gli ultimi 20
anni a picconare l’open web e a fagocitare o demolire qualunque avversario in
grado di metterne in discussione il primato (WhatsApp, Instagram, Snapchat).
Nell’interpretazione ottimistica, la decisione di aprire Threads al fediverso
potrebbe confermare le speranze di molti sostenitori della decentralizzazione, e
cioè che – per usare le parole del responsabile di Threads, Adam Mosseri – “il
mercato dei social media testuali in futuro sarà molto più frammentato di quanto
non fosse quando Twitter era ancora l’unico protagonista”.
Da una parte, la speranza è che la massiccia infrastruttura di Threads possa far
crescere la base utenti delle altre piattaforme del fediverso, incrementandone
la visibilità; dall’altra, il timore – espresso anche da parecchi utenti – è che
un colosso come Meta possa introdurre le logiche del “capitalismo della
sorveglianza” in un mondo piccolo, fragile e che soprattutto a queste si è
sempre fieramente contrapposto. È anche per questa ragione che molti utenti di
Mastodon si oppongono all’integrazione di Threads e hanno espresso la loro
intenzione di “defederare” Threads, impedendogli cioè di comunicare con le
istanze di Mastodon che gestiscono.
CHE COS’È E COME FUNZIONA IL FEDIVERSO
A questo punto, è necessario fare un passo indietro: che cos’è e come funziona
il fediverso? Come detto, i più noti social network (Facebook, Instagram, TikTok
e così via) sono tutti centralizzati e isolati l’uno dall’altro. Per seguire un
utente di Facebook e comunicare con esso dobbiamo per forza avere un account
Facebook, che possiamo inoltre utilizzare soltanto su quella piattaforma. Ciò
che avviene su Facebook, in poche parole, resta su Facebook. E lo stesso vale
per tutti gli altri principali social network.
Nel fediverso, la situazione è opposta: le realtà che fanno parte di questo
ecosistema, come il già citato Mastodon, Lemmy (forum popolare in Corea del
Sud), Pleroma (social media diffuso in America del Sud), gli italiani PeerTube
(simile a YouTube) e Funkwhale (streaming musicale) o infine Pixelfed
(condivisione immagini), possono tutte comunicare l’una con l’altra. Alla base
di queste piattaforme c’è un protocollo comune e open source, ActivityPub, che
consente a un utente di Mastodon di seguire un utente di PeerTube direttamente
dal suo account, vedendo così comparire i video direttamente sul feed di
Mastodon e potendo da lì interagire con essi.
Ogni applicazione che implementa il protocollo ActivityPub diventa parte di un
network federato, che permette tramite una sola piattaforma di seguire e
interagire con gli utenti di ogni altra. Poiché siamo da decenni abituati a
usare piattaforme chiuse (cioè che impediscono la comunicazione e il
trasferimento di dati dall’una all’altra), il funzionamento di un protocollo
come ActivityPub, e il modo in cui le realtà del fediverso comunicano tra loro,
non è molto intuitivo.
Il paragone più semplice è probabilmente quello con le email: il fatto di avere
un account Gmail non impedisce di comunicare con chi invece ha un account
Hotmail, perché entrambi utilizzano un protocollo comune a tutti i servizi email
(ovvero SMTP: simple mail transfer protocol). Anche il classico world wide web è
una realtà decentralizzata: ogni sito può linkare o incorporare elementi di
altri siti, consentendo inoltre di utilizzare il browser che si preferisce per
la navigazione.
Il fediverso consente inoltre di spostare il proprio account su una qualunque
altra piattaforma federata, importando o esportando anche post e follower.
Un’altra importante differenza è che il fediverso non è gestito in maniera
verticistica, ma direttamente dalla comunità. Per esempio, su Mastodon ogni
utente può aprire una propria sezione (chiamata istanza) indipendente da tutte
le altre, gestendola in completa autonomia, decidendo le politiche di
moderazione, le condizioni di utilizzo e pagando gli eventuali costi di gestione
(server e altro).
