Tag - sostegno

Gaza e noi: coltivare la resistenza
Gaza ci ha cambiati. E adesso? Questo era il tema dell’incontro che sabato 15 novembre scorso ha visto riuniti nella sala consiliare del piccolo Comune di Ardenno, in alta Lombardia, i portavoce di Global Movement to Gaza, Calp (i camalli) di Genova, BDS, Comunità palestinese di Lombardia, Mai Indifferenti – Voci ebraiche per la pace, Terra e verità (Rassegna stampa in italiano di Haaretz) e Generazioni Future. Giada Caracristi di Terra e verità ha presentato, l’incontro frutto di una semplice iniziativa, nata la scorsa estate, in seguito a una lettera aperta da lei scritta ai vari consiglieri comunali e presidenti dei Comuni della Valtellina sulla tragica situazione di Gaza. La lettera aveva raccolto mille firme nel giro di una settimana, segno che le condizioni erano mature per una proposta che coinvolgesse più soggetti e in cui si prendessero decisioni condivise. L’incontro di Ardenno prevedeva una tavola rotonda nel pomeriggio fra gli esponenti delle varie associazioni e un’assemblea serale aperta al pubblico. Dalla tavola rotonda e dall’incontro della sera sono emerse tematiche e proposte interessanti. Il presidente della Comunità palestinese di Lombardia ha sottolineato come i palestinesi abbiano una capacità di resistenza collaudata in secoli di invasioni e occupazioni. La loro terra è sempre stata oggetto delle mire dei potenti per la sua collocazione spaziale, terra di passaggio e congiunzione fra Oriente e Occidente. Oggi la congiuntura è particolarmente drammatica e pericolosa. Per questo è necessario ricorrere a tutte le forze e gli strumenti disponibili per scongiurare il peggio. L’esponente di Mai Indifferenti ha invece proposto un’analisi più approfondita della società israeliana per cercare di capire come sia stato possibile arrivare alla spirale di violenza e vendicatività da cui è travolta. La rappresentante del Bds ha additato e denunciato le complicità delle tante società occidentali che collaborano con Israele e hanno sede nei territori palestinesi occupati, invitando a scegliere prodotti alternativi. Ha ricordato come il boicottaggio del Sudafrica abbia impiegato oltre trent’anni per raggiungere il suo obiettivo, anche se non fu il solo strumento a determinare la sconfitta dell’apartheid. Infatti a questa concorsero le mutate condizioni e rapporti di forza regionali, che convinsero le potenze occidentali ad appoggiare il boicottaggio. Infine è emersa l’esigenza di muoversi in rete: è diventato palese il ruolo dei lavoratori per cercare di fermare la carneficina in atto. Ne consegue perciò la necessità di sostenere scioperi non meramente episodici di alcun settori chiave come quello dei trasporti, marittimi e aeroportuali, ma anche dell’industria delle armi. E a questo scopo bisognerebbe progettare, per esempio, la creazione di una sorta di cassa di mutuo soccorso perché lo slogan “Blocchiamo tutto” possa davvero diventare realtà. Tra gli argomenti trattati, vogliamo evidenziarne uno che ci sta particolarmente a cuore: la solidarietà con gli agricoltori palestinesi, in particolare verso la Banca dei semi dell’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo (UAWC), le cui unità di moltiplicazione dei semi antichi sono state distrutte lo scorso 31 luglio. Sara Manisera ne ha scritto nell’articolo Ecocidio in Palestina: perché custodire i semi è un atto politico pubblicato su Pressenza e poi ripreso da varie altre testate web. L’UAWC è nella lista nera del Ministero della Difesa israeliano da anni; la giornalista Amira Hass ne scrisse su Haaretz già nel 2021: “Nel mio incubo a occhi aperti, vedo una compagnia di soldati israeliani carichi di adrenalina irrompere nella banca dei semi istituita dall’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo. Li vedo distruggere le attrezzature in laboratorio e prendere a calci le piante di sabra sui gradini. E tutto ciò che non distruggono, lo rubano”. L’incubo di Amira si è avverato quest’anno. Ricapitolando: Gaza ci ha cambiati. Sì. Perché come spettatori di un genocidio ci siamo sentiti profondamente colpevoli e allora ci siamo attivati, abbiamo