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La nave Oyvon soccorre 27 persone in stato di shock
Questa notte il team a bordo della nave Oyvon di Medici senza Frontiere ha effettuato un altro soccorso. 27 persone sono state messe in salvo, mentre viaggiavano in condizioni di estrema insicurezza in un gommone non adatto alla navigazione. Erano tutte in stato di shock, hanno ripetuto più volte ai nostri operatori che sarebbero morte, se loro non fossero arrivati in tempo. Tra le persone soccorse, c’erano 12 minori, di cui 9 non accompagnati, e 3 donne. Questa stamattina sono sbarcati tutti a Lampedusa. Medecins sans Frontieres
Primo salvataggio della nave Oyvon di Medici senza Frontiere
Questa mattina il team a bordo di Oyvon ha effettuato il suo primo salvataggio. Qurantun persone sono state soccorse, con il supporto della nave di ricerca e soccorso Louise Michel. Tutti i sopravvissuti sono sbarcati a Lampedusa. Tra loro ci sono tre donne e quattordici minori, di cui nove non accompagnati. Medecins sans Frontieres
Mediterraneo centrale: MSF riprende le attività di ricerca e soccorso con una nuova nave
Medici Senza Frontiere (MSF) annuncia la ripresa delle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale, quasi un anno dopo essere stata costretta a interrompere le operazioni con la Geo Barents, l’ultima nave dell’organizzazione medico-umanitaria attiva da maggio 2021 a dicembre 2024. Oggi MSF torna nel Mediterraneo con la nave Oyvon, che in norvegese significa “speranza per l’isola”. L’imbarcazione, in passato una nave ambulanza in Norvegia, è stata completamente ristrutturata e attrezzata per effettuare operazioni di ricerca e soccorso in mare su una delle rotte migratorie più pericolose al mondo. ”Come organizzazione medico-umanitaria, la nostra presenza nel Mediterraneo e l’impegno nel supporto alle persone in movimento sono imprescindibili” dichiara Juan Matias Gil, capomissione di MSF per la ricerca e soccorso in mare. “Riprendiamo le operazioni perché abbiamo il dovere di soccorrere chi si trova in difficoltà in mare. Persone spesso costrette a partire su imbarcazioni insicure dopo aver vissuto in condizioni deplorevoli e disumane e aver subito detenzioni, abusi ed estorsioni in Libia”. Politiche restrittive rendono quasi impossibili le operazioni SAR MSF è stata costretta a sospendere le attività di soccorso della Geo Barents nel dicembre 2024, dopo oltre 2 anni di operazioni ostacolate da leggi e politiche italiane restrittive, in particolare dal Decreto Piantedosi e dall’assegnazione di porti lontani. Queste misure hanno reso impossibile il normale svolgimento delle operazioni per la Geo Barents: nonostante avesse la capacità di ospitare fino a 700 persone a bordo, alla nave venivano regolarmente assegnati porti lontani anche quando aveva a bordo solo 50 sopravvissuti. “La decisione di MSF di impiegare una nave più piccola e veloce è una risposta strategica a leggi e misure sempre più restrittive del governo italiano, che mirano a ostacolare le attività di ricerca e soccorso delle navi umanitarie” continua Gil di MSF. MSF torna nel Mediterraneo centrale anche per diffondere le testimonianze di chi fugge dalla Libia, per raccontare le violente intercettazioni in mare da parte della Guardia Costiera libica e di altri attori coinvolti, così come i respingimenti forzati in Libia, riconosciuti dai tribunali italiani e da altri organismi delle Nazioni Unite come violazioni del diritto internazionale marittimo, dei diritti umani e del diritto d’asilo. Negli ultimi mesi si è registrato un aumento di attacchi violenti in acque internazionali da parte della Guardia Costiera libica e di altri gruppi armati, diretti contro le persone migranti e le navi umanitarie di soccorso. L’equipaggio di MSF a bordo della nave Oyvon prevede la presenza di un medico e un infermiere, pronti a fornire cure mediche in situazioni di emergenza e ad assistere i pazienti in caso di ipotermia, inalazione di carburante, ustioni da benzina e ferite causate da abusi e detenzioni in Libia. MSF nel Mediterraneo Centrale Il Mediterraneo centrale resta una delle rotte migratorie più letali al mondo. Secondo l’IOM, almeno 25.630 uomini, donne e bambini sono morti o dispersi