Tag - Palermo Pride

Nessuna persona è un’isola. Un ricordo di Gino Campanella
Gino Campanella ci ha lasciate/i/* giovedì 12 giugno, a casa propria, stringendo la mano dell’amata compagna di una vita, Massimo Milani, compagna che fino all’ultimo secondo non lo ha mai lasciato. Un amore durato più di 45 anni e un binomio Gino e Massimo, Massimo e Gino, che nessuna/o potrà dimenticare. Gino è ricordato come uno dei fondatori a Palermo della prima Arci-Gay: verissimo! Gino, però, è stato tanto altro e voglio ricordarlo. Scrivere queste righe non è stato facile. L’emozione è stata tanta e ho avuto bisogno di tempo. Conobbi Gino e Massimo nel 1999 e subito sono diventati per me (come per tantissime altre persone) dei genitori putativi, dei modelli di vita e attivismo. Con loro ho partecipato ai miei primi Pride e insieme abbiamo fatto parte del Coordinamento GLBT di Palermo dal 2000 al 2004. Li ho voluti al mio fianco per la mia prima laurea, nel 2008. Insieme a tante belle realtà eravamo tra coloro che hanno costruito i primi Pride palermitani a partire dal 2010. Gino mi ha voluto come testimone di nozze nel 2020. E ora, nel momento più difficile, ho avuto l’onore di tenergli la mano destra durante la sua partenza. È stata dura ma è stato giusto che andasse: malvagia è stata la malattia e troppa era la stanchezza di Gino! Più difficile è stato alzare gli occhi e incontrare quelli sgomenti di Massimo. Duri quei primi istanti ma, avvisate le tante persone che hanno accompagnato Gino negli ultimi giorni, la casa è stata riempita in pochi minuti di amiche, amici e amic* che hanno salutato Gino e che hanno circondato Massimo di affetto e sostegno. Il giorno successivo, il 13 giugno, presso la camera ardente allestita al Circolo Arci Porco Rosso (vicino al Quir, il laboratorio di cuoio che è stato la seconda casa dei nostri amati) centinaia di persone sono venute a salutarlo e alle 18:00 si è tenuto un commovente saluto laico: persone di ogni genere, orientamento, età ed etnia hanno preso la parola per ricordarlo. Il 14 giugno Gino ha ricevuto un saluto che qualsiasi cristiano avrebbe desiderato: un corteo di persone autenticamente coinvolte, che dalla camera ardente è arrivato ai Quattro Canti. Davanti al Quir una breve sosta e quanto è stato emozionante vedere persone ai lati della strada che salutavano e vedere gli artigiani e le ragazze africane di via del Ponticello che al passaggio di Gino chiudevano i negozi, si univano al corteo e scoppiavano in un pianto disperato. Sono state proprio loro, splendide donne, ad innescare gli applausi all’uscita di via del Ponticello e ai Quattro Canti e a gridare: “Grande il signor Gino! Una persona buonissima!”. In quel momento il mio cuore sembrava scoppiare: l’amore che circondava Gino si rivelava ad ogni passo. La funzione, nella chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, celebrata da Rosario Giuè, Cosimo Scordato e altri due giovani preti, è stata un inno di libertà, onestà e amore, una funzione di un cristianesimo non giudicante, non di parole ma di pratica, proprio come il cristianesimo che il nostro Ginuzzo viveva e che io negli anni avevo imparato ad apprezzare. Infine, sabato 21 giugno, il Palermo Pride 2025 è stato dedicato a Gino: lo striscione di apertura, i cartelli all’interno della manifestazione e il corteo lo hanno ricordato (di fronte a casa di Gino e poi davanti alla scalinata delle poste centrali in via Roma) con dei messaggi commoventi che incoraggiavano Massimo a non smettere di lottare. Lei, a fine corteo, ricordando Gino a Piazza Politeama, ha chiesto alle decine di migliaia di partecipanti di chiamarla