Inoltre, le realtà del fediverso sono storicamente attente alla privacy, non
raccolgono dati e sono prive di pubblicità (Mastodon si sostiene tramite le
donazioni degli utenti). Anche dalle sue caratteristiche si capisce come, fino a
oggi, questo ecosistema alternativo sia sempre stato una realtà relativamente
piccola: secondo gli ultimi dati, Mastodon avrebbe circa 8 milioni di utenti
iscritti (di cui però circa un milione attivi mensilmente), mentre il fediverso
nel suo complesso arriverebbe a circa 15 milioni di iscritti (escludendo
ovviamente Threads e anche Bluesky, di cui parleremo tra poco).
Realtà piccole (il secondo più grande social del fediverso, PixelFed, conta
769mila iscritti), frequentate quasi esclusivamente (almeno fino a oggi) da
utenti politicamente attivi e molto attenti alla privacy e sorte in esplicita
contrapposizione ai colossi della Silicon Valley. Una contrapposizione diventata
ancora più forte in seguito alle nuove politiche dei grandi social network, che
sulla scia di Elon Musk hanno tutti allentato (o praticamente cancellato) le
politiche di moderazione dei contenuti, sono diventati sempre più tolleranti nei
confronti dell’hate speech e hanno così provocato una sorta di grande scisma dei
social media, incentivando il trasferimento di decine di milioni di utenti su
piattaforme considerate politicamente più affini. Una tendenza che sembra
confermare le previsioni di Mosseri su una sempre maggiore frammentazione dei
social e che dà un ulteriore significato all’ambizione del fediverso di unire in
un unico ecosistema tanti social indipendenti.
Anche in una fase storica in cui la ragion d’essere di queste piattaforme non è
più necessariamente quella di “connettere tutti”, ma spesso, semmai, di
collegare persone che condividono valori o interessi comuni, dei social network
troppo piccoli e isolati rischierebbero di soccombere a causa della scarsità di
contenuti reperibili e di interazioni con gli altri utenti. Il fediverso, almeno
teoricamente, elimina questo problema, permettendo a chiunque di scegliere il
social più adatto con la consapevolezza che ciò non comporta un isolamento da
altre piattaforme e dagli altri utenti, ma anzi fornendo la possibilità di
interagire con altre realtà e permettendo di mantenere un totale controllo su
questi processi (su Mastodon si può scegliere se aprirsi agli altri social del
fediverso completamente, parzialmente o per niente).
Anche da queste caratteristiche si intuisce come il fediverso sia un mondo dalle
enormi potenzialità, ma anche dalla complessità non trascurabile. Ed è forse per
questa ragione che, a quasi 10 anni dalla nascita di Mastodon, il fediverso
fatica a crescere organicamente e continua a essere frequentato solo da una
piccola nicchia di attivisti digitali.
BLUESKY, OVVERO ACTIVITYPUB VS AT PROTOCOL: LA SFIDA DEI FEDIVERSI
Ciò vale a maggior ragione visto che il più noto dei social decentralizzati,
ovvero BlueSky, non fa parte del fediverso. Bluesky è infatti un social nato
all’interno di Twitter per volontà del fondatore Jack Dorsey (che voleva
studiare le applicazioni dei social decentralizzati), ma divenuto indipendente
proprio in seguito all’acquisizione di Musk e che si sostiene economicamente
grazie agli investimenti ricevuti, per un valore complessivo di 36 milioni di
dollari (l’ultimo round da 15 milioni è dell’ottobre 2024).
Subito dopo l’elezione di Trump e la conseguente fuga da X, Bluesky ha iniziato
a guadagnare milioni di utenti, superando a metà 2025 quota 35 milioni. Numeri
enormi rispetto a Mastodon, ma ancora piccoli se confrontati con quelli di X e
Threads. Il vero successo di Bluesky è però aver saputo attirare la cosiddetta
Twitter-sfera: quell’insieme di giornalisti, attivisti, accademici, politici
progressisti e altri che avevano reso Twitter il luogo in cui recarsi per
seguire in tempo reale ciò che avveniva nel mondo.