in questo tratto di mare dal 2014, di cui 1.810 solo nel 2024. In media nel 2024 sono morte 5 persone al giorno, rendendo lo scorso anno il più mortale dal 2017, nonostante la diminuzione delle partenze. Dal 2015 MSF è attiva nelle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. MSF ha lavorato su 9 navi umanitarie (da sola o in partnership con altre organizzazioni) e ha soccorso più di 94.200 persone. Nel gennaio 2023, il Decreto Piantedosi (Decreto Legge 1/2023) ha introdotto in Italia un nuovo quadro normativo, applicabile esclusivamente alle navi civili adibite al soccorso, e una serie di sanzioni in caso di inadempienza, che prevedono da 10 a 20 giorni di fermo in porto fino alla confisca della nave. Dall’entrata in vigore del Decreto Piantedosi, la Geo Barents è stata sanzionata 4 volte, per un totale di 160 giorni di fermo forzato. Inoltre, tra dicembre 2022 e dicembre 2024, le misure ostruzionistiche imposte dal decreto hanno costretto la nave a percorrere 64.966 km in più dei previsti e a trascorrere 163 giorni in più in mare per raggiungere porti lontani nel nord Italia per lo sbarco delle persone sopravvissute, invece di approdare in porti più vicini nel Sud Italia. È fondamentale, avverte MSF, che l’Italia e gli Stati membri dell’Unione Europea garantiscano che gli attori civili impegnati nelle operazioni SAR possano operare liberamente per salvare vite in mare nel pieno rispetto delle leggi internazionali e marittime, ponendo la salvaguardia e la protezione della vita umana al centro delle politiche migratorie. Oyvon Oyvon batte bandiera tedesca. In passato ha operato come nave ambulanza in Norvegia prima di essere acquistata da MSF e adeguata alle attività di ricerca e soccorso. La sua lunghezza totale è di 20 metri, ha 2 ponti per accogliere le persone soccorse ed è dotata di 1 gommone veloce (rhib), che verrà utilizzato durante le operazioni di soccorso. Il team a bordo è composto da 10 persone, tutti operatori di MSF. Oyvon, in norvegese, significa “speranza per l’isola”.   Medecins sans Frontieres
Accordo Italia-Libia, MSF: “No al rinnovo di un sistema di violenze e torture”
L’accordo Italia-Libia deve essere interrotto perché perpetua scellerate politiche di respingimento e detenzione sulla pelle delle persone, alimentando nel Mediterraneo il numero delle morti in mare, avverte Medici Senza Frontiere (MSF) a pochi giorni dal rinnovo automatico previsto per il 2 di novembre. Dal 2017, con questo accordo l’Italia e l’Unione Europea forniscono supporto finanziario, tecnico e logistico alla Guardia Costiera libica, che continua ad alimentare un ciclo criminale di violenze, mettendo in pericolo la vita delle persone migranti in difficoltà in mare e del personale delle ONG impegnate nelle operazioni di ricerca e soccorso. “L’accordo Italia-Libia è un patto vergognoso stretto sulla pelle delle persone e non deve essere rinnovato. Addestriamo e finanziamo la Guardia Costiera libica, che ancora nei giorni scorsi, dopo anni di episodi violenti, ha sparato contro un’imbarcazione in pericolo ferendo 3 persone, tra cui un ragazzo di 15 anni attualmente in coma. Nel frattempo, il sistema di accoglienza in Italia viene svuotato dei servizi e il diritto d’asilo è fortemente depotenziato” dichiara la dr.ssa Monica Minardi, presidente di MSF in Italia. Solo quest’anno 22.509 persone migranti in fuga dalla Libia sono state intercettate in mare e riportate indietro con la forza, secondo i dati dell’IOM. Il più delle volte tornano in centri di detenzione in cui subiscono violenze, torture, abusi: tutto questo con la connivenza e con il supporto economico dell’Italia. Al solo scopo di bloccare gli arrivi nel nostro Paese, si dimentica colpevolmente ogni obbligo di tutela dei diritti umani. “Per evitare che altre persone muoiano in mare e che vengano deportate nei centri di detenzione o in circuiti illegali di sfruttamento e violenza in Libia, l’Italia e l’Ue dovrebbero garantire vie legali e sicure d’accesso e un’attività dedicata e coordinata tra i diversi Stati membri, di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale” aggiunge la dr.ssa Minardi di MSF. La Libia non è un luogo sicuro per le persone migranti e dal 9 novembre non sarà più un Paese dove le ONG, inclusa MSF, potranno operare a causa di una decisione annunciata ieri dalle autorità libiche. “Le nostre psicologhe assistono ogni giorno persone migranti sopravvissute alla detenzione in Libia e alla traversata del Mediterraneo. Il 60% degli episodi di violenza e tortura subiti dai nostri pazienti in cura a Palermo, nell’ambito del servizio specializzato per sopravvissuti a tortura, sono avvenuti in Libia. Il rinnovo dell’accordo rende l’Italia complice di tutto ciò” conclude la dr.ssa Minardi di MSF.   Medecins sans Frontieres