MassimoGino, perché questo lei è! Ho avuto l’onore di essere tra coloro che hanno portato lo striscione con tante foto che ritraevano Gino in momenti di affettuosa quotidianità con Massimo, durante i pride, in manifestazioni antimilitariste e nel giorno del matrimonio tra lui e Massimo. Mai uno striscione così intimo e delicato ha avuto una forza politica così grande! La forza dell’amore e dell’impegno per le persone che questa forza non riuscivano ad avere o che non hanno. Ma chi era Gino Campanella? Gino era un uomo mite, una persona omosessuale che con il suo sorriso bonario ha contribuito a rivoluzionare la nostra società ma che tutto era meno che rivoluzionaria, la sua è stata una rivoluzione gentile, un attivismo e un’azione mirata alla costruzione. Gino Campanella ha contribuito a migliorare Palermo, meglio, da Palermo ha contribuito a migliorare la società nel suo complesso, la cultura del Paese, la condizione delle persone LGBTQI+. Gino iniziò il suo attivismo al “Fuori!” di Torino (la prima associazione di liberazione omosessuale d’Italia), poi di Roma dove incontrò Massimo e, per un breve periodo, di Palermo. Ma Gino è stato anche tra i fondatori della prima Arci-Gay nel 1980 che fin da subito ha visto la persona omosessuale come parte di un tutto, ha visto le lotte in maniera intersezionale avendo ben presente che le persone gay, lesbiche, transgender sono persone che come tutte lavorano, devono affrontare la questione della casa, costruiscono legami, formano famiglie. Gino, Massimo, Enzo Scimonelli, Franco Lo Vecchio, Luigi Mutolo e l’Arci-Gay tutta, capirono che la persona non è un’isola, che la lotta per i diritti di una parte è la lotta per i diritti di tutte e tutti. Non a caso Gino è anche quella persona che manifestava contro le basi missilistiche a Comiso; è colui che con Massimo ha creato quel meraviglioso posto di socializzazione, aggregazione, crescita culturale che è il QUIR, luogo di lavoro che con il cuoio non crea solo borse e cinture ma crea reti di persone. Gino fu parte attiva nella prima giornata dell’orgoglio omosessuale a Villa Giulia nel 1981; nel 1988 fu fondatore del Neo, centro culturale e luogo di socializzazione; nel 1993 Gino sposa simbolicamente Massimo davanti Palazzo delle Aquile per sollecitare l’Italia al riconoscimento delle coppie; Gino e Massimo fanno parte del Coordinamento GLBT di Palermo dal 2000; aprono il Corteo No-omofobia del 2009; sono tra i fondatori del Palermo Pride nel 2010 partecipandovi tutti gli anni e, infine, il 31 ottobre 2020, Gino e Massimo si sposano a Giarre, stavolta legalmente perché le loro lotte non sono state vane. In questi anni come comunità LGBTQI+ abbiamo avuto grandissime perdite: Salvatore Adelfio, Rosi Castellese, Luigi Carollo e ora Gino. Non abbiamo del tutto accettato queste assenze perché avremmo bisogno dei richiami coraggiosi e bonari di Salvatore, della capacità metodologica e pragmatica di Rosi, della capacità di analisi e relazionale di Luigi e adesso mancherà anche la serena determinazione di Gino. Eppure tutte e tutti noi siamo consapevoli che la loro energia, i loro insegnamenti, il loro metodo, la loro voglia di regalarsi agli altri è qui, è in noi, è nel Pride, è in quelle ragazze e in quei ragazzi che negli anni si sono liberati, è nella parte migliore di Palermo. Nonostante tutto quello che Gino ha fatto, mai, neppure una volta Gino si è autocelebrato. Gino credeva che servisse lavorare, esserci, dare il proprio contributo e basta. Ricordo quando rivolgendomi a lui dicevo: “Gino! Dobbiamo valorizzarti! Le nuove generazioni non conoscono la tua storia e questo è un