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BRESCIA: INSTALLAZIONE COLLETTIVA AL MO.CA SUI BIMBI UCCISI A GAZA, DOMENICA 23 NOVEMBRE L’EVENTO CONCLUSIVO
  “Un nome un bambino, un nome una bambina” è il titolo dell’opera collettiva visitabile fino a domenica 23 novembre presso lo spazio aperto del Mo.Ca – Centro per le nuove culture di via Moretto, a Brescia. L’installazione è promossa da un gruppo di educatrici, educatori e insegnanti dei nidi e delle scuole d’infanzia di città e provincia. Domenica 23 novembre è in programma l’evento conclusivo. Appuntamento alle ore 10 in largo Formentone per il corteo educativo per la pace, in collaborazione con le Donne per la Pace, con destinazione Mo.Ca. Seguiranno gli interventi di due mamme palestinesi, dell’operatore umanitario Roberto Guerrieri e di Niccolò Nicotra, Nina Festival. A concludere un momento musicale insieme a Le ragazze Da Copertina e Nic Garrapatero. Per l’occasione saranno organizzati anche giochi e letture per bambini e bambine. L’opera è stata realizzata collettivamente con l’impegno di genitori, insegnanti, bambini e bambine durante diverse settimane in 39 servizi per l’infanzia della città di Brescia e della provincia, per scrivere su strisce bianche di tessuto nomi ed età dei 20.000 bimbi e bimbe uccisi a Gaza. I nomi, scritti sulle strisce ora sospese tra le colonne del Mo.Ca, “si muovono al vento, in un’istallazione che è faticoso ma doveroso guardare, che suscita emozioni profonde ma che, nel contempo, restituisce un percorso di partecipazione e di sensibilizzazione attraverso il quale il dolore si è trasformato in un gesto collettivo di memoria e di pace”. Ci presenta l’iniziativa Francesca Di Modica, educatrice di nido e coordinatrice del progetto. Ascolta o scarica
NELLA STRISCIA DI GAZA LA MACABRA TRAPPOLA MORTALE DI ISRAELE CONTRO GLI AFFAMATI. 66 BAMBINI MORTI PER FAME
Nuovi – ennesimi – attacchi israeliani in tutta Gaza hanno massacrato decine di palestinesi: erano in attesa di cibo e beni di prima necessità in coda davanti finti centri di distribuzione umanitari, vere e proprie trappole mortali in mano a Israele e Stati Uniti per continuare a umiliare, affammare e uccidere la popolazione della Striscia. Da quando, a maggio, è nata la GHF di Usa e Israele, sono almeno 550 i morti negli spari di cecchini, aerei, droni e tank, a cui si aggiungono i decessi per fame: 66 bambini confermati, a cui aggiungere i 35 deceduti per un focolaio di meninginte infantile. Solo oggi 10 palestinesi uccisi dopo che aerei militari israeliani hanno preso di mira un deposito di aiuti ad Al-Zaytoun, a sud di Gaza City. Dall’alba, 48 le vittime; altri raid a nord, Jabalia, e a sud, Khan Yunis: qui colpite le tende degli sfollati ad Al Mawasi. 68 ieri, 81 sabato, 72 venerdì’, 103 giovedì; questi i numeri dello sterminio, ormai sfuggiti a ogni tentativo di conteggio. Il bilancio ufficiale del Ministero della Salute di Gaza parla di quasi 57mila morti, mentre il rapporto pubblicato su Harvard Dataverse e redatto dal professore israeliano Yaakov Garb, basato su immagini satellitari e mappatura spaziale, mostra come siano in realtà almeno 377.000 le persone letteramente scomparse dalla Striscia: quasi la metà sono minori. Nel conteggio ci sono morti, feriti, sfollati, dispersi di cui non si ha traccia: il 15% di tutta la popolazione di Gaza è letteralmente, in circa 630 giorni di genocidio…sparita. In questo scenario perdono di senso, se mai l’avessero avuto, le parole di Trump che “preme per un accordo di tregua a Gaza entro una settimana”; nella notte una riunione di gabinetto in Israele non ha dato esisto ed è stata aggiornata ad oggi. Hamas dice però che Netanyahu pone ‘condizioni impossibili, una resa e non un accordo”, mentre oggi nuova riunione all’Onu sulla Striscia. Al centro dell’incontro non solo la Palestina, ma pure Libano e Siria; qui Tel Aviv dice di essere “interessato a stipulare accordi di pace e normalizzazione con i vicini”. C’è poi la dimenticata Cisgiordania, dove la violenza terroristica dei coloni non ha limiti. Nuovamente assaltata la zona collinare di Masafaer Yatta, fuori Hebron. Sono però numerosi i villaggi palestinesi assaltati, armi alla mano, dai coloni fascisti, che in un caso hanno attaccato persino i loro protettori, soldati e poliziotti di Tel Aviv. E’ accaduto a Binyamin, in Cisgiordania, fuori dalla Caserma centrale dell’occupazione: decine di coloni hanno attaccato agenti di polizia e militari con spray al peperoncino, vandalizzando veicoli militari, per il fermo di un paio di loro. L’intervista a Shoukri Hroub, dell’UDAP – Unione Democratica Arabo Palestinesi. Ascolta o scarica.