Come ha scritto Ian Bogost sull’Atlantic, Bluesky “è ciò che più di ogni altra
piattaforma recente mi ha ricordato le origini dei social network”. Visti i
numeri e l’importanza che sta iniziando a rivestire (soprattutto negli Stati
Uniti), il fatto che BlueSky non sia parte del fediverso è senza dubbio
un’occasione mancata. Integrarlo è tecnicamente possibile, ma non sarà facile (e
non è nemmeno detto che la CEO Jay Graber lo desideri): se Mastodon e gli altri
sfruttano il protocollo Activity Pub, BlueSky utilizza invece un protocollo
simile, e sempre open source, ma distinto: AT Protocol.
Una scelta compiuta quando il fediverso era già una (embrionale) realtà e che ha
creato una sorta di rivalità. Le realtà del fediverso si confrontano annualmente
durante il FediForum (l’ultimo si è concluso proprio lo scorso giugno), quelle
che utilizzano AT Protocol si riuniscono invece durante la ATmosphere
Conference, alla quale lo scorso marzo ha partecipato proprio Graber
commentando: “Abbiamo incontrato un sacco di persone che stanno costruendo app
di cui non sapevamo nulla, tra cui piattaforme di messaggistica e nuovi
strumenti per la moderazione”.
Tra i vari social e servizi che sfruttano questo protocollo troviamo Skylight,
un’alternativa a TikTok, e Flashes, che è invece una sorta di Instagram. Come
Activity Pub, anche AT Protocol consente a tutte le piattaforme che lo impiegano
di comunicare tra di loro: “Il beneficio per gli sviluppatori di AT è che non
devono ripartire da zero ogni volta, possono sempre contare su un bacino di 35
milioni di utenti”, ha commentato sempre Graber facendo riferimento agli utenti
di BlueSky.
Ma ha senso che esistano, di fatto, due fediversi? La risposta, soprattutto
vista la sovrapposizione valoriale e ideologica (anche se le piattaforme del
“fediverso ufficiale”, quello di ActivityPub, sembrano essere ancora più
allergiche a investitori, modelli di business, ecc.), è probabilmente no. Ed è
anche per questo che alcuni sviluppatori hanno creato dei protocolli ponte, tra
cui Bridgy Fed, che permettono, per esempio, a BlueSky e Mastodon di comunicare.
Una pezza che dimostra una volta di più quanto questa dualità rischi di essere
dannosa per un mondo che ha bisogno di unirsi per crescere, e non di dividersi
ulteriormente.
LA DIFFICILE CRESCITA DEL FEDIVERSO
A proposito, qual è la strategia del fediverso (o dei fediversi) per crescere,
attirare sempre più utenti e non essere soltanto un rifugio per attivisti
pro-privacy (Mastodon) ed ex utenti di Twitter che odiano Elon Musk (BlueSky)?
Come possono “scalare” dei social che non generano guadagni e in cui gli utenti
creano le proprie istanze e ne sostengono i costi dei server e gli altri oneri
della gestione?
Jay Graber, dal canto suo, ha confermato in ogni occasione che non vuole
ospitare pubblicità e che i ricavi arriveranno da varie forme di abbonamento
(ancora da lanciare): un’opzione che, soprattutto nel mondo social, si è
rivelata fino a oggi molto complessa da far funzionare. Mastodon, che come detto
è allergico agli investimenti, punta invece sulle donazioni e ambisce a
raccogliere tramite esse 5 milioni di dollari nel 2025: un salto rispetto ai
circa 150mila dollari di spese totali sostenute nel 2023 e un segnale della
volontà di crescere e supportare l’espansione del fediverso.
I costi da sostenere, però, non sono solo economici ma relativi anche alla
complessa governance richiesta dalle piattaforme decentralizzate, soprattutto
per quanto riguarda la moderazione dei contenuti. Come si legge in un recente
paper pubblicato sulla Policy Review, “i progetti online basati sul volontariato
o sulla collaborazione non andrebbero interpretati come intrinsecamente
anarchici, poiché spesso danno vita a infrastrutture di governance e regole che
permettono la cooperazione e la pluralità di approcci”.