manifestato come non facevamo da anni o da una vita intera. E adesso? Adesso a Gaza si continua a morire e a fare la fame, si patisce il freddo mentre la pioggia allaga le poche tende che resistono; l’unica differenza è che i media ne parlano meno, quindi siamo un po’ meno spettatori, un po’ meno coinvolti. Nel frattempo la Cisgiordania brucia, in senso metaforico e letterale: la violenza dei coloni, protetti dalle IDF rende impossibile ai palestinesi vivere. Secondo l’ufficio ONU per gli affari umanitari, a Gaza solo il 4% dei terreni agricoli è intatto o accessibile, seppur contaminato dai residui tossici delle esplosioni. Sostenere la resistenza agricola palestinese è un atto politico, ma anche necessario. Chi nutrirà i palestinesi sfollati in Cisgiordania e i sopravvissuti a Gaza? Israele, o quegli Stati che continuano a permettere che la fame, il controllo della terra e dell’acqua vengano usati come armi? L’UAWC sta salvando i semi antichi palestinesi (baladi – cimeli) dall’estinzione e rilanciando una tradizione agricola autoctona sostenibile. Ed è qui che l’azione ci chiama per supportare il diritto e la pratica di autodeterminazione del popolo palestinese e di tutti noi che non vogliamo essere complici, che non vogliamo che l’infestazione coloniale proliferi, né in Palestina né altrove. La nozione di sovranità alimentare funge da contrappunto all’autodeterminazione dei popoli. I semi antichi racchiudono la mappa genetica dei luoghi e delle popolazioni, trasmettono alle piante e a chi se ne ciba le sostanze nutritive necessarie a vivere in salute il proprio territorio. I semi baladi palestinesi contengono la storia di quella terra da prima dell’occupazione, la memoria di com’era prima. Nutrire i figli con i frutti dei baladi, per i palestinesi significa nutrire il corpo fisico del futuro con la sostanza dell’identità del passato. Ecco perché quel gruppo di attivisti riuniti nel cuore delle Alpi si è appassionato all’argomento, perché se Gaza ci ha cambiati, adesso è tempo di coltivare gli entusiasmi e radicare il cambiamento sostenendo la resistenza che coltiva, facendola moltiplicare, come le piantine baladi che si lasciano impollinare dal vento e dalle api, prosperando nonostante le asperità. Come? Sicuramente un primo passo è diffondere la conoscenza, portare nelle scuole e nella società civile l’argomento, boicottare e denunciare, seguire i progetti di UAWC in tempo reale e rispondere alle richieste di supporto diretto attraverso il sito https://uawc-pal.org/ e la pagina https://www.instagram.com/uawcpal/. Giada Caracristi, artista, scrittrice e attivista. Susanna Sinigaglia, pubblicista e attivista di Mai indifferenti – Voci ebraiche per la pace   Redazione Italia
Messaggio di speranza e aiuto concreto: mostra Arte & Pace organizzata da Amurtel a Malnate
Domenica 19 ottobre, presso la sala consiliare e con il patrocinio del Comune di Malnate, è stata presentata la mostra di disegni Arte & Pace. Si tratta di una mostra di disegni dei bambini palestinese e delle loro mamme che vivono a Gaza e in Egitto, al Cairo e ad Al Areesh, raccolti da Didi Ananda Rasasudha, monaca yoga e insegnante di meditazione, dell’organizzazione filosofica Ananda Marga. Didi fa parte dell’associazione Amurtel – Ananda Marga Universal Relief Team Ladies (sito https://www.amurtel.eu/) I disegni originali di questa mostra, dei quali sono state presentate copie cartonate disponibili per la raccolta fondi, sono custoditi presso l’Ambasciata palestinese del Cairo e nascono nel contesto del recupero emotivo dei bambini di Gaza, che grazie all’arte terapia riescono a rielaborare traumi e a far vivere i bambini in ambienti adatti a loro: scuole, centri di accoglienza, luoghi di incontro per l’infanzia. Didi Rasasudha ha sottolineato come i bambini abbiano una grande resilienza, riuscendo a recuperare velocemente nonostante le immense difficoltà. Anche le donne palestinesi sono un esempio di forza e coraggio, di grande dignità e intelligenza emotiva e culturale. Persino al valico di Rafah, quando la gente era in attesa dei permessi per riuscire a passare in Egitto, in mezzo alle macerie, si cercava