Tag - fondi PNRR

Caporalato: irregolare un’azienda su due
Caporalato: irregolare 1 azienda su 2, mentre sono a rischio i 200 milioni del PNRR per superare i ghetti Una strutturata campagna di vigilanza dell’Arma dei Carabinieri su tutto il territorio nazionale, realizzata dal 31 luglio all’11 agosto, ha cercato di dare maggiore efficacia all’attività di contrasto delle diverse condotte illecite connesse al lavoro nel settore agricolo. Sono state controllate 888 aziende e ben 468 sono risultate irregolari (52,70%). Sono state verificare anche 3601 posizioni lavorative, di cui 729 sono risultate irregolari (20,24%); di queste, 196 sono riconducibili all’impiego di manodopera “in nero” (il 26,88% delle 729 posizioni lavorative irregolari). Tra le posizioni lavorative verificate, 1557 riguardano lavoratori extracomunitari, di cui 79 impiegati “in nero”. mentre 30 sono risultati clandestini e 19 sono stati i minori trovati sui luoghi di lavoro, di cui 9 impiegati “in nero”. Le ispezioni hanno portato ad elevare 113 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale (il 12,72% delle 888 aziende ispezionate), di cui 51 per “lavoro nero”, 50 per gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e, in 12 casi, per entrambe le ipotesi. Inoltre, sono stati irrogati 42 provvedimenti di diffida ed elevate 850 prescrizioni. Per quanto riguarda il contrasto delle condotte penalmente rilevanti, sono state deferite in stato di libertà all’Autorità Giudiziaria complessivamente 470 persone, resesi responsabili di violazioni del Testo Unico sull’immigrazione, della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, c.d. “caporalato” e di altre fattispecie penali, tra le quali falso ideologico e somministrazione fraudolenta di manodopera. Infine, sono state elevate sanzioni e ammende per 4.230.241,84 euro e sequestrati un locale fatiscente a Perugia adibito a dormitorio dei lavoratori sfruttati (Perugia) nonché a Trieste alcuni attestati di formazione falsi. E proprio nei giorni scorsi la FLAI nazionale (Federazione Lavoratori Agro Industria), FLAI Puglia e FLAI Foggia hanno organizzato presso la baraccopoli di Borgo Mezzanone, la più grande d’Italia, una mobilitazione di due giorni per denunciare che i 200 milioni del PNRR destinati al superamento dei ghetti rischiano di andare persi per sempre. 200 milioni di euro stanziati nel Piano nazionale di ripresa e resilienza per migliorare le condizioni di vita di migliaia di lavoratori agricoli in condizioni inaccettabili, che con molta probabilità non verranno usati. Di questi 200milioni, ben 114 milioni sarebbero dovuti essere destinati a interventi nella Capitanata, nel Foggiano, ma per ora sono soltanto 6 i milioni di € che sono stati resi disponibili per migliorare la situazione alloggiativa dei lavoratori. E Borgo Mezzanone e Torretta Antonacci, ghetti tra i più grandi d’Italia e d’Europa, sembrano essere esclusi, denuncia la FLAI, dalla realizzazione di progetti con le risorse del PNRR. I tempi sono sempre più stretti e anche in caso di proroga a giugno o ad agosto 2026, si rischia di sprecare un’occasione unica. A Borgo Mezzanone erano destinati 54 milioni di euro e a Torretta Antonacci quasi 28 milioni, ma per ora soltanto 11 dei 37 progetti presentati dai Comuni coinvolti potrebbero partire. La Flai CGIL, pur riconoscendo lo sforzo che sta compiendo il Commissario Falco, lancia un allarme sul rischio di perdere quasi il 90 per cento dei finanziamenti europei per il superamento dei ghetti. Qui per approfondire le indagini di questi giorni dell’Arma dei Carabinieri: https://www.carabinieri.it/in-vostro-aiuto/informazioni/comunicati-stampa/campagna-nazionale-dell’arma-per-il-contrasto-al-caporalato-470-i-deferiti-all’AG. .   Giovanni Caprio
Fondi PNRR per la Difesa, PD vota con Fratelli d’Italia e Forza Italia
