Tag - guerra Israele-Iran

La messa del Corpus Domini celebrata all’insegna della bandiera palestinese
IL PARROCO DI MORTORA HA OFFICIATO LA FUNZIONE RELIGIOSA INDOSSANDO LA CASULA RAFFIGURANTE LA BANDIERA DELLA PALESTINA. La notizia è riferita nelle pagine di cronaca da Mortora, una frazione del comune Piano di Sorrento, una municipalità nell’area della ‘città metropolitana’ di Napoli, pubblicate sui giornali locali, in particolare de IL MATTINO, di POSITANO NEWS e di RETE NEWS 24. Il fatto è documentato nella pagina Facebook della parrocchia di Mortora, in cui è pubblicata la registrazione di una parte dell’omelia di don Rito Maresca. «Forse è una messa ‘sporca’, non ortodossa… secondo alcuni non opportuna – ha esordito il parroco di Mortora – Mi domando: quando mai Gesù è stato ‘opportuno’?». Nella ricorrenza che la chiesa cattolica celebra dal 1264 come memorialis sacramentum in cotidianis missarum sollemnior, festum sanctissimi Corporis Domini nostri Jesu Christi e che rammenta ai cattolici il significato della consacrazione del pane liturgico e dell’incarnazione del redentore dell’umanità, don Rito Maresca si è rivolto ai fedeli affermando: «Se davvero crediamo che “il Verbo si è fatto carne”, allora ogni carne è sacra. Anche quella che muore senza nome. Se crediamo nel sacrificio del Corpo di Cristo presente nel pane spezzato, allora ovunque si spezzano corpi innocenti, lì possiamo credere presente il Corpus Domini». «Chiediamo grazia e luce per non cadere nella spirale dell’odio, non rispondere al male col male… – ha spiegato – Mentre noi adoriamo il pane spezzato, sacramento del Corpo di Cristo, a Gaza si spezzano corpi innocenti. E non possiamo far finta di non vedere». Precisando che «Indossare questa casula significa stare con gli innocenti, non con Hamas, e neppure contro il popolo ebraico. Significa ascoltare anche quegli israeliani che chiedono la pace. Significa dire che ogni vita conta, specie quella che qualcuno cerca di annientare», dopo aver descritto le atrocità dell’assedio di Gaza ha dichiarato: «Ci sono tante guerre, è vero. Ma oggi questa ci guarda in faccia. Con la complicità attiva degli USA e il silenzio codardo di molti governi europei, Israele esporta la guerra anche in Iran, distraendo il mondo da ciò che accade in Palestina. Una strategia che serve a deviare lo sguardo. Passare oltre equivale a comportarsi come il sacerdote e il levita della parabola del buon samaritano. Fermarsi, invece, è Vangelo, è Cristo. Noi, come cristiani, dobbiamo restare fermi lì dove soffre l’umanità». CONTEMPORANEAMENTE A ROMA Papa Leone XIV ha presieduto la messa celebrata a San Giovanni in Laterano denunciando “la miseria di molti” e “l’accumulo di pochi, segno di una superbia indifferente, che produce ingiustizia” e alla processione fino a Santa Maria Maggiore esortava i fedeli a esibire il pane consacrato per mostrare “la fame che abbiamo nell’animo”. Intanto in piazza San Giovanni un gruppo di giornalisti manifestava per testimoniare che nell’assedio di Gaza l’esercito israeliano ha ucciso ucciso 237 reporter, fotoreporter e videomaker. * Il Papa: Cristo risposta alla “fame” dell’uomo. Tanti popoli umiliati dall’ingordigia altrui / VATICAN NEWS * Roma, flash mob per denunciare la strage di giornalisti a Gaza / PRESSENZA GIOVEDÌ 3 LUGLIO PROSSIMO A PIANO DI SORRENTO Maddalena Brunasti
Iran, cresce la paura per le torture e le impiccagioni di sospette “spie” israeliane
