Rovesciare l’Iran per fermare la Cina
> L’offensiva contro l’Iran come anello della strategia di contenimento della
> Cina: la mossa del bullo su una scacchiera che non controlla più
L’aggressione persistente contro la Repubblica Islamica dell’Iran non può essere
interpretata soltanto nei termini di un conflitto regionale o delle dispute
legate al programma nucleare iraniano. Le sue radici affondano in una logica
geostrategica di contenimento strutturale: impedire, per via indiretta, la
consolidazione di un ordine multipolare guidato dalla Repubblica Popolare
Cinese.
La tesi proposta in questo testo è chiara: il crollo dell’Iran, la sua
occupazione simbolica o la sua trasformazione in un satellite funzionale agli
interessi statunitensi, rappresenterebbe una delle sconfitte più gravi per il
progetto cinese di autonomia strutturale in Asia e in Eurasia. L’iniziativa Belt
and Road (BRI), l’accesso energetico indipendente, la diversificazione
logistica, la sovranità diplomatica e il riequilibrio del sistema finanziario
internazionale dipendono, in misura tutt’altro che marginale, dalla stabilità
dell’Iran come alleato strategico.
1. LA SCACCHIERA DELLE DISTRAZIONI: QUANDO IL BULLO DISTOGLIE LO SGUARDO DAL
VERO GIOCO
L’Iran non è il bersaglio finale della strategia occidentale, ma una delle
pedine critiche di questa scacchiera globale. Il blocco di potere composto dagli
Stati Uniti, dai loro alleati militari, finanziari e tecnologici, e dallo Stato
di Israele in quanto enclave operativa di primo livello, ha individuato come
priorità assoluta l’arresto dell’ascesa strutturale della Cina. La minaccia non
è ideologica, ma sistemica. La Cina propone un altro modello d’inserimento
internazionale: pianificazione a lungo termine, autonomia tecnologica,
integrazione logistica continentale e un approccio diplomatico non subordinato
alle logiche liberali occidentali. La BRI esprime questa visione, che sfida il
paradigma egemonico mediante la semplice logica dell’interdipendenza e del
beneficio reciproco.
In tale contesto, Israele funge da nodo di articolazione tra gli interessi
geostrategici occidentali e le strutture di controllo regionale in Asia
occidentale. La stabilità dell’Iran rappresenta un ostacolo per tale
architettura: consente alla Cina di accedere al Mediterraneo senza mediazione
occidentale, consolidare alleanze energetiche sovrane e proiettare influenza
lungo un asse che va da Pechino a Istanbul, passando per Teheran. Una spina nel
fianco dell’egemonia, e le spine, si sa, vanno rimosse.
La recente autorizzazione del presidente Donald Trump agli attacchi aerei contro
l’Iran del 22 giugno, sotto pressione israeliana e del suo asse d’influenza a
Washington, ha ridefinito drasticamente le priorità strategiche globali. Tale
decisione – presa senza l’approvazione del Congresso e accompagnata da una
dichiarazione trionfalistica – dimostra come la pressione bellica e l’uso della
tecnologia militare d’avanguardia diventino strumenti di distrazione. Mentre gli
Stati Uniti ridispongono risorse militari e diplomatiche verso il Medio Oriente,
la Cina guadagna spazio per rafforzare la propria posizione in Asia senza
confronti diretti. La storia, sembra, ha un senso dell’umorismo perverso: mentre
il bullo del quartiere si azzuffa in una rissa secondaria, il vero contendente
prosegue silenziosamente e con metodo.
La minaccia iraniana di chiudere lo Stretto di Hormuz – attraverso cui transita
circa il 20% del traffico mondiale di petrolio – ha obbligato gli Stati Uniti a
dislocare le proprie forze navali, creando vuoti strategici che la Cina può
sfruttare. Pechino ha condannato duramente l’attacco, definendolo una grave
violazione del diritto internazionale e accusando Washington di “eccellere nelle
azioni distruttive ma contribuire poco alla risoluzione dei conflitti”. Questa
retorica isola politicamente gli Stati Uniti e rafforza la narrazione della Cina
come attore globale responsabile. È l’arte della diplomazia con un sorriso
accennato: trasformare l’instabilità altrui in un’opportunità propria.