di far dipingere e disegnare questi bambini, spesso orfani e soli. L’associazione Amurtel ha una rete capillare in molti Paesi del mondo e si occupa di gestione delle emergenze e di intervento in eventi catastrofici a sostegno delle popolazioni, con la filosofia dell’aiuto e della promozione delle attività locali. Collabora con molte associazioni territoriali per rendere autonome le popolazioni soccorse e negli ultimi due anni si è occupata dell’emergenza palestinese. Il principale sostegno riguarda le donne e i bambini; infatti sono stati presentati i diversi progetti di collaborazione con varie associazioni locali all’interno della Striscia di Gaza e successivamente al Cairo, dove attraverso il valico di Rafah sono passati feriti e famiglie di profughi in fuga. Grazie all’aiuto di privati cittadini e di associazioni i progetti sono tanti e disparati: la creazione di scuole al Cairo e ad Al Areesh, una rete di aiuto tramite canali social-media, a cui si può accedere per chiedere sostegno, distribuzione di aiuti alimentari, di latte per l’infanzia, di medicinali, di acqua potabile tramite camion cisterne, di pasti caldi, di appoggio alle culture agricole palestinesi organizzando la distribuzione di ortaggi coltivati da contadini di Gaza. Le associazioni con cui collabora Amurtel sono diverse: Egyptian Red Crescent Society, un’organizzazione molto attiva nella distribuzione di aiuti attraverso il valico di Rafah; la Project Humanity, fondata da un influencer americano molto attivo che ha organizzato canali social a supporto delle persone in difficoltà; la LFRP Lifeblood Foundation Relief for Palestine, che insieme ad Amurtel ha distribuito prodotti igienici negli affollati ospedali egiziani e molte altre. I progetti che Didi Ananda Rasasudha ha documentato, presentando foto e video, sono stati molto toccanti e hanno mostrato la grande forza della resistenza del popolo palestinese. Sono state create scuole per i bambini di Gaza al Cairo e ad Al Areesh, che ospitano fino a 120 allievi per scuola. E oltre alle scuole, con i fondi raccolti dalle campagne di sensibilizzazione e al supporto di ingegneri palestinesi, sono stati messi in funzione due desalinizzatori a Gaza, uno a giugno 2024 e uno la scorsa settimana. Per costruire un desalinizzatore ci vogliono circa 12.000 dollari e ora si sta cercando di ripararne uno colpito dai bombardamenti e per il quale si deve ripristinare l’impianto dei pannelli solari con almeno 6.000 dollari. Inoltre se ne sta progettando uno nuovo. Il messaggio portato a Malnate è stato molto concreto e colmo di speranza. Nonostante le bombe, nonostante le difficoltà immense della popolazione palestinese, l’unione delle persone che vogliono agire e fare qualcosa, seppur poco che sia, può creare sinergie che aiutano e portano sollievo a chi ne ha bisogno. La serata si è conclusa con un momento molto commovente grazie a Chiara Rigamonti, che ha letto alcune poesie tratte dalla raccolta “Il loro grido è la mia voce” e a un bellissimo momento musicale con Eleonora Manfredi (voce) Sebastiano Morgavi e Dino Scandale (Kora e percussioni) e Caterina dell’Agnello (violoncello). La mostra e la presentazione dei progetti hanno permesso di raccogliere 500 euro. Altri 500 sono stati raccolti nei mesi scorsi da Matteo Parentini, che ha curato la serata e che solitamente organizza incontri di yoga e meditazione e serate di intrattenimento allo scopo di sostenere Amurtel. Didi Rasasudha sarà presente qui in nord Italia fino alla fine di novembre ed è disponibile a presentare i progetti seguiti da Amurtel. Mail: AnandaRasasudha@proton.me   Foto di Michele Testoni Monica Perri
Emmaus Cuneo a favore delle donne afghane
Una vendita straordinaria di solidarietà a favore del progetto Shelter del CISDA (Comitato Italiano Sostegno Donne Afghane) si terrà sabato 18 ottobre presso i mercatini Emmaus di Boves (nell’occasione anche sconti fino al 50% in alcuni settori), Cuneo e Mondovì. Nell’attuale Afghanistan la violenza domestica sulle donne è aumentata esponenzialmente e il progetto sostiene le donne più esposte, dando loro un minimo di rifugio e competenze per cercare di favorire, per quanto possibile, la loro protezione e autonomia.   CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Appoggi ebraici a Mamdani e il cambiamento della bussola morale della politica newyorkese
