Euro digitale: sovranità europea o controllo di massa?
“Il ciberspazio è quel posto in cui si trovano tutti i vostri soldi, a parte il
contante che avete in tasca” era una frase di John Perry Barlow che citavo
spesso a fine anni ’90. Una volta mi invitarono a parlare di digitale a una
piccola conferenza in ambito bancario e mi presi la soddisfazione di dirglielo.
Non mi hanno più chiamato.
Questo per dire che il danaro è già digitale da quel dì, e precisamente dal
1971, quando Nixon fece crollare il sistema della parità aurea e della
convertibilità della valuta in oro. Da quel momento, le banche centrali possono
creare moneta dal nulla, semplicemente mandandola in stampa. Ovviamente,
occorrono delle cautele, perché se un Paese normale stampa troppa moneta, quella
perde di valore, quindi non è una cosa che si fa a cuor leggero. Tranne gli
Stati Uniti, che stampano a destra e a manca perché tanto il dollaro è sempre il
dollaro. Fin che dura.
Cominciamo col dire una cosa: il settore dei pagamenti elettronici è saldamente
in mano americana. E questo oggi è un problema. Perché?
Perché la Corte Penale Internazionale dell’Aja, ha emesso un mandato di cattura
per genocidio contro Netanyahu , Trump si è risentito e Microsoft ha chiuso gli
account prima del presidente, e poi di tutto il personale della Corte.
Il vero problema dell’euro digitale non è un problema tecnico, è un problema
politico: la moneta digitale, senza salvaguardie di un rigore che non abbiamo
ancora mai visto, è il perfetto strumento di sorveglianza di massa.
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