2. LA METAMORFOSI DEL DRAGO: DA OFFICINA DEL MONDO A AVANGUARDIA TECNOLOGICA ED
ECONOMICA
La Cina non è più la fabbrica a basso costo del mondo. La sua forza non risiede
più nel prezzo del lavoro, ma nella densità tecnologica, nella scala produttiva,
nell’automazione, nell’efficienza logistica e nella capacità di innovazione. Un
ecosistema produttivo integrato che nessun altro paese è in grado di replicare.
Aziende come Apple, BYD o Tesla producono in Cina non per risparmiare sui
salari, ma perché nessun altro paese garantisce un’integrazione industriale
paragonabile. È la differenza tra essere un operaio e un architetto della
produzione globale. Una trasformazione che ha portato la Cina a diventare la
prima potenza economica mondiale in termini di parità di potere d’acquisto
(PPA), un dato che raramente compare nei titoli, ma che definisce la portata
reale del suo potere.
Tuttavia, la Cina presenta una vulnerabilità strutturale: l’80% del suo
commercio e circa il 45% della sua energia transitano per rotte marittime
controllate o monitorate dagli Stati Uniti e dai loro alleati. Lo Stretto di
Malacca, il Canale di Suez e lo Stretto di Hormuz sono punti critici. È il
tallone d’Achille di una potenza marittima nascente, una dipendenza che Pechino
cerca di mitigare con astuzia strategica.
In questo contesto, l’iniziativa Belt and Road – ispirata alla leggendaria Via
della Seta – non è un progetto di espansione imperiale, ma una strategia di
sopravvivenza sovrana. Le rotte terrestri, pur trasportando volumi minori,
permettono la movimentazione di beni strategici in tempi ridotti e con maggiore
controllo territoriale. L’Iran è il ponte tra l’Asia Centrale e l’Europa
Orientale, tra il Mar Caspio e il Mediterraneo. È l’arteria vitale che Pechino
intende proteggere da ogni blocco.
3. IRAN: IL NODO GORDIANO NELLA RETE DELL’AUTONOMIA CINESE, UN BALUARDO
DELL’INTERDIPENDENZA
Il valore dell’Iran per lo sviluppo cinese è multifattoriale, un intreccio di
interessi che lo rende un nodo cruciale nella strategia occidentale di
contenimento. Scioglierlo o tagliarlo avrebbe conseguenze sismiche per il
progetto cinese di autonomia.
3.1. SICUREZZA ENERGETICA IRRINUNCIABILE: UN FLUSSO VITALE PER IL GIGANTE
ASIATICO
Circa il 90% del petrolio iraniano è destinato alla Cina, e una parte
significativa del greggio cinese transita per lo Stretto di Hormuz. Un
approvvigionamento stabile e diretto a prezzi favorevoli è essenziale per la
strategia energetica e l’autonomia della Cina. Per ridurre la dipendenza dal
Medio Oriente e dallo Stretto di Malacca, Pechino investe in infrastrutture come
il Corridoio Economico Cina–Pakistan (CPEC). Non si tratta di convenienza: è una
questione di sopravvivenza.
3.2. L’INIZIATIVA BELT AND ROAD: MODELLO DI SVILUPPO, NON TRAPPOLA DEL DEBITO
La Cina ha finanziato tratte ferroviarie da Xi’an a Aprin (Iran), partecipa a
progetti digitali e verdi e investe in porti e zone franche. L’accordo di
cooperazione strategica firmato nel 2021 per 25 anni rafforza questa alleanza.
Le accuse occidentali di “diplomazia del debito” sono propaganda smentita da
ricerche empiriche: i prestiti cinesi sono orientati alla produttività e hanno
condizioni migliori rispetto a quelli occidentali. In Sri Lanka, ad esempio, il
debito verso la Cina rappresenta solo il 10%, mentre il 90% è detenuto da
creditori occidentali, come BlackRock e Ashmore.
3.3. DIVERSIFICAZIONE LOGISTICA: ROMPERE L’ACCERCHIAMENTO MARITTIMO CON INGEGNO
E PAZIENZA
Il commercio ferroviario Cina–Europa rappresenta meno del 2% del volume globale,
ma fino al 6% in valore, grazie alla sua efficienza nei settori critici. L’Iran
è fondamentale in questo corridoio terrestre, molto più affidabile di rotte
fragili come Pakistan o Afghanistan.