La sfida per la carica di sindaco di New York City è sempre stata più di una semplice competizione elettorale: è un referendum sui valori. Con il recente sostegno a Zohran Mamdani espresso da eminenti leader ebrei come Ruth Messinger, Jerry Nadler e persino Chuck Schumer, un tempo improbabile sostenitore, la bussola politica della città sembra essersi ricalibrata. Questi gesti, provenienti da figure profondamente radicate nella tradizione civica ebraica della città, non sono solo appoggi tattici, ma indicatori morali che stanno ridefinendo la corsa contro Andrew Cuomo ed Eric Adams. Gli appoggi come simboli etici Nella politica moderna, gli appoggi sono spesso interpretati come transazioni. Tuttavia, le voci di Messinger e Nadler trascendono ogni calcolo. Messinger, che un tempo portava avanti la bandiera della leadership ebraica progressista come candidata democratica a sindaco negli anni ’90, ha dichiarato il suo sostegno a Mamdani sulla base dell’accessibilità economica, dei diritti degli immigrati e della giustizia inclusiva. Nadler, che rappresenta il cuore ebraico di Manhattan, ha rafforzato lo stesso spirito. La loro scelta dimostra che Mamdani non è solo il candidato dei quartieri popolati di immigrati o dei giovani attivisti, ma il legittimo erede della coscienza ebraica progressista di New York. Il più sorprendente di tutti è stato Chuck Schumer. Da tempo legato all’establishment, la volontà del leader del Senato di schierarsi con Mamdani segnala il riconoscimento che il futuro politico risiede in un’ampia coalizione multiculturale. Ciò suggerisce che la leadership ebraica, un tempo istintivamente cauta nei confronti dei movimenti di sinistra, ora vede Mamdani come un veicolo di stabilità civica attraverso la giustizia, e non nonostante essa. Dal punto di vista filosofico, questi appoggi incarnano il concetto di Hannah Arendt di responsabilità morale nella vita pubblica: la volontà di allineare la propria autorità con coloro che ampliano il cerchio dell’inclusione, piuttosto che restringerlo. Cuomo: il passato che non vuole andarsene Le ripercussioni sulla candidatura di Andrew Cuomo sono sorprendenti. Un tempo volto del controllo dell’establishment, la candidatura indipendente di Cuomo dopo la sconfitta alle primarie sembra sempre più un ritorno al passato, un’eco di una politica che si basava su manovre autoritarie e lealtà istituzionale. Non riceve più sostegno non perché il suo curriculum manchi di peso, ma perché il suo capitale morale è evaporato. Gli scandali che hanno posto fine al suo mandato di governatore – accuse di molestie e abusi di potere – riaffiorano ogni volta che gli elettori valutano il contrasto etico. L’appoggio dei leader ebrei a Mamdani dimostra anche che Cuomo non può essere riabilitato come custode della fiducia civica. Anche i tentativi della sua campagna di dipingere Mamdani come “troppo morbido nei confronti della criminalità” suonano vuoti se visti sullo sfondo di questi appoggi morali. In termini filosofici, Cuomo rappresenta l’obsolescenza della legittimità separata dall’etica. Adams: il presente in crisi etica Se Cuomo è il passato che si rifiuta di andarsene, l’attuale sindaco di New York Eric Adams è il presente che si sta sgretolando. Gli scandali che hanno coinvolto la sua amministrazione, con accuse di corruzione e influenza dei donatori, hanno gettato una lunga ombra sulla sua figura. La sua campagna elettorale ha cercato di riproporlo come difensore pragmatico della sicurezza pubblica, contrapponendolo sia a Cuomo che a Mamdani. Tuttavia, quando i leader ebrei, storicamente considerati i pilastri di una politica moderata e favorevole all’establishment, si spostano verso Mamdani, l’equilibrio che Adams tenta di mantenere crolla. Ciò che Adams offre è un paradosso: la stabilità promessa attraverso relazioni contaminate dagli scandali. In una prospettiva filosofica, egli incarna la nozione di decadenza nella leadership