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Online la Sezione Mali del sito Missing at the borders
Dopo la pubblicazione della Sezione Senegal nel febbraio scorso, anche la Sezione Mali del sito www.missingattheborders.org è online dopo sette mesi d’intenso lavoro! Sezione Mali e fotogallery: https://missingattheborders.org/mali Testimonianze delle famiglie: https://missingattheborders.org/testimonials Un altro importante traguardo reso possibile dal progetto “Dalla testimonianza al protagonismo: le madri dei migranti dispersi nel Mediterraneo promotrici di diritti e di attività generatrici di reddito in Mali e in Senegal”, promosso dalle associazioni Abarekà Nandree ODV, Todo Cambia e Énergie pour les Droits de l’Homme Sénégal e finanziato dall’Otto per Mille della Chiesa Valdese. Il progetto ha l’obiettivo di promuovere l’autonomia e la partecipazione democratica delle famiglie dei migranti dispersi, mediante attività generatrici di reddito portate avanti dalle donne appartenenti a queste famiglie e con il sostegno alla loro mobilitazione per perseguire verità e giustizia sulla sorte dei loro cari. La Sezione Mali del sito vuole dare voce a queste donne e dignità alle tragiche storie di migrazione dei loro parenti morti o dispersi nel tentativo di raggiungere l’Europa dal Mali, alla ricerca di una vita migliore per se stessi e per le loro famiglie. La sezione si compone, infatti, di 10 video-interviste ad alcune delle 42 donne parti attive del progetto e di una fotogallery che raccoglie le immagini dei loro parenti scomparsi, vittime delle frontiere. Mariam Kanta, Houlale Baniele, Sara Diabate, Aoua Sangare, Tah Coulibaly, Aminata Kone, Niele Samake, Fatoumata Aba Toure, Ami Konate e Kadia Cisse. Per noi, forse, sono solo dei nomi non sempre facili da pronunciare. Ascoltando le loro testimonianze e connettendoci emotivamente agli effetti che la tragica scomparsa dei loro cari ha avuto sulle loro famiglie – in termini psicologici, sociali ed economici – appare evidente che queste donne siano, invece, esempio di resilienza e di lotta quotidiana affinché la memoria dei loro parenti non si perda nell’indifferenza e nel cinismo dei governi europei e di quelli locali. La raccolta delle foto dei dispersi maliani che compongono la fotogallery e le 10 video-interviste della sezione sono frutto del prezioso lavoro di supporto svolto in Mali dai partner locali, GRAM (Groupe de Recherche et d’Actions sur les Migrations) e ADEM (Association pour la Défense des Emigrés Maliens) che da anni operano nel  Paese e in rete con altre associazioni europee, per la difesa dei diritti dei migranti e per denunciare la strage dei morti e dispersi alle frontiere. “I bianchi vanno e vengono dal nostro Paese a loro piacimento (e in sicurezza). Al contrario, quando i nostri parenti decidono di partire, li aspetta la morte. Mi piacerebbe vedere tutti trattati equamente!”, afferma con forza nella sua intervista Aminata Koné, che ha perso il marito nel disperato tentativo di arrivare in Europa. Alla sua voce si aggiunge quella di Sara Diabaté, che sa di aver perso la madre e la sorellina ingoiate dalle onde del Mar Mediterraneo: “Siamo stufe di vedere i nostri genitori, fratelli, sorelle che lasciano il Paese e muoiono. Vogliamo giustizia!”.   Questa sezione è un modo per dare voce alle migliaia di famiglie maliane rimaste in un limbo senza scadenza e per amplificare la loro richiesta di Verità, Giustizia e Dignità affinché superi il Mediterraneo e arrivi in Europa, restituendoci ciò che ormai facciamo fatica ricordare: i morti alle frontiere non sono numeri, ma vite umane! Infoline: info@abareka.org | tc@todocambia.net | edh.senegal@gmail.com In Mali, Paese dell’Africa subsahariana, il 43,6% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà e migrare diventa una scelta quasi obbligata. Il Paese non è solo un luogo di partenze, ma anche di transito e destinazione per donne, giovani e bambini vittime della tratta di esseri umani. Oggi a fuggire sono soprattutto i più giovani: il 94,5% di chi emigra ha tra i 20 e i 39 anni. Tra questi, quasi la metà si trova nella fascia di età compresa tra i 25 e i 29 anni. Attualmente, il tasso di disoccupazione giovanile è quasi del 17% in tutto il Paese. Dietro la partenza di coloro che non arrivano a destinazione c’è una famiglia che sperimenta una perdita incompleta e ambigua, poiché la persona cara è psicologicamente presente, ma fisicamente assente (non c’è un corpo su cui piangere). A livello sociale, le famiglie delle persone disperse possono andare incontro all’emarginazione e allo stigma sociale e a livello economico all’assenza dell’unico sostentamento che la persona dispersa garantiva o avrebbe garantito. In particolare, sono le donne a pagare il prezzo più alto per questa perdita, poiché rimaste a dover assicurare un sostentamento e un futuro alla propria famiglia.       Redazione Italia