Gene Wolfe / Scrittore o spia?
Quando si deve lanciare uno scrittore che proviene da un genere dalla
reputazione dubbia come la fantascienza (e lo dico da lettore e critico che
proviene proprio da quel quartiere poco raccomandabile della letteratura) si
tende spesso a presentarlo come l’equivalente di qualche Grande Scrittore della
Grande Letteratura. Dick venne presentato come il Borges della fantascienza (lui
avrebbe preferito Kafka); e ora leggo sulla copertina di La terra al di là che
Gene Wolfe sarebbe “il Marcel Proust della fantascienza” (stando a “The New
Republic”).
Va bene, non sarà la prima volta che uno scrittore viene fatto oggetto di
paralleli fuorvianti. Forse l’autore della Ricerca del tempo perduto è stato
scomodato perché, come si sa, era un prosatore di straordinaria eleganza e
raffinatezza, e questa è una caratteristica che viene riconosciuta anche a
Wolfe, che si manifesta nel ciclo di romanzi che va sotto il titolo de Il libro
del nuovo sole (editi da Mondadori). Si tratta di un sofisticato ibrido di
fantasy e fantascienza, incentrato su un personaggio principale dalle
caratteristiche cristologiche, e ambientato in un lontanissimo futuro. Il
contenuto dell’opera più nota di Wolfe, insomma, non ha molto a che vedere con
la Parigi fin de siècle del divino Marcel.
Men che mai è proustiano questo romanzo, uscito negli Stati Uniti più di dieci
anni fa e ora presentato ai lettori italiani da una piccola e intraprendente
casa editrice che sta facendo scelte originali e decisamente indifferenti ai
confini tra generi (ci ha offerto, per esempio, Riaffiorano le terre inabissate
di M. John Harrison, altro libro e altro autore del tutto fuori dai canoni). La
terra al di là è fin dalle prime pagine un testo decisamente spiazzante:
seguiamo Grafton, un americano che vive scrivendo guide turistiche (un po’ sullo
stile Lonely Planet), in viaggio su un treno diretto a un anonimo paese
dell’Europa orientale – una nazione dal passato comunista, difficilmente
raggiungibile se non proprio isolata, governata da una dittatura autarchica e
arretrata. Non stupisce quindi che appena varcato il confine il protagonista del
romanzo venga fermato dalla polizia e messo in stato di arresto, ma non in una
galera, bensì domiciliato coatto nell’abitazione di un certo Kleon, che mal
gradisce questa presenza. La compagna di Kleon, Martya, è invece attratta dallo
straniero, col quale stringe subito una relazione erotica.
Fin qui Wolfe sembra giocare la carta della satira, intenta a ridicolizzare le
assurdità al limite del surreale tipiche delle dittature. C’è dentro il Kafka de
Il castello, ma anche e soprattutto lo Stanislaw Lem di Memorie trovate in una
vasca da bagno. Solo che ben presto Grafton prende in affitto una casa, detta I
Salici, abbandonata a causa della triste fama di cui gode nella cittadina, e
quando vi accede e comincia a renderla di nuovo abitabile trova un cadavere
mummificato in una nicchia nascosta da uno specchio. Da questo momento la satira
s’intreccia col soprannaturale, e la trama si fa sempre più intricata. C’è una
setta religiosa detta la Luce della Stabilità, che si propone di non rovesciare
il governo e per questo è perseguitata; c’è un faccendiere americano, forse uomo
d’affari forse stregone, che persegue non si sa bene quale cospirazione; c’è una
mano mozzata che sembra avere una vita propria; e c’è la JAKA, una sorta di
polizia segreta (ma che tutti conoscono), che vuole vederci chiaro in queste
faccende, e usa Grafton a tale scopo. Mi fermo qui per evitare di svelare
troppo.
La finezza stilistica di Wolfe emerge nella sua capacità di far parlare il
protagonista come un americano relativamente normale, e i cittadini del paese
immaginario in un inglese strampalato, come lo potrebbero parlare persone la cui
lingua madre è del tutto diversa; una trovata che mi ricorda il Safran Foer di
Ogni cosa è illuminata. Chiudo con una piccola notazione linguistica: in inglese
il titolo è The Land Across, e “across” si può rendere con la parola latina
trans, per cui viene il sospetto che l’anonimo paese est-europeo immaginato da
Wolfe sia la sua versione della Transilvania, un luogo dove il soprannaturale è,
come ben si sa, di casa.
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