presente in Nietzsche, dove l’apparenza di vigore maschera un nucleo morale svuotato. Mamdani: il mio candidato del “Secondo Cerchio” Al contrario, la campagna di Mamdani non è solo politica, ma anche esistenziale per il futuro della città. Parla il linguaggio della giustizia abitativa, della dignità degli immigrati e della governance inclusiva con una fluidità che nasce dall’esperienza diretta. Ora, sostenuto dai leader ebrei, il suo discorso acquista un’universalità morale. Infatti, la coalizione di Mamdani riflette ciò che ho descritto come il Secondo Cerchio, un modello di alleanza che trascende le rigide divisioni tra destra e sinistra unendo il 99% dei lavoratori moderati di ogni razza, religione e classe sociale. La sua base riunisce attivisti progressisti, lavoratori immigrati, leader ebrei laici e giovani professionisti, gruppi che possono differire su alcune questioni, ma che convergono su valori fondamentali: equità, accessibilità, dignità e pace. Questa è l’incarnazione pratica del Secondo Cerchio: una coalizione abbastanza resiliente da resistere agli attacchi delle élite radicate, ma abbastanza inclusiva da avere legittimità morale. Il silenzio dei media e il giornalismo dell’esclusione Tuttavia, anche se Mamdani raccoglie diversi consensi, non si può ignorare il silenzio dei cosiddetti “media liberali”. Testate come il New York Times e la CNN, mentre dedicano ampio spazio al ritorno di Cuomo o alle controversie di Adams, hanno costantemente marginalizzato l’ascesa di Mamdani. Il sostegno di personaggi come Bernie Sanders, Messinger e Schumer normalmente dominerebbe i titoli dei giornali e invece è relegato nelle colonne laterali. Questo è un caso da manuale di quello che io chiamo giornalismo dell’esclusione, un modello mediatico in cui le notizie che sfidano la narrativa dell’élite al potere vengono omesse o minimizzate, mentre l’agenda dell’establishment viene amplificata. La campagna di Mamdani, che minaccia i poteri finanziari e politici consolidati, è soggetta a questa visibilità selettiva. Il silenzio dei media non è neutralità, è complicità. L’arco etico di queste elezioni Il cuore filosofico di questo momento risiede nella ridefinizione della legittimità. Per decenni, la politica del sindaco di New York ha oscillato tra tecnocrati manageriali e rappresentanti dell’apparato. Appoggi come questi destabilizzano questo modello, mostrando che la legittimità non è più radicata nel potere commerciale o nella forza amministrativa, ma nella coerenza morale e nell’immaginazione civica. Per Cuomo, gli appoggi ebraici costituiscono un ripudio silenzioso ma decisivo. Per Adams, minano la pretesa di rappresentare il centro moderato e per Mamdani sono sia un’incoronazione che una sfida: il riconoscimento che la sua candidatura incarna il desiderio della città di una politica etica e la prova che la macchina del giornalismo dell’esclusione continuerà a lavorare contro di lui. Conclusione Ciò che questi appoggi ci dicono è che la bussola morale di New York sta cambiando. I leader ebrei, un tempo punti di riferimento del centro prudente, ora si stanno allineando con un candidato della sinistra progressista e audace. Questo cambiamento dice più su Cuomo e Adams che su Mamdani: sottolinea la loro bancarotta etica mentre eleva la sua legittimità. In questa ottica, la candidatura di Mamdani è più di una campagna elettorale: è un movimento del Secondo Cerchio, una proposta filosofica secondo cui il potere a New York deve tornare a servire le persone nella loro diversità, non le macchine dell’interesse personale. Se questa proposta lo porterà alla vittoria, la città potrebbe ritrovarsi non solo con un nuovo sindaco, ma anche con una rinnovata base morale, nonostante le esclusioni dei media d’élite che cercano di negargli un posto nella storia. Traduzione dall’inglese di Anna Polo con l’ausilio di un traduttore automatico   Partha Banerjee
La Fiaccola della Pace ritorna per “R1PUD1A la guerra, per una pace disarmata e disarmante
