Afghanistan: nuovo rapporto di Emergency
A due anni dalla pubblicazione del suo primo report sulle barriere di accesso
alle cure in Afghanistan, EMERGENCY lancia il nuovo rapporto Accesso alle cure
d’urgenza, critiche e chirurgiche in Afghanistan. Prospettive del popolo afgano
e degli operatori sanitari di 11 province, dedicato al Paese in cui è presente
dal 1999. La ricerca, costruita raccogliendo proprio le voci degli afgani, si
concentra sull’accesso della popolazione ai servizi di emergenza, intensivi e
chirurgici (Emergency, Critical and Operative – ECO) che includono anche la
ginecologica e l’ostetricia.
Il quadro che emerge dall’analisi condotta da EMERGENCY e CRIMEDIM (Centro
Interdipartimentale di Ricerca e Formazione in Medicina dei Disastri, Assistenza
Umanitaria e Salute Globale) è quello di un Afghanistan dove 22.9 milioni di
persone, metà della popolazione[1], necessitano di aiuti umanitari e oltre 14
milioni di cure sanitarie. Dove la crisi economica e l’indebolimento del sistema
sanitario dopo decenni di guerra hanno reso difficile l’accesso alle cure per la
popolazione che affronta oggi nuovi bisogni sanitari tra i quali le malattie non
trasmissibili[2], non adeguatamente affrontate.
Nel report Accesso alle cure in Afghanistan: la voce degli afgani in 10
province pubblicato nel 2023 l’ong aveva sottolineato la difficoltà degli afgani
ad accedere alle cure nel Paese rilevando numeri che mostravano chiaramente come
barriere geografiche, economiche e sociali rendessero complicato il
raggiungimento delle strutture soprattutto dalle aree più remote del Paese,
l’acquisto di medicinali, lo svolgimento di esami diagnostici e il reperimento
di personale formato adeguatamente.
Il nuovo rapporto 2025 conferma le tendenze emerse precedentemente: se già
l’accesso all’assistenza sanitaria di base è complicato, ancora di più lo è
quello ai servizi ECO che richiedono infrastrutture ed equipaggiamenti dedicati
e maggiore specializzazione e formazione per lo staff.
Il campione di analisi ha compreso 11 strutture ospedaliere governative oltre ai
centri di EMERGENCY nel Paese (i Centri chirurgici per vittime di guerra a Kabul
e Lashkar-gah, il Centro chirurgico ad Anabah in Panshir, i centri pediatrico e
di maternità ad Anabah, oltre 40 posti di primo soccorso e centri di sanità di
base sparsi nel Paese). Sono state considerate le 11 province dove EMERGENCY
lavora, che ospitano quasi 16 milioni di afgani (il 39% della popolazione
totale). La metodologia di ricerca ha previsto la somministrazione di 1.551
questionari anonimi a pazienti e accompagnatori in 20 strutture di EMERGENCY, 32
questionari compilati da informatori qualificati tra il personale di EMERGENCY,
la compilazione di uno strumento di valutazione approvato dall’OMS e 11
interviste semi-strutturate negli ospedali pubblici con i direttori degli
ospedali provinciali, i primari di chirurgia e di ginecologia.
Tra le necessità che emergono con più forza da parte degli
intervistati: disporre di un maggior numero di strutture sanitarie e di migliore
qualità[3]; diminuire il costo delle cure e dei mezzi di trasporto per ricevere
l’assistenza necessaria; aumentare la presenza di personale femminile. Anche i
fattori socioculturali, infatti, limitano l’accesso alle cure. Essere donna è un
indicatore di maggiore vulnerabilità nell’accesso alle cure in Afghanistan,
soprattutto per quanto riguarda la gravidanza e l’assistenza materna.
“Tra le restrizioni principali, a donne e ragazze è stato impedito di
frequentare scuole secondarie e università – racconta Keren Picucci, ginecologa
del Cento di maternità di EMERGENCY ad Anabah –. Inoltre, per ragioni culturali
e sociali, le donne spesso esitano a rivelare i propri problemi di salute fino a
quando la situazione non diventa grave e la preferenza o l’obbligo di essere
trattate da personale medico femminile riduce ulteriormente le opzioni
disponibili.”
La crisi economica protratta da anni aggrava ulteriormente la situazione: l’80%
degli intervistati lamenta costi troppo elevati dei servizi e la conseguenza
diretta è che un paziente su quattro è stato costretto a rimandare almeno una
volta un intervento chirurgico, mentre uno su cinque ha mancato un appuntamento
di controllo. Tre su cinque hanno chiesto denaro in prestito o venduto beni
personali per permettersi il pagamento delle cure. Ciò porta spesso a
peggioramenti della salute, spesso fatali: oltre il 33% degli intervistati ha
riportato una disabilità o un decesso dovuti al mancato accesso alle cure.
Le barriere fisiche, poi, si rivelano una delle più difficili da superare per i
pazienti: poco più del 2% degli intervistati ha dichiarato di essere in grado di
utilizzare un’ambulanza pubblica per accedere ai servizi sanitari, mentre quasi
la metà – la maggioranza della popolazione vive in aree rurali e montuose – ha
dovuto spostarsi a piedi. Il 79% degli intervistati ha dovuto viaggiare in
un’altra città, provincia o persino un altro Paese per ricevere cure
chirurgiche. Due terzi delle donne intervistate sono state costrette a spostarsi
per accedere ai servizi di cui hanno bisogno. Quando le strutture vengono
raggiunte, poi, spesso non dispongono del personale o delle attrezzature
necessarie per fornire cure in sicurezza.
Sulla base dei suggerimenti raccolti tra pazienti, familiari e operatori
sanitari, il rapporto si conclude con 10 raccomandazioni chiave alla comunità
internazionale e alle autorità afgane per migliorare il sistema sanitario del
Paese.
“A quattro anni dall’abbandono delle forze internazionali e l’instaurazione del
nuovo governo il 15 agosto 2021 l’Afghanistan non è più una priorità della
comunità internazionale [4] – sottolinea Dejan Panic, direttore programma
EMERGENCY in Afghanistan –. EMERGENCY resta al fianco della popolazione afgana
perché i bisogni di cure di base e specialistiche persistono e sono i pazienti e
i colleghi a chiederlo ancora, 30 anni dopo l’inizio del suo impegno nel Paese.
Ma è fondamentale per garantire un futuro alla popolazione che la comunità
internazionale e il governo afgano facciano la propria parte, come sottolineato
nelle raccomandazioni finali di questo report la cui voce è la voce degli
afgani.”
Emergency