Libia: MSF ha ricevuto l’ordine di lasciare il Paese entro il 9 novembre
Medici Senza Frontiere (MSF) annuncia di aver ricevuto una lettera dal Ministero degli Affari Esteri della Libia in cui viene ordinato all’organizzazione medico-umanitaria di lasciare il Paese entro il 9 novembre. Il 27 marzo 2025 MSF aveva ricevuto l’ordine di sospendere le attività in Libia dopo la chiusura imposta dall’Agenzia per la sicurezza interna (ISA) e l’interrogatorio di diversi membri del suo staff. Questa ondata di repressione ha colpito anche altre 9 organizzazioni umanitarie che operano nella parte occidentale del Paese. Da allora, MSF ha ripetutamente espresso il desiderio di poter tornare a fornire assistenza medica in Libia e ha continuato a dialogare con le autorità. “Siamo profondamente rammaricati per questa decisione e preoccupati per le conseguenze che avrà sulla salute delle persone che assistiamo” spiega Steve Purbrick, responsabile dei programmi di MSF in Libia. “Riteniamo di avere ancora un ruolo importante da svolgere in Libia, in particolare nella diagnosi e nel trattamento della tubercolosi, nel supporto al sistema sanitario libico, ma anche nel garantire l’accesso all’assistenza sanitaria ai rifugiati e alle persone migranti che sono escluse dalle cure e soggette a detenzioni arbitrarie e gravi violenze”.  In un contesto caratterizzato da crescenti ostruzioni alle attività delle ONG, da drastici tagli ai finanziamenti internazionali e dal rafforzamento delle politiche europee di collaborazione con le autorità libiche in materia di controllo delle frontiere, attualmente non vi sono ONG internazionali che forniscono assistenza medica ai rifugiati e ai migranti nella Libia occidentale. “Non è stata fornita alcuna motivazione per giustificare la nostra espulsione e il processo rimane poco chiaro. La registrazione di MSF presso le autorità competenti in Libia è ancora valida; speriamo, quindi, ancora di poter trovare una soluzione positiva a questa situazione” conclude Purbrick di MSF. In collaborazione con le autorità sanitarie libiche, MSF ha effettuato oltre 15.000 visite mediche nel 2024, 3.000 sessioni di salute mentale individuali e 2.000 visite per la tubercolosi. MSF si è occupata di identificare e accompagnare alcuni di questi pazienti non libici e particolarmente vulnerabili e di evacuarli attraverso un corridoio umanitario verso l’Italia. Dal 2024, 76 ex pazienti hanno beneficiato di questo programma e altri 63 avrebbero dovuto seguirli entro la fine dell’anno. Nel 2023, MSF ha anche fornito assistenza medica di emergenza in seguito alle inondazioni a Derna.     Medecins sans Frontieres
Gaza, appello MSF: “Evacuazioni mediche aumentino in modo drastico e urgente”
Medici Senza Frontiere (MSF) chiede ai governi di tutto il mondo di aumentare in modo drastico e urgente le evacuazioni mediche per migliaia di pazienti che non hanno accesso alle cure necessarie a Gaza. Queste evacuazioni devono essere accompagnate da un impegno costante per mantenere il fragile cessate il fuoco — già violato più volte — e per garantire un afflusso massiccio e senza restrizioni di aiuti umanitari nella Striscia. Le evacuazioni mediche da Gaza sono riprese il 22 ottobre, dopo una sospensione iniziata il 29 settembre. MSF esorta i governi di tutto il mondo a salvare vite umane aumentando urgentemente e in modo significativo questa vitale via di salvezza. Le autorità israeliane devono consentire ai pazienti di lasciare Gaza per ricevere le cure di cui hanno bisogno e garantire il loro diritto a farvi ritorno. “I palestinesi a Gaza stanno subendo un genocidio. Il sistema sanitario è al collasso” dichiara il dr. Javid