Tag - carceri speciali

Rinnovato il 41 bis a Marco Mezzasalma: continua la pura vendetta di Stato
Ai primi di luglio i giudici che presiedono la sezione di sorveglianza hanno rinnovato a Marco Mezzasalma il regime detentivo del famigerato 41 bis per i prossimi quattro anno. Ancora una volta – come avviene da oltre 20 anni – verso Marco (ed altri pochi compagni) viene dilatata a dismisura […] L'articolo Rinnovato il 41 bis a Marco Mezzasalma: continua la pura vendetta di Stato su Contropiano.
Un’ora d’aria
La presentazione alla Biblioteca Centrale della Regione Sicilia del libro di poesie di Luigi Spera 21 di marzo edito da Redstarpress è stata davvero più che un’ora d’aria, volendo citare la poesia che chiude la silloge, Ura d’aria, e non solo per il suo autore, attualmente agli arresti domiciliari per fatti di militanza civile risalenti a parecchi anni fa. Niente a confronto con l’accusa di terrorismo che lo ha tenuto per otto mesi in regime di Alta Sicurezza nel carcere di Alessandria, accusa caduta in Cassazione con effetto di scarcerazione immediata. Era tornato libero, Luigi, e che sia rimasto libero anche tra le sbarre del carcere lo raccontano e lo cantano le ventuno poesie scritte durante la detenzione, ventuno come il giorno in cui ci era entrato, in carcere, nel marzo del 2024. Ma, come recita il sottotitolo, Un si po nchiuriri a primavera. Sì, perché quello di Luigi è un canto di libertà fatto di parole e musica nella sua lingua madre, il Siciliano, e che la stessa armonia mantengono anche nella traduzione in Italiano, come ci dice Antonio Minaldi nel presentare la raccolta. Luigi non è un tecnico della metrica ma riesce ad inventare regole metriche sue, così come, pur non essendo un teorico della nonviolenza, riesce a scrivere di nonviolenza: le sue poesie danno sempre priorità all’amore dal punto di vista di chi la violenza subisce, sono rivolte a denunciare l’ingiustizia piuttosto che incitare all’odio contro chi la esercita, come in Gaza. E sono musicali, armoniose, belle. Così tanto da darti il piacere della lettura a prescindere dal contenuto comunque ricco di impegno civile, di introspezione e di spaccati di vita quotidiana, come ha sottolineato l’avvocato Giorgio Bisagna, Presidente di Antigone Sicilia, nel condividere con il numeroso pubblico presente le sue suggestioni di lettura. È una poesia disperatamente necessaria, quella di Luigi, di resistenza civile, capace di portarci fuori dalla disperazione in un atto coraggioso di resistenza creativa in cui l’autore si mette a nudo dando testimonianza della sua vita. Anche la Dott.ssa Patrizia Valenti, direttrice della Biblioteca, nel saluto iniziale, volgendo lo sguardo alle condizioni delle carceri, ha invitato a riflettere su come, in una condizione di detenzione, i versi possano farsi strumento non solo di espressione ma anche di socializzazione della propria esperienza. Di carcere si continua a parlare con Pino Apprendi, Garante dei detenuti in Sicilia, che ha avuto l’opportunità di visitare tutte le carceri siciliane e di tenere colloqui privati con detenuti e detenute senza la supervisione della polizia penitenziaria e che conferma come i racconti sulle condizioni della detenzione, così come cantato anche da Luigi nelle sue poesie, siano molto lontani da ciò che il sistema vuole fare vedere. Il carcere è quasi sempre solo per i disperati, per chi non può permettersi avvocati importanti. Varcato il cancello i e le detenute diventano numeri di matricola. Così ci dice anche Luigi nel denunziare la mancata funzione rieducativa del sistema carcerario italiano ridotto ad un tappeto sotto cui nascondere la polvere delle contraddizioni che la società crea e di cui si vergogna perché rappresentano il suo fallimento. Una società che innesca le devianze e poi le occulta dentro le celle del carcere, che attribuisce all’individuo la responsabilità del reato e poi lo spersonalizza riducendolo a numero, privandolo, nel caso della tossicodipendenza e dei disturbi psichici, di adeguate terapie di recupero e mostrando la natura classista del sistema: solo i ricchi possono permettersi costose cure nelle comunità. Nelle carceri si fa largo uso di sedativi e, come scrive Luigi nella sua Missa sinza diu, di metadone. Sceglie con cura le parole, Luigi, ha tanto tempo, ventidue ore al giorno di isolamento, e poca carta. Comincia a scrivere per tenere impegnata la mente, per prendere nota di quello che succede, per ricollocarsi nella nuova dimensione di spazio ristretto e tempo dilatato. Analizza i tre metri quadri della cella e lì lo spazio gli detta le parole. Scopre la capacità di fare diventare universo ogni piccolo segnale: il passo dei secondini, il rumore delle chiavi. E scrive, per non cadere nella trappola della resilienza che lo vorrebbe oggetto che subisce. Resta soggetto e fa della scrittura strumento di forza per la sopravvivenza nella capacità di adattamento. Poi, una volta fuori dal carcere, sceglie in condivisione con familiari e compagni, di fare della scrittura nata come forma di resistenza privata, strumento di resistenza pubblica. Ed ecco il libro, corredato dalle illustrazioni di Marco Mirabile di “Tutto e Niente” e con la prefazione di Davide Ficarra dove si ribadisce il valore di liberazione dalla reclusione dell’atto poetico e della sua capacità di rinnovare la speranza anche negli attuali tempi cupi. E noi gliene siamo grati, perché anche per noi le sue poesie sono state, oggi, più che un’ora d’aria. Come aveva auspicato Verdiana Mineo, di Antudo, moderatrice dell’incontro, sono state davvero un’occasione di riflessione sulla fase che stiamo attraversando rispetto alla limitazione dell’espressione del dissenso e della necessità di affinare strumenti di critica e di gestione del conflitto. Ma soprattutto perché sono belle. Maria La Bianca