peccato!” e lui sereno e tranquillo, faceva spallucce e mi rispondeva: “E allora? Va bene così! Noi abbiamo fatto quello che dovevamo fare! Ora è giusto che le nuove generazioni facciano la loro parte!” Gino! Ginuzzo mio, sei stato uno spirito gentile, sei stato forte e determinato quando serviva ma non hai mai confuso la forza con la violenza. Sei stato un padre, un fratello, un amico che ascoltava e non giudicava, un confidente per tante e tanti di noi e soprattutto sei stato colui che ha creato quella bellissima famiglia, quella rete di migliaia e migliaia di persone di cui con Massimo siete e rimarrete tessitori e nodo fondamentale. Grazie! Grazie per tutto e un abbraccio forte Ginuzzo nostro, Ginuzzo mio. Lorenzo. Redazione Palermo
No Pride in Genocide
La notizia è che, mentre centomila persone sfilavano a Roma contro la guerra e il riarmo, a Palermo una marea colorata ha attraversato il centro della città in un Pride di lutto, di lotta e di festa che ha fatto da eco alle rivendicazioni della capitale già nello striscione di apertura dove spiccava la scritta “NO PRIDE IN GENOCIDE” richiamando le parole chiave di quest’anno: “Le vostre guerre non sono le nostre lotte”. C’era tutta la città dei diritti stretta attorno a Massimo nel ricordo intenso del suo compagno Gino Campanella, fondatore di Arci Gay, e della sua vita di impegno e lotta; ricordo ravvivato proprio dalle sue parole lasciate inconsapevolmente come un testamento e lette da Massimo, alla fine della parata, dal carro rivolto verso una Piazza Politeama ancora gremita soprattutto di giovani. Da quello stesso carro la festa di colori, che ancora una volta ha dato a tutti e tutte l’opportunità di rappresentarsi ed essere fuori da ogni convenzione liberɘ di dirsi, si è fatta parola chiara e dura contro le oppressioni nella rivendicazione dei diritti di tutte le famiglie, delle comunità migranti, dei popoli oppressi, contro la violenza esercitata su ogni singola persona, che sia etero, omo, trans, nel porre ancora una volta l’attenzione alla cultura del consenso e alla necessità di introdurre nelle scuole l’educazione sessuale e all’affettività. In testa al corteo il Disability Pride e il trenino delle Famiglie Arcobaleno, nella cura condivisa che ha previsto accessibilità per tutti e tutte lungo l’intero percorso. E c’erano le bandiere della Palestina sventolate dai carri e sulla strada. C’erano i bambini nei passeggini, i gruppi di amici, le coppie che si tenevano per mano. C’erano gli abiti succinti e quelli imponenti di merletti e paillettes. C’erano i corpi che occupavano lo spazio e in quella condivisione, nella folla, ogni singolo passo si è fatto azione politica. Il Pride, a Palermo come in tutte le altre città d’Italia, non è solo una festa di un giorno dove una volta all’anno è lecito impazzire, ma l’espressione di una consapevolezza costruita in modo collettivo attorno ad un progetto di società libera, equa, solidale. Proprio per poter essere “orgogliosamente dissidente, senza compromessi e ambiguità” il Pride di Palermo non ha avuto finanziamenti dagli enti locali né sponsor e ha potuto alzare la sua voce contro il governo e le sue leggi repressive. Resta aperta la domanda: se centomila e più persone possono manifestare contro guerra e riarmo sventolando la bandiera palestinese, perché al giro d’Italia e il 25 aprile quella stessa bandiera diventa motivo di repressione? Pubblicando stamane, dopo il bombardamento USA di stanotte contro l’Iran, la risposta di luci suoni colori del Pride ci appare come un cantico di vita contro l’ossessione disumana di continuare a infliggere morte (ndr) Maria La Bianca