Abdelmoneim, presidente internazionale di MSF, che ha lavorato a Gaza come medico d’emergenza. “Le forze israeliane hanno attaccato gli ospedali, distruggendoli. Hanno ucciso, arrestato e costretto alla fuga il personale medico, oltre ad aver sistematicamente bloccato l’ingresso dei rifornimenti nella Striscia”. A ottobre 2025, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre 15.600 persone – di cui il 25% bambini – sono in attesa di un’evacuazione medica salvavita da Gaza. Tra i pazienti ci sono persone con gravi traumi causati da arma da fuoco o da esplosioni, oltre a malati affetti da patologie croniche e potenzialmente letali come tumori o insufficienza renale. Pazienti come Mira, una bambina di 10 anni, a cui è stata diagnosticata un’insufficienza renale acuta, e Yazan, un bambino di 7 anni con anomalie cerebrali congenite che necessiterebbero di interventi chirurgici regolari. Da più di un anno aspettano che un Paese li accolga per ricevere le cure necessarie, prima che sia troppo tardi. “Questi pazienti non possono aspettare che il sistema sanitario venga ricostruito: hanno bisogno di cure immediate e urgenti” aggiunge il dr. Abdelmoneim di MSF. “Tra luglio 2024 e agosto 2025, almeno 740 pazienti, tra cui 137 bambini, sono morti in attesa di essere evacuati. Si tratta di morti evitabili, causate non solo dalla distruzione degli ospedali, ma anche dall’inazione politica”. Tra queste morti evitabili c’è anche quella di Sarah, nata con una rara malattia genetica che comprometteva la capacità del suo corpo di assorbire i nutrienti. Sarah è morta a soli 6 mesi mentre aspettava di essere evacuata per ricevere una diagnosi appropriata e cure adeguate. Riconoscendo l’impegno dell’Italia, primo Paese occidentale per numero di persone accolte (196), MSF esorta il governo italiano a rafforzare ulteriormente le evacuazioni alla luce degli ingenti bisogni ancora presenti. MSF, insieme ad altre associazioni, ha inoltre manifestato alle autorità la propria disponibilità a collaborare nella presa in carico dei pazienti una volta in Italia. A livello mondiale, in una lettera aperta indirizzata ai capi di stato, il dottor Abdelmoneim avverte anche che il cessate il fuoco da solo non porrà fine alla catastrofe medica e umanitaria in corso che i palestinesi continuano a subire. Sebbene stiano iniziando ad arrivare più aiuti umanitari, MSF chiede che gli ingressi vengano rapidamente incrementati – includendo forniture mediche, carburante, acqua potabile, cibo e rifugi – per soddisfare gli enormi bisogni di due milioni di persone, molte delle quali stanno tornando alle rovine delle loro case mentre l’inverno si avvicina. A ottobre 2025, l’OMS ha confermato che solo 14 dei 36 ospedali di Gaza sono ancora parzialmente funzionanti. Nessuno di questi è pienamente operativo, in seguito agli attacchi sistematici e diretti da parte di Israele, tra cui offensive terrestri, bombardamenti con carri armati e attacchi aerei. Secondo il Ministero della Salute, sono stati uccisi 1.722 operatori sanitari. Appena una settimana prima del cessate il fuoco, 2 operatori di MSF – un terapista occupazionale e un fisioterapista – sono stati uccisi da un attacco aereo israeliano mentre si recavano al lavoro. In totale, negli ultimi 2 anni sono stati uccisi 15 operatori di MSF. Un chirurgo ortopedico di MSF, il dottor Mohammed Obeid, è detenuto in condizioni durissime dall’ottobre 2024. MSF chiede con urgenza il suo rilascio. La perdita di operatori sanitari è devastante per i pazienti di Gaza. “Mentre alcuni Paesi come Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Giordania hanno fatto la loro parte, altri non hanno fatto praticamente nulla” afferma il dr. Abdelmoneim di MSF. “Questa inazione è indifendibile”. Poche evacuazioni, molto squilibrio tra chi accoglie Per sottolineare la portata di questa inazione, MSF ha pubblicato i dati delle evacuazioni mediche da Gaza, mettendo a confronto gli sforzi compiuti dai vari Paesi. Questi dati rivelano un forte squilibrio: mentre una manciata di Paesi ha aperto le porte a migliaia di pazienti, molti governi che hanno la capacità di fare di più ne hanno accolti pochi o nessuno. MSF esorta i governi a: * continuare a fare pressione per garantire