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Vibe coding, quando credere troppo nell’IA ti distrugge il lavoro
Il caso di Jason Lemkin, dirigente d’impresa e investitore, che si è lasciato ammaliare dalle promesse dell’azienda di IA Replit, rischiando di perdere l’intero database di produzione: il cuore pulsante della sua attività professionale. A partire dal 12 luglio, il co-fondatore di Adobe EchoSign e SaaStr ha documentato via blog la sua esperienza personale con il vibe coding. Il primo approccio è stato idilliaco: adoperando un linguaggio naturale, il manager è riuscito “in una manciata di ore a costruire un prototipo che era molto, molto fico”. Un inizio estremamente promettente, soprattutto considerando che Replit si propone alle aziende come una soluzione accessibile anche a chi ha “zero competenze nella programmazione”, promettendo di far risparmiare alle aziende centinaia di migliaia di dollari. Leggendo tra le righe, la promessa implicita è chiara: sostituire i tecnici formati con personale più economico, supportato dall’IA. La premessa, tuttavia, è stata presto messa alla prova. “Dopo tre giorni e mezzo dall’inizio del mio nuovo progetto, ho controllato i costi su Replit: 607,70 dollari aggiuntivi oltre al piano d’abbonamento da 25 dollari al mese. Altri 200 dollari solo ieri”, ha rivelato Lemkin. “A questo ritmo, è probabile che spenderò 8.000 dollari al mese. E sapete una cosa? Neanche mi dispiace”. Anche perché, a detta del manager, sperimentare con il vibe coding è una “pura scarica di dopamina”, e Replit è “l’app più assuefacente” che abbia mai usato. Dopo poco, il manager si è reso conto che... Leggi l'articolo
Smartphone, conferme da studi scientifici: siamo vittime di un parassita
Parassita perfetto: smartphone sfrutta dopamina e algoritmi per tenerci schiavi. Scienza propone "polizia digitale" per liberarci. Pensavate di possedere uno smartphone? Sbagliato: è lui che possiede voi. Se non state leggendo queste righe da un cellulare, probabilmente il vostro telefono è lì accanto che aspetta. Vibra, suona, lampeggia, fa di tutto per catturare la vostra attenzione. Secondo Rachael Brown dell’Australian National University e i suoi colleghi, questa non è più una relazione simbiotica dove entrambi traete beneficio. È diventata una forma di parassitismo evoluto, dove voi fate da ospiti inconsapevoli a un parassita digitale che ha imparato a manipolare i vostri istinti più profondi per tenervi incollati allo schermo. Dal mutualismo al parassitismo: un’evoluzione darwiniana La ricerca applica i principi dell’evoluzione darwiniana al rapporto uomo-tecnologia. Brown e il suo team spiegano che inizialmente la relazione era mutualistica: noi traevamo beneficio dalla tecnologia e la tecnologia “prosperava” grazie al nostro utilizzo. Ma poi è successo qualcosa di evolutivamente prevedibile: il mutualismo si è trasformato in parassitismo. Non è un fenomeno raro in natura. Molti organismi che iniziano come simbionti benefici finiscono per diventare parassiti quando le condizioni evolutive lo favoriscono. Leggi l'articolo
Tinder: “swippare” all’infinito – art
Il primo video di una serie di 8, realizzati da arte.tv Passi delle ore a swippare senza riuscire a fermarti? È normale: l’app Tinder si basa sul meccanismo della  “ricompensa aleatoria”. Come in una slot machine, ogni volta qui swippi appare un profilo che ti piace o non ti piace, attivando automaticamente la secrezione di dopamina che ti spinge a swippare ancora, all’infinito, fino a che il gesto non si trasforma in un automatismo. E ti costringe a pagare a per poterlo fare senza limiti… Social network e app come Tinder, Facebook, Instagram, Candy Crush, Snapchat, Twitter e Uber sono concepite per stimolare nel nostro cervello la produzione della dopamina: la molecola che regola le sensazioni di piacere, motivazione e dipendenza. Questa serie è una guida dei meccanismi che ci tengono incollati allo smartphone. Tinder: “swippare” all’infinito – art ©, .