Alcune considerazioni sulla giustificazione delle guerre
Nel gennaio 1991 una coalizione di 34 stati capeggiati dagli Usa del presidente
George Bush diede avvio alla cosiddetta “Prima guerra del Golfo”, denominata
Operazione Desert Shield, sotto l’egida dell’ONU contro l’invasione da parte
dell’Iraq di Saddam Hussein dello stato del Kuweit. A questa operazione
partecipò attivamente anche l’Italia.
La Prima guerra del Golfo
Per l’occasione scrissi un testo dal titolo “Considerazioni sulla
giustificazione della Guerra del Golfo”: «Ho letto in questi lunghi giorni
nefasti tanti articoli di giornalisti, saggisti, politologi e politici – persone
che si dicono colte e laiche, ma che dai loro scritti appaiono davvero poco
sagge e troppo di parte. Spesso le loro argomentazioni sono state fondate su
pregiudizi e, in gran parte, falsate da premesse da cui non si possono trarre
logiche conclusioni. Mi riferisco, ovviamente, alla giustificazione della guerra
per risolvere la crisi del Golfo: una guerra che ha causato enormi distruzioni
di beni materiali – case, ospedali, scuole, acquedotti, strade, siti
archeologici di straordinaria importanza […].
Tale giustificazione all’intervento militare è stata presentata come frutto
razionale della civiltà occidentale – unica civiltà data nei confronti della
barbarie -, mentre si stigmatizza come irrazionale e, quindi, come
antioccidentale, frutto di mutevoli stati d’animo, di velleitarismo
etico-religioso, di terzomondismo, la posizione di tutti coloro, credenti e non
credenti, i quali si sono opposti alla grande mistificazione operata dagli
apparati dello stato – di uno stato ormai altra cosa che istituzione a servizio
della società e del bene comune, piuttosto asservito a interessi di parte.
Eppure le argomentazioni dei così detti pacifisti (termine diventato quasi un
insulto) sono basate non su istanze morali privatistiche, religiose e
semplicemente utopistiche, ma sulla consapevolezza che la coscienza umana, dopo
Auschwitz e Hiroshima, non potrà più accettare il flagello della guerra come
soluzione dei conflitti tra i popoli»[1].
Le guerre dei Balcani
Nel decennio 1991 – 2001 anche nel cuore dell’Europa, a seguito della
dissoluzione della Repubblica Socialista di Jugoslavia, la guerra dei Balcani,
giustificata con la dicitura orripilante di “guerra umanitaria”. Belgrado,
capitale della Serbia fu bombardata.
Le guerre preventive dopo l’11 settembre
Dopo l’11 settembre 2001, in seguito al crollo delle Twin Towers all’interno del
World Trade Center di New York, il presidente statunitense George W. Bush
(junior) scatena la guerra preventiva contro l’Afghanistan, rea di ospitare Bin
Laden capo di al-Qāʿida, l’ideatore dell’attentato. In seguito, nel 2003, con il
pretesto (rivelatosi una colossale bugia) del possesso di armi di distruzione di
massa e del presunto appoggio al terrorismo islamista, la guerra contro l’Iraq
di Saddam Hussein, detta anche la “Seconda guerra del Golfo”. Milioni e milioni
di persone in America e in Europa scendono in piazza per scongiurare la guerra,
al grido “Non in mio nome”. Saddam Hussein viene deposto, processato e ucciso.
Giustificata col pretesto di portare la democrazia, questa guerra costò
centinaia di migliaia di vittime civili e destabilizzò il Medio oriente: guerra
in Siria, nascita dell’Isis.
Le guerre tra Israele e Hamas
Dal 27 dicembre 2008 al 19 gennaio 2009 l’esercito israeliano porta a compimento
la campagna militare “Piombo fuso” sulla Striscia di Gaza, che diventa una
strage di civili, tra i quali molti bambini (1400 vittime palestinesi, 13
israeliane). Le operazioni militari si ripetono regolari nel tempo: “Pilastro di
difesa” nel novembre 2012, “Linea di protezione” nel luglio 2014 (2251 vittime
palestinesi, 74 israeliane, tra cui 68 soldati), Maggio 2021, la guerra di 11
giorni.
Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre in territorio israeliano, l’immane strage
della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, un vero e proprio
genocidio, con interi quartieri rasi al suolo, ospedali, scuole e moschee; ad
oggi le vittime accertate sono oltre 60 mila. Le cancellerie europee e la stampa
occidentale hanno giustificato il crimine del Governo Netanhiau come il diritto
di Israele alla difesa.
Dalle primavere arabe alla guerra civile in Libia
All’indomani delle rivolte in alcuni paesi arabi (Egitto, Siria, Libia, Tunisia,
Yemen, Algeria, Iraq, Bahrein, Giordania e Gibuti), conosciute come “primavere
arabe”, tra il febbraio e l’ottobre 2011, la Prima guerra civile in Libia si
conclude con l’uccisione di Gheddafi, leader della “Giamahiria”. Francia, Stati
Uniti, Gran Bretagna e Danimarca, sotto l’egida dell’ONU, portano avanti le
operazioni militari; l’Italia mette a disposizione degli alleati le basi di
Sigonella e Gioia del Colle.
Dall’11 settembre 2001, nonostante l’opposizione delle masse popolari in tutto
il mondo, la guerra diventa nuovamente strumento per dirimere i conflitti. Un
nuovo ordine mondiale in cui, non il diritto internazionale raggiunto dopo la
fine della Seconda Guerra Mondiale con la creazione dell’ONU, la proclamazione
universale dei Diritti umani, ma la ragione del più forte militarmente s’impone.
Le guerre del presente sparse per il mondo, la “Terza Guerra mondiale a pezzi”
secondo l’espressione di Papa Francesco – dalle guerre nell’Africa sub-sahariana
alla guerra russo-ucraina, dalla guerra genocidaria di Israele contro la
popolazione palestinese della Striscia di Gaza e all’attacco criminale, in
questi giorni, contro l’Iran condotto da Israele e dagli Stati Uniti col
pretesto di neutralizzare il pericolo atomico, di fatto inesistente – vengono
giustificate con gli stessi argomenti. Le ragioni delle persone pacifiche
demonizzate, nonostante le grandi manifestazioni contro la guerra, contro il
genocidio a Gaza, contro il riarmo e l’aumento delle spese militari in Italia e
in Europa, a discapito delle spese sociali (istruzione e sanità, in
particolare).
Conclusione
Concludo riportando la parte finale del mio testo del 1991: «Qualcuno ha scritto
che il pacifismo è frutto della cultura occidentale – la sola che abbia creato
società democratiche pacificate al loro interno -, ma un frutto marcio,
irresponsabile. Forse si potrà anche affermare che le democrazie occidentali
siano società in qualche modo pacificate; restano da spiegare, tuttavia,
fenomeni come la mafia, la criminalità organizzata, la diffusione della droga,
la miseria e la marginalità; ma non si potrà sostenere che siano altrettanto
pacifiche visto che le loro economie si basano sulla produzione e sul commercio
delle armi, e sullo sfruttamento delle risorse e dei beni che appartengono ai
popoli, la maggior parte non occidentali.
Questa guerra è stata voluta, preparata e vinta per motivi che niente hanno a
che vedere con il diritto o la ragione. Proprio la ragione, la razionalità è
stata la sua prima vittima. La stessa filosofia – un tempo amore per la sapienza
e istanza critica della società – per bocca di alcuni dei maggiori filosofi
viventi si è dichiarata impotente e ammutolita. La vittoria è arrisa alla forza,
alla potenza della tecnica dispiegata a usi di morte e non a servizio della
vita, alla potenza delle armi che ci ha condotto ancora oggi a contemplare
questa verità: «Il sonno della ragione genera mostri»”[2].
Siamo sul baratro di una guerra nucleare e non possiamo tacere.
[1] Pierpaolo Loi, IL DIO IN CUI NON CREDO. Alla scuola di Oscar Arnulfo Romero
martire per la giustizia la nonviolenza la pace, Multimage, Firenze 2025,
pp.64-65.
[2] Ivi, p. 65.
Pierpaolo Loi