che il cessate il fuoco sia mantenuto e accompagnato da un massiccio afflusso di aiuti umanitari * aumentare in modo drastico e con urgenza il numero di evacuazioni mediche da Gaza, ed esercitare la propria influenza per garantire che Israele non le blocchi * dare priorità alle evacuazioni in base all’urgenza medica e alle necessità cliniche, anche per gli adulti e gli anziani che costituiscono il 75% dei pazienti in lista d’attesa * accelerare le procedure amministrative e di rilascio dei visti per i pazienti e gli accompagnatori, al fine di ridurre ritardi che mettono a rischio la vita dei pazienti * garantire il diritto dei pazienti di rimanere all’estero, qualora lo desiderino, assicurando al contempo il diritto a un ritorno sicuro, dignitoso e volontario a Gaza * fornire condizioni di vita dignitose ai pazienti e a chi li assiste, cure di follow-up e servizi di riabilitazione durante la permanenza all’estero. L’assistenza deve includere il supporto psicologico, necessario per tutti i pazienti e per chi li assiste. Totale evacuazioni mediche per Paese (dati aggiornati al 21 ottobre 2025) Egitto 3.995 Emirati Arabi Uniti 1.499 Qatar 970 Turchia 441 Giordania 240 Italia 196 Algeria 136 Tunisia 73 Oman 56 Romania 48 Spagna 45 UK 39 Norvegia 28 USA 28 Francia 27 Belgio 14 Irlanda 12 Grecia 10 Svizzera 7 Malta 4 Canada 2 Giappone 2 Lussemburgo 2 Australia 1 Medecins sans Frontieres
Gaza, MSF chiede il rilascio immediato del chirurgo detenuto
Medici Senza Frontiere chiede il rilascio immediato e incondizionato del dottor Mohammed Obeid, chirurgo ortopedico che lavora con MSF dal 2018. Arrestato dalle forze israeliane il 26 ottobre 2024, durante un’operazione militare all’ospedale Kamal Adwan, da ormai quasi un anno il dottor Obeid è detenuto senza alcun contatto con la sua famiglia. “Chiediamo che i suoi diritti, la sua dignità e la sua libertà siano ripristinati senza ulteriori ritardi” afferma la dottoressa Tejshri Shah, direttrice generale di MSF.   Medecins sans Frontieres
Gaza, MSF: “I medici non possono fermare il genocidio, ma i leader mondiali sì”
“I medici non possono fermare il genocidio, ma i leader mondiali sì”, è la nuova campagna internazionale di Medici Senza Frontiere (MSF) rivolta a tutti i capi di governo dei Paesi in cui l’organizzazione è presente. In Italia, MSF chiede al governo Meloni di usare tutti gli strumenti politici, diplomatici ed economici soprattutto in vista dell’High level week dell’ottantesima sessione dell’Assemblea Generale dell’Onu. “A Gaza non solo è in corso una catastrofe umanitaria, ma anche la distruzione sistematica di un popolo. Israele sta commettendo un genocidio a Gaza contro i palestinesi” dichiara Stefano Di Carlo, direttore generale di MSF in Italia. “Con la loro inazione, il loro silenzio o il loro sostegno diretto alle autorità israeliane, i governi di tutto il mondo, Italia compresa, sono complici di questo genocidio. Hanno l’obbligo morale e legale di reagire, utilizzando ogni strumento politico, diplomatico ed economico a loro disposizione per fermare queste atrocità”. MSF chiede agli Stati di usare urgentemente la loro influenza per: * Fermare il genocidio contro i palestinesi a Gaza * Fermare la pulizia etnica e lo sfollamento forzato * Garantire un cessate il fuoco immediato e duraturo * Revocare l’assedio e consentire la consegna immediata e senza ostacoli di aiuti umanitari indipendenti su larga scala * Fermare gli attacchi alle strutture mediche e agli operatori sanitari * Smantellare la Gaza Humanitarian Foundation * Consentire l’evacuazione medica di coloro che necessitano di cure urgenti * Fermare i trasferimenti di armi che uccidono e mutilano le persone I 1.118 operatori e operatrici umanitari di MSF che lavorano a Gaza non possono fermare questo genocidio, ma i leader mondiali possono farlo, se solo decidessero di agire. Stop al genocidio Più di 64.000 persone sono state uccise, tra cui 20.000 bambini, secondo gli ultimi dati del Ministero della Salute. Il bilancio è probabilmente molto più alto, considerando che molte altre persone potrebbero essere rimaste intrappolate sotto le macerie. Non c’è nessun luogo sicuro a Gaza. Anche se le strutture sanitarie dovrebbero essere protette, gli