Amnesty International ha sollecitato le autorità iraniane a fermare le esecuzioni in programma di persone condannate per spionaggio in favore di Israele e di proteggere le persone sospettate del medesimo reato dalle sparizioni forzate, dai maltrattamenti e dalle torture. Dal 13 giugno, quando Israele ha attaccato l’Iran, le autorità di Teheran hanno arrestato numerose persone con l’accusa di “collaborazione” con Israele, invocando processi veloci ed esecuzioni. Il 15 giugno il capo del potere giudiziario, Gholamhossein Mohseni Eje’i, ha ordinato al procuratore generale e alle procure delle singole province di punire “gli elementi che disturbano la pace e la sicurezza della popolazione “ o che “collaborano” con Israele. Ha aggiunto che procedimenti rapidi avranno “un effetto dissuasivo” e ha dato istruzioni affinché processi, condanne e punizioni siano “molto veloci”. Lo stesso giorno il Consiglio supremo per la sicurezza nazionale, il più alto organismo decisionale iraniano, ha annunciato che le cosiddette azioni “in favore di Israele riceveranno una reazione decisiva” e saranno sanzionate con “le più dure delle pene”, sulla base delle accuse di moharebeh (guerra contro Dio) e di efsad fel-arz (corruzione sulla terra), per le quali è prevista la pena capitale. Tra le azioni che saranno considerate alla stregua di questi due reati ci sono: “legittimare o mitigare l’immagine del regime sionista”, “diffondere voci o informazioni false”, “incitare o incoraggiare singole persone o gruppi ad agire contro la sicurezza nazionale” e “seminare divisione tra i settori della società, le etnie o le sette religiose del paese”. L’applicazione dei due reati è assai ampia e finisce col punire anche il legittimo esercizio del diritto alla libertà d’espressione. Il 16 giugno, dopo un processo gravemente iniquo, Esmail Fekri è stato messo a morte nella prigione di Ghezal Hesar a Karaj, nella provincia dell’Alborz. Il 17 giugno il parlamento ha approvato una mozione per accelerare la discussione di un provvedimento che facilita l’applicazione automatica della pena di morte per “spionaggio” o “cooperazione con governi ostili”, che comprendono Usa e Israele. Attualmente, per quei due reati è prevista una pena detentiva: perché sia emessa una condanna a morte, le procure devono abbinarli ad altre azioni criminali che concorrano al reato di efsad fel-arz. Almeno otto persone sono nel braccio della morte dopo essere state condannate, al termine di processi irregolari basati su prove estorte con la tortura, per lo stesso reato. Tra loro c’è lo scienziato Ahmadreza Djalali, che ha anche passaporto svedese e ha svolto ricerca in Italia. È stato arbitrariamente arrestato nel 2016 durante un viaggio in Iran e condannato a morte l’anno dopo per efsad fel-arz, al termine di un processo gravemente iniquo basato su confessioni estorte con la tortura. Si trova nel carcere di Evin a Teheran. Gli altri sette sono Afshin Ghorbani Meyshani, Azad Shojaei, Edris Aali e Rasoul Ahmad Rasoul, quest’ultimo di nazionalità irachena, detenuti nella prigione di Urmia, nella provincia dell’Azerbaigian occidentale;Mohammad Amin Mahdavi Shayesteh, detenuto nella prigione di Ghezal Hesar, nella provincia dell’Alborz; Rouzbeh Vadi, detenuto nella prigione di Evin a Teheran; e Shahin Basami, detenuto nella prigione di Adel Abad, nella provincia di Fars. Ahmadreza Djalali, Afshin Ghorbani Meyshani, Azad Shojaei, Edris Aali e Mohammad Amin Mahdavi Shayesteh rischiano l’esecuzione in qualsiasi momento dato che la Corte suprema ha ratificato le loro condanne a morte. Carolina Bruni – Head of Media and Communications Unit | Office +39 064 490 220 | Cell  +39 345 7820 183 | E-mail c.bruni@amnesty.it |  | Amnesty International Sezione Italiana, Via Goito 39, Rome Amnesty International