3.4. STABILITÀ POLITICA E SOSTEGNO DIPLOMATICO: L’ARMONIA COME STRATEGIA DI
POTERE MORBIDO
Cina e Iran mantengono relazioni stabili. Teheran ha sostenuto Pechino su Hong
Kong e Xinjiang; la Cina, in cambio, ha criticato le sanzioni unilaterali.
Promuove un ordine multipolare fondato sulla cooperazione, non sulle alleanze.
Come disse Confucio: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a
te.”
3.5. SISTEMA FINANZIARIO ALTERNATIVO: SFIDA ALL’EGEMONIA DEL DOLLARO
Con l’uso del renminbi (moneta nazionale cinese) negli scambi bilaterali e il
rafforzamento del sistema CIPS alternativo allo SWIFT, Cina e Iran aggirano il
blocco finanziario statunitense. Ogni nuova sanzione rafforza l’autonomia
cinese. È l’effetto boomerang della coercizione.
4. LA MOSSA DEL BULLO: ROVESCIARE LA SCACCHIERA DAVANTI ALLA SUPERIORITÀ
IRRAGGIUNGIBILE DELLA CINA
Se l’Iran cadesse, diventasse uno Stato fallito o occidentalizzato con forza, la
Cina perderebbe accesso al Golfo Persico, al corridoio eurasiatico, e vedrebbe
compromessa la propria sicurezza energetica. Inoltre, verrebbe meno la
credibilità del modello multipolare presso il Sud Globale.
Ma Pechino ha previsto tutto. Come sa il Partito Comunista, l’unica mossa
rimasta agli Stati Uniti è quella di rovesciare il tavolo. Trump, leader
imprevedibile e fuori da ogni norma, è il bullo che urla di possedere il
pallone. Ma il drago ha pazienza.
5. L’ILLUSIONE DELLA VITTORIA: I BENEFICI PIRRICI DELLA CADUTA IRANIANA PER GLI
USA
Per Washington, la caduta indiretta dell’Iran significherebbe:
* Ripristinare l’arco di controllo da Turchia ad Arabia Saudita
* Indebolire l’asse Cina–Russia–Iran
* Rafforzare il dollaro e lo SWIFT
* Imporre la narrativa occidentale come unico modello di sviluppo
Ma la linea tra asfissia e intervento è ormai sfocata. L’alleanza tra Pechino,
Mosca e Teheran – seppur con divergenze – si rafforza. La Russia dipende dai
droni iraniani; la Cina fornisce energia e tecnologia militare. È un fronte che
vincola le risorse statunitensi e favorisce indirettamente Pechino.
EPILOGO: LA SCACCHIERA DEI SISTEMI E LA SAGGEZZA DEL DRAGO
L’Iran non è un obiettivo finale, ma un nodo. Se si scioglie, si dissolve anche
l’alternativa globale. La sua stabilità sostiene il progetto autonomo cinese,
che a sua volta sostiene la speranza di un mondo più equilibrato.
La sua caduta sarebbe un messaggio d’avvertimento al Sud Globale: forse non
esiste più alcuna alternativa all’Occidente.
In questo scenario, dati, rotte, riserve e trattati non sono dettagli tecnici:
sono vettori di una guerra sistemica non dichiarata ma già in atto. E la mossa
statunitense di aumentare la pressione sull’Iran potrebbe, paradossalmente,
accelerare l’ordine multipolare che voleva impedire.
Come affermò il ministro cinese Wang Yi: “Chi ha i pugni più grandi non dovrebbe
avere l’ultima parola. Ed è assolutamente inaccettabile che alcuni Paesi siano
seduti al tavolo e altri siano semplicemente nel menù.”
La Cina, con il suo modello di adattamento, efficienza, innovazione e mutuo
beneficio, trasforma ogni colpo subito in catalizzatore di forza. La mossa del
bullo, rumorosa e brutale, è segno di disperazione, non di dominio. E il drago,
con la sua pazienza millenaria, ha già previsto ogni pezzo che cadrà dalla
scacchiera.
Di Claudia Aranda
Claudia Aranda