ospedali sono stati bombardati e le strutture mediche sono state saccheggiate, mettendo in pericolo la vita di personale e pazienti. Oggi nessun ospedale a Gaza è pienamente funzionante. Quelli che rimangono parzialmente operativi sono sovraffollati e gravemente carenti di forniture salvavita. Sono stati uccisi 12 operatori di MSF dall’inizio del conflitto e il chirurgo ortopedico di MSF, il dott. Mohammed Obeid, è detenuto da Israele da ottobre 2024. In totale a Gaza sono stati uccisi più di 1.500 operatori sanitari. Una perdita enorme per le loro famiglie e per il sistema sanitario di Gaza. Le autorità israeliane stanno soffocando Gaza attraverso un assedio totale che impedisce deliberatamente alla popolazione di accedere a carburante, cibo, acqua e forniture mediche. La carestia è già stata dichiarata nel governatorato di Gaza e le persone stanno morendo di fame. I pochi aiuti alimentari concessi dalle autorità israeliane sono stati crudelmente utilizzati come arma. La Gaza Humanitarian Foundation (GHF), gestita da Israele e finanziata dagli Stati Uniti, è responsabile della morte di 1.400 persone e del ferimento di altre 4.000. La mancanza di acqua potabile sta causando ulteriori sofferenze e malattie. Solo lo scorso mese, i team di MSF hanno curato 4.000 casi di diarrea, una condizione potenzialmente fatale per i bambini già indeboliti dalla malnutrizione. MSF viene regolarmente ostacolata dalle autorità israeliane nel portare attrezzature per la desalinizzazione e altre forniture che potrebbero aumentare l’accesso all’acqua potabile.     Medecins sans Frontieres
Gaza City, MSF: “Offensiva israeliana è una condanna a morte per un milione di palestinesi”
È semplicemente impossibile costringere 1 milione di persone – tra cui centinaia di pazienti in condizioni critiche e di neonati – ad abbandonare Gaza City per trasferirsi in aree sovraffollate e prive di risorse nel centro e nel sud della Striscia, avverte Medici Senza Frontiere (MSF). Si tratterebbe, a tutti gli effetti, di una condanna a morte per 1 milione di palestinesi. I bombardamenti incessanti e l’offensiva via terra delle forze israeliane stanno uccidendo centinaia di persone, oltre a costringere i palestinesi ad abbandonare le loro case e i loro rifugi, spesso più volte, attuando un piano di distruzione totale già osservato in precedenza dai team di MSF a Rafah. “Alcuni dei nostri colleghi sono stati sfollati più di 11 volte dal 2023” afferma Jacob Granger, coordinatore delle emergenze per MSF a Gaza. I rifugi di fortuna offrono poca protezione, e i bombardamenti continui spesso prendendo di mira le zone in cui i sopravvissuti si sono rifugiati. Secondo le stime, 1 milione di sfollati vivono ormai in solo il 15% del territorio di Gaza, e le condizioni di vita sono aggravate dal fatto che quasi il 90% dei sistemi idrici e igienico-sanitari è stato distrutto. “MSF continua a distribuire acqua nella città, ma senza più riserve idriche, se le forze israeliane rendono impossibile la produzione e la distribuzione di acqua potabile, le persone moriranno nel giro di pochi giorni” avverte Granger di MSF. A causa del sovraffollamento e delle condizioni insalubri, si stanno diffondendo focolai di malattie come la diarrea acuta. Il sistema sanitario al collasso L’offensiva israeliana sta distruggendo intenzionalmente il sistema sanitario di Gaza. Più della metà degli ospedali è stata resa inutilizzabile; quelli rimasti funzionano al limite del collasso, e subiscono attacchi mirati. Il tasso di occupazione dei letti ha raggiunto il 300% all’ospedale di Al Ahli, il 240% all’ospedale di Al Shifa e il 210% all’ospedale di Rantissi. A causa dell’offensiva su Gaza City, 11 dei 18 ospedali ancora parzialmente funzionanti nella Striscia di Gaza rischiano di chiudere, insieme ad altre strutture, mentre le autorità sanitarie segnalano che sono esaurite le scorte di oltre la metà dei farmaci essenziali. Il personale medico ha subito ripetute incursioni, gli stessi operatori sanitari sono stati uccisi, arrestati o minacciati, compreso un medico di MSF che è ancora in detenzione senza alcuna accusa formale a suo carico. Nelle strutture mediche che supportiamo a Gaza City, stiamo assistendo a un aumento nel numero