“A livello tecnico”, prosegue il paper, “Mastodon promuove questa pluralità
facendo affidamento sull’auto-hosting e mettendo a disposizione un insieme di
strumenti di moderazione per gli amministratori. Il fatto che ogni nuovo utente
debba sempre unirsi a una cosiddetta istanza, ovvero a una sezione di Mastodon
gestita da persone o organizzazioni indipendenti, sposta le decisioni di
moderazione al livello delle singole istanze, che possono stabilire le proprie
regole, tra cui scegliere chi è autorizzato a entrare nella comunità e chi no.
Alcune istanze sono gruppi chiusi che accettano nuovi membri solo su invito.
Altre prevedono un sistema di approvazione per gli utenti con interessi comuni.
Alcune, solitamente le più grandi, accettano chiunque senza condizioni
particolari”.
MODERARE IL FEDIVERSO
In nome della decentralizzazione e dell’autogestione, soprattutto nel caso di
Activity Pub, agli utenti volontari che animano le piattaforme del fediverso
viene richiesto di sostenere un costo economico che, nel caso di istanze con
qualche decina di migliaia di utenti, possono arrivare anche a svariate
centinaia di euro al mese e di sobbarcarsi un carico di lavoro non indifferente.
E anche, come visto in passato, di prendere decisioni difficili. Per esempio, se
qualunque piattaforma che utilizza l’apposito protocollo open source può
collegarsi al fediverso, come si fa a escludere le realtà indesiderate da un
ecosistema che è comunque caratterizzato da un certo ethos ideologico?
È una situazione con cui gli utenti di Mastodon hanno già dovuto confrontarsi in
passato: uno dei primi social frequentato dall’estrema destra, vale a dire Gab,
è basato proprio su Activity Pub. Il suo arrivo nel fediverso, nel 2019, ha
creato parecchio scompiglio. La comunità di Mastodon ha reagito decidendo
praticamente all’unanimità di “defederare” Gab – ogni singola istanza l’ha
quindi inserito in una black list – eliminandolo di fatto dal loro ecosistema.
Le grandi possibilità offerte dal fediverso – scegliere a quale social e poi a
quale istanza partecipare, condividere la gestione delle policy, contribuire
all’aspetto economico e altro ancora – comportano quindi un impegno non comune
da parte degli utenti (che infatti tendono, anche qui, a partecipare alle
istanze più grandi, generaliste e per certi versi centralizzate). È davvero
pensabile che un ecosistema di questo tipo sostituisca i social centralizzati di
massa, che non richiedono all’utente nessuna forma di impegno?
Messa così, è possibile che il fediverso rimanga un’alternativa piccola ed
etica, destinata a una nicchia ben circoscritta di utenti, senza l’ambizione di
sostituire i “walled garden”: un po’ come – in campo alimentare – i GAS (gruppi
d’acquisto solidale) non hanno l’ambizione di sostituire la grande
distribuzione, ed è anzi anche in virtù della loro dimensione ridotta, di
alternativa etica, che riescono a essere sostenibili.
Eppure, le potenzialità del fediverso continuano ad attirare realtà di un certo
calibro. Solo nell’ultimo anno, hanno completato o stanno per completare
l’integrazione in questo ecosistema decentralizzato piattaforme come Ghost
(principale rivale di Substack), Flipboard (piattaforma di aggregazione e
salvataggio articoli) e anche il vecchio Tumblr (ancora oggi più attivo di
quanto si creda).
È il segnale che qualcosa davvero sta per cambiare oppure il fragile equilibrio
del fediverso rischia di essere compromesso dall’arrivo di piattaforme con
decine o centinaia di milioni di utenti (e che si reggono su modelli di business
tradizionali)? Sognare che le logiche alla base dell’open web contagino infine
anche il mondo social non costa nulla. Ma è bene essere pronti a un brusco
risveglio.
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