Il Parlamento europeo ha approvato una proposta destinata a segnare un passaggio delicato nelle politiche comunitarie: l’autorizzazione a spostare parte delle risorse del PNRR verso la spesa militare. Il provvedimento apre alla possibilità, per i governi nazionali, di dirottare fondi originariamente previsti per la ripresa post-Covid verso investimenti nel settore della Difesa. Una decisione che ha visto convergere Partito Democratico, Fratelli d’Italia e Forza Italia, alimentando un acceso dibattito politico, soprattutto in Italia. La norma approvata prevede una revisione degli obiettivi del Recovery Fund, con l’obiettivo dichiarato di sostenere la capacità industriale e produttiva degli Stati membri in ambito militare. In un contesto geopolitico segnato da instabilità crescente e pressioni sulla sicurezza europea, l’Unione vuole accelerare verso una maggiore autonomia strategica anche nel settore della Difesa. Questo comporta, tra l’altro, investimenti per la produzione di armamenti, tecnologia dual use e rafforzamento delle filiere europee della sicurezza. Pd nella bufera: accuse di ambiguità Il voto favorevole del Partito Democratico ha provocato reazioni immediate, sia dentro che fuori dal partito. La scelta di allinearsi alle forze di destra su un tema così sensibile ha sollevato critiche da parte della sinistra interna, dei movimenti pacifisti e di numerosi intellettuali. La segretaria Elly Schlein, pur non avendo votato direttamente, è finita al centro delle polemiche per una linea giudicata poco coerente con la tradizione del partito. Alcuni iscritti parlano apertamente di “strappo con la base”, mentre da ambienti vicini ai gruppi parlamentari si giustifica il voto come “una scelta di responsabilità per evitare blocchi nell’erogazione dei fondi e ritardi nei progetti già avviati”. Difesa o ripresa? Il dilemma del Recovery La misura, pur tecnicamente circoscritta, apre una questione politica di fondo: quale deve essere la finalità del Recovery Fund? Nato come strumento straordinario per affrontare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, ora viene in parte riconvertito per rispondere a priorità militari. Una ridefinizione che per molti osservatori rischia di svuotare il significato originario del piano e di sottrarre risorse cruciali alla sanità, alla scuola, alla transizione ecologica e alla coesione sociale. La mobilitazione della società civile Il mondo pacifista e ambientalista ha risposto annunciando manifestazioni e appelli pubblici. A Roma, una grande mobilitazione nazionale contro il riarmo è stata promossa da partiti, sindacati, associazioni e reti civiche. Tra i promotori, spiccano esponenti del Movimento 5 Stelle, dell’Alleanza Verdi-Sinistra e volti del mondo scientifico e culturale. L’ex segretario Pier Luigi Bersani ha parlato di “un errore che va contrastato in piazza”, mentre si moltiplicano le adesioni alla piattaforma “Stop al riarmo con i soldi del Recovery”. La spinta verso una politica europea della Difesa Il voto si inserisce in un processo più ampio di rafforzamento della politica di sicurezza comune dell’Unione Europea. Bruxelles guarda a una maggiore integrazione strategica, anche attraverso investimenti coordinati nella produzione militare. Il contesto internazionale, reso più incerto dalla guerra in Ucraina e dalla competizione globale tra potenze, spinge le istituzioni europee a pensare in termini di “autonomia strategica”. Tuttavia, resta aperto il dibattito su quale debba essere il perimetro d’azione dell’Europa: difendere la pace o prepararsi alla guerra? Le prossime sfide La possibilità di riconvertire parte del PNRR alla Difesa dovrà ora essere recepita e declinata dai governi nazionali. In Italia, il provvedimento promette di accendere ulteriori contrasti tra le forze politiche e nella società civile. Resta da capire se ci saranno correttivi, limiti o controlli stringenti, oppure se questa scelta rappresenterà l’inizio di una nuova stagione europea, dove l’equilibrio tra sicurezza e solidarietà rischia di pendere verso il primo polo, a scapito del secondo. https://italia-informa.com/fondi-pnrr-difesa-pd-parlamento-europeo.aspx Redazione Italia