di feriti con lesioni sempre più gravi. I pazienti che necessitano di cure intensive rischiano di morire se costretti ad evacuare a causa della chiusura degli ospedali. Le persone con disabilità, malate o ferite non saranno in grado di evacuare. Una carestia deliberata L’assedio ha provocato una carestia: le restrizioni sul cibo, sull’acqua potabile, sulle medicine e sugli aiuti umanitari stanno causando un aumento vertiginoso dei casi di malnutrizione acuta. I civili che cercano disperatamente aiuto nei punti di distribuzione devono affrontare il pericolo di essere uccisi: per mesi, le cliniche di MSF hanno soccorso le persone ferite dal fuoco israeliano nei siti di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation. L’offensiva via terra deve cessare immediatamente Con il genocidio e la pulizia etnica in corso, le forze israeliane puntano a cacciare i palestinesi da Gaza City, creando condizioni di vita insostenibili. Nessun luogo è sicuro e gli aiuti, di per sé insufficienti, vengono consegnati attraverso canali estremamente pericolosi per i civili. La distruzione delle infrastrutture essenziali è continua e deliberata. MSF chiede la fine immediata dell’uso degli ordini di evacuazione come mezzo di sfollamento forzato, un cessate il fuoco duraturo e l’ingresso di aiuti umanitari su larga scala. MSF chiede inoltre che le strutture mediche vengano protette e le operazioni umanitarie garantite e coordinate. La distruzione sistematica di un’intera città e della sua popolazione deve finire. MSF esorta, infine, gli alleati di Israele a interrompere immediatamente i trasferimenti di armi a Israele e di aumentare la pressione per fermare l’offensiva. Senza un intervento urgente e radicale, Gaza rischia la distruzione totale.   Medecins sans Frontieres
Gaza, Rapporto MSF: “Nei siti di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation uccisioni deliberate e disumanità: devono essere chiusi”
A Gaza, nei siti di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation (GHF) sono in corso violenze mirate e indiscriminate da parte delle forze israeliane e dei contractor americani contro la popolazione palestinese costretta alla fame. È quanto emerge dall’analisi dei dati medici e delle testimonianze di pazienti e personale sanitario nelle cliniche di Medici Senza Frontiere (MSF) ad Al-Mawasi e Al-Attar, pubblicati nel nuovo rapporto di MSF “Non sono aiuti umanitari ma uccisioni orchestrate” (PDF in inglese e scheda in italiano). “I centri di distribuzione gestiti dalla GHF, e sostenuti dal governo degli Stati Uniti, sono diventati una trappola mortale. Chiediamo che questo sistema letale venga immediatamente smantellato e sostituito con un meccanismo indipendente di distribuzione degli aiuti umanitari, sotto il coordinamento delle Nazioni Unite” afferma Monica Minardi, presidente di MSF. “Ci appelliamo al governo italiano e al Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani affinché questa inaccettabile situazione sia affrontata con determinazione nei rapporti diplomatici con il governo israeliano, richiedendo l’urgente ripristino di un sistema di distribuzione degli aiuti realmente volto a soccorrere, e non a massacrare, la popolazione civile”. In sette settimane, tra il 7 giugno e il 24 luglio 2025, 1.380 feriti – tra cui 28 morti – sono arrivati nelle cliniche di MSF di Al-Mawasi e Al-Attar, nel sud di Gaza e vicine ai siti della GHF. Tra loro anche 71 bambini con ferite da arma da fuoco, di cui 25 avevano meno di 15 anni. C’erano anche un bambino di 12 anni colpito da un proiettile all’addome, e 5 bambine – tra cui una di soli 8 anni con una ferita da arma da fuoco al torace. Non avendo alternative per procurarsi il cibo, le famiglie spesso sono costrette a mandare bambini e ragazzi essendo gli unici della famiglia fisicamente in grado di affrontare il viaggio. “Bambini colpiti al petto mentre cercano di procurarsi del cibo, persone schiacciate o soffocate dalla calca, intere folle brutalmente uccise da colpi d’arma da fuoco nei punti di distribuzione: nei quasi 54 anni di attività di MSF, raramente abbiamo assistito a simili livelli di violenza sistematica contro civili disarmati” continua Minardi di MSF. “I centri di distribuzione