Il IV Circolo di Acerra “Verolino – Verone” Scuola “Ambasciatrice di Pace” diretta da Rosanna Bianco, da anni distintasi per il forte impegno per la pace e la difesa dei diritti di ogni bambino, a fine anno scolastico non ha voluto far mancare il proprio sostegno ai bambini di Gaza. E’ di pochi giorni fa la mozione approvata in Collegio Docenti per la difesa dei diritti umani e per una pace “disarmata e disarmante”, con la quale la scuola ha espresso ferma condanna verso ogni forma di guerra, violenza indiscriminata contro i civili e violazione dei diritti fondamentali, con particolare riferimento alla crisi umanitaria in atto nella Striscia di Gaza, che sta coinvolgendo un numero impressionante di minori. La giornata di mobilitazione mondiale contro la guerra per una “pace disarmata e disarmante”, si è aperta con un flash mob in cui gli alunni della classe IV D, guidati dai docenti Orsolina Santoro, Rosa Saturno, Ferdinando Calligari e Ida Urso, hanno svolto un significativo lavoro di conoscenza e rielaborazione dell’art.11 della Costituzione, contestualizzando le loro riflessioni agli attuali scenari di guerra che vedono tanti bambini vittime di violenza e di odio in diverse parti del mondo e nella striscia di Gaza in particolare. Il flash mob si è aperto con il grido “Cessate il fuoco”, seguito da un messaggio declamato da un’alunna: “Quello che accade a Gaza ci colpisce profondamente. Non riusciamo a capire perché tanti bambini debbano vivere sotto le bombe, senza casa, senza scuola, senza la serenità che ogni bambino merita. E’ ingiusto crescere nella paura, quando si dovrebbe crescere con sogni, giochi e abbracci. Noi speriamo che i grandi trovino il coraggio di smettere di farsi la guerra, e inizino davvero ad ascoltarsi e rispettarsi. La pace non arriva da sola: va scelta, costruita e protetta. E noi, anche se siamo piccoli, ci crediamo con tutto il cuore”. Presente Agnese Ginocchio, Presidente del Movimento internazionale per la Pace III Millennio, da anni amica della scuola e dei bambini, per il rito dell’accensione della “Fiaccola della Pace” che ha ricordato tutti i bambini di Gaza a cui sono stati negati i diritti e il rinnovo dell’impegno della scuola con il Movimento Internazionale per la Pace su queste tematiche di triste attualità. Alla dirigente scolastica Bianco è stato poi consegnato il Diploma d’Onore di “Scuola educante alla pace”, in ricordo e in proseguimento del Patto di Pace siglato, progetto del percorso giunto al decimo anniversario. “A chi pensa che queste iniziative siano inutili”, ha esordito la dirigente scolastica Bianco “ricordiamo che esse sono solo un segnale, ma un segnale di interesse che ispira ed educa le coscienze. Un segnale che vuole unirsi ai tanti che si stanno elevando nel mondo. Del resto anche il silenzio è un segnale, ma di indifferenza. Non ce ne staremo zitti e dalla parte del torto. Compito della scuola è quello di educare alla coscienza critica, partendo con piccoli gesti, come quello che partendo dal significato della parola RIPUDIA (R1PUD1A), evita le conflittualità e apre la strada a trattative e dialogo” ha ricordato la dirigente Bianco. Gli alunni hanno esposto i loro disegni sul tema: R1PUD1A la guerra, adottando la campagna di Emergency, l’organizzazione umanitaria fondata da Gino Strada, e per una “Pace disarmata e disarmante”, attraverso i quali hanno voluto rappresentare ed esprimere il loro stato d’animo per la morte di tanti loro coetanei innocenti. “Spero che la guerra di Gaza finisca presto e che tutti i bambini si salveranno da questo orribile massacro, perché non lo meritano e devono vivere la loro vita in pace. I bambini hanno diritto alla vita. Free Gaza!”. La giornata è terminata con l’esposizione di un grosso striscione dal terrazzo della scuola, sul quale si leggeva la parola “R1PUD1A” . Un sentito e doveroso ringraziamento alla Dirigente scolastica Rosanna Bianco è stato espresso infine da Agnese Ginocchio: “Grazie a  voi Scuola di Pace per avere ancora una volta aperto le porte della vostra scuola alla pace. Voi rappresentate le nostre speranze di pace in tempi di guerra, siete il faro, la luce della fiaccola che illumina la notte oscura di questo tempo. La scuola che educa alla pace è la scuola che salva il futuro.” Redazione Napoli