della GHF, che si presentano come un sistema di aiuti umanitari sono in realtà un laboratorio di crudeltà. Tutto questo deve finire immediatamente”. Da una prima analisi delle ferite da arma da fuoco riportate dai pazienti arrivati alla clinica di Al-Mawasi, è emerso che l’11% delle ferite era localizzato tra testa e collo, mentre il 19% interessava torace, addome e schiena. Chi è arrivato, invece, dal centro di distribuzione di Khan Younis ha riportato molto più spesso ferite agli arti inferiori. La precisione anatomica e la tipologia ricorrente di queste ferite suggeriscono con forza che le persone sono prese intenzionalmente di mira all’interno e nei pressi dei centri di distribuzione, escludendo la possibilità che si tratti di colpi sparati in modo accidentale o indiscriminato. “Ci stanno massacrando. Io sono stato ferito forse 10 volte. Ho visto queste scene con i miei occhi: ero circondato da cadaveri, ce n’erano circa una ventina intorno a me. Tutti colpiti alla testa o allo stomaco” racconta Mohammed Riad Tabasi, un paziente in cura presso la clinica MSF di Al-Mawasi. A maggio, le autorità israeliane hanno tentato di smantellare la risposta umanitaria dell’ONU, sostituendola con un sistema militarizzato di distribuzione di cibo gestito dalla GHF. Tutti e 4 i centri della GHF si trovano in aree sotto pieno controllo militare israeliano e sono “protetti” da contractor americani armati. La GHF è stata presentata dai governi israeliano e statunitense come una “soluzione innovativa”, una presunta risposta alle loro affermazioni mai dimostrate che gli aiuti umanitari non arrivano alla popolazione e all’accusa infondata del fallimento dell’ONU. In realtà, questi siti di distribuzione della GHF non sono altro che un meccanismo letale, volto a istituzionalizzare la strategia israeliana per affamare la popolazione di Gaza iniziata il 2 marzo, con l’assedio totale della Striscia come parte della loro campagna genocida. Questo sistema tenta di privare le persone della loro dignità. Inoltre, le équipe di MSF hanno curato in 7 settimane 196 pazienti rimasti feriti in seguito a scontri scoppiati tra le persone nei siti di distribuzione della GHF. Tra loro c’erano anche un bambino di 5 anni con gravi ferite alla testa e una donna morta per asfissia, probabilmente schiacciata dalla folla. Le persone che riescono a procurarsi del cibo spesso corrono il rischio di essere derubate da altre persone affamate. Ai team medici di MSF è stato richiesto di aggiungere un nuovo acronimo al registro dei pazienti: BBO – Beaten By Others (colpito da altri) in riferimento a persone rimaste ferite nella calca o picchiate e derubate delle loro provviste subito dopo averle ricevute. È una disumanizzazione orchestrata a tavolino. “Il 1° agosto, lo stesso giorno in cui l’inviato speciale degli Stati Uniti in Medio Oriente ha visitato i siti della GHF, il quindicenne Mahmoud Jamal Al-Attar è stato ucciso nei pressi del sito del GHF di Al-Shakoush mentre cercava di procurarsi del cibo. È arrivato alla clinica di MSF di Al-Mawasi dopo essere stato colpito al petto” afferma Aitor Zabalgogeazkoa, coordinatore dell’emergenza di MSF a Gaza. “Nelle nostre cliniche arriva solo una parte delle persone uccise e ferite in questi siti. L’uccisione dei bambini non può essere definita in altro modo se non intenzionale. Nonostante le condanne e le richieste di smantellare questo sistema, l’inazione globale per fermare la GHF è sconcertante”. Anche nel periodo non analizzato nel rapporto di MSF, tra il 27 luglio e il 2 agosto, nelle cliniche Al-Mawasi e Al-Attar di MSF sono state curate altre 186 persone ferite nei siti della GHF da schegge, ferite d’arma da fuoco, aggressioni e accoltellamenti. Due di loro sono morte. Il 3 agosto sono arrivate altre 3 persone ferite, una con colpi di arma da fuoco al collo e due persone con colpi alla testa. MSF chiede che il sistema di distribuzione della GHF sia smantellato immediatamente, che sia ripristinato il meccanismo di coordinamento degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite e invita i governi, in particolare quello degli Stati Uniti, e i donatori privati a sospendere ogni sostegno finanziario e politico alla GHF. Medecins sans Frontieres